La Corte Costituzionale sulla motivazione per autorizzazioni telefoniche

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Note in calce alla Sentenza n. 252 del 26/28 novembre 2020.

Sommario: 1. Linee introduttive. – 2. Il prologo normativo. – 3. La Sentenza nr.252 del 2020. – 4. Profili sanzionatori processuali. – 5. Cenni conclusivi

 

Linee introduttive.

 

La Corte Costituzionale con una Sentenza pubblicata il 26/28 novembre 2020 interviene, dichiarando l’incostituzionalità della norma di riferimento, su una delle fonti normative complementari più importanti del nostro sistema penale: il testo unico stupefacenti.

La Sentenza dei giudici di Palazzo della Consulta è una Sentenza che non è certamente azzardato definire storica. Questo per un duplice ordine di ragioni almeno; da un lato l’intervento su di una normativa di un settore così delicato che da trent’anni regge il sistema del contrasto al traffico e alla cessione delle sostanze stupefacenti e psicotrope nel nostro Paese. Dall’altra il pronunciamento della Consulta attinge la repressione delle attività illecite proprio sul versante delle operazioni di polizia.

Bisogna quindi scrutinare con cura la Sentenza costituzionale nr.252 del 2020 con la quale il giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionale l’art.103 comma 3 del d.p.r. nr.309 del 1990 nella parte in cui non prevede autorizzazioni.

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Il prologo normativo.

La Sentenza nr.252 incide direttamente sul dispositivo dell’art.103 del T.U. stupefacenti di cui al d.p.r. nr.309 del 1990. A mente di tale fondamentale disposizione normativa, alla fine di assicurare l’osservanza delle disposizioni previste dal T.U. nr.309, gli ufficiali e sottufficiali del corpo della guardia di finanza possono svolgere negli spazi doganali le facoltà di visita, ispezione e controllo([1]).

Oltre tale previsione dedicata espressamente per i militari della guardia di finanza, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nel corso di operazioni di polizia per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, possono procedere in ogni luogo al controllo e all’ispezione dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali quando hanno fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope.

Il sistema parla di controllo e ispezione; dell’esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli trasmessi entro 48 ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, li convalida entro le successive 48 ore([2]).

Gli operanti di polizia giudiziaria procedenti al controllo, alle ispezioni e alle perquisizioni di cui diremo subito nel testo, sono tenuti a rilasciare immediatamente all’interessato copia del verbale di esito dell’atto compiuto.

Ai sensi del comma 3, dell’art.103 del d.p.r. nr.309 sugli stupefacenti i soli ufficiali di polizia giudiziaria in presenza di motivi di particolare necessità ed urgenza, che non consentano di ricevere l’autorizzazione telefonica del magistrato competente, possono procedere a perquisizioni dandone notizia senza ritardo e comunque entro 48 ore al procuratore della Repubblica, il quale se ne ricorrono i presupposti, li convalida entro le successive 48 ore.

Proprio sulla convalida entro 48 ore incide la Sentenza della Consulta sulle perquisizioni previste dal comma 3 dell’art.103 del d.p.r. nr.309 del 1990. Ed incide ribadendo il concetto di atto motivato anche per autorizzazioni telefoniche in virtù del paradigma costituzionale di cui all’art.13, capoverso, della Costituzione repubblicana.

La Sentenza nr.252 del 2020.

Per i Giudici costituzionali le perquisizioni speciali antidroga sulla persona o nell’abitazione compiute dalla polizia giudiziaria dopo che gli operanti sono stati autorizzati per telefono dal pubblico ministero devono essere convalidate nel doppio termine di 48 ore.

La Corte Costituzionale è intervenuta, accogliendo una questione sollevata dal tribunale di Lecce, dichiarando l’incostituzionalità dell’art.103, comma 3, del d.p.r. nr.309 perché in virtù dell’art.13 comma 2 Cost. ogni forma di restrizione della libertà personale può essere disposta solo con atto motivato  dell’autorità giudiziaria.

