La certificazione SOA non assolve ad ogni onere attestativo: solo per i requisiti tecnico-finanziari ma non anche per quanto attiene alla documentazione dei requisiti di carattere generale

Lazzini Sonia 07/09/06
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E’ la stazione appaltante che deve verificare la sussistenza concreta della capacità della ditta partecipante a sottoscrivere il contratto con la pa
 
Sintesi di Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza numero 4599 dell’8 agosto 2003
 
 
Parole chiave:
appalti di lavori – requisiti generali – requisiti speciali – attestazione SOA – valida solo per i requisiti tecnico finanziari – onere dalla pa di accertamento – illecito fiscale dell’amministratore – causa di esclusione anche se commesso in altra società – non c’è differenza fra tra soggetto societario e amministratore –  vale la “personalità” denotata in passato del legale rappresentante – onere di analisi in sede di assunzione del rischio della provvisoria
 
 
Riferimenti normativi
Art. 17, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 34/2000; art. 75, comma 1, lett. g), del D.P.R. n. 554/1999;
 
d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231
Decreto Legislativo, 8 giugno 2001, n. 231 – Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica
 
La normativa si occupa di disciplinare la responsabilità degli enti, forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica, per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
 
Art. 9. Sanzioni amministrative (…) 
                       
2. Le sanzioni interdittive sono:(…)
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
 
Tali sanzioni hanno comunque una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni; nello specifico, per quanto riguarda il punto c), il divieto di contrarre può essere limitato a determinati tipi di contratto o a determinate amministrazioni.
 
 
Decisione primo grado
TAR della Liguria, Sezione II, 8 novembre 2002, n. 1084: accoglimento ricorso avverso aggiudicazione gara
 
Esito del giudizio di appello:
rigetto del ricorso
 
 
Ulteriori approfondimenti
Con la determinazione numero 19 del 30 luglio 2002 l’Autorità dei lavori pubblici si preoccupa di segnalare alcune problematiche relative ai criteri che le stazioni appaltanti debbono seguire nei casi di annullamento dell’attestazione di qualificazione o di ridimensionamento delle categorie e/o classifiche di qualificazione nonché nel caso di applicazione dell’art. 75***, comma 1, lettera h), del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
 
Il contenuto dell’ emarginata determinazione si può così riassumere:
 
Ø      tra i compiti della stessa autorità rientra anche il potere di controllare la validità delle attestazioni SOA e, di conseguenza, di annullare o ridimensionare quelle per le quali venga in evidenza che siano state rilasciate in mancanza dei necessari presupposti
 
Ø      l’ operatività del termine annuale viene estesa anche al punto m dell’articolo 17 del regolamento ******* (D.p.r. 34/2000) così come considerato nel punto h dell’articolo 75 del regolamento di attuazione della Legge Merloni (D.p.r. 554/99)
 
Ø      in caso dell’annullamento dell’attestazione SOA, il provvedimento comporta, oltre al divieto di partecipazione alle gare per un anno dalla data del provvedimento dell’Autorità (neanche a gare d’appalto di importo inferiore a 150.000 Euro pur se, per le stesse, non è richiesto il possesso dell’attestazione SOA), anche il divieto per l’impresa, titolare dell’attestazione annullata, di stipulare un nuovo contratto di attestazione prima del decorrere di un anno dalla suddetta data, e tale prescrizione deve essere inserita fra le informazioni del casellario informatico delle imprese.
 
Ø      ricevuta dalla stazione appaltante la segnalazione del provvedimento di esclusione dell’impresa dalla gara per il ricorrere dell’ipotesi di cui all’ art. 75, comma 1, lettera h) del D.p.r. 554/99, l’ Autorità deve emanare il provvedimento sanzionatorio ed inserire nel casellario informatico delle imprese il divieto per un anno per l’impresa medesima di partecipare alle gare di appalto o di concessione di lavori pubblici indette da qualsiasi stazione appaltante.
 
Ø      il dies a quo per la decorrenza di detto anno, si rinviene nel momento in cui si faccia uso della falsa dichiarazione in sede di gara e cioè quando viene accertata la falsità della dichiarazione in seguito alla c.d. verifica a campione o al verificarsi della posizione di primo o secondo aggiudicatario.
 
