La calunnia

Redazione 03/02/01
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****************************er l’art. 368 CP la calunnia si concreta nel fatto di chi con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui tracce di reato è punito con la reclusione da due a sei anni. Il secondo comma dell’art. dice che la pena è aumentata se s’incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un’altra pena più grave. La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a 20 anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo e si applica la pena dell’ergastolo, se dal fato deriva condanna a pena di morte. Per l’art. 369 chiunque, mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell’articolo precedente, anche se fatta con scritto anonimo, o sotto falso nome, ovvero mediante confessione davanti all’autorità giudiziaria, incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da ltri, è punito con la reclusione da uno a tre anni. L’art. 370 dice che le pene stabilite dagli art. 368 e 369 sono diminuite se la simulazione o la calunnia concerne il fatto preveduto dalla legge come contravvenzione.
La ratio della norma va ravvisata nella necessità di evitare il pericolo che l’amministrazione della giustizia sia fuorviata o tratta in inganno ovvero sia leso l’onore e la libertà personale di un cittadino incolpevole. Da queste premesse è facile intuire che l’oggetto di tutela della norma è duplice: l’onore del cittadino e la tutela dell’attività giudiziaria. Occorre su questo punto una seria riflessione. L’Antolisei, nel definire la ratio di tale delitto, mette in risalto la tutela della giustizia quale motivo principale di esistenza della norma, così come è stato anche sottolineato in passato dalla Giurisprudenza (Cass. 19 aprile 1968 n. 918). Le argomentazioni addotte dall’Antolisei, tuttavia, non sono decisive. Infatti la classificazione della calunnia come “reato sociale contro la pubblica giustizia” è una delle diverse soluzioni storicamente adottate da dottrina e giurisprudenza. Ancora oggi è aperto tra di loro il loro dibattito sulla precisa individuazione del bene o dei beni che la norma tutela. In realtà la definizione data dall’Antolisei, a parere di chi scrive, non può essere accettata del tutto. Infatti se guardiamo al caso dell’inapplicabilità della autocalunnia, quando ricorrono le circostanze previste dall’art. 384 C.P., è evidente che la necessità di salvaguardare l’attività giudiziaria non è prevalente quando ricorre la scusante dell’art 384 cioè quando l’autocalunniatore ha agito per esservi stato costretto per salvare se medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. Basta uno sguardo d’insieme non preconcetto al sistema per far quindi risaltare la centralità dell’interesse individuale e dell’offesa all’innocenza e per specificare la qualità e la gravità attribuita dal codice alla figura della calunnia. Tuttavia non si può nemmeno accettare la soluzione proposta da una parte della più recente dottrina che individua la ratio della norma nel solo interesse dell’innocente a non essere sottoposto a procedimento penale. Entrambi gli aspetti sono fondamentali e concorrono a delineare l’oggetto di tutela. La Cassazione penale ha oggi rivalutato la tesi che soggetto passivo primario del reato è lo Stato: riportiamo qui di seguito il testo integrale della sentenza n. 1757/1998: “poiché soggetto passivo del reato è il titolare del diritto o bene giuridico tutelato dalla norma, nel delitto di calunnia assume tale veste il privato, sia pure in via secondaria, insieme allo Stato che è soggetto passivo primario. Ne consegue che il calunniato, quale persona offesa dal reato, ha diritto di ricevere la notificazione dell’avviso della richiesta della notitia criminis, qualora ne abbia fatto domanda nell’atto di denuncia”. Tale tesi, anche se considera ancora prevalente l’interesse dello Stato, è comunque quella che meglio si adatta al periodo storico in cui viviamo perché ribadisce, comunque, la centralità della tutela dell’onore di una persona quale oggetto di tutela della norma e non oggetto secondario, come aveva ritenuto gran parte della dottrina in passato. Qualunque tesi si accolga, rimane