Il piano triennale di prevenzione della corruzione

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Ai sensi della L. n. 190/2012, così come modificata dal D. Lgs. N. 97/2016, le Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, c.2, D. Lgs. 165/2001 adottano il PTPC secondo l’atto di indirizzo del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), art. 1, c 2-bis, L. n. 190/2012, normativa che si estende agli enti pubblici economici, agli ordini professionali, alle società in controllo pubblico, alle autorità portuali, alle associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, a queste si affianca un obbligo di trasparenza quale completamento, secondo le direttive del D. Lgs. N. 33/2013.

Il PTPC è uno strumento teso all’individuazione di misure concrete da verificare successivamente quanto all’efficacia, nel piano devono essere individuate le aree di rischio specifico e le relative misure in rapporto al livello di rischio rilevato, si tratta pertanto di un programma di attività , in questo i DD. Lgs.vi n. 50/2016 e n. 97/2016 hanno attribuito nuove competenze all’ANAC, sia nell’ambito dei contratti pubblici che della trasparenza e dell’anticorruzione.

Nella redazione del Piano è opportuno abbracciare un approccio bottom-up, coinvolgendo attivamente la struttura amministrativa, circostanza che nell’ANAC è stata favorita dal ruolo di RPC svolto dal Segretario Generale quale responsabile della funzione organizzativo-amministrativa.

Si è formato un gruppo di lavoro permanente per la stesura e il monitoraggio del piano triennale, in cui è confluito sia il personale in rappresentanza di tutte le strutture dirigenziali che il personale di staff del Presidente e del Segretario Generale, inoltre sono stati coinvolti attivamente tutti i dirigenti oltre che per settori e in varie fasi il personale nel suo insieme.

Secondo la “teoria del risk management” il processo gestionale del rischio di corruzione è stato suddiviso nelle seguenti tre macro fasi:

  1. Analisi del contesto interno ed esterno;
  2. Valutazione del rischio mediante la sua identificazione, analisi e ponderazione;
  3. Trattamento del rischio con la sua identificazione e programmazione delle misure di prevenzione.
  • L’analisi del contesto riguarda sia l’interno che l’esterno; all’interno consiste nella mappatura dei processi propri dell’amministrazione, questa deve essere ripetuta ogni qualvolta vi sia una riorganizzazione, tenendo presente i principi di “completezza” e “analiticità”, i quali fanno sì che la ricognizione si debba estendere dai procedimenti amministrativi alle procedure di natura privatistica.

Oltre all’estensione orizzontale a tutte le attività poste in essere, ogni attività deve essere scomposta verticalmente in “fasi” e queste in singole “azioni”, aggiornandole ai motivi normativi, regolamentari o di prassi che le hanno originate, in modo da evidenziare gli spazi di eventuali comportamenti a rischio corruttivo, questo permette inoltre di creare dei macro-processi corrispondenti alle funzioni primarie dell’amministrazione.

Passando all’analisi del contesto esterno, si tendono a evidenziare le caratteristiche ambientali che possono favorire eventi corruttivi interni, a tal fine si individuano i soggetti che per vari titoli interagiscono con l’amministrazione, in un rapporto input/output.

  • La fase successiva è la valutazione del rischio che consiste:
  • Identificazione dei comportamenti a rischio;
  • Analisi e ponderazione del rischio afferente.

Questa fase di identificazione è particolarmente delicata, in quanto un comportamento a rischio non identificato e mappato sfuggirà ad un programma di prevenzione e monitoraggio, a riguardo sono state individuate le seguenti principali condotte a rischio:

  • Uso distorto o improprio della discrezionalità ;
  • Alterazione e manipolazione di informazioni e documentazione;
  • Rivelazione di notizie riservate;
  • Alterazione dei tempi;
  • Elusione delle procedure e dei controlli,
  • Pilotamento di procedure e attività;
  • Conflitto di interessi.

Nella metodologia di analisi del rischio si deve procedere con “prudenza” e “garantismo”, questo conduce alla necessaria acquisizione di conoscenze sul contesto ambientale e operativo, piuttosto che sulla meccanica applicazione di parametri a delle formule per il calcolo del rischio, il quale viene concentrato preferibilmente su tre valori: medio, alto, altissimo.

Vi deve essere pertanto una consapevolezza del rischio che insiste sull’amministrazione, quale pre-requisito alla valutazione dello stesso .

Il calcolo è il prodotto della probabilità dell’evento per l’intensità del relativo impatto: Rischio (E) =Probabilità (E) X Impatto (E); mentre la probabilità è stata declinata in una scala di 5 valori (molto bassa, bassa, media, alta, altissima), l’impatto in termini di prudenza ha avuto solo 2 valori (alto, altissimo), considerando il notevole impatto che qualunque evento corruttivo avrebbe per l’ANAC, il prodotto finale ha quale possibile esito solo tre valori di rischio: medio, alto e altissimo.

Vi è una difficoltà degli individui a ragionare in termini probabilistici, essendovi una forte tendenza a ragionare in forma intuitiva secondo la nostra esperienza, d’altronde il rischio calcolato dagli “esperti” mantiene una forte dose di soggettività dovuta all’influenza dell’esperienza.

Se il rischio insito in eventi non familiari tende ad essere sottovalutato, tranne nel caso che lo si percepisca come “ingiusto”, lo stesso avviene nell’ipotesi in cui il rischio è stato abbassato (c.d. rischio morale); vi è pertanto una distinzione non netta tra rischio e incertezza, intervenendo in entrambi i casi dei giudizi squisitamente soggettivi.

Dobbiamo considerare che le decisioni relative ad un evento sono influenzate dall’utilità del valore atteso, nel termine più ampio, con possibili utilità marginali decrescenti, resta comunque una impossibilità di scendere al di sotto di un “rischio minimo sistemico”.

  • La terza ed ultima fase di gestione del rischio è tesa all’individuazione delle modalità per prevenire i rischi, queste devono essere efficaci, sostenibili economicamente ed organizzativamente, infine adatte alle caratteristiche specifiche dell’organizzazione.

Queste misure possono essere distinte in generali o di governo di sistema e specifiche per i singoli rischi emersi dall’analisi, un utile strumento di analisi sono le tabelle che mettono a confronto le varie tipologie di misure, così come per il monitoraggio si evidenzia quali misure siano state più efficaci.

 

Vedere anche: La posizione e il PTPC dell’ANAC, Autorità indipendenti e anticorruzione, Convegno CONSOB del 4/4/2017, Roma, in Quaderni giuridici n. 13 del 9/2017.

Dello stesso autore nella presente rivista:

L’appalto nella visione politico-economica.

 

 

 

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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