Sono cinque le fattispecie esaminate ( nell’ipotesi di annullamento dell’attestazione SOA o dell’adozione di provvedimenti da parte dell’Autorità ex art. 75, comma 1, del d.P.R. 554/1999) :
 
 
a) prima che venga indetta una gara per l’affidamento di un appalto o di una concessione di lavori pubblici:
 
Ø      l’impresa non potrà partecipare alla gara
 
b) dopo la pubblicazione del bando di gara per l’affidamento di un appalto o di una concessione di lavori pubblici, ma prima che scada il termine per la presentazione delle offerte:
 
Ø      l’impresa non potrà partecipare alla gara
 
c) dopo che sia scaduto il termine per la presentazione delle offerte, ma prima dell’aggiudicazione:
 
Ø      esclusione del concorrente dalla gara;
 
Ø      Se il ribasso offerto dall’impresa abbia già contribuito a formare la media per il calcolo della soglia di anomalia, le stazione appaltanti devono calcolare la nuova soglia e procedere ad riaggiudicare l’appalto
 
Ø      escussione della cauzione provvisoria che è intesa a svolgere una funzione di garanzia, non più in riferimento alla stipula del contratto, sebbene alla serietà ed affidabilità dell’offerta
 
Ø      segnalazione all’Autorità per le valutazioni di sua competenza,
 
d) dopo l’aggiudicazione, ma prima della stipula del contratto;
 
due ipotesi:
 
l’attestazione SOA annullata sia quella dello stesso aggiudicatario:
 
Ø      il contratto non può essere stipulato
Ø      annullamento in via di autotutela dell’aggiudicazione,
Ø      esclusione dalla gara dell’aggiudicatario
Ø      escussione della cauzione provvisoria,
Ø      segnalazione all’Autorità per le valutazioni di sua competenza,
Ø      determinazione delle nuova soglia di anomalia
Ø      nuova aggiudicazione.
 
l’attestazione SOA annullata sia quella di un altro concorrente non aggiudicatario:
 
Ø      preliminare effettuazione di una prova di resistenza
Ø      eventuale rinnovazione dell’aggiudicazione
 
e) dopo la stipula del contratto;
f) dopo la consegna dei lavori.
 
l’impresa aggiudicataria:
 
Ø      annullamento dell’aggiudicazione
Ø      risoluzione del contratto
Ø      rinnovo procedura di gara
 
altra impresa:
 
Ø      preliminare effettuazione di una prova di resistenza
Ø      auspicabile mantenimento dell’affidamento dell’impresa aggiudicataria
 
Conseguenze operative:
Rischio di escussione della provvisoria prima della sottoscrizione del contratto
Rischio di escussione della definitiva dopo la sottoscrizione del contratto
 
Per meglio tutelare la pa, sarebbe utile che la provvisoria del secondo, avesse validità non solo fino all’aggiudicazione, ma fino alla sottoscrizione del contratto
 
Il D.P.R. 30 agosto 2000, n. 412 (Regolamento recante modifiche al D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, concernente il regolamento di attuazione della legge quadro sui lavori pubblici) ha introdotto la (mancante, in quanto bocciata dalla Corte dei Conti) disciplina delle cause di esclusione sia per le gare di affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria sia per quanto concerne dalle gare di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici.
Sotto questo secondo aspetto, che è quello che riguarda le polizze provvisorie ex art. 30,comma 1 e 2 bis, della Legge 109/94 s.m.i., è stata introdotta un’importante novità che potrebbe influire sul rischio della polizza stessa.
Dispone infatti il legislatore all’articolo 2 del summenzionato decreto: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti….” a cui fa seguito l’elenco delle cause di esclusioni
 
Secondo il TAR per la Basilicata,sentenza n. 12 marzo 2001 n. 157, non è da escludere un’eventuale possibilità di escussione per sopravvenute cause di esclusione tra l’aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto.
La sanzione dell’incameramento della cauzione provvisoria è quindi correlata, nelle intenzioni del Legislatore, alla violazione dell’obbligo di diligenza – che si consuma anche con l’erronea interpretazione di norme della legge di gara – nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione alla gara e di presentazione dell’offerta.
Se questa interpretazione dovesse trovare fondamento nelle future decisioni giurisprudenziali, allora si prospetterebbe un’ulteriore aggravio di istruttorie tecnico informative (cfr. circolare Isvap n. 162 del 24 ottobre 1991) a carico degli assuntori del ramo cauzioni, in quanto la copertura andrebbe a garantire, non soltanto il possesso dei requisiti di ordine speciale, ma anche quelli di ordine generale.
 