In buona sostanza, argomentano i Giudici costituzionali, le ragioni per cui la perquisizione è stata consentita non possono restare nel chiuso di un colloquio al cellulare tra il pubblico ministero e gli operanti di P.G.. La norma che tanto acconsente è dunque incostituzionale nella parte in cui non contempla l’autorizzazione con atto motivato.

Le perquisizioni e le ispezioni cosiddette speciali([3]) rendono più efficace l’attività di prevenzione e repressione dei traffici di stupefacenti, va però avvertito, Costituzione alla mano, che l’autorizzazione telefonica rilasciata dal pubblico ministero non lascia, in quanto tale, alcuna traccia che renda accessibili le ragioni che l’hanno legittimata sia sul fronte dell’interessato sia per la successiva verifica giudiziale ad opera del giudicante.

La soluzione congeniata con la convalida entro 48 ore scatta agganciando immediatamente alla vigente disciplina il meccanismo di controllo anche se la convalida successiva è prevista quando manca il preventivo assenso dell’autorità giudiziaria.

La Corte Costituzionale, in forme chiare e precise, sostiene che il consenso dato alla polizia giudiziaria dal pubblico ministero oralmente non risponde ai requisiti posti dai principi costituzionali e dunque per l’effetto impone una successiva convalida([4]).

Dinnanzi a tale pronunciamento la Sentenza nr.252 ricostruisce il comma 3, dell’art.103 cit. nel senso di obbligare gli ufficiali di polizia giudiziaria e, per parte sua lo stesso pubblico ministero, a ricorrere al procedimento di convalida formale anche allorquando ricorrano motivi di particolare necessità ed urgenza, non bastando la mera autorizzazione telefonica del sostituto procuratore competente per esonerarli dalla trasmissione formale degli atti compiuti in ricorrenza di motivi particolarmente necessitanti ed urgenti giustificanti l’intervento di iniziativa di P.G..

Tale pronunciamento, aldilà dell’incidenza pratico operativa sulle operazioni di polizia per la repressione delle attività illecite previste dal T.U. stupefacenti, pone problemi di ricaduta nell’ambito del procedimento penale con particolare riguardo al collocamento di tale situazione tipo nell’ambito delle cause di invalidità degli atti.

Profili sanzionatori processuali.

Il quesito che ci si pone, trattandosi di declaratoria di incostituzionalità di una norma processuale, è quello di quali conseguenze derivino allorquando gli ufficiali di polizia giudiziaria intervenienti, in un contesto di particolare necessità e urgenza, abbiano fatto affidamento sulla bastevolezza dell’autorizzazione telefonica del magistrato col quale hanno interloquito.

In buona sostanza gli atti a corredo del procedimento penale in materia di stupefacenti che non recano il procedimento di convalida stilizzato dalla Consulta con la Sentenza nr.252 quale tipologia patologica attingeranno i termini di invalidità ovvero, come gergalmente si suol dire, di sanzione processuale([5]).

Come noto le cause di invalidità previste dal codice di procedura penale italiano vigente sono quattro: a) l’inammissibilità, b) la decadenza, c) la nullità, d) l’inutilizzabilità.

Elisa in radice la possibilità di ricadere sub a) e sub b) residua da verificare se la situazione prospettata, in virtù dell’intervento della Consulta, sia riconducibile ad un’ipotesi di nullità ex artt.177 e seguenti c.p.p. ovvero di inutilizzabilità ex art.191 c.p.p.. La differenza tra i due istituti sanzionatori dell’attività processuale risiede in ciò che la prima è un vizio colpente l’atto procedimentale compiuto senza l’osservanza di determinate disposizioni stabilite espressamente dalla legge, per l’appunto, a pena di nullità: l’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge([6]). Per contro l’inutilizzabilità è una invalidità che va a colpire direttamente il valore probatorio di un atto, comportando quale effetto, che il giudice non può basarsi sull’atto inutilizzabile per emettere una decisione: le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate.

