L’audizione del minore nel giudizio di separazione e divorzio

Redazione 14/02/20
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La disciplina relativa all’audizione del minore nel giudizio di separazione e divorzio.

Il presente contributo in tema di audizione del minore è tratto da “Le prove nel processo civile” nella parte scritta da Enrico Lambiase e Maria Grazia Passerini.

 Disciplina dell’audizione del minore

Per quanto non si tratti di una prova in senso stretto, è opportuno ricordare che l’art. 315 bis, comma 3, c.c. prevede che il figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Alla luce dell’art. 12 della Convenzione di new York del 1989 sui diritti del fanciullo; dell’art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 1996, relativa all’esercizio dei diritti dei minori, ratificata con l. n. 77 del 2003; dell’art. 24, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, oltre che dell’attuale normativa interna (artt. 315 bis c.c., 336 bis c.c., 337 octies c.c.), l’ascolto del minore costituisce una modalità tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse Cass. civ. 6129/2015.

Infatti, secondo quanto disposto dall’art. 336 bis, comma 1, c.c., il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal Presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, ma se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato.

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I casi in cui il minore può non essere ascoltato nell’interpretazione della giurisprudenza

Il giudice ha, quindi, un potere di ascolto – che però può decidere di non attuare –, che era già stato sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 12.10.2009, n. 2223, prima dell’introduzione dell’art. 336 bis c.c. ad opera dell’art. 53 del d.lgs. 28.12.2013, n. 154. Più nello specifico, le Sezioni Unite, dopo avere affermato che il mancato ascolto del minore costituisce una violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo, richiamata la normativa sovranazionale in materia, precisava che sarà corretto non disporlo solo:

  • se si ravvisi l’eventuale assenza di discernimento del minore che possa giustificarne l’omesso ascolto, che necessita di adeguata motivazione del giudice in punto;
  • ove possa essere in contrasto con i suoi interessi fondamentali.

Tali concetti sono stati ripresi dalla giurisprudenza con le seguenti sentenze.

Quanto al primo punto, il concetto è stato ripreso da Cass. civ., 14.2.2014, n. 3540, secondo cui:

«L’accertamento circa il grado di maturità del minore ovvero l’assenza di condizioni che gli evitino traumi che per la sua tenera età potrebbero incidere gravemente sulla sua sfera psichica è rimesso al giudice del merito, che è tenuto a valutare (l. n. 64/1994, art. 7, comma 3) anche in ragione del carattere urgente e meramente ripristinatorio della procedura (Cass., 4.04.2007 n. 8481 e 19.12.2003, n. 19544), se, secondo quanto previsto dall’art. 11, comma 2 del Regolamento CE n. 2201/2003, sia inopportuno ascoltarlo per il grado di discernimento da presumersi raggiunto secondo comune esperienza, condizione quest’ultima sottesa anche all’art. 23, lett. b) ed esplicitamente ribadita dall’art. 42, comma 2, lett. a), del medesimo testo.

L’adempimento, già previsto nell’art. 12 della Convenzione di new York sui diritti del fanciullo, ora necessario ai sensi degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la l. 20.03.2003, n. 77, quale strumento d’acquisizione della sua opinione laddove abbia un sufficiente grado di discernimento, «postula che il minore riceva le informazioni pertinenti ed appropriate, con riferimento alla sua età ed al suo grado di sviluppo», e tali informazioni non nuocciano al suo benessere (Cass., n. 16753/2007). Può essere difatti omesso nei casi in cui il giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, ravvisi suddetto pericolo di pregiudizio ovvero un contrasto con gli interessi superiori per l’interessato, ovvero reputi il minore non adeguatamente maturo alla stregua della situazione di fatto considerata» (Cass., sez. un., n. 22238/2009, n. 12293/2010, n. 13241/2011, n. 17201/2011).

Quanto al secondo punto, il concetto è stato ripreso da Cass. civ., 16.6.2011, n. 13241, secondo cui l’audizione del minore è stata esclusa a fronte della valorizzazione della tenera età dello stesso, di soli 8 anni, così negando, secondo il notorio, sufficiente maturità, ma anche e del pari legittimamente, privilegiando l’interesse superiore del minore a non essere esposto al presumibile danno derivante dal suo coinvolgimento emotivo nella controversia che opponeva i genitori.

I casi in cui il minore può non essere ascoltato possono essere così riassunti:

  • in caso di rifiuto del minore, che lo comunica direttamente o indirettamente;
  • mancato compimento degli anni dodici;
  • se il minore non ha sufficiente maturità psicologica per sostenere l’audizione dell’autorità giudiziaria;
  • ove il minore si trovi in condizioni fisiche o psichiche per cui è particolarmente fragile, pur avendo compiuto dodici anni;
  • se è già stato ascoltato in altro procedimento.

Se il giudice non procede alla audizione del minore, ne dovrà motivare le ragioni: il giudice, oltre ai casi sopra esposti, potrà rifiutare l’ascolto del minore anche quando questo assume carattere strumentale, perché vertente, ad esempio, su questioni di natura economica: l’ascolto del minore, infatti, è un diritto soggettivo perfetto, non un mezzo di prova a favore o meno dei genitori.

L’ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. Molto spesso sono delegati i servizi sociali e i professionisti che conoscono il linguaggio dei bambini e le dinamiche dell’ascolto e che danno una chiave di lettura delle risposte date dal minore.

Ai sensi dell’art. 336 bis, comma 2, c.c., i genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento.

Prima di procedere all’ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto. Dell’adempimento è redatto processo verbale.

Durante l’ascolto, verranno assunte informazioni sul nucleo famigliare, i desideri del minore, le sue opinioni: si pensi, ad esempio, all’opinione manifestata dal minore circa il prospettato trasferimento da un luogo ad un altro, circa il collocamento presso il genitore, la scuola da frequentare, ecc.

Il presente contributo in tema di audizione del minore è tratto da “Le prove nel processo civile” nella parte scritta da Enrico Lambiase e Maria Grazia Passerini.

Le prove nel processo civile

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