La mancata indicazione dei costi di sicurezza aziendale determina sempre l’esclusione della ditta offerente dalla procedura di affidamento?

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Ai Tribunali Amministrativi Regionali, dal Nord al Sud dello Stivale, non resta che attendere la pronuncia della Corte del Lussemburgo sulla questione relativa al dubbio se sia compatibile con i principi europei di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché con i logici corollari  che ne derivano (parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE), la normativa italiana – derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, e dall’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 – così come interpretata, in funzione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99 cod. proc. amm., dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale.

Volendo ricostruire, brevemente, la prospettiva giurisprudenziale formatasi in merito alla questione interpretativa ed applicativa della normativa sull’indicazione nelle offerte dei costi di sicurezza aziendali, e che ha reso evidentemente necessario l’intervento della Corte di Giustizia Europea, si richiama in primo luogo la sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 20 marzo 2015 che ha statuito come “nelle procedure di affidamento dei lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dalla procedura, anche in assenza di espressa previsione in tal senso nel bando di gara”.

Facendo un breve passo indietro, con ordinanza n. 88 del 2015 il Consiglio di Stato, nel pronunciarsi sull’appello avverso la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 2010/2014, alla luce dei contrasti giurisprudenziali esistenti, aveva rimesso all’Adunanza Plenaria l’interpretazione del disposto dell’art. 87, comma 4, del Codice dei Contratti Pubblici, per la soluzione della questione relativa all’estensione della predetta norma e alla sua applicabilità o meno ai contratti di lavori pubblici oltre che a quelli di servizi e forniture.

 Il quesito imponeva, in sintesi, all’Adunanza Plenaria “di verificare se, in ogni caso, la sanzione dell’esclusione debba essere comminata anche laddove l’obbligo di specificazione degli oneri non sia stato prescritto dalla normativa di gara e se, ai fini della soluzione, possa avere rilievo la peculiarità della fattispecie, data la circostanza che viene in rilievo un appalto integrato, caratterizzato dall’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori sulla scorta di un progetto definitivo predisposto dalla stazione appaltante”.

Come anticipato, la questione attiene alla corretta interpretazione del disposto di cui all’art. 87, comma 4, del Codice dei Contratti Pubblici, che il Giudice d’Appello aveva individuato come norma da cui discende l’obbligo, per le imprese partecipanti alla gara, di indicare, a pena di esclusione, gli oneri relativi alla sicurezza in maniera analitica sin dal momento della presentazione delle offerte. Nella fattispecie concreta veniva in rilievo la mancata indicazione dei costi relativi alla sicurezza c.d. interni o aziendali, cioè quelli propri di ciascuna impresa connessi alla realizzazione dello specifico appalto, sostanzialmente contemplati dal documento di valutazione dei rischi. Veniva chiesto cioè di verificare se l’art. 87, comma 4, fosse prescrizione di respiro universale oppure una norma relativa ai soli appalti di servizi e forniture, cui si riferisce espressamente l’inciso finale con il rinvio “all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”.

Con la successiva decisione n. 9 del 2015 la stessa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nel confermare tale lettura interpretativa, ha affermato che essa ha natura esclusivamente dichiarativa e non, invece, di produzione del diritto. Di conseguenza è stato ritenuto che “non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015”.

 

Conseguentemente, le pronunce dei Giudici Amministrativi si sono uniformate alla interpretazione fornita dal Consiglio di Stato nell’esercizio della sua funzione nomofilattica.

In particolare il T.A.R.S. Sez. Staccata di Catania con ordinanza n. 716 del 25 settembre 2015 ha condiviso la Giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria in tema di obbligo per le ditte partecipanti di indicazione separata, nell’offerta economica, dei costi per la sicurezza aziendale, sussistente anche per le procedure di affidamento relative a contratti pubblici di lavori, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara.

Tuttavia, pochi mesi dopo è lo stesso T.A.R.S. Catania che in analoga fattispecie con ordinanza cautelare n. 2957 del 18/12/2015 ritiene che “occorre tener conto della recentissima rimessione da parte del TAR Piemonte, Sez. II – ordinanza 16 dicembre 2015 n. 1745 –  alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione pregiudiziale di compatibilità con i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), della normativa nazionale derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, e dall’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008, così come interpretato dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale”.

