La responsabilità di Facebook
E’ questo il principio stabilito dal Tribunale delle Imprese di Roma con decisione del 15.2.2019 che ha accertato la responsabilità del social network Facebook per la intervenuta pubblicazione di contenuti audiovisivi di terzi tramite link non autorizzati conducenti ad una piattaforma terza (YouTube).
Sostanzialmente anche prescindere dal ruolo svolto nel caso concreto da Facebook, anche il cd. hosting provider passivo non appena ricevuta la notizia dell’illecito commesso dai fruitori del suo servizio, deve attivarsi al fine di consentire la pronta rimozione delle informazioni illecite immesse sul sito o per impedire l’accesso ad esse, in quanto egli é tenuto a svolgere la propria attività economica nel rispetto di quella diligenza che è ragionevole attendersi per individuare e prevenire le attività illecite specificamente denunciate.
Così facendo la Corte romana ha dato atto, conformandosi, dell’orientamento della Corte di Giustizia UE in materia di violazioni dei diritti autorali commessi attraverso la tecnica del linking: “Sul carattere illecito della pubblicazione di link di collegamento a portali terzi, in assenza di qualsiasi preventiva autorizzazione del titolare, si è più volte espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha affermato che “l’atto di collocare un collegamento ipertestuale verso un’opera illegittimamente pubblicata su Internet costituisce una ‹‹comunicazione al pubblico›› ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29” (sentenza del 26 aprile 2017 relativa al caso C-527/15 e che “la messa in rete di un’opera protetta dal diritto d’autore su un sito Internet diverso da quello sul quale è stata effettuata la comunicazione iniziale con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore deve essere qualificata come messa a disposizione di un pubblico nuovo di siffatta opera” (sentenza del 7 agosto 2018 relativa al caso C-161/17).
La responsabilità di un servizio di informazione
Circa i dubbi di esenzione di responsabilità prevista dall’art. 14 della Direttiva 31/2000, questa va esclusa, ormai per giurisprudenza costante quando il prestatore di un servizio dell’informazione “dopo avere preso conoscenza, mediante un’informazione fornita dalla persona lesa o in altro modo, della natura illecita di tali dati o di attività di detti destinatari, abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi” così sancendosi il principio secondo il quale la conoscenza, comunque acquisita (non solo se conosciuta tramite le autorità competenti o a seguito di esplicita diffida del titolare dei diritti) dell’illiceità dei dati memorizzati fa sorgere la responsabilità civile risarcitoria del prestatore di servizi .
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