certo che, comunque, oggetto passivo del reato è sia il calunniato che lo Stato. Il reato a cui si riferisce l’incolpazione può essere di qualsiasi tipo: l’art. 370 lo prevede anche nel caso di contravvenzione ma è previsto uno sconto di pena. La direzione personale dell’incolpazione non richiede la necessità di una denuncia nominativa: è sufficiente che sia individuabile il soggetto nei confronti del quale la denuncia è diretta. Si riscontra quest’ultimo dato anche nel caso di simulazione di tracce di reato (calunnia reale). Nel caso di denuncia nominativa (calunnia formale) vi è spazio per quella forma che la giurisprudenza definisce a “forma intermedia”. Essa è riscontrabile quando il soggetto che propone la denuncia indica delle particolari circostanze che inducono a individuare sufficientemente un soggetto autore dell’inesistente reato. La giurisprudenza parla di “inequivoca riferibilità” (Cass. 28.03.1949 sez. II n. 896) del fatto denunciato o di elementi di sicura identificazione di una determinata persona che non diano adito a dubbi sull’identificabilità dell’autore del reato non commesso. Quindi, nel caso in cui il fatto denunciato è diretto verso una cerchia indeterminata di persone, l’identificazione non è compiuta. Un campo di applicazione privilegiato è quello di denuncia di falsità di propria firma autentica per es. su titoli di credito, quando è certa l’individuazione del supposto autore di falso. Dibattiti dottrinari si sono avuti in sede di tipizzazione del fatto quando, in seguito a falsa incolpazione di un soggetto, il falso l’incolpato era a ciò consenziente. E’ calunnia o autocalunnia? L’identità tra autore e vittima è necessaria per aversi reato di autocalunnia, ma resta ferma anche nel caso di realizzazione plurisoggettiva (concorso di persone nell’autocalunnia). Se per aversi autocalunnia un soggetto deve attribuirsi un reato che lo stesso non ha commesso, è chiaro che anche nel caso in esame è configurabile il delitto di autocalunnia. Questo comporta una configurazione plurisoggettiva della fattispecie non sussistendo nessun ostacolo a ritenere il concorso di persone nell’autocalunnia nel caso in cui la falsa incolpazione, secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico, sia stata effettivamente consentita. Ad ogni modo il disvalore giuridico contenuto nell’autocalunnia presenta il disvalore tipico di un reato meno grave e cioè soltanto quello relativo all’amministrazione della giustizia. Per spiegare meglio il concetto diciamo che soggetto passivo del reato è solo lo Stato, non essendoci offesa all’onore di una qualsivoglia persona. La calunnia nei confronti di più persone è certamente sanzionata ai sensi dell’art. 81 c.p. secondo il criterio del cumulo giuridico. Oggetto dell’incolpazione deve essere un reato; nel caso di contravvenzione l’art. 370 statuisce una diminuzione di pena. Requisito fondamentale (dottrina e giurisprudenza sono assolutamente d’accordo su tale punto), dell’incolpazione è che questa abbia un contenuto fattuale: mendaci osservazioni di fatto. La riconoscibilità del contenuto fattuale è necessaria e sufficiente. La qualificazione giuridica susseguente è attribuita all’autorità giudiziaria indipendentemente dalle opinioni espresse dal denunciante. Requisito essenziale per aversi reato è che sia facilmente individuabile il destinatario dell’accusa (Cass. 4068/1999). Da questi presupposti deriva l’irrilevanza della calunnia putativa per errore di diritto o dei sospetti esternati tramite qualificazioni giuridiche senza alcuna allegazione fattuale. Similmente può accadere che da circostanze obbiettive riferite falsamente da un soggetto, dove risulti che l’accusa non possa riferirsi se non a un fatto determinato, possa anche configurarsi il reato di calunnia. Per circostanze obbiettive devono intendersi fatti che a prima vista non appaiano inverosimili: “La calunnia (art. 368 cod. pen.) è reato di pericolo, ed ad integrarne gli effetti è sufficiente la anche astratta possibilità dell’inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. Una possibilità del genere è esclusa soltanto nella ipotesi in cui la falsa accusa abbia ad oggetto fatti manifestamente e a prima vista