Prospective overruling processuale: brevi note a margine di una recente sentenza (Cass. civ. Sezioni Unite, 12 febbraio 2019, n. 4135)

Redazione 19/06/19
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di Daniela Noviello*

* Professore aggregato di Diritto processuale civile

Sommario

1. La questione di massima di particolare importanza rimessa alle sezioni unite ed i principi di diritto enunciati nella sentenza Cass. sez. un. 12 febbraio 2019, n. 4135

2. La vicenda processuale oggetto della decisione e le incertezze sul regime dei giudizi arbitrali post riforma (2006)

3. L’esclusione della tutelabilità dell’affidamento riposto dalla parte sull’univoco risultato interpretativo deducibile dalla «lettera» della legge (pur) a fronte di successiva interpretazione sostanzialmente manipolativa

4. Osservazioni critiche

1. La questione di massima di particolare importanza rimessa alle sezioni unite ed i principi di diritto enunciati nella sentenza Cass. sez. un. 12 febbraio 2019, n. 4135.

Con sentenza n. 4135 del 12 febbraio 2019 (Pres. G. Mammone, Rel. A. P. Lamorgese), le sezioni unite tornano sul complesso tema dell’overruling processuale, a seguito di ordinanza interlocutoria del 2 agosto 2018, con la quale la prima sezione ha sollevato la questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto l’estensibilità del principio del prospective overruling alla vicenda ermeneutica degli artt. 829 c.p.c. e 27 del dlgs. n. 40 del 2006, o, comunque, l’applicabilità della rimessione in termini, quale rimedio finalizzato a neutralizzare il pregiudizio difensivo subito dalla parte che si sia conformata all’univoco risultato interpretativo del testo normativo, confermato (in mancanza di precedenti di legittimità) dalla giurisprudenza di merito, a fronte del successivo orientamento interpretativo di legittimità, che ha condotto alla individuazione di una diversa regula juris.

A scioglimento del dubbio interpretativo della sezione rimettente, le sezioni unite hanno enunciati i seguenti principi di diritto:

I. Nella logica del prospective overruling sussiste una lesione dell’affidamento meritevole di tutela solo se finalizzata ad escludere preclusioni o decadenze stabilite da un imprevedibile orientamento interpretativo successivo e non nell’ipotesi di una successiva interpretazione ampliativa delle facoltà processuali della parte;

II. L’overruling processuale attiene non al rapporto tra la parte e la legge, in relazione ai diversi possibili significati da essa traibili, ma al rapporto tra la parte e la giurisprudenza di legittimità, quale unico veicolo di interpretazione del significato della legge affidabile per la collettività;

III. La rimessione in termini di cui all’art. 184 bis (153, comma 2) c.p.c. può essere disposta per neutralizzare il pregiudizio difensivo determinato da un errore di diritto, purché tale errore sia cagionato da stati di fatto cui la parte sia rimasta estranea, imputabili alla controparte o a terzi (nel caso di specie, la Corte ha escluso l’applicabilità del rimedio, avendo qualificato come non scusabile l’errore interpretativo della parte e del suo difensore, che ha fatto affidamento sul significato “letterale” della norma).

In sintesi, preliminarmente esclusa l’applicabilità del prospective overruling alle ipotesi di successivi orientamenti interpretativi ampliativi delle facoltà processuali delle parti (come nel caso di specie), e sul presupposto che l’overruling attenga esclusivamente ai rapporti tra la parte e la giurisprudenza di legittimità, quale unico veicolo di interpretazione della legge affidabile per la collettività, le sezioni unite escludono che l’affidamento riposto dalla parte sulla interpretazione «letterale» della norma, o anche sull’interpretazione del dato normativo invalsa nella giurisprudenza di merito, che risulti successivamente ribaltata in sede di legittimità, sia meritevole della medesima tutela accordata all’affidamento riposto dalla parte su un precedente orientamento interpretativo della Corte di legittimità in seguito sovvertito (overruled) dalla medesima Corte.

Inoltre, pur astrattamente ammessa l’applicabilità della rimessione in termini quale strumento di carattere generale di rimediabilità dell’errore interpretativo, si esclude che all’interpretazione conforme alla «lettera» della legge possa essere attribuito il carattere di non imputabilità giustificante l’applicazione del rimedio.

