Mediazione: soddisfazione dell’Avvocatura per la bocciatura degli emendamenti al decreto sviluppo

Redazione 30/11/12
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Anna Costagliola

La Commissione Industria del Senato ha dichiarato inammissibili gli emendamenti alla legge di conversione del D.L. crescita 2.0 (D.L. 179/2012) che puntavano a reintrodurre la obbligatorietà della mediazione, già bocciata dalla Consulta dopo un ricorso presentato dall’OUA e da diversi ordini forensi.

L’avvocatura ha espresso apprezzamento e soddisfazione per questa determinazione che sancisce la estraneità della materia rispetto al contenuto del decreto legge e ratifica il giudizio di illegittimità della Corte costituzionale. Nel merito, il CNF aveva sottolineato la inopportunità di reintrodurre la mediazione obbligatoria senza neppure conoscere le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale con lettere inviate al presidente della Commissione Industria al presidente del Senato Renato Schifani, in cui si esprimeva viva preoccupazione sui due emendamenti alla legge di conversione del D.L. crescita. Nelle stesse missive veniva stigmatizzato come l’istituto della obbligatorietà mal si concili con il sistema europeo delle Adr e che occorre, piuttosto, rimettere mano a una riformulazione della normativa della mediazione per renderla realmente efficace e utile al sistema giustizia.

L’eventuale approvazione degli emendamenti volti a reintrodurre l’istituto dell’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione della lite, in qualsiasi settore prevista, avrebbe significato porsi in contrasto con l’orientamento della Corte costituzionale, che ha voluto sottolineare la sua contrarietà a questo sistema coattivo addirittura pubblicando il dispositivo della pronuncia prima del deposito della sentenza con relativa motivazione.

Per l’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura) è stato sventato l’ultimo colpo di mano delle lobby della privatizzazione della macchina giudiziaria, così tutelando la decisione della Consulta contro l’obbligatorietà della mediazione. Un istituto che ha chiari profili di incostituzionalità non solo per l’eccesso di delega, ma anche ma anche per l’onerosità della stessa, per la mancanza di indipendenza delle camere di conciliazione private, per l’inidoneità di gran parte dei mediatori, per la speculazione che si è scatenata nel settore, per gli ostacoli all’accesso libero del cittadino alla giustizia, per le gravi ripercussioni sul giudizio successivo, anche considerato che nel 90% dei casi la parte non compare o la conciliazione ha insuccesso. Questo meccanismo, obbligatorio e costoso, unico in Europa, è, oltretutto, ancora sub judice della Corte di Giustizia Europea. Pertanto, una decisione di segno opposto del Parlamento sarebbe stato un vero e proprio abuso.

L’Avvocatura auspica dunque che si riparta dalle decisioni dell’ultimo Congresso Forense per implementare davvero una media-conciliazione volontaria e di qualità, e che possa aprirsi sul punto un urgente confronto col ministro della Giustizia.

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