Ma non solo ………
 
La determinazione n. 1 del 16 gennaio 2002 dell’Autorità dei lavori pubblici impone un ulteriore fardello sulla polizza provvisoria: l’obbligo di comunicazione di variazioni dei requisiti di ordine generale il cui inadempimento viene equiparato alle false dichiarazioni rese dall’impresa in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara.
 
“obbligo di comunicare all’Osservatorio dei lavori pubblici, entro trenta giorni dal loro verificarsi, ogni variazione relativa ai requisiti generali previsti dall’art. 17 del D.P.R. 34/2000 che sia intervenuta rispetto a quelli da esse posseduti alla data di rilascio dell’attestazione di qualificazione (art. 27, comma 3, del D.P.R. 34/2000)”
 
con la seguente conseguenza: i ritardi nelle comunicazioni o le mancate comunicazioni sono suscettibili di provvedimenti sanzionatori dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con annotazione nel Casellario informatico ed avranno rilevanza, ai sensi dell’articolo 75, comma 1, lettera h), del D.P.R. 554/1999 e successive modificazioni, quali cause di esclusione dalla partecipazione alle procedura di affidamento degli appalti e delle concessioni
 
Precedenti sentenze correlate
Con la sentenza n.192 del 15 dicembre 2001, il TAR per la Valle d’Aosta afferma che mentre non esistono dubbi alcuni, sull’applicabilità dell’”autocertificazione” addirittura a notizie normalmente riportate nel casellario giudiziale lo stesso concetto non può trovare applicazione alla norma sulla dimostrazione del possesso dei requisiti di ordine speciale, per osservanza della quale le Stazioni appaltanti devono poter verificare le dichiarazione rese, sulla base dell’effettiva documentazione richiesta e non già sulla base di un’ ulteriore certificazione documentale.
il procedimento di cui all’ art. 10, comma 1 quater, L. 109/94 s.m.i. si pone come ulteriore verifica della presenza effettiva dei requisiti di partecipazione delle imprese concorrenti e sorteggiate e, di conseguenza, richiede particolari certezze che possono verosimilmente essere eluse dall’applicazione della normativa sulla semplificazione: non possono quindi sorgere ragionevoli dubbi circa la specialità del procedimento di verifica introdotto dalla legge n. 415/98 e, conseguentemente sulla prevalenza della “lex specialis” e del bando rispetto alle disposizioni generali che la normativa sulla semplificazione amministrativa ha introdotto nell’ordinamento giuridico nazionale.
 
Il TAR per la Sicilia, Sezione di Palermo, con la sentenza n. 859 del 29 marzo 2002 si occupa di un’esclusione dall’ appalto dei lavori di adeguamento alle normative speciali per la sicurezza, l’igiene e l’abbattimento delle barriere architettoniche in quanto la ditta pur dichiarando di essere in possesso di attestazione SOA e di allegarne copia, viceversa, non l’ha prodotto e non ha reso la dichiarazione sostitutiva circa il possesso dei requisiti di capacità economica e tecnico-organizzativa di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 34/2000.
 Si assume, in sintesi, che le norme di legge consentono la produzione di dichiarazioni sostitutive in sostituzione delle normali certificazioni e che non è dato comprendere per quale ragione il seggio di gara, mentre ha correttamente ritenuto sufficiente, in ordine alle imprese non in possesso dell’attestazione SOA, la mera dichiarazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 34/2000, abbia, invece, ritenuta gravata di un maggiore onere documentale l’impresa che aveva dichiarato di essere in possesso dell’attestato di qualificazione SOA, ancorché non prodotto
La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la legge n. 15/1968, ora sostituita dal D.P.R. n. 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), ha valore di norma generale, applicabile ogni qualvolta non sia espressamente esclusa, sicché è consentito all’imprenditore che concorra ad una gara di appalto di opere pubbliche esibire utilmente una dichiarazione sostitutiva di certificazione in conformità all’art. 2 della legge citata in luogo del relativo certificato, anche se il bando di gara non lo preveda (ex multis, C.S., Sez. VI, 9 maggio 2000 n. 2681; TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, 13 gennaio 1999 n. 41).
Viene quindi ritenuta sufficiente la dichiarazione da parte del legale rappresentate della ditta di essere in possesso di certificazione SOA a cui ha allegato copia del documento di identità: ciò deve dunque ritenersi sufficiente ai fini della produzione documentale relativa alla dimostrazione del possesso dei requisiti economico-tecnico-organizzativi, non rilevando pertanto la mancata allegazione dell’attestato SOA, ancorché enunciata.
 
