Nel nostro sistema di diritto positivo, la disciplina della successione di leggi penali nel tempo si rinviene nell’art. 2 c.p.; come noto, i principi cardine che governano detta disciplina sono il principio di irretroattività sfavorevole e il principio di retroattività favorevole; il principio di retroattività favorevole in ambito penale rappresenta un’eccezione rispetto ai principi generali del nostro sistema normativo in quanto ai sensi dell’art. 11 delle preleggi “la legge non dispone che per l’avvenire” e l’eccezione è costituita proprio dall’applicazione retroattiva della legge.
Volume per l’approfondimento: La Riforma Cartabia della giustizia penale
Indice
1. Brevi cenni sulla successione di leggi penali nel tempo
Il principio di irretroattività sfavorevole si desume dall’art. 2 c.p., nonché dall’art. 25, comma 2, Cost., ma anche dall’art. 7 CEDU e dall’art. 49 della Carta di Nizza. Tale principio tutela la libertà di autodeterminazione del reo, il quale, nel momento in cui si determina a delinquere deve essere in grado di calcolare il rischio penale delle proprie azioni.
Al soggetto agente non può essere addebitato retroattivamente un reato che quando ha deciso di delinquere era inesistente e, in secondo luogo, tale principio vale anche per la pena, nel senso che, al reo non può essere addebitato alcun trattamento deteriore rispetto a quello in vigore nel momento in cui ha posto in essere la condotta criminosa.
Occorre sottolineare che tale principio è assoluto e inderogabile e appartiene ad uno dei cosiddetti controlimiti della nostra Carta Costituzionale, cioè a quei principi fondamentali del nostro ordinamento insuscettibili di revisione Costituzionale ex art. 138 Cost.
Il principio di retroattività favorevole, invece, avrebbe un riferimento normativo espresso solo a livello di diritto positivo nell’art. 2, commi 2 e 4, c.p.; non si rinviene un diretto riferimento di questo principio nella nostra Carta Costituzionale anche se l’indirizzo maggioritario trova un ancoraggio costituzionale a detto principio nell’art. 3 Cost.
Sarebbe irragionevole, infatti, che due soggetti siano sottoposti a trattamenti penali differenti a seconda del momento storico in cui hanno commesso il fatto criminoso.
Il principio di retroattività favorevole ha avuto un accoglimento positivo anche a livello sovranazionale a partire dalla nostra sentenza Scoppola del 2009 della Corte EDU che ha statuito che il principio di retroattività favorevole ha un fondamento implicito anche nella CEDU e quindi, implicitamente ha trovato un ulteriore riferimento costituzionale nell’art. 117, comma 1, Cost.
Occorre sottolineare che applicare retroattivamente una legge penale favorevole non confliggerebbe in alcun modo con l’art. 25. Comma 2, Cost. in quanto non ci sarebbe nessuna lesione del principio di autodeterminazione del reo, il quale, se si è determinato a delinquere quando il reato era punito più severamente, a maggior ragione si sarebbe ugualmente determinato in tal senso qualora quel medesimo fatto fosse stato punito con un trattamento più favorevole.
Per questo motivo all’art. 25, comma 2, Cost., si aggiunge al concetto di irretroattività, il lemma sfavorevole, proprio perché, una volta compresane la ratio, solo le norme penali sfavorevoli, e non quelle di favore, non possono essere applicate retroattivamente.
In ultimo, mentre il principio di irretroattività sfavorevole come abbiamo detto sopra è assoluto e inderogabile, è pacifico che il principio di retroattività favorevole è derogabile; tuttavia la deroga deve essere comunque giustificata alla luce di un bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevante. Un esempio esplicito di questa derogabilità lo rintracciamo nel limite del giudicato per quanto concerne la successione modificativa ex art. 2, comma 4, c.p.
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2. Overruling giurisprudenziale sfavorevole in ottica di diritto interno e in ottica CEDU
Dobbiamo a questo punto analizzare se il mutamento giurisprudenziale sfavorevole possa essere assimilato allo ius superveniens sfavorevole di cui all’art. 2, comma 1, c.p.