In particolare, la questione interpretativa che il T.A.R. Torino ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea concerne (similmente ad altra questione sollevata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana con ordinanza n. 1 del 2015) la compatibilità della descritta normativa nazionale, così come interpretata dalle citate sentenze dell’Adunanza Plenaria in funzione nomofilattica, con i principi euro-unitari, di matrice giurisprudenziale, della tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE.

La questione, in altri termini, tende ad appurare se, nella materia degli appalti pubblici di lavori, i richiamati principi euro-unitari possano essere declinati nel senso che, laddove la normativa di gara (bando e disciplinare) non abbia prescritto espressamente, ai fini della valida partecipazione a una gara d’appalto per lavori pubblici, la separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale nell’offerta economica, e laddove non sia neanche revocato in dubbio che tale offerta, dal punto di vista sostanziale, rispetti i necessari costi di sicurezza, quei principi possano condurre all’esito di mantenere in gara l’impresa che non abbia indicato, nella propria offerta economica, i costi per la sicurezza aziendale, nonostante altre concorrenti lo abbiano invece fatto, anche in chiave di rispetto del canone di favor partecipationis. Ciò, in considerazione del fatto che la necessità di tale indicazione deriva con certezza, per l’ordinamento nazionale, non dalla lettera delle disposizioni di legge ma solo dal c.d. diritto vivente, ossia dalla richiamata interpretazione nomofilattica del quadro normativo vigente.

 

Infine, sulla questione è intervenuto anche il TAR per il Molise con ordinanza del 12 febbraio 2016, n. 77 che ha sollevato la questione alla Corte del Lussemburgo non sotto l’esclusivo profilo della salvezza delle procedure in atto al momento della affermazione dei principi di diritto  da parte delle Adunanze Plenarie nn. 3 e 9 del 2015, bensì ha avuto riguardo alla disciplina sostanziale a regime, a differenza quindi delle due ordinanze soprarichiamate di rimessione alla Corte di giustizia UE: rispettivamente del T.a.r. per il Piemonte e Consiglio di Giustizia Amministrativa, relative, più in generale, alla compatibilità col diritto dell’UE della disciplina della funzione nomifilattica da parte dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sancita dall’art. 99 c.p.a.

Ed invero, nella pronuncia di rimessione del Giudice Amministrativo del Molise viene anzitutto in rilievo il principio della tutela del legittimo affidamento, poiché laddove la disciplina di gara non preveda espressamente l’obbligo di indicazione separata, nell’ambito dell’offerta, degli oneri di sicurezza aziendale, tale obbligo non può dirsi che possa trarsi con certezza dal diritto positivo nazionale, il quale, come visto, data la sua oggettiva incertezza interpretativa, ha richiesto l’intervento, a più riprese, dell’Adunanza Plenaria.

Il T.A.R. Molise, pertanto, si domanda “se il principio della tutela del legittimo affidamento, insieme a quelli della certezza del diritto e della proporzionalità, come riconosciuti nel diritto dell’Unione Europea, ostino, o no, a una regola del diritto italiano, come sopra ricostruita (anche sulla base della giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato), che consenta di escludere da una procedura di evidenza pubblica un’impresa che abbia fatto affidamento, per l’appunto, sulla completezza degli atti amministrativi con i quali sia stata indetta una gara. Aspetto centrale della questione è la valutazione dell’effettiva sussistenza di una colpa inescusabile nel comportamento dell’impresa che sia stata esclusa per la mancata indicazione degli oneri di sicurezza: si assume, infatti, che tale impresa, nel silenzio degli atti di gara, fosse tenuta ad eterointegrare la lex specialis non semplicemente con riguardo a quanto disposto, in via generale, dalla legge (oggettivamente di incerta applicazione), ma nei sensi derivanti dalla richiamata interpretazione estensiva fatta propria dall’Adunanza Plenaria, anche indipendentemente dal fatto che quest’ultima si sia pronunciata anteriormente alla conclusione della fase di presentazione delle offerte”.

Catania, 19 febbraio 2016

Interlandi Lucia

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