Opposizione al Giudice di pace avverso sanzioni relative al codice della strada

Antonio Cocca 03/11/23
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L’art. 204 bis del codice della strada, regolamenta il “ricorso al giudice di pace”.
Il trasgressore e gli obbligati in solido, sempre che non abbiano già provveduto al pagamento in misura ridotta ed in alternativa al ricorso al prefetto, possono proporre ricorso avverso il verbale al giudice di pace.


Per approfondimenti si consiglia: Prontuario delle violazioni del codice della strada

Indice

1. Premessa

Il ricorso al giudice di pace – definito comunemente anche “opposizione”, in ragione della sua denominazione nella disciplina generale della depenalizzazione – rende inammissibile il ricorso al prefetto, che non può più essere successivamente presentato. L’opposizione è regolata dall’articolo 7 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
Il ricorso al giudice di pace può essere presentato solo se il ricorrente non ha già provveduto al pagamento in misura ridotta.
Tuttavia, al momento della valutazione del ricorso da parte del giudice di pace, se risulta che il ricorrente ha già pagato in misura ridotta, occorre distinguere se ha pagato prima di presentare il ricorso, questo è inammissibile e non viene preso in considerazione nel merito; se ha pagato dopo la presentazione del ricorso, questo può essere valutato secondo l’ordinaria procedura, anche nel merito, perché il pagamento è privo di effetto processuale.
L’alternabilità rispetto al pagamento in misura ridotta e gli effetti che ne derivano valgono solo per chi ha effettuato tale pagamento. L’inammissibilità conseguente al pagamento in misura ridotta effettuato prima della presentazione del ricorso, perciò, non si estende agli altri soggetti, comunque responsabili dell’illecito amministrativo, che tale pagamento non hanno effettuato.
Il ricorso al giudice di pace avverso il verbale non può essere presentato se è già stato presentato un ricorso al prefetto.
L’inammissibilità del ricorso giudiziario conseguente alla presentazione di un ricorso al prefetto si estende a tutti gli interessati, anche coloro che non hanno presentato tale ricorso. Perciò, se il trasgressore ha presentato ricorso al prefetto, l’obbligato in solido non può più presentare un ricorso al giudice di pace per lo stesso verbale e, se lo presenta, il giudice di pace lo dichiara con sua sentenza inammissibile.

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2. Termini per la presentazione

Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni  dalla  data  di   contestazione   della   violazione   o   di notificazione del verbale  di  accertamento,  ovvero  entro  sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero e può  essere  depositato anche  a  mezzo  del  servizio  postale.  Il termine resta sospeso nel periodo di ferie degli avvocati e dei magistrati (dal 1° al 30 agosto).
Applicandosi le regole del processo civile, il termine indicato per la presentazione del ricorso è posto a pena di decadenza. Il ricorso presentato oltre i termini previsti, perciò, è dichiarato inammissibile dal giudice di pace con sentenza.
L’opposizione deve essere presentata al giudice di pace competente per territorio rispetto al luogo in cui è stato commesso il fatto illecito.
Per gli scopi di cui trattasi, il luogo in cui è stata commessa l’infrazione si identifica con il luogo in cui l’infrazione è stata accertata  e ciò anche nel caso di infrazione avente caratteri di continuità o permanenza.
Possono proporre ricorso al giudice di pace il trasgressore, il proprietario del veicolo e altri obbligati in solido, il responsabile della violazione commessa materialmente da un minore.
Ad essi deve, comunque, essere stato contestato o notificato il verbale di accertamento dell’illecito amministrativo.
Il Codice della strada ha disciplinato il procedimento di opposizione avverso il verbale modellandolo in modo assai diverso dalle corrispondenti disposizioni della legge di depenalizzazione che, tuttavia, in alcune fasi del procedimento sono applicabili anche all’opposizione di cui si parla.
Il giudizio di opposizione può avere per oggetto sia vizi formali ed estrinseci del verbale (mancanza di motivazione, mancanza di contestazione regolare, ecc.), sia presupposti e accertamento della responsabilità del ricorrente (la violazione non è stata commessa, esistono cause di giustificazione, ecc.).
Al giudice è concesso, perciò, sindacare il provvedimento amministrativo sia nel merito sia nella legittimità.
Con il decreto di  cui  all’articolo  415,  secondo  comma,  del codice di procedura civile il giudice  ordina  all’autorità’  che  ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto  con  gli  atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono  notificati,  a  cura della cancelleria, all’opponente ed ai soggetti di cui all’art. 7 comma 5 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (prefetto,  funzionari  e  agenti  delle  Ferrovie dello Stato, delle ferrovie e tranvie  in  concessione  e  dell’ANAS;  regioni, province e comuni).
  Nel giudizio di primo grado le parti possono stare  in  giudizio personalmente. L’amministrazione resistente può avvalersi  anche  di funzionari appositamente delegati.
  Alla prima udienza, il giudice:
    a) nei casi  previsti dall’art. 7 comma 3 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150,  dichiara  inammissibile  il ricorso con sentenza;
    b) quando l’opponente o il suo difensore non si presentano  senza addurre  alcun  legittimo  impedimento,   convalida   con   ordinanza appellabile il provvedimento opposto e provvede  sulle  spese,  salvo che la illegittimità del provvedimento risulti dalla  documentazione allegata  dall’opponente,  ovvero  l’autorità  che  ha   emesso   il provvedimento impugnato abbia omesso il deposito dei documenti.