L’inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento (art.191 c.p.p.).

L’intera materia delle cause di invalidità degli atti è dominata dal principio di cosiddetta  tassatività. Il principio vuol significare che l’inosservanza della legge processuale è causa di invalidità soltanto quanto una norma espressamente vi ricollega una delle invalidità citate sopra sub a), b), c) e d). Invero il principio di tassatività è dettato specificamente per la nullità (nell’art.177 c.p.p.) e per la decadenza (nell’art.173 c.p.p.); cionondimeno, il principio in parola è desumibile dall’intero sistema delle cause di invalidità.

In particolare la tassatività delle cause di invalidità degl’atti è ricavabile dalla legge delega per l’emanazione del Codice di procedura penale Vassalli del 1987, la nr.81 che, nel criterio direttivo nr.7, stabilì la previsione espressa sia delle cause di invalidità degl’atti che delle conseguenti sanzioni processuali, sino alla nullità insanabile.

In buona sostanza il legislatore, sia con la legge delega del 1987 sia col Codice di procedura penale del 1989, tenne conto della circostanza che gl’effetti che derivano dall’invalidità di un atto del procedimento si rivelano essere particolarmente gravosi in quanto inibenti al giudice di ricavare dall’atto i risultati utili per il decisium, la qualcosa compromette irreversibilmente l’accertamento del fatto storico allorquando l’atto viziato non è più rinnovabile.

Queste le ragioni per le quali il legislatore della riforma processuale ha fatto prevalere le esigenze di certezza nell’individuare le inosservanze che danno luogo all’invalidità in modo che si sappia con sicurezza se un atto è valido o meno([7]).

Il punctum pruriens della questione relativa agli effetti della declaratoria di nullità si sostanzia in ciò che la dichiarazione in parola comporta: la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l’atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito.

Tale disposizione precettiva, produttiva di effetti devastanti per il procedimento penale in termini di irreversibilità di taluni accertamenti investigativi particolarmente delicati, non si applica alle nullità concernenti le prove. Ed infatti, come abbiamo fatto notare, le prove illegittimamente acquisite sono tout court inutilizzabili.

Orbene facendo tesoro di tali principi, sarà interessante verificare l’opzione giurisprudenziale scaturente dalla Sentenza nr.252 del novembre 2020 della Consulta. Basti pensare ad ufficiali di polizia giudiziaria che in un contesto connotato da particolare necessità ed urgenza procedono a perquisizioni fidando sulla sola autorizzazione telefonica del pubblico ministero rinvenendo ingenti quantitativi di stupefacenti, cosa allora accadrà in ordine al rinvenimento della merce illecita senza un compiuto e formale atto motivato di convalida nella forma del decreto?

Se si propende per l’ipotesi di nullità vi potrebbe essere un problema di regressione procedimentale al momento dell’atto compiuto e di per sé in quanto tale non più compibile trattandosi per altro di atto per definizione a sorpresa; se si propende per ritenere l’integrazione della Corte Costituzionale quale ipotesi di prova illegittimamente acquisita all’esito dell’espletamento del relativo mezzo di ricerca essa, potrebbe rivelarsi quale perquisizione il cui relativo verbale redatto dagl’operanti di P.G. potrebbe disvelarsi quale inutilizzabile. In quanto tale quell’esito non potrebbe essere posto a base della decisione giudiziale.

Sarà davvero interessante vedere le opzioni giudiziali che verranno seguite prima dai giudici di merito e poi dalla Suprema Corte di legittimità.

Cenni conclusivi.

Come anticipato in avvio di discorso il parametro normativo adoperato dai giudici di Palazzo della Consulta in occasione della declaratoria di incostituzionalità del comma 3 dell’art.103 T.U. stupefacenti e l’art.13 della nostra Carta costituzionale in tema di inviolabilità della libertà personale.