inverosimili, si che l’accertamento della sua infondatezza non abbisogni di alcuna indagine, ovvero quando l’esercizio dell’azione penale sia paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità, purché tale difetto sia a sua volta evidente ed escluda immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato. Ciò non avviene quando la causa di improcedibilità emerga da un accertamento che postuli più o meno complesse indagini. (Cass. 2715/1997). Non può configurarsi il reato di calunnia nel caso in cui un soggetto, nell’essere arrestato in flagranza, dia all’autorità il nome di un altro. In realtà questo tipo di reato non è configurabile nell’ordinamento italiano a causa della netta diversità esistente tra la normativa dell’identificazione del nome dell’imputato e il problema fattuale sul reato: questa fattispecie è ritenuta calunniosa in altri ordinamenti e, a parere di chi scrive, sarebbe preferibile l’introduzione di una norma ad hoc per la configurazione del reato di calunnia anche in questo caso. Nel caso di calunnia nei confronti di un infra quattordicenne la dottrina, a differenza della giurisprudenza, che ha espresso giudizi contrastanti in materia, è concorde nel configurare la calunnia quando sia prevista l’applicazione della misura di sicurezza nei confronti del calunniato mentre nel caso d’incolpazione per un reato estinto la dottrina più recente e la giurisprudenza sono d’accordo nel configurare il reato. La giurisprudenza individua la ratio dell’incriminazione nel fatto che, comunque, l’incolpazione riguarda pur sempre un reato, anche se estinto, fatto pur sempre idoneo a pregiudicare l’onore di una persona da un lato, e ad iniziare un procedimento penale inutile dall’altro. Non si configura, però, la calunnia nel caso di reato estinto per prescrizione. L’incolpazione può avvenire con denuncia (Cass. penale, sez. VI, 05-08-1999 n. 9961, Cass. pen. Sez. VI, 02-04-1998) o col simulare tracce di un reato a carico di un innocente. Dottrina e giurisprudenza sono d’accordo che la denuncia possa essere fatta con qualunque mezzo con il quale si dia all’autorità competente la notizia di un reato. Quindi si può configurare la calunnia anche quando la denuncia venga fatta oralmente ad un organo di polizia o ad un pubblico ufficiale che abbia l’obbligo di riferirne a causa delle sue funzioni (Antolisei, Manuale di Diritto Penale, parte speciale II Nona Edizione pg. 900). “Le modalità d’incolpazione possono concretare la calunnia diretta o formale e la calunnia indiretta o materiale, detta anche reale”(Antolisei, Manuale di Diritto Penale, parte speciale II Nona edizione pg. 900). Il primo tipo si ha quando viene proposta denuncia, querela, richiesta o istanza; il secondo quando l’incolpazione consiste nel simulare tracce di reato (Cass. pen. sez. VI, 9-07-1999, n 8827): “è irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia presentata non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell’accusa sia implicitamente e agevolmente individuabile ( nella specie l’imputato aveva denunciato lo smarrimento o la sottrazione ad opera di ignoti di un assegno bancario posto all’incasso, in tal modo incolpando di furto o ricettazione il beneficiario cui l’assegno era stato effettivamente consegnato dal denunciante in pagamento merci)” (Cass. penale sez. VI, 30-03-1999, n 4068; ved. pure Cass. pen. sez VI, 18-02-1992, n. 1743 e Cass. Pen, sez VI, del 10-11-1997). Nel caso di calunnia indiretta o reale, la giurisprudenza è concorde nel configurare il tentativo ad esempio quando l’agente sia sorpreso nell’atto della simulazione o quando questa non sia portata a compimento per fatto indipendente dalla volontà dell’agente, trattandosi di una condotta diretta alla commissione del reato di calunnia e connotata dei requisiti della idoneità e univocità (Cass. Pen, Sez. VI, 09-07-1999, n. 8827). Risponde di calunnia anche l’imputato che, nel corso di un interrogatorio, accusi un innocente. Nel caso in cui il soggetto esponga i fatti in forma dubitativa, è configurabile il delitto quando con l’esposizione si celino forme di “raffinata malizia.” Infatti anche casi del genere sono idonei a far scattare un procedimento penale nei