Il TAR per il Veneto, Sezione di Venezia, con la sentenza n. 1464 del 19 aprile 2002, si occupa di una mancata approvazione del verbale di gara relativa all’aggiudicazione in via provvisoria a favore della parte ricorrente dell’appalto per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare e assistenza domiciliare integrata, per insufficiente effettiva regolarizzazione del pagamento dei contributi I.N.P.S.
Per i giudici veneziani il legale rappresentante della società non poteva sottoscrivere la dichiarazione secondo la quale “non ricorre, nei confronti del concorrente, alcuna delle cause di esclusione di cui all’art. 12, comma 1, del D.Lgs. 157 del 1995” in quanto aver “deliberato di avviare il procedimento di rateizzazione dei contributi I.N.P.S. non può equivalere – in quanto atto meramente interno – all’avvenuta presentazione all’I.N.P.S. della relativa istanza e quindi alla prova di essere in regola con i debiti previdenziali.
Se ci fosse stata la presentazione della cauzione provvisoria a garanzia della sottoscrizione del contratto, non ci sono dubbi che la stazione appaltante avrebbe potuto chiederne l’escussione!
 
Di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA   IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione           ANNO 2002
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10926/2002, proposto dalla SOCIETÀ. ***** S.R.L.
CONTRO
l’AZIENDA AGRICOLA ***** s.r.l.,
e nei confronti
del Comune del Comune di SARZANA, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio,
per l’annullamento
della sentenza del TAR della Liguria, Sezione II, 8 novembre 2002, n. 1084;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio e contestuale appello incidentale della società appellata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione n. 195 del 21 gennaio 2003;
relatore, alla pubblica udienza del 1° aprile 2003, il Cons. ************** e uditi, per le parti, gli avv.ti ******* per l’appellante e *******, per delega dell’Avv. *********, per la società appellata.
visto il dispositivo n. 145 del 01 aprile 2003;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O
1) – Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza con la quale il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società qui appellata per l’annullamento del verbale di asta pubblica in data 16 maggio 2002 per l’appalto dei lavori di sistemazione idraulico-ambientale del tratto terminale del torrente Parmignola e dell’aggiudicazione alla controinteressata.
Per l’appellante la sentenza sarebbe errata, anzitutto, in quanto il TAR avrebbe svilito l’ambito di efficacia dell’attestato SOA regolarmente rilasciatole, che sarebbe stato pienamente idoneo a dimostrare il possesso, in capo alla stessa, anche dei requisiti morali e professionali.
La sentenza sarebbe erronea anche laddove ha ritenuto sussistere la causa di esclusione di cui all’art. 17, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 34/2000 e di cui all’art. 75, comma 1, lett. g), del D.P.R. n. 554/1999; in particolare, l’irregolarità fiscale, definitivamente accertata, costituente causa di esclusione della deducente, non avrebbe potuto essere legittimamente riferita all’amministratore della società concorrente medesima, essendosi trattato di irregolarità posta in essere allorché lo stesso non era responsabile di tale impresa, bensì di altra e distinta società (la *****).
L’erroneità della sentenza appellata apparirebbe ancor più grave in considerazione di quanto disposto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, che ha tipizzato le conseguenze a carico delle società dei reati compiuti dagli amministratori.
2) – Si è costituita in giudizio la società appellata che svolge appello incidentale condizionato per quanto attiene al capo della sentenza impugnata che ha disatteso il primo motivo dell’originario ricorso; per quant’altro, insiste per il rigetto dell’appello principale e la conferma della sentenza stessa.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
D I R I T T O
1) – È impugnata la sentenza con la quale il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società qui appellata per l’annullamento del verbale di asta pubblica in data 16 maggio 2002 per l’appalto dei lavori di sistemazione idraulico-ambientale del tratto terminale del torrente Parmignola e dell’aggiudicazione alla controinteressata.
L’appello è infondato.
2) – Non può essere, condiviso, invero l’assunto dell’appellante secondo cui la certificazione SOA rilasciatale sarebbe stata sufficiente ad assolvere ogni onere attestativo anche per quanto attiene alla documentazione dei requisiti di carattere generale oltre che a quella dei requisiti tecnico-finanziari.