2. La vicenda processuale oggetto della decisione e le incertezze sul regime dei giudizi arbitrali post riforma (2006)

Il caso di specie attiene ad un giudizio arbitrale introdotto – sulla base di clausola compromissoria per arbitrato rituale contenuta in un contratto di fornitura stipulato il 10 maggio 2005 – con domanda del 22 ottobre 2007 e definito con lodo del 25 ottobre 2008.

Si tratta di una fattispecie che si colloca “a cavallo” dell’entrata in vigore della riforma dell’arbitrato, di cui al d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e pertanto, soggetta alla disciplina transitoria di cui all’art. 27, che testualmente recita: “Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Conformandosi al chiaro tenore del disposto normativo, che individua il regime del procedimento sulla base della data di proposizione della domanda di arbitrato, con conseguente immediata applicabilità delle nuove norme ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della riforma, la parte che era risultata soccombente nel giudizio arbitrale ha impugnato il lodo limitatamente agli errores in procedendo della decisione. Infatti, nel caso di specie: (i) la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 40/2006; (ii) l’art. 829 c.p.c., nella nuova formulazione dovuta all’art. 24 di tale decreto, consente di impugnare il lodo per errori di diritto unicamente nell’ipotesi in cui la convenzione arbitrale espressamente preveda tale possibilità, e (iii) la clausola compromissoria non conteneva tale espressa previsione.

Pendente il giudizio d’impugnazione davanti alla Corte territoriale, si è manifestata in sede di legittimità una questione interpretativa relativa all’art. 27 del d. lgs. n. 40/2006, intesa a sottrarre dalla previsione di immediata applicabilità delle nuove norme in materia d’arbitrato i giudizi arbitrali instaurati con domanda successiva alla riforma, ma retti da convenzioni arbitrali stipulati in epoca anteriore; questione che ha da subito generato un contrasto interpretativo. Secondo un primo orientamento restrittivo, il chiaro disposto dell’art. 27 d. lgs. n. 40/2006 non avrebbe potuto consentire interpretazioni che si allontanassero dal dato testuale; con la conseguenza che il nuovo regime dell’arbitrato avrebbe dovuto trovare immediata applicazione a tutti i procedimenti instaurati dopo l’entrata in vigore del decreto, indipendentemente dalla data di stipulazione della convenzione arbitrale (Cass. civ., 20 febbraio 2012, n. 2400). Alla luce dell’altro orientamento, per contro, sulla base di una interpretazione sostanzialmente manipolativa del testo normativo, è stato affermato il principio secondo il quale il regime del giudizio arbitrale e, quindi, anche quello dell’impugnazione del lodo, deve essere determinato (non sulla base della data della domanda, come stabilito dalla legge, ma) sulla base della data della convenzione arbitrale (Cass. civ. 19 aprile 2012, n. 6148); con la conseguenza che nei giudizi d’impugnazione relativi a lodi arbitrali retti da convenzioni d’arbitrato stipulate prima della riforma del 2006, continuerebbe ad applicarsi la più favorevole regola di cui all’art. 829 c.p.c. previgente, secondo la quale l’impugnazione per errori di diritto dei lodi è ammessa, se non espressamente esclusa dalle parti compromittenti.

Negli anni immediatamente successivi, il contrasto interpretativo si è consolidato (a favore dell’orientamento restrittivo, Cass. civ., 17 settembre 2013, n. 21205 e Cass. civ. 25 settembre 2015, n. 19075; a favore dell’orientamento estensivo, Cass. civ. 13 giugno 2014, n. 12379, Cass. civ. 18 giugno 2014, n. 13898, Cass. civ. 19 gennaio 2015, n. 748, Cass. civ., 28 ottobre 2015, n. 22007), ed ha trovato composizione solo con la sentenza Cass. sez. un. n. 9285 del 9 maggio 2016, che ha avallato l’interpretazione estensiva.

Attesa la rilevanza del descritto mutamento interpretativo nel caso di specie, con istanza del 4 febbraio 2014, la parte che aveva originariamente impugnato il lodo limitatamente agli errores in procedendo, avvalendosi dell’indirizzo interpretativo estensivo emerso in Cassazione successivamente alla proposizione dell’impugnazione, ha formulato istanza di rimessione in termini, svolgendo motivi aggiunti di nullità del lodo per violazione di regole di diritto.

