L’uso di gruppo può sostanziarsi in due fattispecie. In un primo caso, due o più soggetti decidono di acquistare e detenere una provvista di stupefacenti e, successivamente, ciascun soggetto accede al deposito della sostanza per farne uso personalmente e singolarmente. In un secondo caso, più frequente, un soggetto, dietro delega di altri, acquista e detiene sostanze illecite che poi vengono consumate collettivamente durante un apposito “convegno” per l’uso personale in gruppo. In origine, la Giurisprudenza parlava dei “reati a condotta plurima” pp. e pp. ex Art. 73 TU 309/90. Sempre nel 1990, anche l’Art. 75 TU 309/90 ammetteva l’illecito meramente amministrativo per chi importava/acquistava/deteneva sostanze in dose non superiore a quella media giornaliera (DMG), mentre l’importazione/l’acquisto/la detenzione di una quantità superiore alla DMG era qualificato come penalmente rilevante. Per approfondire ulteriormente il tema della legislazione in materia di stupefacenti, consigliamo il volume Stupefacenti – Manuale pratico operativo, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. L’uso di gruppo di stupefacenti è una questione eminentemente giurisprudenziale
Dunque, dal 1990 al 1993, la Cassazione, in caso di uso di gruppo, applicava la sanzione penale e non quella amministrativa, ovverosia ciascun co-detentore era reputato penalmente responsabile per la detenzione, e la successiva spartizione veniva qualificata alla stregua di una “serie di cessioni” reciproche altrettanto penalmente punibili ex Art. 73 TU 309/90. P.e., Cass., sez. pen. VI, 22 aprile 1992 affermava che “se più persone detengono insieme un certo quantitativo di sostanza stupefacente, ciascuno deve rispondere [penalmente] della detenzione dell’intero [che eccede la DMG] e non soltanto della parte a lui destinata di tale quantitativo [penalmente rilevante], essendo tutti concorrenti, ex Art. 110 CP, nell’unico reato”. Anche Cass., sez. pen. VI, 19 settembre 1992 parlava di “concorso nel reato” ex Art. 110 CP e, del pari, Cass., sez. pen. IV, 4 febbraio 1991 ribadiva la rilevanza penale dell’acquisto e della detenzione in gruppo di una partita di droga eccedente la DMG, anche se l’uso definitivo era poi collettivo.
La situazione è radicalmente mutata dopo il referendum abrogativo del 1993, scaturito nel DPR 171/1993.
Secondo un primo filone ermeneutico, inaugurato da Cass., sez. pen. IV, 31 gennaio 1994, n. 3079, “qualora uno dei componenti di un gruppo di tossicodipendenti acquisti, anche nell’interesse degli altri, sostanza stupefacente e la divida tra tutti, perché ciascuno ne faccia uso in limitata, contenuta misura, tale condotta, in quanto finalizzata alla cessione a favore dei membri del gruppo stesso, è soggetta a sanzione penale, ma la destinazione della droga all’uso di gruppo costituisce circostanza inclusa fra quelle che possono far ravvisare l’attenuante del fatto di lieve entità di cui al comma 5 Art. 73 TU 309/90”.
Similmente, Cass., sez. pen. IV, 18 gennaio 1994, n. 716 applicava anch’essa la lieve entità, ma non escludeva la rilevanza penale, poiché “a seguito del DPR 171/1993, che ha depenalizzato la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale, deve ritenersi illecita e penalmente perseguibile la detenzione di stupefacenti per uso di gruppo, in quanto tale detenzione comporta una cessione, sia pure parziale, della droga a terzi, cessione che è assolutamente incompatibile con la detenzione per uso personale”.
Dunque, questo orientamento interpretativo qualifica l’uso di gruppo come “penalmente rilevante”, in tanto in quanto la sostanza, per essere consumata, dev’essere “ri-ceduta” più volte ex comma 1 Art. 73 TU 309/90.