confronti di un soggetto innocente. Non è configurabile il delitto mediante omissione, in quanto non è previsto nel vigente ordinamento giuridico alcun obbligo di impedire false incolpazioni da parte di altri. Nel caso che un soggetto attribuisca degli elementi di incolpazione che da soli sono sufficienti ad incolpare taluno di un reato, tacendo su altre circostanze che dimostrerebbero la non fondatezza dell’accusa, il reato di calunnia è, invece, configurabile. L’incolpazione deve avere i requisiti dell’idoneità: “E’ sufficiente che la falsa incolpazione sia idonea a determinare eventuali indagini da parte della autorità giudiziaria e tale idoneità il giudice la deve accertare con criterio oggettivo, considerando la denuncia in sé e per sé, senza quindi, tener conto delle circostanze preesistenti o posteriormente emerse che possono contraddire il contenuto della denuncia medesima.” (Cass. 80/6373). L’inverosimiglianza dei fatti denunciati non bastano ad escludere il reato quando vi è, comunque, la possibilità dell’inizio di un procedimento penale. In ogni caso la giurisprudenza ammette quest’ultima ipotesi di configurabilità soltanto quando l’inidoneità dell’incolpazione si basi su elementi non obbiettivamente riconoscibili (Cass. Pen. Sez. VI del 21-03-1997 n. 2715).. Per questi motivi la calunnia è definibile come un reato istantaneo la cui consumazione si esaurisce con la comunicazione all’autorità di una falsa incolpazione a carico di una persona che si sa innocente. Le eventuali, successive dichiarazioni di conferma – senza sostanziali aggiunte o variazioni che comportino nuove o diverse incriminazioni – non possono considerarsi ulteriori violazioni della stessa norma (Cass. pen. Sez. VI del 5-08-1999 n. 9961). Si può definire la calunnia anche come reato di pericolo e ad integrarne gli effetti è sufficiente anche la astratta possibiltà dell’inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. Una possiblità del genere è esclusa soltanto nell’ipotesi in cui la falsa accusa abbia ad oggetto fatti manifestamente ed a prima vista inverosimili, si che l’accertamento dell’infondatezza non abbisogni di alcuna indagine; ovvero, quando l’esercizio dell’azione penale sia paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità, purché tale difetto sia a sua volta evidente ed escluda immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato. Ciò non avviene quando la causa di improcedibilità emerga da un accertamento che postuli più o meno complesse indagini (Cass. Pen. Sez. VI del 21-03-1997 n. 2715). Altro requisito costitutivo della fattispecie penale è il dolo ossia la volontà di “realizzare il fatto di calunnia diretta o indiretta, con la consapevolezza che l’incolpato è innocente” (Antolisei, Manuale di Diritto Penale, parte speciale II Nona Edizione pg. 904). Questo significa che il convincimento che il denunciato sia colpevole vale ad escludere il dolo e di conseguenza l’esistenza del reato. Se il denunciante è in dubbio, rimane la sua responsabilità: nel caso, però, che egli abbia esposto i motivi della denuncia in modo chiaro e preciso e dalle sue motivazioni emerga incontrovertibilmente la sua convinzione sulla colpevolezza del denunciante, la sua responsabilità può essere esclusa. L’errore di fatto sul fatto che costituisce reato, vale ad escludere il reato a norma dell’art. 47 comma 1° cod. pen. Esclude il reato anche un fatto determinato da errore su legge extrapenale a norma dell’art. 47 3° comma, anche se tale comma è costantemente disapplicato dalla giurisprudenza. Non è configurabile la calunnia colposa. In realtà la mancata configurazione di un simile reato, a parere di chi scrive, non convince. Sarebbe preferibile che la legge introduca il reato di calunnia almeno per colpa grave, dati i pregiudizi che possono derivarne a carico di un soggetto contro cui è iniziato un procedimento penale. Per quanto riguarda l’autocalunnia, diciamo che questa è sostanzialmente omogenea alla calunnia. Una differenza da segnalare è quella relativa al tipo di autocalunnia punibile: è perseguibile solo quella verbale e non quella reale, di cui l’art. 369 non fa menzione

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