E, invero, l’art. 1 del D.P.R. n. 34 del 25 gennaio 2000 prevede che quanto attestato dalla SOA è necessario e sufficiente a certificare la capacità economico-finanziaria; ma, per quanto attiene agli altri requisiti di cui all’art. 17 dello stesso decreto, è la stazione appaltante che deve verificare la sussistenza concreta degli stessi; e ciò indipendentemente dall’attestazione SOA, che vale solo ai fini anzidetti (comma 3: “……l’attestazione di qualificazione rilasciata a norma del presente regolamento costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici”).
Ne consegue che l’attestazione SOA rilasciata all’interessata non era sufficiente a certificare il possesso, in capo alla stessa, dei requisiti generali, diversi da quelli relativi alla capacità tecnica e finanziaria; requisiti generali il cui possesso che deve essere verificato, di volta in volta, dalla stazione appaltante.
Se è onere della SOA attestare il possesso dei requisiti tecnico-finanziari (che non possono essere posti in discussione dalla P.A.), per contro, per i requisiti di carattere generale, il legislatore non ha inteso sottrarne la concreta verifica alla stessa stazione appaltante, cui spettano i necessari apprezzamenti in merito alla rilevanza dei fatti riscontrati.
3) – In particolare, oggetto di contestazione è la verifica – giusta art. 17, comma 1, lettera e), del citato d.P.R. n. 34/2000 – circa la sussistenza o meno, nella specie, in capo all’appellante, di “irregolarità, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana o del paese di provenienza”.
Secondo il TAR, la condanna definitiva patita dall’odierna appellante per un reato di natura fiscale (l’amministratore unico e direttore tecnico della società *****, notavano i primi giudici, aveva subito una condanna penale definitiva per violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto), ancorché non rilevante, trattandosi di fattispecie depenalizzata, sotto il profilo della presenza o meno dei requisiti di cui alla lettera c) dello stesso art. 17 (“inesistenza di sentenze definitive di condanna passate in giudicato ovvero di sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale a carico del titolare, del legale rappresentante, dell’amministratore o del direttore tecnico per reati che incidono sulla moralità professionale”), rilevava, per contro, ai fini della citata lettera e), che l’irregolarità come sopra accertata non risultava altrimenti superata (ad esempio, con l’accoglimento di ricorsi tributari).
Tale impostazione è qui contestata con il secondo motivo di ricorso.
Per l’appellante, in particolare, l’irregolarità fiscale definitivamente accertata posta, dal TAR, a fondamento della sua esclusione, non avrebbe potuto essere legittimamente riferita all’amministratore unico e direttore tecnico della società concorrente stessa, essendosi trattato di irregolarità posta in essere allorché il medesimo non era responsabile di tale impresa, bensì di altra e distinta società (la *****).
Le irregolarità fiscali del legale rappresentante di una società dovrebbero, infatti, per la deducente, essere prese in considerazione – contrariamente a quanto ritenuto dal TAR – solo se e in quanto poste in essere in un momento in cui il medesimo era legale rappresentante della stessa società in gara e non, invece, nell’ipotesi in cui si tratti di soggetto che, come nella specie, al momento della commissione dei fatti, amministrava una differente società, la quale soltanto ha tratto benefici dalla condotta di quell’amministratore.
L’erroneità della sentenza appellata apparirebbe ancor più grave, per l’appellante, anche in considerazione di quanto disposto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, che ha tipizzato le conseguenze a carico delle società dei reati compiuti dagli amministratori.
Si tratta, allora, di stabilire se irregolarità di carattere fiscale, commesse da uno dei legali rappresentanti di una società partecipante ad una pubblica gara, possano in essa assumere rilevanza allorché le medesime risalgano ad un momento (nel caso in esame, risalente a circa sei anni prima della gara) in cui il soggetto stesso era amministratore di altra società e la società in gara non era stata ancora neppure costituita.
4) – La tesi qui fatta valere dall’appellante non può essere condivisa.