La rilevanza penale dell’uso di gruppo è ribadita pure da Cass., sez. pen. VI, 25 maggio 1994, n. 320, ma con una motivazione leggermente diversa, ovverosia “va esclusa [nell’uso di gruppo] l’intervenuta depenalizzazione [ex DPR 171/1993] della codetenzione di sostanze stupefacenti, poiché, con l’espressione uso personale di cui all’Art. 75 TU 309/90, il Legislatore ha voluto comminare la sanzione penale per qualunque condotta, contemplata dall’Art. 73 TU 309/90, che, valicando il limite rigoroso della persona dell’assuntore, comporti qualsiasi forma di rapporto interpersonale avente ad oggetto sostanze stupefacenti”. Di nuovo, torna la ratio della rilenza penale della “ri-cessione” all’interno del gruppo.
Un secondo orientamento esegetico è stato inaugurato da Cass., sez. pen. IV, 27 maggio 1994, a parere della quale “l’ipotesi di concorso in detenzione di sostanza stupefacente, destinata ad uso personale, da parte di ciascuno dei detentori, non è più preveduta dalla legge come reato, in base all’Art. 75 TU 309/90, come modificato dal DPR 171/1993. La codetenzione per l’uso in comune di sostanze stupefacenti è una situazione di fatto unitaria, caratterizzata da un rapporto intimo che si stabilisce e si esaurisce fra i soggetti, codetentori di singole quote ideali. Da siffatta situazione non può farsi derivare – a priori – un concorso nel reato di codetenzione di droga a fine di spaccio, nel presupposto astratto di una presunta cessione reciproca di queste, oppure per effetto di una possibile disponibilità, da parte di ciascun codetentore, dell’intero quantitativo della sostanza drogante. Ai fini dell’ipotizzabilità del concorso nel reato di codetenzione a fini di spaccio, è necessaria l’acquisizione di una prova certa che, travalicando il fatto unitario e le ragioni specifiche della codetenzione della sostanza drogante, dimostri, in modo concreto e senza equivoci, che tale situazione, di per sé neutra, sia finalizzata all’attività di spaccio all’interno del gruppo dei codetentori, oppure nei confronti di terzi. In difetto di prove rassicuranti, s’impone l’assoluzione dal reato […] dovendosi ritenere che ricorre la condizione favorevole al reo dell’uso personale della droga, per effetto dello jus novum, perché il fatto non è più previsto come reato”. Dunque, in Cass., sez. pen. IV, 27 maggio 1994, l’uso di gruppo viene depenalizzato in tanto in quanto effettuato per fini esclusivamente personali, dunque non penalmente illeciti, come previsto dall’Art. 75 TU 309/90.
Analogamente, Cass., sez. pen. IV, 14 luglio 1995 asserisce che “a seguito dell’entrata in vigore del DPR 171/1993, emanato in attuazione del referendum del 18/04/1993, l’acquisto in comune di droga da parte di più soggetti, con il pagamento del prezzo in proporzione dela quota riservata per il proprio consumo, non implica che ciascun tossicodipendente detenga l’intero, solo perché il compossesso è incompatibile, come figura giuridica ed in astratto, con la possibilità di un frazionamento ideale pro quota. Trattasi, infatti, di un fatto unitario ontologicamente, avendo concorso tutti, fin dal primo momento, all’acquisto dello stupefacente, ed anche funzionalmente, in relazione al privato consumo collettivo da parte del gruppo. Ciascun soggetto, pertanto, avendo concorso, con unità d’intento e di fine, all’acquisto della sostanza unitamente agli altri consumatori, a seguito di tale acquisto e del compossesso derivatone, realizza e consegue, fin dall’inizio, la piena disponibilità della droga di pertinenza. Non v’è, quindi, una successiva, reciproca cessione di un unico compendio, ma la semplice ripartizione al consumo delle dosi acquistate, vale a dire un fatto interno del gruppo che integra lo sbocco naturale della condotta di ciascun tossicodipendente/acquirente. Ne consegue che la mera suddivisione della quota detenuta non è addebitabile in via autonoma a ciascun concorrente come se fosse un fatto di cessione illecito penalmente, in quanto essa rappresenta solo il passaggio ed il momento necessario per conseguire il soddisfacimento del fabbisogno personale [ex Art. 75 TU 309/90] e non può integrare un quid pluris idoneo a costituire lesione autonoma dell’interesse penalmente tutelato, la quale richiede, con l’acquisto della sostanza drogante, l’avvenuta diffusione della stessa. Inoltre, il dato quantitativo dovrebbe concorrere nella valutazione prognostica della destinazione della sostanza tutte le volte che essa non apparisse correlabile al consumo in termini di immediatezza”.