L’istanza è stata, tuttavia, rigettata (dapprima con ordinanza del 19 febbraio 2014 e, in seguito alla riproposizione dell’istanza contenuta nella comparsa conclusionale, con la sentenza del 6 aprile 2017, unitamente al rigetto degli ulteriori motivi d’impugnazione) sul rilievo dell’assenza, nel caso di specie, della situazione di overruling processuale, che ricorrerebbe unicamente nell’ipotesi in cui la parte abbia conformato la propria condotta processuale ad un precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, in seguito imprevedibilmente sovvertito, e non se la condotta processuale limitativa delle facoltà processuali della parte si sia conformata ad orientamenti della dottrina e a precedenti di merito.

Appunto sulla legittimità di tale decisione sono state chiamate a pronunciarsi le sezioni unite.

3. L’esclusione della tutelabilità dell’affidamento riposto dalla parte sull’univoco risultato interpretativo deducibile dalla «lettera» della legge (pur) a fronte di successiva interpretazione sostanzialmente manipolativa

Nel risolvere i quesiti sollevati dalla sezione rimettente, la sentenza in commento preliminarmente ascrive l’art. 829 c.p.c. alle norme di carattere (anche) processuale e, conseguentemente, ammette in linea di principio l’applicabilità dell’overruling (senza necessità di pronunciarsi sulla prospettata estensibilità di tale istituto alle norme sostanziali); tuttavia esclude che nel caso di specie ricorra una tale situazione ed esclude, altresì, la concedibilità della rimessione in termini a norma dell’art. 184 bis (153, comma 2) c.p.c.

Con riferimento alla prima questione, la Corte osserva che, se è vero che la funzione nomofilattica assegnata alla Cassazione mira ad una tendenziale stabilità e valenza generale dell’interpretazione data in sede di legittimità, ciò accade in virtù di una efficacia (non cogente, ma) persuasiva; tanto è vero che i precedenti della Corte non solo non soggiacciono al principio di irretroattività (proprio della legge) e non possono essere assimilati allo jus superveniens, ma possono anche essere disattesi dal giudice di merito (Cass. civ. 9 gennaio 2015, n. 174). L’efficacia apparentemente retroattiva del mutamento del proprio precedente orientamento (overruling), che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una preclusione o una decadenza prima escluse, è, appunto, solo apparente, giacché tale mutamento si risolve semplicemente in una “interpretazione correttiva che si salda alla relativa disposizione di legge processuale «ora per allora»” e non può essere inteso come “creazione” di una norma nuova; e tuttavia laddove il mutamento di orientamento si connoti del carattere della imprevedibilità, l’operatività della decadenza o della preclusione deve escludersi in ragione del bilanciamento degli interessi in gioco e, in particolare, del principio del giusto processo (art. 111, comma 1, Cost.).

Il Collegio ricorda che, sulla base delle elaborazioni giurisprudenziali di legittimità, le condizioni affinché possa in concreto impedirsi la produzione della preclusione o della decadenza sono: a) che il mutamento interpretativo incida su norme processuali; b) che tale mutamento sia stato imprevedibile, inatteso, privo di segnali anticipatori (ciò che deve escludersi in ipotesi di contrasti interpretativi, di incertezza interpretativa e nell’ipotesi in cui la parte abbia confidato nell’orientamento che non è prevalso); c) che l’overruling sia causa diretta ed esclusiva di un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte. In questi casi, il rimedio concedibile, anche in assenza di istanza di parte, è la rimessione in termini.

Peraltro, proprio sulla base di tali principi, si esclude che l’ipotesi dell’interpretazione ampliativa di facoltà processuali possa essere ricondotta alla logica del prospective overruling, in quanto in questo caso non sussisterebbe una lesione dell’affidamento meritevole di tutela finalizzata ad escludere decadenze o preclusioni: astrattamente potrebbe valutarsi l’applicabilità della rimessione in termini ordinaria, ma tale possibilità viene esclusa, nel caso di specie, sul rilievo che qui la parte avrebbe fatto affidamento (non in un precedente orientamento interpretativo della Corte, ma) in una «personale e limitativa interpretazione della disciplina transitoria contenuta neld. lgs. n. 40/2006 in materia arbitrale»; con la conseguenza, cioè, che la decadenza sarebbe maturata per effetto di un proprio errore interpretativo.

