Pensione di inabilità e indennità di accompagnamento: i limiti di competenza tra INPS e INAIL

La Cassazione precisa la distinzione tra pensione di inabilità a carico dell’INPS e indennizzi dovuti dall’INAIL per infortuni sul lavoro.

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Tramite l’ordinanza n. 30095 depositata il 14 novembre 2025, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, ha esaminato una vicenda complessa in ambito di prestazioni assistenziali e previdenziali, chiarendo la distinzione tra pensione di inabilità a carico dell’INPS e indennizzi dovuti dall’INAIL per infortuni sul lavoro. Il pronunciamento, pur respingendo gran parte del ricorso, ha accolto il motivo afferente alla liquidazione delle spese processuali, cassando la sentenza impugnata e rinviando al Tribunale capitolino per una nuova determinazione conforme ai parametri ministeriali. L’ordinanza si inserisce nel trend giurisprudenziale volto a delimitare con precisione i confini tra le differenti prestazioni sociali, evitando sovrapposizioni e cumuli indebiti, al contempo ribadendo l’importanza del rispetto dei minimi tariffari nella liquidazione dei compensi professionali. In materia, il Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti, curato dall’avv. Rocchina Staiano, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, si propone come una guida completa e aggiornata sulla disciplina delle prestazioni assistenziali e previdenziali in favore di soggetti invalidi, inabili e disabili.

Corte di Cassazione -sez. L- ordinanza n. 30095 dep. 14-11-2025

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Indice

1. La vicenda processuale: riconoscimento della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento


La ricorrente aveva convenuto in giudizio l’INPS innanzi al Tribunale di Roma, chiedendo l’accertamento dei requisiti sanitari utili al riconoscimento sia della pensione di inabilità di cui all’articolo 12 della legge n. 118/1971, che dell’indennità di accompagnamento disciplinata dall’articolo 1 della legge n. 18/1980. Il Tribunale, dopo aver disposto una consulenza tecnica d’ufficio, accoglieva parzialmente la domanda: riconoscendo il diritto all’indennità di accompagnamento, bensì negando la pensione di inabilità. La decisione si fondava sulla conclusione del perito, secondo cui le menomazioni riscontrate erano riconducibili a un infortunio in itinere subito dalla ricorrente nel 2009, già indennizzato dall’INAIL. La ricorrente, per l’effetto, aveva proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi:

  • omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, n. 5 c.p.c.), relativo a patologie non correlate all’infortunio (tachicardia e disturbo ansioso-depressivo);
  • violazione di legge (art. 360, n. 3 c.p.c.), per avere il Tribunale attribuito esclusiva competenza all’INAIL, trascurando la possibilità di un quadro invalidante di rilievo anche per l’INPS;
  • violazione delle norme sulla liquidazione delle spese, per avere il giudice di merito determinato i compensi al di sotto dei minimi legali.

L’INPS si era costituito con controricorso, insistendo per il rigetto dell’impugnazione. In materia, il Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti, curato dall’avv. Rocchina Staiano, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, si propone come una guida completa e aggiornata sulla disciplina delle prestazioni assistenziali e previdenziali in favore di soggetti invalidi, inabili e disabili.

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2. La decisione della Cassazione


La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi, approdando a un esito differenziato:
1. Omesso esame di un fatto decisivo. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile, rilevando che la ricorrente non aveva specificato in che modo le patologie indicate (tachicardia e disturbo ansioso-depressivo) avrebbero potuto mutare il giudizio del consulente e del giudice circa l’origine delle menomazioni. Inoltre, la censura si limitava a denunciare un’omessa valutazione di elementi istruttori, non di un fatto storico decisivo. La Cassazione ha richiamato il consolidato indirizzo delle Sezioni Unite (sentenza n. 8053/2014), secondo cui l’art. 360, n. 5 c.p.c. consente di censurare solo l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia carattere decisivo, e non l’omessa valutazione di singoli elementi probatori.
2. Violazione di legge sulla competenza INPS/INAIL. Pure questo motivo è stato dichiarato inammissibile, in quanto puntava in realtà a una rivalutazione del merito della decisione, non a contestare l’interpretazione della norma. La Corte ha ribadito il principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 34476/2019): è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione di violazione di legge, miri a una nuova valutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.
3. Liquidazione delle spese. Differente l’esito per il terzo motivo, in quanto la Cassazione lo ha ritenuto fondato. La sentenza impugnata aveva liquidato le spese in modo complessivo, senza distinguere le differenti fasi e al di sotto dei minimi previsti dal d.m. n. 55/2014. La Corte ha richiamato il proprio orientamento consolidato, secondo cui la liquidazione deve rispettare i parametri ministeriali, salvo motivata deroga. Applicando tali principi, la Cassazione ha individuato il valore della causa nello scaglione tra € 5.201 e € 26.000, corrispondente a due annualità della prestazione richiesta. Ha quindi calcolato i minimi tariffari per le diverse fasi (istruzione preventiva e giudizio di merito), rilevando che la liquidazione del Tribunale non era conforme.