Tale orientamento è stato fatto proprio pure da Cass., sez. pen. VI, 30 ottobre 1996, Cass., sez. pen. IV, 12 luglio 1996, Cass., sez. pen. IV, 24 gennaio 1996, Cass., sez. pen. IV, 12 gennaio 1996,, Cass., sez. pen. VI, 4 novembre 1994, Cass., sez. pen. IV, 4 maggio 1994 nonché da Cass., sez. pen. VI, 29 novembre 1993. Anche Cass., sez. pen. VI, 8 giugno 1995 conferma tale posizione interpretativa, ovverosia, dopo il DPR 171/1993, il consumo di gruppo è sussumibile entro il campo precettivo giustiziale e non più giurisdizionale dell’Art. 75 TU 309/90. Se prevale l’uso personale, è esclusa la rilevanza penalistica ex Art. 73 TU 309/90, che sanziona la cessione a terzi, tranne nel caso dell’uso “unitario” e “contestuale” di un intero gruppo di tossicodipendenti.
Finalmente, ex comma 1 Art. 618 Cpp, il contrasto giurisprudenziale è stato risolto dalle Sezioni Unite in Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, le quali hanno avvallato “l’orientamento favorevole all’inclusione [dell’uso di gruppo] nell’ambito dell’illecito amministrativo delle tre condotte [oggi cinque, ndr] contemplate dall’Art. 75 TU 309/90 (detenzione, acquisto ed importazione), ove finalizzate all’uso personale, senza poter distinguere a seconda che i soggetti agiscano singolarmente o in gruppo, individualmente o riuniti”.
Rimane da chiarire, alla luce della Giurisprudenza della Corte Costituzionale, quando e perché, nell’ottica dell’Art. 75 TU 309/90, la detenzione/l’acquisto/l’importazione non siano “penalmente rilevanti”. A tal proposito, Consulta 296/1996 (ampiamente anticipata in Consulta 360/1995) ha specificato che “l’esito referendario del 1993 ha isolato la posizione del tossicodipendente e del tossicofilo rispetto ai reali protagonisti [ben più socialmente pericolosi, ndr] del mercato della droga, rendendo il consumatore destinatario soltanto di sanzioni amministrative – significative, peraltro, del perdurante disvalore attribuito all’attività di assunzione di sostanze stupefacenti […]. Tale risultato è stato ottenuto con riferimento ad una specifica tipologia di condotta [tipizzata nell’Art. 75 TU 309/90, ndr] (detenzione, acquisto ed importazione), ed in presenza di quell’elemento teleologico rappresentato dalla destinazione ad uso personale. Pertanto, nell’area di quella cintura protettiva riservata al consumo personale contro i rischi di sanzione penale devono ritenersi ricompresi i comportamenti immediatamente precedenti essendo di norma la detenzione (spesso l’acquisto, talvolta l’importazione) l’antecedente ultimo dell’assunzione. E’, dunque, l’elemento teleologico della destinazione dello stupefacente a caratterizzare in termini di immediatezza il rapporto detenzione-consumo, di talché, nell’area dell’illecito amministrativo, vanno a ricadere le condotte prossime, con nesso di immediatezza, al consumo. Invece [ex Art. 73 TU 309/90] rimane penalmente rilevante il rapporto tra cedente e consumatore, qualunque sia il fine perseguito dall’agente (e quindi anche in caso di cessione gratuita) o la quantità della sostanza ceduta, risultando tale condotta [ex comma 1 Art. 32 Cost.] comunque offensiva dell’interesse [costituzionale] pubblico a contrastare la diffusione della droga”.
