L’approvazione scritta del cliente
L’approvazione scritta da parte della cliente, infatti, rende non necessaria l’ulteriore approvazione del proponente “dal momento che la volontà negoziale è già espressa nel documento da lui predisposto” e che “la mera carenza formale di firma non potrebbe in ogni caso legittimare la banca né ad impugnare il contratto” né a sottrarsi “alle regole in esso sancite” (espressamente Trib. Milano sent. 14268/2013).
La S.C., con la sentenza n. 4564/2012, dopo aver ricordato che, nei contratti per cui è richiesta la forma scritta ad substantiam, non è necessaria la simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti, ha richiamato la propria giurisprudenza – secondo la quale sia la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l’ha sottoscritta, sia qualsiasi manifestazione di volontà del contraente che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte e dalla quale emerga l’intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante, purché la parte che ha sottoscritto non abbia in precedenza revocato il proprio consenso ovvero non sia deceduta (cfr., tra le tante, Cass. 16.10.1969 n. 3338; Cass. 22.5.1979 n. 2952; Cass. 18.1.983 n. 469; Cass. 5868/94; Cass. 2826/00; Cass. 9543/02; Cass. 22223/06) – ha ritenuto che, anche quando non consti una copia firmata del contratto da parte della banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto possa risultare comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate alla controparte nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenziava la volontà di avvalersi del contratto (bastando a tal fine le comunicazione degli estratti conto), con conseguente perfezionamento dello stesso (vedi Cass., n. 4564/2012).
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