3. Provvedimenti del giudice di pace

Il giudice di pace, chiamato a valutare la legittimità ed il merito dell’accertamento compiuto, può esercitare sul verbale di accertamento e contestazione un controllo non meramente formale, con la possibilità di confermarlo nei contenuti, mantenendo la sanzione applicata ovvero modificandone l’entità, senza possibilità, tuttavia, di scendere al di sotto del minimo edittale; annullarlo completamente ovvero solo in parte, disponendone la riforma anche solo per quanto riguarda la durata delle sanzioni accessorie.
Il giudice di pace, tuttavia, se ritiene fondato l’accertamento e corretto il verbale, non può procedere a una riforma parziale del suo contenuto che preveda la disapplicazione delle sanzioni accessorie, l’esclusione della decurtazione dei punti dalla patente, la diminuzione dell’entità delle sanzioni applicate, scendendo al di sotto del minimo edittale.
Nella valutazione del verbale, salvo si tratti di atto inesistente, il giudice non può rilevare d’ufficio vizi che non sono stati eccepiti dal ricorrente nell’atto introduttivo dell’opposizione.
Il giudice di pace, nel decidere sull’opposizione, ha la possibilità di disapplicare i provvedimenti amministrativi “presupposti” da cui la violazione dipende.
Esula, altresì, dal procedimento di opposizione anche la determinazione del risarcimento dei danni arrecati al ricorrente dall’esecuzione dell’atto amministrativo oggetto dell’impugnativa.
Nel giudizio di opposizione a un verbale che applica una sanzione amministrativa, le parti sono l’autorità amministrativa e le persone assoggettate alla sanzione, rispetto alle quali il giudice deve mantenersi equidistante e terzo.
La legittimazione passiva spetta all’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore che lo ha materialmente redatto e che ha inflitto la sanzione.
La  legittimazione  passiva  spetta  al  prefetto,  quando   le violazioni opposte sono state accertate da  funzionari,  ufficiali  e agenti dello Stato, nonché da funzionari  e  agenti  delle  Ferrovie dello Stato, delle ferrovie e tranvie  in  concessione  e  dell’ANAS;
Per gli accertamenti compiuti da organi di Polizia stradale non dipendenti dallo Stato la legittimazione passiva spetta alle amministrazioni locali da cui dipendono.
L’onere di individuare con esattezza l’amministrazione legittimata spetta al ricorrente che deve indicarla nel ricorso.
La violazione delle norme in tema di legittimazione passiva, ad es. la chiamata in causa del prefetto anziché del sindaco (nel caso della Polizia locale), ai sensi dell’art. 101 cpc comporta la nullità di tutti gli atti del giudizio e si riflette sulla sentenza impugnata.
Il vizio di legittimazione passiva può essere rilevato anche d’ufficio.
Se il ricorrente, dopo aver effettuato il pagamento in misura ridotta nelle more del giudizio, ottiene dal giudice di pace l’accoglimento del suo ricorso, la sentenza costituisce anche riconoscimento del diritto ad un rimborso totale o parziale di quanto, indebitamente, egli aveva pagato. La restituzione della somma è disposta dall’amministrazione destinataria dei proventi, per i verbali redatti da organi di polizia stradale che non dipendono dall’amministrazione dello Stato; dal prefetto, per i verbali degli organi di polizia stradale che dipendono dallo Stato.

