Lo stato della giustizia in Italia: la Relazione del Ministero per l’anno 2012

Redazione 25/01/13
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Anna Costagliola

Il Ministero della giustizia ha redatto la Relazione sullo stato della giustizia in Italia per l’anno 2012, segnalando come l’anno trascorso è stato caratterizzato da una serie di interventi volti ad incidere sulle principali aree di criticità nell’ambito dell’amministrazione della giustizia.

Le misure poste in essere si sono mosse nel solco delle direttrici d’azione tracciate in occasione della Relazione sull’Amministrazione della giustizia depositata lo scorso anno, le quali riguardavano, in particolare:

a) la questione carceraria e i problemi legati alla tensione detentiva;

b) il tema dell’efficienza dell’organizzazione giudiziaria sia sotto il profilo della struttura e distribuzione degli uffici giudiziari sia sotto quello della domanda e dell’offerta di giustizia con la connessa problematica degli strumenti in grado, in particolare modo nel settore civile, di incidere sullo smaltimento dell’arretrato;

c) la sfida rappresentata dalla utilizzazione e diffusione della tecnologia nel processo.

Ciascuno di questi settori è stato oggetto di incisivi interventi di riforma.

Quanto alla questione carceraria, dal Ministero si sottolinea come l’azione si sia sviluppata su vari fronti: quello delle strutture carcerarie, quello dell’introduzione di meccanismi di deflazione in una prospettiva emergenziale e quello strutturale finalizzato a dotare il nostro ordinamento di istituti volti a favorire modalità di esecuzione della pena diverse dalla detenzione in carcere. Sul terreno normativo si sono combinate misure dirette ad affrontare l’emergenza, allentando la tensione detentiva (cd. decreto salva carceri, con cui si è esteso l’ambito di operatività dell’istituto dell’esecuzione della pena presso il domicilio), e interventi di lungo periodo volti a rivedere il catalogo delle pene principali e ad innovare il panorama delle misure alternative alla detenzione.

Una serie di altre misure hanno riguardato il miglioramento delle condizioni di vita del detenuto. In tale direzione è stato emanato il D.P.R. 5 giugno 2012, n. 136, in materia di carta dei diritti e dei doveri del detenuto e dell’internato, costituente una sorta di guida, in diverse lingue, fornita al detenuto al momento del suo ingresso in carcere e alla sua famiglia che indica in forma chiara le regole generali del trattamento penitenziario, con l’obiettivo di garantire al detenuto, sin dall’ingresso nella struttura penitenziaria, la conoscenza dei propri diritti e dei propri doveri.

Il capitolo sulla giustizia penale ha visto un importante intervento di contrasto alla corruzione con la L. 190/2012, che ha adeguato al contempo il nostro ordinamento alle indicazioni provenienti da strumenti sovranazionali già ratificati dall’Italia (Convenzione Onu di Merida) o firmati e la cui ratifica era, all’atto dell’insediamento del Governo, all’esame del Parlamento (Convenzione di Strasburgo del 1999). Con la riforma si è dato un importante riscontro alle indicazioni provenienti dalle istituzioni internazionali, oltre che una risposta ad una diffusa domanda di intervento su un tema, quale quello della corruzione, molto avvertito, dal forte connotato simbolico e dalle pesanti ricadute economiche.

La legge citata si è mossa nella direzione di un complessivo rafforzamento dei presidi penali, sia sul terreno delle fattispecie criminose, sia sul fronte della confisca e delle pene accessorie. Le linee di fondo sono state quelle di procedere ad un’armonica revisione del delitto di concussione e del sistema dei delitti di corruzione nonché di inserire nell’assetto vigente di disciplina ipotesi di reato, quali il traffico di influenze illecite, fino ad ora non contemplate nel nostro ordinamento. Nella medesima logica si colloca l’introduzione della fattispecie della corruzione privata, nella prospettiva, anche in questo caso, di una estensione dell’ambito della tutela penale, avendo riguardo anche alla responsabilità degli enti.

Sul terreno della giustizia civile, sono state realizzate una serie di iniziative finalizzate ad assicurare maggiore efficacia alla stessa, con l’obiettivo di garantire una minore durata dei procedimenti, costi adeguati di accesso, sufficiente prevedibilità e stabilità degli esiti.

Dal punto di vista dell’«offerta» di giustizia particolare risalto viene dato alle misure in tema di:

a) riorganizzazione della geografia giudiziaria, realizzata mediante il taglio di 220 sezioni distaccate di tribunale, la soppressione di 31 tribunali e 31 procure e il taglio di 667 uffici dei giudici di pace non circondariali;

b) informatizzazione degli uffici giudiziari, che ha consentito di arrivare all’imposizione della obbligatorietà delle comunicazioni e notificazioni per via telematica, all’impiego della telematica per la gestione dei flussi di comunicazione tra gli organi delle procedure concorsuali ed i creditori (D.L. 179/2012), alla previsione nei procedimenti civili dell’obbligo, a partire dal 2014, di deposito in via telematica degli atti endo‐procedimentali per i difensori delle parti costituite, nonché per i soggetti nominati dall’autorità giudiziaria (Legge di stabilità 2013);

c) istituzione dei Tribunali per le imprese, attraverso la creazione di sezioni specializzate nella trattazione di particolari tipologie di controversie in materia societaria e di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.

Sotto il profilo della «domanda» di giustizia, sono segnalati nella relazione:

a) introduzione del sistema del «filtro» per un accesso alla giustizia più «fisiologico» ed efficiente in secondo grado (D.L. 83/2012). L’istituto, ispirato ai modelli inglese e tedesco, è volto a limitare l’impugnazione di merito congegnando un meccanismo di inammissibilità dell’impugnazione, centrato su una prognosi di non ragionevole fondatezza del gravame, formulata dal medesimo giudice dell’appello in via preliminare alla trattazione dello stesso;

b) modifica della cd. Legge Pinto attraverso i seguenti interventi: predeterminazione della soglia al di sotto della quale la durata del processo deve ritenersi ragionevole (D.L. 83/2012); predeterminazione dell’ammontare dell’indennizzo spettante per ciascun anno che eccede il termine di durata ragionevole; indicazione dei casi in cui il diritto all’indennizzo è escluso a causa di condotte di abuso del processo da parte di colui che lamenta l’irragionevole durata; conformazione del procedimento secondo il modello dell’ingiunzione di pagamento.

A conclusione della disamina in ordine all’attività intrapresa, nella relazione si sottolinea come la maggior parte delle misure introdotte in materia di giustizia richiederà del tempo per produrre effetti significativi e stabili. Detti effetti si tradurranno, oltre che in una maggiore efficacia della macchina giudiziaria, anche in risparmi significativi in termini di minori costi per l’amministrazione.

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