Natura giuridica e operatività della valutazione di impatto ambientale

Diana Vitale 14/02/22
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La valutazione di impatto ambientale è espressione di ampia discrezionalità tecnico amministrativa da parte dell’amministrazione e deve prendere in considerazione tutte le evidenze ambientali rilevanti ex D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente), senza limitare l’analisi alla eventuale presenza di un bene oggetto di uno specifico vincolo.

Il fatto

Adito per la riforma della sentenza del Tar Sardegna, sez. II, n. 453 del 2020, resa in tema di energie rinnovabili e, in particolare, di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte eolica, il Consiglio di Stato, con il suo intervento qui in esame, ha modo di soffermarsi (tra l’altro) sulla valutazione di impatto ambientale (v.i.a.), provvedimento che, come noto, è espressione di ampia discrezionalità della P.A..

La decisione del Consiglio di Stato

Attraverso la v.i.a. la P.A. non è chiamata, in via per così dire notarile e passiva, a riscontrare la sussistenza di possibili impatti ambientali dell’opera, bensì è tenuta a ricercare attivamente, nella ponderazione comparativa di istanze potenzialmente confliggenti, un complessivo bilanciamento fra gli interessi perseguiti con la realizzazione dell’opus, da un lato, e le contrapposte esigenze di preservazione (rectius, di contenuta o, comunque, non eccessiva e sproporzionata incisione) del contesto ambientale lato sensu inteso, dall’altro (Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8329; Cass. civ., sez. un., ord., 30 novembre 2021, n. 37572; Cons. Stato, sez. II, 8 novembre 2021, n. 7408; Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 2021, n.  6448; T.a.r. Campania, Napoli, sez. VII, 24 agosto 2021, n. 5604; Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2021, n. 4000; Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2021, n. 1156; Cons. Stato, sez. II, 28 gennaio 2021, n. 847; Cons. Stato, sez. IV, 1 dicembre 2020, n. 7616; T.a.r. Campania, Napoli, sez. VII, 24 agosto 2021, n. 5604).

Si giustifica così come mai il relativo procedimento sia aperto alla partecipazione di “chiunque vi abbia interesse” (art. 24 D.Lgs. n. 152/2006 – Codice dell’ambiente), eventualmente anche mediante una “inchiesta pubblica”: la partecipazione procedimentale è, cioè, estesa oltre gli ordinari confini apprestati dagli artt. 7 e ss. L. n. 241/1990, non essendo necessario comprovare, da parte del soggetto che aspira alla partecipazione, che “dal provvedimento possa derivare un pregiudizio”.

E cioè a dire, in considerazione del suo peculiare oggetto, lo statuto procedimentale della v.i.a. è speciale: invero, lo scrutinio discrezionale circa il quomodo (e, prima ancora, circa lo stesso an, ovvero la cd. “opzione zero”)

dell’incisione dell’assetto ambientale recata dal progetto viene svolto coram populo, al fine di rendere quanto più possibile democratica, partecipata e condivisa una scelta che, inevitabilmente, si ripercuote sulla vita quotidiana di tutti gli attori (economici, sociali, collettivi, istituzionali) presenti sul territorio.

Trattandosi di atto che non veicola un mero accertamento tecnico, ma esprime, in forme procedimentali speciali, una potestà amministrativa sostanziale stricto sensu intesa, il conseguente sindacato giurisdizionale incontra precisi limiti, arrestandosi alla soglia dell’illogicità, della contraddittorietà, dell’irragionevolezza, senza poter accedere alla diretta valutazione del merito delle scelte, ex lege riservata alle valutazioni della P.A. (Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n. 5380).

Altro profilo da considerare è, poi, la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale: essa costituisce un procedimento di valutazione preliminare (cd. screening) autonomo e non necessariamente propedeutico alla v.i.a. vera e propria, con la quale condivide l’oggetto (l’impatto ambientale, inteso come alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa che viene a prodursi sull’ambiente) ma su un piano di diverso approfondimento (Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379).

