La presentazione della SCIA edilizia al Comune, dopo il d.l. 70/2011

Redazione 15/06/11
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Articolo di D. Ori tratto da Edilizia Urbanistica

 

Con questo approfondimento provo ad evidenziare come si dovrebbe presentare correttamente la SCIA edilizia al comune, dopo le novità inserite nell’art. 19 legge 241/1990, come modificato dal d.l. 70/2011 (decreto legge sviluppo), in vigore dal 14 maggio 2011.

Ricordo che con un precedente approfondimento, pubblicato su EdiliziaUrbanistica il 23 maggio 2011 “La Scia edilizia dopo il decreto legge sviluppo“, ho chiarito le novità del decreto legge sviluppo, che ha stabilito espressamente che la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) va a sostituire la dichiarazione di inizio attività (DIA) edilizia.

 

Ricognizione degli interventi e dei titoli abilitativi

Innanzitutto i comuni devono fare una corretta ricognizione degli interventi edilizi, per definire bene i relativi titoli abilitativi, a cui sono soggetti.

In questo momento storico, la difficoltà maggiore è riuscire a coordinare le diverse leggi che sussistono sulla materia, cercando di interpretare bene cosa si applica dei principi dettati a livello nazionale e cosa invece si applica della disciplina regionale, là dove questa è stata emanata, come per esempio, in Emilia Romagna, dove abbiamo due leggi regionali sull’edilizia, mi riferisco alla l.r. 31/2002 e la l.r. 23/2004.

Ecco, per comprendere quali titoli abilitativi siano vigenti, bisogna combinare le fonti innanzitutto con l’art. 6 del DPR 380/2001 che ha introdotto, come nuovi titoli, la comunicazione di inizio lavori semplice e la comunicazione di inizio lavori asseverata, con una filosofia, molto simile a quella della SCIA, in quanto il privato si premunisce di atti autorizzativi, assensi, pareri, autocertificazioni e li allega al progetto, che pertanto non soggiace più a nessun periodo di istruttoria precedente all’efficacia del titolo stesso.

Quindi, innanzi tutto occorre fare un elenco degli interventi che sono assoggettati alle comunicazioni definite nell’art. 6 DPR 380/2001 e detti interventi sono individuati dall’articolo stesso.

Poi occorre fare l’elenco degli interventi che sono assoggettati al permesso di costruire, disciplinato dal rinnovato art. 20 DPR 380/2001, che è norma di principio nazionale, a cui va adeguata la norma del permesso di costruire contenuta nella legge regionale. In Emilia Romagna pertanto le norme che disciplinano il permesso di costruire vanno applicate tenendo conto delle novità dell’art. 20 DPR 380/2001. Quindi, occorre interpretare la procedura del permesso di costruire avendo sott’occhio sia l’articolo di riferimento della legge regionale, sia l’articolo del DPR 380/2001 che, in quanto norma di principio, va osservata, soprattutto per le novità che pone a livello generale. Gli interventi che sono sottoposti a permesso di costruire, sono quelli che non erano assoggettati prima a DIA e quelli che non sono assoggettati a comunicazione di inizio lavori (semplice o asseverata) dall’art. 6 DPR 380/2001.

A questo punto, definito ciò, occorre verificare cosa era sottoposto a DIA fino al 13 maggio 2011. Ebbene, questi interventi dal 14 maggio 2011 richiedono la SCIA.

 

Presentazione della SCIA

L’art. 19, comma 1, ultimo capoverso, l.241/1990 consente anche di presentare la SCIA per posta, per raccomandata con avviso di ricevimento e, in questo caso, la SCIA si considera presentata al momento della ricezione da parte del comune.

Se invece la SCIA viene presentata direttamente agli sportelli di ricevimento del pubblico, riceve un timbro di protocollo: questo e la relativa data di presentazione sono i riferimenti che attestano che la SCIA è stata presentata ed è titolo efficace.

La SCIA però va presentata corredata di tutto quanto richiede la legge.

Il vantaggio di mantenere uno sportello di ricevimento delle pratiche edilizie, all’interno dell’Ufficio Tecnico, consiste nel fatto che un operatore ha modo, al momento della ricezione della SCIA, di verificare, nell’immediato, perlomeno se ci sono gli allegati di legge e così la SCIA può anche non essere ritirata, se manca degli elementi minimi. Questo evita al Comune problemi successivi e permette al privato di non consegnare una SCIA incompleta e non coerente con le norme nuove.

La novità del passaggio dalla DIA alla SCIA non è di immediata comprensione. Infatti, è vero che gli interventi edilizi che fino al 13 maggio 2011 erano assoggettati a DIA, dal 14 maggio richiedono una SCIA edilizia, ma non si tratta solo di un mero mutamento di nome.