Ai sensi dell’art. 75, comma 1, del D.P.R. n. 554 del 21 dicembre 1999, “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:……g) che abbiano commesso irregolarità, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.
Ebbene, deve ritenersi che il riferimento ai “soggetti” che “abbiano commesso irregolarità” riguardi, indistintamente, tutti coloro nei cui confronti le stesse siano state, come nella specie, definitivamente accertate; e ciò indipendentemente dal fatto che gli stessi stiano amministrando la medesima società presso la quale hanno commesso l’illecito fiscale e attualmente concorrente alla gara, oppure una società concorrente alla gara stessa, ma nuova e diversa rispetto a quella presso la quale hanno commesso l’illecito.
Il legislatore, in effetti, non ha differenziato tra soggetto societario e amministratore, avendo fatto generico riferimento ai “soggetti” che abbiano commesso irregolarità, definitivamente accertate; soggetti tra i quali rientrano, quindi, non solo le società – beneficiarie dell’illecito – in quanto tali, ma, evidentemente, anche i loro amministratori.
E ciò risponde ad una evidente esigenza di imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa, dovendosi, logicamente, avere riferimento anche alla “personalità” denotata in passato dal legale rappresentante di una impresa, indipendentemente dal fatto che le irregolarità fiscali dallo stesso commesse siano entrate, per così dire, nel “patrimonio” della società concorrente o di un soggetto diverso.
Ne consegue che, in presenza della accertata irregolarità fiscale, l’Amministrazione non avrebbe potuto sottrarsi all’onere di escludere la concorrente; la norma (che, tra l’altro, non fa riferimento alla gravità della violazione, ma solo al suo definitivo accertamento) si limita a disporre l’esclusione in caso di accertamenti definitivi, quale è quello di specie.
5) – Né rileva, in questa sede, il fatto che l’art. 25 del d.lgs. n. 74 del 10 marzo 2000 abbia, al comma 1, lettera d), abrogato il titolo I del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, e, quindi, anche l’art. 2 di tale decreto, sulla cui base il predetto amministratore è stato condannato.
Ciò che conta è, infatti, che l’irregolarità fiscale, nella sua materialità, fosse stata definitivamente accertata al momento della gara, mentre la successiva abrogazione della norma contenente la fattispecie di reato non era in grado, di per sé (anche se precedente rispetto allo svolgimento della gara), di incidere sulla definitività dell’accertamento contenuto nella sentenza di condanna in sede penale, se non seguita da fatti estintivi della sentenza medesima; mentre, nel caso in esame, la revoca della sentenza di condanna è formalmente intervenuta solo nel mese di febbraio del 2003 e, quindi, molto tempo dopo la conclusione della gara, sicché non poteva logicamente essere presa in considerazione dall’Amministrazione, che non poteva, invece, trascurare di tenere conto di quella che era, all’epoca, la situazione di definitività dell’accertamento scaturente dalla decisione penale di cui si è detto.
Quanto, infine, alla dedotta mancata considerazione di quanto disposto, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, dal d.lgs. n. 231/2001, che ha tipizzato le conseguenze a carico delle società dei reati compiuti dagli amministratori, si tratta di disciplina irrilevante nella specie, in quanto mira a definire la responsabilità della società rispetto all’azione del suo amministratore, ma non incide in alcuna misura sulla disciplina di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 554/1999 per quanto attiene agli effetti sulla partecipazione alle gare d’appalto delle irregolarità fiscali accertate in capo all’amministratore della società concorrente e sulla rilevanza delle stesse indipendentemente dal fatto che siano state o meno commesse in un momento in cui il medesimo era legale rappresentante di quella stessa società.
6) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 1° aprile 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
AGOSTINO ******** – Presidente
RAFFAELE CARBONI – Consigliere
************** – Consigliere est.
GOFFREDO ZACCARDI -Consigliere
MARZIO BRANCA – Consigliere
 
L’ESTENSORE                                            IL PRESIDENTE
     **** **************                                       f.to *****************
 
IL SEGRETARIO
f.to *****************
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……… ……..08/08/2003……………..
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 
IL DIRIGENTE
f.to Dott. **************

Lazzini Sonia

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