Quando si prescrive l’azione di simulazione? La risposta della Cassazione nell’ordinanza n. 125/2019

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Nella pronuncia in commento la Cassazione ha dato una risposta al dibattuto tema della prescrizione dell’azione di simulazione, nell’ambito di un giudizio instaurato per ottenere lo scioglimento della comunione tra coeredi. La questione prendeva le mosse dalla domanda riconvenzionale promossa dai convenuti nei confronti dell’attrice e del di lei marito e diretta a fare accertare la simulazione dell’atto di vendita con il quale il de cuius aveva trasferito ai secondi una porzione di un podere, poiché dissimulante una donazione.

Il giudice di prime cure, con sentenza non definitiva, rigettava la domanda riconvenzionale nei confronti dell’attrice, dichiarandola contestualmente prescritta verso il di lei marito. Data la soccombenza, i convenuti provvedevano a proporre appello avverso la suddetta sentenza che, tuttavia, veniva confermata in ragione di una duplice motivazione. Sotto il profilo dell’accertamento della prescrizione, la Corte territoriale adita confermava la decorrenza del termine suddetto dal compimento dell’atto simulato, per aver agito gli appellanti in qualità di eredi ed al fine di fare accrescere, per il solo tramite dell’azione di simulazione, l’asse ereditaria. La pronuncia di rigetto, invece, veniva motivata per non avere le parti provato l’esistenza del negozio simulato, avendo la Corte qualificato l’azione non già come di simulazione assoluta ma relativa.

Veniva successivamente promosso ricorso per Cassazione, e si costituivano in giudizio gli appellati con controricorso. I motivi principali della doglianza riguardavano la violazione degli articoli 1414, 1415 e 1422 del codice civile, per avere la Corte d’Appello ritenuto che “l’azione di simulazione fosse soggetta a prescrizione decennale mentre, nella specie, essendo l’atto nullo per difetto di forma, l’azione avrebbe dovuto considerarsi imprescrittibile” e, di conseguenza, per aver erroneamente fatto decorrere il termine di prescrizione dal momento del compimento dell’atto simulato.

Quando si parla di simulazione?

Si parla di simulazione quando “le parti pongono in essere l’esteriorità di una dichiarazione contrattuale, al fine di poterla invocare di fronte ai terzi (sebbene si tratti di un atto meramente apparente), ma sono tra loro d’accordo che gli effetti previsti dall’atto simulato non sono voluti e non si devono verificare”[1]. La simulazione si dice assoluta quando i contraenti hanno convenuto di stipulare un contratto senza considerarsi vincolati dalle relative conseguenze giuridiche posto che, come stabilito dall’art. 1414, 1 comma c.c., il negozio simulato non produce effetto tra gli stessi. Al contrario, la simulazione è relativa quando il contratto simulato viene stipulato al fine di creare una realtà giuridica apparente, diversa da quella realmente voluta. In tale ultima ipotesi, ha effetto tra le parti il contratto dissimulato, purché nell’accordo simulato siano stati rispettati i requisiti di sostanza e di forma normativamente prescritti per la validità del primo (es. se il simulato è un contratto di compravendita che dissimula una donazione, il primo dovrà, a pena di nullità, essere convenuto nella forma dell’atto pubblico alla presenza di due testimoni).

Oltre che sotto il profilo sostanziale, la distinzione tra tali due tipi di simulazione assume un particolare rilievo sotto il profilo processuale, nonché, in forza del principio di affidamento incolpevole, in relazione alla tutela dei terzi. L’azione di simulazione assoluta ha natura dichiarativa e, poiché finalizzata a fare accertare dal giudice l’inefficacia del contratto simulato, non è soggetta a termine di prescrizione. L’azione di simulazione relativa, invece, quando è diretta a fare emergere il reale mutamento della realtà voluta dalle parti, si prescrive nell’ordinario termine di dieci anni. Tuttavia, secondo costante giurisprudenza della Cassazione, tale ultima azione è imprescrittibile se, in base al combinato disposto degli artt. 1414 e 1422 c.c., risulta volta ad accertare che né il contratto simulato, né quello dissimulato producevano effetto tra le parti.[2]

Sulla base di tali presupposti, la Cassazione ha accolto il ricorso essendo l’azione di simulazione, nel caso di specie, diretta a far valere la nullità del contratto simulato poiché stipulato in assenza della forma prevista dalla legge per la validità della donazione dissimulata.

Oltre che sotto il profilo della prescrizione dell’azione, nella pronuncia in commento, la Cassazione ha analizzato la simulazione anche con riguardo al regime probatorio a cui questa soggiace in ambito processuale. Nello specifico, data la peculiarità del processo in cui l’azione era stata promossa, diretto ad ottenere lo scioglimento della comunione tra i coeredi, la Cassazione ha ribadito un costante orientamento secondo cui “ l’erede che agisca per la nullità del contratto di compravendita stipulato dal de cuius perché dissimulante una donazione e per la ricostruzione del patrimonio ereditario e la conseguente divisione dello stesso, non propone, nemmeno per implicito, una domanda di riduzione della donazione per lesione di legittima” (Cass. 12 giugno 2007 n. 13706). Conformemente a tale indirizzo, solo l’erede che, contestualmente all’accertamento del negozio simulato, chieda la riduzione della donazione, può considerarsi terzo e, pertanto, dare prova della simulazione senza limiti. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, invece, i ricorrenti, agendo in qualità di eredi, miravano ad ottenere, con la dichiarazione di inefficacia del negozio simulato, l’accrescimento della massa ereditaria, non potendo trovare applicazione nei loro confronti quanto previsto dall’art.1417 c.c. in ordine alla prova della simulazione.

Per questo, nonostante l’accoglimento dei motivi relativi l’imprescrittibilità dell’azione di simulazione, non avendo i ricorrenti dato prova, mediante controdichiarazione, della sussistenza dell’accordo simulato, la Corte di Cassazione si è pronunciata senza rinvio confermando la sentenza impugnata.

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Note

[1] Anelli F., La mancanza di volontà e la simulazione, In A. Torrente P. Schlesinger, Manuale di Diritto Privato (a cura di Anelli F. e Granelli C.), 22 a ed., Giuffrè Editore, Milano-2015.

[2] Sul punto, Cass. sent. n. 3441/1977 : “ l’azione di simulazione relativa è imprescrittibile quando è diretta soltanto a dimostrare la nullità, per carenza di causa o di accordo, del negozio simulato o quando anche il negozio dissimulato è nullo, mentre è  soggetta alla prescrizione ordinaria quando l’attore non si limita a chiedere una semplice declaratoria iuris, ma agisce allo scopo di realizzate gli effetti derivanti dal contratto dissimulato”.

Ludovica Vergari

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