Il sistema approntato dal Costituente, come noto, sancisce l’inammissibilità di alcuna forma di detenzione, d’ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Dopo aver trattato delle ispezioni e delle perquisizioni personali, il secondo capoverso dell’art.13 Cost. stabilisce che in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori che devono essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive 48 ore, s’intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

Orbene, quello che sommessamente riteniamo di rilevare in questi brevissimi cenni conclusivi è che l’art.103, comma 3 del T.U. stupefacenti, se trova un deficit di costituzionalità nella parte in cui tratta con la locuzione perquisizioni, nelle perquisizioni personali in linea col disposto dell’art.13 comma 2 Cost. non parrebbe avere la stessa terribile vigenza allorquando si tratti di perquisizioni locali o domiciliari autorizzate in un contesto di particolare necessità ed urgenza dal magistrato del pubblico ministero. D’altro canto l’atto motivato, con i crismi che la motivazione deve avere dell’autorità giudiziaria coordinato coi casi e i modi previsti dalla legge, attinge il predicato di personalità a cui si riferisce il sostantivo perquisizione; se ed in quanto la legge indica tassativamente i casi eccezionali di necessità ed urgenza legittimanti l’autorità di polizia ad adottare provvedimenti provvisori, alla stregua del parametro costituzionale dell’art.13 parrebbero effettivamente, non sussistere margini di dubbio in ordine alla necessarietà di un’esplicita motivazione dell’atto ostensibile all’interessato e verificabile dal giudice([8]).

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Note

([1]) Si tratta di facoltà previste dagli artt.19 e 20 del T.U. delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con d.p.r. 23 gennaio 1973, nr.43.

([2]) Ai fini dell’applicazione della disposizione riferita nel testo sono state emanate con decreto del ministro dell’Interno di concerto del ministro della Difesa e delle Finanze opportune norme di coordinamento nel rispetto delle competenze istituzionali.

([3]) Sulle perquisizioni e le ispezioni quali mezzi di ricerca della prova vedi anche in una prospettiva compiutamente ragionata S. Ricchitelli, Episteme e processo penale. Profili di epistemologia probatoria nel quadro della tecnica della logica e dell’argomentazione giuridica, Ed. Giapeto, Napoli, 2020.

([4]) D’altro canto, aggiunge la Corte, si ritiene che anche la perquisizione ordinaria d’iniziativa della P.G. debba essere convalidata dal P.M. con decreto motivato. Come a dire la specialità del T.U. stupefacenti non giustifica deroghe alla disciplina ordinaria in materia di espletamento di ricerca probatoria.

([5]) Sul punto infatti su una corretta sintassi giuridica riteniamo di aderire alla tesi che ritiene non corretta l’espressione sanzione processuale ma più adeguata quella di invalidità degl’atti sostenuta ad esempio tra gli altri nel volume di procedura penale di paolo Tonini edito per i tipi della Giuffrè di Milano, ultima edizione.

([6]) Il sistema contempla poi negli articoli da 178 a 181 c.p.p. la graduazione della gravità di tale forma d’invalidità in termini di assoluta, regime intermedio e relativa.

([7]) Si tenga viepiù presente il tema degli effetti della dichiarazione di nullità. La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo. Il giudice che dichiara la nullità di un atto ne dispone la rinnovazione qualora sia necessaria e possibile, ponendo le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave.

([8]) È dall’altro canto noto che la categoria libertà personale individuata quale connotazione di genere dal Testo costituzionale rinviene una declinazione al plurale nel testo codicistico,  ad esempio nell’art.272 c.p.p., comportando un rientrare nell’indicata categoria tutto ciò che in qualsiasi maniera limiti le modalità di esercizio di libertà di una persona in un ordinamento democratico e costituzionalmente garantito.

Prof. Sergio Ricchitelli

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