A tutta prima dovremmo fornire a questo interrogativo una risposta categoricamente negativa e ciò non sarebbe errato. Negli ordinamenti di civil law la giurisprudenza fornisce interpretazioni di natura dichiarativa della legge che non possono essere in alcun modo assimilati agli effetti innovativi tipici dell’introduzione di nuove disposizioni normative. Il giudice, infatti, quando interpreta una legge, anche in malam, si limita ad estrarre dalla norma il significato che le è proprio e non è quindi irragionevole che si possa applicare il suddetto significato anche a fatti commessi prima.
Questo ragionamento, tuttavia, deve fare i conti con i principi CEDU. È noto, infatti, che fanno parte della CEDU anche ordinamenti di common law come il Regno Unito che non hanno tra i loro principi fondamentali in materia penale, il principio della riserva di legge, né quello dell’esigenza di una fonte scritta nella suddetta materia.
Per questo motivo, in ottica CEDU, non risulta in alcun modo scandaloso che il precetto penale o il trattamento sanzionatorio vengano disciplinati da un organo governativo oppure da un organo giudiziario.
Il principio di legalità di cui all’art. 7, comma 1, CEDU è declinato nei due concetti dell’accessibilità e della prevedibilità. Per la CEDU occorre che le norme penali siano rese sufficientemente accessibili per il cittadino a prescindere da chi le abbia formate e, in secondo luogo, devono essere sufficientemente prevedibili nella loro applicazione concreta al fine di potere prevedere in maniera sufficientemente certa le conseguenze penali del proprio operato.
Per questa ragione oggi possiamo pacificamente affermare che il mutamento giurisprudenziale sfavorevole imprevedibile non si applica retroattivamente. Questo perché per la CEDU la legge penale non necessariamente deve essere costituita da una legge scritta come nel nostro sistema normativo ma ben può essere costituita da un regolamento oppure può essere una legge di creazione giurisprudenziale. La cosa importante è che il reo deve trovare in quella “legge” un comportamento sufficiente preciso e determinato tale da mettere al riparo la sua libertà di autodeterminazione al fine di evitare che possa essergli applicata una “legge” assolutamente imprevedibile nel momento in cui decide di delinquere.
Applicare retroattivamente un’interpretazione giurisprudenziale sfavorevole imprevedibile significherebbe violare l’art. 117, comma 1, Cost., alla luce dell’interpretazione dell’art. 7, comma, 1 CEDU, fornita dalla Corte di Strasburgo.
Quindi, in un’ottica CEDU non c’è molta differenza tra lo ius superveniens e il mutamento giurisprudenziale sfavorevole e questo, d’altra parte, è anche coerente con quanto detto sopra in relazione al principio di irretroattività sfavorevole ex art. 25, comma 2, Cost., in quanto, sia se sopravviene un nuovo reato, sia se sopravviene un’interpretazione giurisprudenziale deteriore, l’importante è tutelare la libertà di autodeterminazione del soggetto agente.
Pensiamo all’applicazione di tale principio nel noto caso Contrada in materia di concorso esterno in associazione mafiosa. In quel caso la Corte EDU affermò che non era possibile applicare retroattivamente il reato di cui al combinato disposto degli artt. 110-416 bis c.p.; questo perché il concorso esterno in associazione mafioso era una fattispecie di reato che fino alla fine degli anni ’80 aveva dubbi confini applicativi. Sarà solo con la sentenza Demitry del 1994 che si traccerà per la prima volta una prima linea di demarcazione del concorso esterno che, fino ad allora era stato oggetto di oscillanti e ondivaghi orientamenti applicativi tali da non consentire ai consociati di orientare correttamente i propri comportamenti.
