Legalizzata la c.d. marijuana light

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Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha liberalizzato la cd. marijuana light. Si tratta di un’importante passo in avanti che ha finalmente soddisfatto le richieste di tutti gli investitori di questo business. Un business in forte crescita e che si stima essere molto redditizio, dato che ha un potenziale stimato di 40 milioni di euro.

Per marijuana light si intende quella a basso contenuto di THC, il principale principio attivo psicoattivo della canapa, il quale deve essere inferiore allo 0.2%. Tuttavia, la legge prevede anche il limite massimo fissato allo 0.6%: questo perché la pianta, in condizioni di forte stress, potrebbe contenere più THC del normale. Questa eventualità non è chiaramente in alcun modo prevedibile dall’agricoltore. In queste quantità, il principio attivo non altera le capacità e non è, dunque, considerabile rischioso. Se si superassero suddetti limiti, si commetterebbero azioni penalmente rilevanti e l’autorità giudiziaria sarebbe autorizzata a sequestrare la coltivazione, che dovrebbe, poi, essere distrutta.

Promozione della coltivazione industriale

La circolare risale al 22 maggio 2018, anche se essa chiarisce alcuni punti già previsti dalla legge del 30 dicembre 2016, n. 242, riguardante le “disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”. Ai sensi dell’art. 1, la finalità di tale intervento legislativo è quello di recare “norme per il  sostegno  e  la  promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di  contribuire  alla  riduzione  dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del  consumo  dei  suoli della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura  da  impiegare   quale   possibile   sostituto   di   colture eccedentarie e come coltura da rotazione”.

Il testo legislativo non aveva come scopo, quindi, quello di legalizzare la cannabis, il cui uso, tanto ricreativo quanto terapeutico è considerato illegale nella maggior parte delle nazioni del mondo, bensì la promozione della coltivazione della canapa industriale. Si rivolge, quindi, agli agricoltori.

Il testo di legge era effettivamente molto scarno, essendo composto da soli 10 articoli. La circolare interviene proprio per chiarire alcune zone d’ombra.

La circolare precisa che per quanto riguarda le coltivazioni destinate al florovivismo, si specifica che: il seme della pianta di canapa deve essere rigorosamente certificato. La documentazione inerente alla semente deve essere conservata per un periodo non inferiore a 12 mesi. È inoltre presente il divieto di riproduzione per via agamica o assessuata, vale a dire quel processo di formazione di organismi da un singolo organismo. L’ultima parte della stessa, invece, vieta le importazioni non rientranti nel catalogo europeo. Chiaramente tale divieto è stato pensato per imbrigliare fin da subito la materia.

Il punto su cui si è posto l’accento è stato, però, l’uso del termine “infiorescenze”: il suo utilizzo da parte del Mipaaf sembrerebbe averlo liberato da connotazioni negative. Si tratta di un settore molto dinamico in cui appaiono plausibili ulteriori interventi legislativi.

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