4. Opposizione al giudice di pace avverso ordinanza ingiunzione prefettizia

Se è stato presentato ricorso al prefetto e il procedimento si è concluso con l’emissione di un’ordinanza-ingiunzione di pagamento, gli interessati possono proporre opposizione contro l’ordinanza entro 30 giorni dalla sua notificazione.
Diversamente da quanto previsto per l’opposizione al verbale, il pagamento della somma richiesta nell’ordinanza-ingiunzione non esclude la possibilità di proporre ricorso entro i termini sopraindicati.
In caso di accoglimento dell’opposizione, la somma pagata deve essere restituita dalla prefettura-UTG ovvero dall’amministrazione cui sono devoluti i proventi derivanti dall’applicazione della sanzione.
La persona legittimata a presentare opposizione deve essere destinataria del provvedimento sanzionatorio impugnato o, comunque, del verbale di contestazione oggetto del ricorso dal quale è derivata l’ordinanza-ingiunzione. Diversamente il ricorso è inammissibile: non ha alcuna legittimazione, infatti, chi, pur materiale autore della trasgressione, non è stato oggetto di alcuna contestazione e verso il quale la pubblica amministrazione non avanza alcuna pretesa.
Per le persone giuridiche, la legittimazione a proporre ricorso spetta al legale rappresentante.
L’interessato può presentare opposizione all’ingiunzione prima che il provvedimento diventi definitivo, cioè entro 30 giorni dalla sua notificazione se risiede in Italia, o entro 60 se all’estero.
Il termine è posto a pena di decadenza ed è soggetto alla sospensione nel periodo di ferie dei giudici e degli avvocati (dal 1° al 30 agosto).
La remissione in termini è generalmente esclusa salvo che il termine indicato nell’ordinanza ingiunzione per proporre opposizione sia stato indicato erroneamente.
L’opposizione all’ordinanza-ingiunzione deve essere presentata al giudice di pace competente per il luogo in cui è stata commessa la violazione.
Oggetto del giudizio di opposizione è l’ordinanza-ingiunzione di rigetto di un ricorso al prefetto ovvero quella emessa dal prefetto per le sanzioni per le quali non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
La valutazione che il giudice compie, tuttavia, è estesa al verbale da cui l’ordinanza-ingiunzione trae origine e al suo contenuto.
Perciò, il giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione ha per oggetto il fatto illecito nella sua interezza e la valutazione che di questo hanno compiuto l’organo accertatore ed il prefetto. Il giudizio tende ad evidenziare l’esistenza di:
–                possibili vizi formali ed estrinseci del verbale o dell’ordinanza-ingiunzione (mancanza di motivazione, di contestazione regolare, ecc.);
–                presupposti e corrette modalità di accertamento della responsabilità del ricorrente (la violazione non è stata commessa, esistono cause di giustificazione, ecc.).
Al giudice è concesso, perciò, di sindacare il provvedimento amministrativo, sia nel merito, sia nella legittimità . Egli può intervenire per annullare, in tutto o in parte, l’ordinanza-ingiunzione ovvero, pur confermandola, rideterminare l’entità della sanzione applicata.
Il giudice di pace è chiamato a valutare la legittimità ed il merito dell’accertamento compiuto, attraverso la valutazione dell’ordinanza-ingiunzione del verbale di contestazione e, più in generale, del fatto illecito contestato. Egli ha la possibilità di:
–                confermarlo nei contenuti, mantenendo la sanzione applicata dal prefetto o modificandone l’entità;
–                annullare completamente l’ordinanza-ingiunzione, o solo in parte, disponendone la riforma anche solo per quanto riguarda la durata delle sanzioni accessorie.
Il giudice di pace tuttavia, se ritiene fondato l’accertamento e corretto il verbale, non può procedere ad una riforma parziale del contenuto dell’ordinanza-ingiunzione che preveda la diminuzione dell’entità delle sanzioni applicate al di sotto del minimo previsto dalla legge per la violazione.
