La dichiarazione di falsità e la sentenza di patteggiamento

Redazione 11/10/18
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La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., essendo una pronuncia equiparata alla sentenza di condanna, può ben avere ad oggetto le statuizioni inerenti alla accertata falsità del documento impugnato in giudizio; rectius, il giudice è tenuto a dichiarare la falsificazione anche nella sentenza di patteggiamento (si veda sul punto Cass. pen., Sez. Un., n. 20/1999; nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno precisato che “la dichiarazione di falsità prescinde dall’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, essendo fondata esclusivamente sull’accertamento che si rende possibile anche nel giudizio speciale di patteggiamento, pur nei limiti di una cognizione ‘allo stato degli atti’ della non rispondenza al vero dell’atto o del documento”).

In sede di patteggiamento

In sede di patteggiamento, la Suprema corte (cfr. Cass. pen., sez. V, n. 590/1996) ha precisato, inoltre, che non è necessario che l’accordo delle parti in merito alla pena da applicarsi al caso concreto si estenda anche all’accertamento della falsificazione, in quanto quest’ultima dovrà essere dichiarata dal giudice prescindendo dalla volontà delle parti e dall’accordo da loro raggiunto, che, si ribadisce, deve vertere esclusivamente sulla natura e sulla specie della pena (art. 444, I comma c.p.p.). Qualora, però, nella sentenza di patteggiamento non dovesse farsi menzione della dichiarazione di falsità, la Suprema corte di cassazione ha la facoltà di “adottare direttamente i provvedimenti previsti dall’art. 537 c.p.p., non occorrendo alcuna valutazione di merito per una declaratoria che la legge pone come effetto inevitabile della sentenza di condanna, a cui è equiparabile la sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti” (così Cass. pen., sez. II, n. 2289/2016; tale indirizzo interpretativo era stato fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità anche negli anni precedenti alla pronuncia richiamata, si veda ex multis Cass. pen., sez. V, n. 45861/20012). Diversamente, nelle ipotesi in cui tale omissione illegittima riguardi procedimenti differenti dal c.d. “patteggiamento”, i giudici di legittimità potranno adottare i provvedimenti previsti all’art. 537 c.p.p. soltanto nei casi in cui la falsità del documento sia stata positivamente accertata dal giudice di merito e dopo avere effettuato una “mera opera ricognitiva” consistente nel verificare il concreto accertamento della falsificazione e l’effettiva omissione della stessa nel dispositivo (cfr. Cass. pen., sez. V, n. 21008/2014).

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