3. Analisi giuridica


La pronuncia offre spunti rilevanti sotto plurimi aspetti:
a) Distinzione tra INPS e INAIL. La Corte conferma che le menomazioni derivanti da un infortunio sul lavoro o in itinere rientrano nella competenza dell’INAIL, che provvede a indennizzare il danno biologico e le conseguenze invalidanti. L’INPS, invece, è competente per le prestazioni assistenziali e previdenziali legate a patologie non correlate a eventi lavorativi. Il divieto di cumulo tra prestazioni INPS e INAIL, sancito dall’art. 1, comma 43, della legge n. 335/1995, impedisce di percepire contemporaneamente benefici per la stessa menomazione da entrambi gli enti.
b) Limiti del ricorso per cassazione. La decisione ribadisce i limiti del giudizio di legittimità: non è consentito chiedere una nuova valutazione delle prove o del merito, ma solo denunciare errori di diritto o vizi processuali. L’omesso esame di elementi istruttori non integra il vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c., se il fatto storico è stato comunque considerato.
c) Liquidazione delle spese. La Cassazione sottolinea l’obbligo di rispettare i parametri ministeriali nella liquidazione dei compensi professionali. Il d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, prevede minimi e massimi tariffari, derogabili solo con motivazione. La mancata osservanza comporta la cassazione della sentenza. Il principio di diritto enunciato dalla Corte Suprema di Cassazione riguarda la liquidazione delle spese processuali in base ai parametri forensi.

4. Principio di diritto


In tema di liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite, se questa avviene in base ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, e in assenza di una diversa convenzione tra le parti, non è consentito al giudice scendere al di sotto dei valori minimi stabiliti dal tariffario ministeriale, in quanto essi hanno carattere inderogabile. Il giudice, nel liquidare il compenso, è tenuto a rispettare tali limiti minimi tariffari e, qualora disponga una riduzione che si discosti dalla misura media, deve fornire una analitica elencazione di calcolo e una idonea e specifica motivazione che supporti la deroga, tenendo conto delle caratteristiche di urgenza e pregio dell’attività prestata, della natura, difficoltà e valore dell’affare, e dei risultati conseguiti. Ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione, nelle controversie relative a prestazioni di natura assistenziale (come nel caso di specie per la pensione di inabilità e l’indennità di accompagnamento), si applica il criterio previsto dall’art. 13, primo comma, c.p.c., per cui il valore è determinato in base all’ammontare delle somme dovute per due anni. Per le cause di previdenza, il giudice può graduare la riduzione del compenso fino al 50% per le fasi di studio e introduttiva e fino al 70% per la fase istruttoria/trattazione (rispetto al parametro medio), ma sempre nel rispetto dei minimi risultanti da riduzioni siffatte.

5. Implicazioni pratiche


La pronuncia presenta notevoli ricadute per avvocati, consulenti e operatori del diritto:

  • Per i difensori: occorre prestare attenzione alla formulazione dei motivi di ricorso per cassazione, evitando di trasformare questioni di merito in presunte violazioni di legge. È essenziale indicare con precisione il fatto storico decisivo omesso e la realtiva incidenza sulla decisione.
  • Per i consulenti tecnici: la distinzione tra patologie correlate a infortuni e patologie autonome appare cruciale per determinare la competenza tra INAIL e INPS. Una perizia accurata dovrebbe chiarire tale distinzione.
  • Per i giudici di merito: la liquidazione delle spese deve rispettare i parametri ministeriali, distinguendo le differenti fasi e motivando eventuali deroghe.
  • Per i cittadini: la pronuncia evidenzia che non è possibile ottenere la pensione di inabilità dall’INPS per menomazioni già indennizzate dall’INAIL. Occorre comprovare la sussistenza di patologie autonome, non correlate all’infortunio.

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Avv. Biarella Laura

Laureata cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, è Avvocato e Giornalista.
È autrice di numerose monografie giuridiche e di un contemporary romance, e collabora, anche come editorialista, con redazioni e su banche dati giu…Continua a leggere

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