Logica formale e probabilità normativa

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Logica formale

Nella scienza del linguaggio l’analisi logica diviene analisi linguistica, ossia una delle dimensioni del linguaggio che racchiude in sé le due dimensioni “sintattica” e “semantica”.

In quella sintattica i segni componenti il linguaggio vengono a connettersi tra loro secondo regole relative alla sola forma, mentre nella dimensione semantica gli enunciati si fondano nel rapporto vero/falso, concentrandosi su fatti ed eventi.

La logica formale analitica si affianca pertanto alla logica matematica (Morris, Carnap, Hempel), superando attraverso la critica di Locke il sillogismo aristotelico e la sua forma primaria del “sillogismo necessario”, detto dallo stesso Aristotele dimostrativo, o scientifico, o anche sillogismo dell’universale.

Nel valutare una norma dobbiamo considerare che noi rinegoziamo incessantemente la “realtà” a mano a mano che il nostro linguaggio e il nostro esistere si sviluppano (Dretscke), diventa quindi fondamentale il modo in cui condividiamo la nostra conoscenza con gli altri, di cui elemento fondamentale ne sono i concetti che sono essenzialmente giudizi e come tali possono essere veri o falsi (Davidson).

Ma l’interloquire avviene in un ambiente esterno, ogni individuo viene pertanto a porsi su un duplice piano, con il mondo e con l’altro, quello che Davidson definisce come una “triangolazione”, dove l’agente impara a correlarsi con le reazioni degli altri e i cambiamenti che queste inducono nel mondo.

Se la norma agisce nella triangolazione guidando le reazioni, la verità sulla stessa non può definirsi se non mediante il “consenso” che crea lo spazio per le modalità della sua applicazione.

Come le stesse note musicali risultano differenti all’udito in ambienti diversi, la norma, quale unità di misura costante nel rapporto bivalente vero/falso, ottiene risultati differenti in contesti differenti.

Nella realtà l’uno/zero della norma, quale logica predefinita, viene a sfumare nella logica fuzzy, in una logica variabile nel contesto sociale, dove i risultati non sono altro che la corrispondenza ai rapporti sociali già instaurati e persistenti.

Probabilità dell’efficacia

Entra quindi in gioco la valutazione della probabilità dell’efficacia, pur ammettendo la presenza di un qualche effetto che può anche non essere scontato in presenza di un “rigetto sociale”.

Nella valutazione della probabilità, oltre ai fattori del contesto sociale e della validità dello strumento organizzativo in termini di efficienza, vi è l’efficacia data dal fattore controllo.

Con l’introduzione della nuova tecnologia informatica il controllo sulla società è aumentato, il fattore diventa quindi sempre più importante senza tuttavia potere scalzare gli altri due fattori, ossia il contesto sociale e lo strumento organizzativo.

Dobbiamo considerare che la tecnologia resta comunque dipendente dallo strumento organizzativo, il quale è peraltro rientrante nel fattore umano, che è a sua volta espressione del contesto sociale.

Restano quindi prevalenti nella valutazione sulla probabilità questi ultimi due fattori, sebbene con un crescente peso del fattore organizzativo, che peraltro resta sensibile al contesto sociale e al sempre possibile rigetto.

Al legislatore in termini di utilità politica interessa prevalentemente l’effetto sul contesto a lui prossimo, disinteressandosi nei fatti alle ulteriori conseguenze nel tempo e in altri contesti, anche negative, questo sebbene in presenza di sue alte assicurazioni.

L’intervento legislativo o regolamentativo avviene  in molte occasioni non all’inizio del processo autocatalitico, bensì in uno stadio avanzato. La correzione non risulta quindi sufficiente ma solo limitata al suo momentaneo rallentamento, essendo molto più complesso, economicamente e politicamente costoso, un intervento correttivo alla fonte. Basti pensare al problema ecologico delle materie plastiche, per non dire dei nuovi interessi economici che ogni intervento “green” viene comunque a costituire e talvolta ad esternare surrettiziamente in altri ambiti ecologici.

Dobbiamo considerare, infatti, che in molti casi l’eventuale valutazione di impatto avviene per sistemi chiusi, senza interfaccia, non considerando la connessione tra più sistemi, circostanza che, come si può facilmente dedurre, viene a modificare sostanzialmente i risultati.

Come precisa Bonanate , “non c’è alcun dubbio, in ogni caso, che i meccanismi attraverso i quali un governo perviene a una decisione destinata a valere per i destini di un paese ( e sovente anche di molti altri) siano estremamente complessi, e che possa venire da dire che, come ad Atene, non è per nulla vero che siano i cittadini a decidere, ma dei gruppi ben più ristretti, degli esperti oppure delle persone non sempre ispirate ai principi della democrazia, neppure nei paesi democratici” (L. Bonanate, Prima lezione di relazioni internazionali, 46, Editore Laterza 2010).

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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