Maternità surrogata e interesse del minore

Alesso Ileana 16/02/18
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La norma del codice civile che prevede che il riconoscimento del figlio possa essere impugnato per difetto di veridicità non viola la Costituzione, in quanto il giudice è comunque tenuto a bilanciare l’interesse alla verità  con il concreto interesse del bimbo nato da surrogazione di maternità, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane.  

Corte costituzionale, sentenza 18 dicembre 2017, n. 272

Una coppia si reca in India per avere un figlio attraverso la maternità surrogata, vietata in Italia. Successivamente, tornata in Italia, la coppia procede alla trascrizione del certificato di nascita del bambino,  riconosciuto come figlio naturale di entrambi.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni si insospettisce e avvia delle indagini da cui emerge che i genitori hanno fatto ricorso alla maternità surrogata e successivamente, attraverso la procedura di rito, il Tribunale ordinario di Milano dichiara che il bimbo non è figlio della donna che lo ha riconosciuto.

La decisione del Tribunale è fondata sulla invalidità del contratto di maternità surrogata per contrarietà della legge straniera all’ordine pubblico.
Tuttavia la Corte d’Appello di Milano si chiede, in virtù del principio del superiore interesse del minore, se sia costituzionale la rimozione dello status di figlio senza consentire al giudice di valutare caso per caso il concreto interesse del bambino coinvolto. La Corte sottolinea che la recente giurisprudenza, anche internazionale, attribuisce rilievo al concreto interesse del minore in situazioni anche non conformi al diritto. Ad esempio, ci sono state sentenze che hanno riconosciuto la possibilità di adozione del figlio di uno dei partner di una coppia omosessuale da parte dell’altro, o che hanno escluso che il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale pregiudichi l’equilibrato sviluppo del bambino.
La Corte di Appello solleva quindi la questione di costituzionalità ritenendo che tale norma violi :
– il diritto del minore a non vedersi privato del nome, dell’identità personale e della stessa possibilità di avere una madre;
– la tutela, accanto alla genitorialità biologica, anche di una genitorialità sociale, fondata sul consenso e non sul dato genetico;
La Corte ritiene 
inoltre che ci sia anche la violazione dei diritti della famiglia e della infanzia, sanciti  da Convenzioni internazionali ed europee sui diritti dei  fanciulli nonchè dalla Carta dei diritti della Unione europea.
La Consulta esamina la questione, nell’ambito della quale l’Avvocatura dello Stato osserva che non esiste conflitto tra l’esigenza di far emergere la verità e l’interesse del minore: la verità biologica della procreazione è essa stessa una componente essenziale dell’interesse del minore.

La Consulta dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale e delinea ai Tribunali e alle Corti i principi e le direttrici cui attenersi.

La Corte costituzionale infatti :
– rileva che la Consulta ha da tempo riconosciuto l’importanza dell’interesse del minore e in tale giurisprudenza si trovano affermazioni sul particolare valore della verità biologica;
– la Consulta ha riconosciuto che la verità biologica costituisce una componente essenziale della identità personale del minore che concorre, con altre componenti, a definirne il contenuto
, ma non ha mai negato la possibilità di valutare l’interesse del minore,
– la necessità di considerare il concreto interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano è fortemente radicata nell’ordinamento, sia interno, sia internazionale. Quindi, anche 
nei processi, come quelli in esame, il giudice dovrà valutare se l’interesse a far valere la verità prevalga su quello del minore;
– tuttavia, se non è costituzionalmente ammissibile permettere che l’esigenza di verità prevalga automaticamente sull’interesse del minore
, non può essere che tale interesse comporti l’automatica cancellazione dell’esigenza di verità,
– è ben vero che nel caso della maternità surrogata il legislatore ha optato per la prevalenza della verità e tuttavia ciò non significa che l’interesse del minore sia stato “cancellato” dal nostro ordinamento.

E’ quindi compito del giudice tenere necessariamente conto di diverse variabili come :
1)la durata del rapporto instauratosi tra i genitori “non veri” col minore,
2) la condizione identitaria già acquisita dal minore,
3) la possibilità di soluzioni
 legali,  come potrebbe essere l’adozione da parte del “genitore” contestato.

In ordine alla maternità surrogata la Consulta sottolinea che nel nostro ordinamento essa è vietata da una apposita disposizione penale e che è connotata da un elevato grado di disvalore poiché offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane.
 

 

Alesso Ileana

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