Occorre sottolineare come la giurisprudenza maggioritaria tenda a fornire un’applicazione restrittiva dei criteri CEDU in materia di overruling giurisprudenziale sfavorevole. Infatti, solamente quel mutamento assolutamente imprevedibile sarebbe suscettibile di non poter essere applicato retroattivamente. In presenza di indirizzi giurisprudenziali contrastanti, invece, tendenzialmente la giurisprudenza non applica detto principio in quanto, la presenza di un indirizzo giurisprudenziale anche minoritario e isolato, non rende quell’interpretazione assolutamente imprevedibile e quindi il consociato non potrebbe dolersi dell’applicazione di quell’interpretazione sfavorevole reputata prevedibile.
3. Overruling giurisprudenziale favorevole
In modo analogo all’interrogativo che ci siamo posti sopra in merito alla possibile assimilazione tra overruling sfavorevole e art. 2, comma 1, c.p., dobbiamo ora porci una domanda analoga e cioè, se sia possibile assimilare l’overruling giurisprudenziale favorevole all’abolitio criminis di cui all’art. 2, comma 2, c.p.
È naturale, infatti, che, qualora non sia ancora intervenuto il giudicato, al soggetto agente può essere applicato retroattivamente quell’interpretazione sopravvenuta a lui favorevole.
La domanda è se sia possibile caducare il giudicato a fronte non di uno ius superveniens, pienamente ammissibile ex art. 2, comma 2, c.p., ma a fronte di un mutamento giurisprudenziale favorevole.
In tal senso, una parte della dottrina prova a dare a questo quesito una risposta positiva argomentando alla luce dei principi CEDU. Per questa dottrina, se per la CEDU non c’è distinzione tra diritto scritto e diritto giurisprudenziale, allora ben può essere applicato retroattivamente quell’intervento giurisprudenziale favorevole assimilando quel mutamento alla sopravvenienza di una legge penale scritta di favore idonea a caducare il giudicato.
Questo indirizzo, tuttavia, appare decisamente minoritario in quanto non è possibile assimilare ius superveniens e mutamento giurisprudenziale favorevole. Questo perché anche per la CEDU il principio di retroattività favorevole non è un principio assoluto e inderogabile e trova un limite nel giudicato. Occorre chiarire che il nostro ordinamento è ancor più garantista rispetto alla CEDU, in quanto di fronte all’abolitio criminis noi il giudicato lo faccio cadere alla luce dell’art. 2, comma 2, c.p. mentre la CEDU non impone la caducazione del giudicato in caso di intervenuta abolitio criminis.
Applicare retroattivamente il mutamento giurisprudenziale favorevole avrebbe certamente delle finalità condivisibili in un’ottica di favor rei, ma non può essere tollerato nel nostro sistema in quanto generebbe incertezze applicative. L’overrulling favorevole, infatti, non avrebbe quei connotati di cogenza e stabilità che caratterizzano lo ius superveniens.
L’interpretazione giurisprudenziale, anche nei suoi più autorevoli indirizzi, rimane sempre un’operazione di carattere dichiarativo che può essere in qualsiasi tempo rivisitata da qualsiasi organo giudicante e non può essere assimilata alla discrezionale valutazione del disvalore delle condotte penalmente rilevanti che connota l’operato politico-legislativo, il solo che può giustificare una caducazione del giudicato alla luce di una rinnovata valutazione di offensività delle singole condotte criminose.
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Al volume è associata un’area online in cui verranno caricati i contenuti aggiuntivi legati alle eventuali novità e modifiche che interesseranno la riforma con l’entrata in vigore.Aggiornato ai decreti attuativi della Riforma Cartabia, pubblicati in Gazzetta Ufficiale il 17 ottobre 2022, la presente opera procede ad una disamina della novella, articolo per articolo.Il Legislatore delegato è intervenuto in modo organico sulla disciplina processualpenalistica e quella penalistica, apportando considerevoli modificazioni nell’ottica di garantire un processo penale più efficace ed efficiente, anche attraverso meccanismi deflattivi e la digitalizzazione del sistema, oltre che ad essere rivolte al potenziamento delle garanzie difensive e della tutela della vittima del reato.La riforma prevede poi l’introduzione della giustizia riparativa, istituto in larga parte del tutto innovativo rispetto a quanto previsto in precedenza dall’ordinamento.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB). Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica http://diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2022
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