Nella valutazione del verbale o dell’ordinanza-ingiunzione, salvo che si tratti di atti completamente inesistenti o affetti da nullità insanabile, il giudice non può rilevare d’ufficio vizi che non sono stati eccepiti dal ricorrente nell’atto introduttivo dell’opposizione.
Nel procedimento promosso avverso l’ordinanza-ingiunzione, la legittimazione passiva appartiene sempre al prefetto, quale soggetto che ha emesso il provvedimento impugnato.
Il prefetto si avvale, di norma, di un proprio funzionario delegato, che partecipa alle udienze. Tuttavia, il prefetto, legittimato passivo nel giudizio di opposizione, può delegare la tutela giudiziaria all’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, laddove questa sia anche destinataria dei proventi.
Anche durante il giudizio di opposizione (sempre che non sia stata pronunciata sentenza) il prefetto che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione può provvedere, nell’esercizio della sua facoltà di autotutela, all’annullamento o alla revoca della stessa.
L’opposizione proposta dall’interessato davanti al giudice, non priva, infatti, l’amministrazione, del potere di adottare un nuovo provvedimento sanzionatorio, in relazione alla stessa infrazione, rimuovendo gli elementi di illegittimità dell’atto. Unico limite è che sia, nel frattempo, intervenuta la decisione del giudice in ordine all’opposizione proposta avverso quello precedente.
Se la rimozione del provvedimento ingiuntivo interviene in pendenza del giudizio di opposizione, il giudice deve dare atto della cessazione della materia del contendere.
Il pagamento della somma, in caso di rigetto dell’opposizione deve essere effettuato a vantaggio dell’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, con le modalità di pagamento da questa determinate.
Se non è stato effettuato il pagamento della sanzione prevista dalla sentenza, contro la pronuncia del giudice di pace è sempre ammesso l’appello al tribunale in composizione monocratica, competente per territorio rispetto al luogo in cui si trova il giudice di pace che l’ha emessa.
L’appello, che può essere proposto sia dall’opponente che dall’amministrazione legittimata passiva, deve essere presentato entro  giorni dalla notificazione della sentenza.
Il giudizio d’appello richiede l’assistenza di un difensore abilitato che deve regolarmente costituirsi in giudizio e presentarsi alle udienze di discussione dell’appello.
Il giudizio d’appello ha per oggetto il merito della questione affrontata davanti al giudice di pace e, quindi, il verbale o l’ordinanza ingiunzione oggetto dell’impugnativa davanti a questo giudice. Tali atti, tuttavia, possono essere impugnati esclusivamente per i motivi e per i profili di illegittimità che erano stati manifestati con il ricorso in opposizione ai sensi dell’art. 204 bis C.d.S. o dell’art. 205 C.d.S. e pertanto non possono essere proposti nuovi motivi di opposizione rispetto al verbale o all’ordinanza ingiunzione che non siano già stati proposti nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace.
L’appello davanti al tribunale è trattato dal giudice monocratico che, salvo non ricorrano motivi procedurali che rendono improcedibile l’appello, decide con sentenza che può confermare o riformare la sentenza del giudice di pace totalmente o parzialmente, anche solo per quanto riguarda l’entità delle sanzioni irrogate.
Contro la sentenza del tribunale che decide in appello sulla sentenza del giudice di pace, è consentito il ricorso in Cassazione che può essere proposto sia dall’opponente che dall’amministrazione legittimata passiva.

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Antonio Cocca

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