La DIA, infatti, aveva una disciplina ed un vero e proprio procedimento, che prevedeva un termine assegnato agli istruttori comunali, per accertare l’ammissibilità, la completezza e la legittimità della DIA, prima che la stessa divenisse efficace titolo abilitativo per dare avvio alle opere.

Oggi la legge, con la SCIA edilizia, ha attribuito al privato l’incombenza e la responsabilità di preparare correttamente e in modo completo, il progetto edilizio, prima di presentarlo in Comune. Il comune però effettua controlli solo successivi e interviene solo successivamente alla presentazione della SCIA, ovvero interviene dopo un titolo efficace.

Tuttavia, poiché la norma di riferimento (l’art. 19 della legge 241/1990) è una norma di principio, scritta non espressamente per l’edilizia, ma estesa a questa e spetterà alla Regione il compito di definire, con propria legge, la corretta presentazione e gestione della SCIA, in questo momento, in assenza di una pronuncia regionale, sussistono varie difficoltà interpretative ed applicative.

In questa prima fase applicativa, anche in attesa di una auspicabile circolare nazionale o perlomeno regionale, si cerca, pertanto di vedere come può essere presentata una SCIA, per evitare poi problemi e arresti del cantiere, con i provvedimenti conseguenti.

In ogni caso, dalla lettura della legge, se ne può dedurre che è possibile presentare correttamente la SCIA, se questa è corredata dei pareri e degli atti di assenso richiesti dalle normative specifiche di materia, per la tipologia di intervento che si intende realizzare. Se non si sono acquisiti detti pareri e atti di assenso comunque denominati e non sono allegati alla SCIA, questa non può essere presentata.

In questa prima fase, sussiste anche un problema di coordinamento con le norme dello Sportello unico, che prevede un ufficio che si faccia carico di dialogare con tutte le amministrazioni, senza far girare il privato. Per cui, per ora, in attesa di eventuali chiarimenti normativi, per esempio si può anche interpretare consentendo al privato di presentare al comune una richiesta volta ad ottenere un parere (ad esempio, il parere sanitario integrato AUSL/ARPA) o un atto di assenso (al esempio, l’autorizzazione paesaggistica) allegando tutta la documentazione necessaria.

Il comune -Sportello unico si fa carico di inoltrare detta richiesta agli enti competenti e alle autorità preposte alla tutela del vincolo, se l’intervento si deve realizzare su un immobile assoggettato a vincoli di legge. Una volta pervenuto il parere e l’atto di assenso, lo Sportello unico lo spedirà ai privati. A questo punto il privato potrà presentare la SCIA.

In questa fase di prima applicazione dell’istituto della SCIA edilizia, è necessario il contributo di tutti gli operatori della materia, non solo dei funzionari degli uffici comunali, ma anche dei professionisti dell’edilizia, i quali sono in un certo senso invitati a fornire tutta la collaborazione e il necessario supporto, in quanto l’applicazione delle nuove norme è assai complessa e l’assetto normativo, trattandosi di decreto legge, potrebbe cambiare, anche sostanzialmente, a breve, inoltre, come già detto, la Regione stessa potrebbe intervenire con legge o con circolari interpretative.

In una fase storica nella quale è stato eliminato l’apporto istruttorio del tecnico comunale e si è demandata la preparazione del progetto e della documentazione allegata al privato, questo assurge a protagonista della scena edilizia e questi può e deve operare senza attendere un pronunciamento dal comune, che non è più detentore di chiavi interpretative assolute. Anzi, la modalità corretta di una presentazione ottimale della SCIA passa anche dalle proposte, dai suggerimenti e da un confronto insomma, che possa servire per chiarire l’applicazione operativa delle nuove norme.

Questa può anche essere una chiave di lettura nuova e un modo nuovo di approcciarsi agli uffici comunali, non più attendendo una risposta, ma sottoponendo idee e soluzioni, che si possono condividere. Forse in questo modo anche la mentalità che deve necessariamente cambiare, si avvia verso un modo nuovo di confezionare le pratiche e di presentarle al Comune che, in sintesi, ha mutato molto del suo antico ruolo.

Le nuove norme, infatti, impongono di operare nel rispetto di una metodologia rinnovata che vede completamente eliminata la fase di istruttoria preventiva all’efficacia del titolo (che era presente nella DIA, ma che non c’è più nella SCIA), per focalizzare gli sforzi e le competenze degli uffici su una fase di controllo, successiva all’efficacia del titolo abilitativo. Di questo parlerò nel prossimo approfondimento.

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