In particolare, al riguardo la Corte precisa che l’overruling attiene non al rapporto tra la parte e la legge, in relazione ai diversi possibili significati da essa traibili, ma “al rapporto tra la parte e la giurisprudenza di legittimità, quale unico veicolo di interpretazione del significato della legge «affidabile» per la collettività”; escludendo, dunque, sia che l’affidamento riposto dalla parte sul tenore letterale della norma sia equiparabile, ai fini della valutazione dell’incolpevolezza e della conseguente meritevolezza di tutela, all’affidamento riposto sull’interpretazione della norma resa in sede di legittimità, sia che alla contribuzione del c.d. diritto vivente possa concorrere (anche) la giurisprudenza di merito.

Quanto all’applicabilità della rimessione in termini come istituto di carattere generale finalizzato a tutelare l’affidamento incolpevole nel tenore letterale della norma, nel rilevare che, nel caso di specie, la prima pronuncia predittiva dell’orientamento estensivo, poi fatto proprio dalle sezioni unite, è stata adottata nel 2012, la Corte – puntualizzato che l’applicabilità della rimessione in termini presuppone la tempestività dell’iniziativa della parte (che nel caso di specie non sussisterebbe, in quanto l’istanza di rimessione in termini è stata formulata nel 2014, cioè a due anni di distanza dal primo precedente predittivo) – ha affermato che la rimessione in termini di cui all’art. 184 bis (153, comma 2) c.p.c. può essere disposta per neutralizzare il pregiudizio difensivo determinato da un errore di diritto, purché tale errore sia cagionato da stati di fatto cui la parte sia rimasta estranea, imputabili alla controparte o a terzi; dovendo escludersi la ricorrenza di tali condizioni nel caso di specie perché (i) l’orientamento interpretativo, emerso nel 2012 ed avallato dalle sezioni unite nel 2016, non sarebbe stato imprevedibile, in quanto non oltrepasserebbe «il limite di tolleranza ed elasticità del dato testuale»; (ii) la decadenza si sarebbe verificata non per uno scusabile errore interpretativo, ma per la scelta rinunciataria della parte e del suo difensore, che avrebbe errato nel confidare sul significato “letterale” della norma; (iii) secondo un principio di precauzione, il difensore sarebbe tenuto ad elaborare tutti i possibili percorsi interpretativi, adottando la condotta processuale in concreto più idonea a salvaguardare gli interessi del cliente, anche se non sostenuta dal testuale dato normativo.

4. Osservazioni critiche

Pur essendo pienamente condivisibili le premesse ricostruttive, i principi di diritto enunciati dalle sezioni unite non paiono pienamente risolutivi delle questioni sollevate dalla sezione rimettente.

Overruling e prospective overruling sono, infatti, istituti propri dei sistemi giuridici di Common law, che incidono sulle modalità di formazione del diritto giurisprudenziale (case law), da un lato, operando come correttivo del principio di vincolatività del precedente giudiziale (stare decisis), in quanto si consente al giudice, che dovrebbe applicarlo, di discostarsene, sostituendo la regula juris stabilita dal precedente per il caso di specie con una regola nuova (overruling); e, dall’altro lato, in funzione di temperamento degli effetti del mutamento normativo generato dall’overruling, a tutela della parte che abbia fatto legittimo affidamento sulla regola stabilita dal precedente, mediante la previsione che la nuova regula juris, enunciata dal giudice del caso successivo, sia destinata ad essere applicata solo pro futuro (prospective overruling), continuando nel caso deciso ad applicarsi la regola (overruled), stabilita dal precedente al quale la parte si era legittimamente conformata.

Allora, è vero che il riferimento al prospective overruling ha senso solo nell’ipotesi di mutamento interpretativo di segno restrittivo, perché se la logica dell’istituto è la tutela dell’affidamento della parte a fronte del possibile pregiudizio difensivo derivante dal mutamento normativo, e se tale tutela è assicurata attraverso la perdurante applicazione della regola overruled, è evidente che una tale situazione postula un restringimento, da parte della regola successiva, delle facoltà processuali consentite dalla regola precedente.