In particolare, la peculiarità dell’autonomia del procedimento di screening consiste nel fatto che esso non si conclude mai con un diniego di v.i.a., bensì con un giudizio circa la necessità di un sostanziale approfondimento.

In altre parole, il rapporto tra i due procedimenti appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa.

La verifica di assoggettabilità anticipa sostanzialmente la valutazione di impatto, delibandone l’opportunità, sulla base della ritenuta sussistenza prima facie dei relativi presupposti, con la conseguenza che l’attività economica, libera sulla base della nostra Costituzione, non possa che svolgersi nel pieno rispetto delle normative di tutela ambientale (Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 2021, n. 3302).

La giurisprudenza (v. Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 2021, n. 6648) reputa, poi, legittima una v.i.a. che dichiari la compatibilità ambientale di un progetto subordinatamente al rispetto di specifiche prescrizioni e condizioni, da verificare all’atto del successivo rilascio dei titoli autorizzatori necessari per la concreta entrata in funzione dell’opus.

I limiti alla legittimità di tale modus procedendi attengono al grado di dettaglio e di specificità delle prescrizioni, nonché al numero ed alla complessiva incidenza delle stesse sui caratteri dell’opera: invero, la formulazione di prescrizioni eccessivamente generiche, ovvero relative a pressoché tutti i profili di possibile criticità ambientale dell’opus, potrebbe risolversi in una sostanziale pretermissione del giudizio.

Una simile evenienza, che deve essere valutata ed accertata nel caso concreto, ha carattere patologico e lumeggia l’illegittimità dell’azione amministrativa, che, in casi siffatti, rinviene non dalla presenza di prescrizioni in sé e per sé considerate, ma dal fatto che il carattere abnorme (qualitativamente, tipologicamente o numericamente) di tali prescrizioni disvela, a monte, l’assenza di un’effettiva, concreta ed attuale valutazione di impatto ambientale, ossia il sostanziale rifiuto dell’esercizio del potere, pur nella formale spendita dello stesso.

Ancora si consideri che lo studio di impatto ambientale è configurato dall’art. 22  D.Lgs. n. 152/2006 (nonché dall’Allegato VII al medesimo Codice) come uno strumento rappresentativo e informativo tendenzialmente completo e autosufficiente in tutte le sue parti oltre che di agevole consultazione, stante la connotazione diffusa degli interessi facenti capo alle comunità territoriali esposte agli effetti dell’intervento richiedente la v.i.a., nonché considerato quanto espressamente previsto dal comma 5 del medesimo art. 22  ove si legge che <<(…) La documentazione dovrà essere predisposta al fine di consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico ed un’agevole riproduzione>> (v.: Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2018, n. 3011).

D’altronde la tutela dell’ambiente, preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l’uomo vive, è imposta da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.) ed assurge a <<valore primario ed assoluto>> quale espressione della personalità individuale e sociale (Cons. Stato, sez. VI, 9 settembre 2014, n. 2938; Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222; Cons. Stato, sez. VI, 12 febbraio 2008, n. 1109).

Per accertare, poi, se occorra, o meno, la valutazione d’impatto ambientale è necessario avere riguardo non solo alle dimensioni del progettato ma, ove si tratti di ampliamento di un’opera già esistente, alle dimensioni dell’opera finale, risultante dalla somma di quella esistente con quella nuova, perché è l’opera finale nel suo complesso – così come sottolinea anche il Collegio di Palazzo Spada nella sentenza qui n esame –  che, incidendo sull’ambiente, deve essere sottoposta a valutazione (Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2020, n. 7427; Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36; Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163; Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760).

Orientamenti giurisprudenziali

  • Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8329;
  • Cass. civ., sez. un., ord., 30 novembre 2021, n. 37572;
  • Cons. Stato, sez. II, 8 novembre 2021, n. 7408.

 

Sentenza collegata

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