Ed è altrettanto vero che in un sistema un sistema giuridico di Civil law, quale quello italiano, caratterizzato dal principio di soggezione del giudice alla legge (art. 101, comma 2, Cost.) e dal valore meramente persuasivo del precedente giurisprudenziale (anche di legittimità), il riferimento ai meccanismi di overruling e prospective overruling richiede qualche adattamento, ma è altrettanto indubbio che se tale riferimento si è imposto con riferimento ai mutamenti giurisprudenziali della Corte di legittimità [1] , lo si deve al crescente ruolo riconosciuto alla Cassazione nella formazione del c.d. diritto vivente, soprattutto a fronte del rafforzamento della funzione nomofilattica, in virtù della quale i precedenti della Corte tendono ad assumere una tendenziale stabilità e valenza generale [2] .

In questo senso, pur restando esclusa una funzione in senso proprio creativa del diritto, assume rilievo la circostanza che, attraverso l’interpretazione, la Cassazione dichiara, rende esplicita la norma immanente nel dato normativo; evidenziandosi in ciò una analogia con l’attività dei giudici di Common law, i quali si ritiene svolgano una attività dichiarativa, risolventesi nella “estrazione” del precetto normativo già operante su base consuetudinaria.

Senonché, mentre il giudice di Common law, nella estrazione della regula juris, esercita un amplissimo potere interpretativo, attribuendosi rilevanza, ai fini della dichiarazione della regola immanente all’ordinamento giuridico, esclusivamente alla sua opinion; il giudice di Civil law è tenuto a svolgere l’interpretazione entro i limiti del testo normativo limiti e secondo tecniche di interpretazione pre-stabilite.

Ed è appunto alla luce di tale osservazione che la sentenza in commento non pare avere colto il senso della questione di massima di particolare importanza sollevata dalla sezione rimettente, perché nel caso di specie l’interpretazione della Corte sembra avere travalicato i limiti del dato testuale, avendo condotto alla enunciazione di una regola processuale (applicabilità dell’art. 829 c.p.c. nella nuova formulazione solo ai giudizi arbitrali retti da convenzioni arbitrali successive al d. lgs. n. 40/2006) oggettivamente diversa da quella testualmente dettata dal disposto normativo (applicabilità dell’art. 829 c.p.c. nella nuova formulazione a tutti i giudizi arbitrali introdotti con domanda successiva all’entrata in vigore del d. lgs. 40/2006).

Siamo di fronte ad un vero e proprio overruling, nel senso che la Corte ha di fatto sostituito alla regola dettata dalla norma una regola del tutto nuova; senza che possa imputarsi alla parte, che si sia adeguata all’univoco significato normativo, alcuna responsabilità, né tanto meno alcuna “scelta” rinunciataria; in tanto, infatti, si può parlare di interpretazione o di scelta, in quanto il testo normativo si presti ad una pluralità di significati normativi.

Allora, delle due l’una: o l’orientamento interpretativo che attribuisca alla norma un significato del tutto estraneo al dato normativo è illegittima, oppure è legittima, ma, allora, non si può escludere la tutelabilità dell’affidamento riposto dalla parte nel significato testuale.

Non si può, infatti, ritenere meritevole di tutela l’affidamento riposto dalla parte sulla regula juris enunciata dalla Cassazione in un precedente orientamento giurisprudenziale successivamente modificata sulla base di una diversa interpretazione normativa e, al contempo, non meritevole l’affidamento riposto dalla parte sulla regula juris univocamente stabilita dalla lettera della norma, a fronte della sostituzione con la diversa regola enunciata dalla Cassazione.

[1] L’estensione dell’overruling e del prospective overruling all’ordinamento giuridico italiano è stata trattata ex professo dalla stessa Corte di cassazione: L’overruling giurisprudenziale in materia di processo civile, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione tematica n. 31 del 20 marzo 2011, in www.cortedicassazione.it. In argomento, v. di recente, A. Villa, Overruling processuale e tutela delle parti, Torino, 2018, anche per i riferimenti di dottrina.

[2] Sintomatico di tale ambizione alla valenza generalizzata è l’orientamento secondo il quale, al fine di valutare la diligenza della parte (rectius del suo difensore) nella reazione al mutamento di giurisprudenza della Corte, si attribuisce rilevanza alla conoscibilità di tale mutamento attraverso la pubblicazione «sul siti web» della Cassazione: cui si attribuisce implicitamente ma medesima efficacia di pubblicità-notizia propria della pubblicazione dei provvedimenti legislativi nella Gazzetta Ufficiale.

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