Dunque, Consulta 360/1995 e Consulta 296/1996 specificano, nell’ottica dell’Art. 75 TU 309/90 dopo il referendum del 1993, che:
- non è mai penalmente rilevante la detenzione/l’acquisto/l’importazione per uso personale anche se il tossicodipendente non è cronico
- la detenzione/l’acquisto/l’importazione sono sussumibili entro l’Art. 75 TU 309/90 soltanto se il loro fine è il “consumo personale”
- ai fini della valutazione dell’”uso personale”, è irrilevante la “quantità” dello stupefacente detenuto/acquistato/importato, a meno che questo quantitativo sia talmente notevole da far escludere l’applicabilità della ratio dell’”uso personale”.
Del pari, la supremazia teleologica dell’”uso personale” è confermata, ai fini dell’irrilevanza penale, pure da Consulta 296/1996, nel senso che, come precisato successivamente anche da Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, “quanto immediatamente precede il consumo personale, ossia l’antecedente dell’assunzione [detenzione, acquisto, importazione, ndr] non ha rilevanza penale […] però tale antecedente deve riferirsi alla sfera personale dell’assuntore ed in essa esaurirsi, e non può concernere la condotta del trafficante o del cedente”.
L’irrilevanza penale dell’uso di gruppo è ribadita pure da Consulta 29/1996, a norma della quale ed in conformità a Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, “ciò che la norma esige per la qualificazione del fatto come illecito amministrativo è il consumo personale, a prescindere dalle modalità della detenzione. Il che fa ben intendere l’avverbio comunque, con il quale la norma viene a connotare la detenzione (comunque detiene: comma 1 Art. 75 TU 309/90). Ma, anche nell’ipotesi del gruppo, la detenzione comunque costituisce l’antecedente del consumo ed inerisce il rapporto tra assuntore e sostanza in vista dell’uso personale, con esclusione dell’intermediazione di soggetti diversi, non potendo essere considerati tali quanti detengono per se stessi e per colui che, sin dall’acquisto, ha titolo per conseguire l’utilità relativa alla parte della sostanza a lui destinata. Ciò comporta che l’acquisto e la detenzione [o l’importazione, ndr] della sostanza avvengano per conto e nell’interesse anche degli altri soggetti, dei quali sia certa, sin dall’inizio, l’identità, e che sia manifesta la volontà di procurarsi la sostanza destinata al consumo personale”. Nuovamente, in Consulta 29/1996, torna la non rilevanza penale dell’uso di gruppo ex Art. 75 TU 309/90, nel nome del dominio concreto dell’”uso personale”, anche se ciascuna dose è collettivamente detenuta, acquistata ed importata ai fini della consumazione “in gruppo”.
Tale “unità teleologica” dell’uso di gruppo non penalmente rilevante è riaffermata da Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, poiché “in tanto è giuridicamente possibile considerare l’acquisto e, quindi, la detenzione da parte di alcuni componenti del gruppo quale antecedente immediato del consumo [personale] degli altri, in quanto si ravvisi un’omogeneità teleologica nella condotta dei primi rispetto allo scopo propostosi da questi ultimi. Solo tale omogeneità impedisce che il procacciatore si ponga in un rapporto di estraneità e, quindi, di diversità, rispetto agli altri componenti del gruppo, con conseguente connotazione della sua condotta quale cessione [ex Art. 73 TU 309/90]. Pertanto, se l’acquisto avviene per il consumo di ciascun componente del gruppo, e quindi anche dello stesso procacciatore, sulla base di una volontà iniziale di tutti i suoi componenti, l’omogeneità teleologica non può non caratterizzare la detenzione quale codetenzione [non penalmente perseguibile ex Art. 75 TU 309/90]”.
È, dunque, indifferente se il procacciatore che procede all’acquisto/detenzione/importazione della sostanza è uno solo degli appartenenti al gruppo, oppure se tale acquisto/detenzione/importazione è effettuato da più di un appartenente al gruppo finale. In entrambi i casi, vale lo schema civilistico degli Artt. 1388 CC (contratto concluso dal rappresentante) e 1706 CC (acquisto del mandatario).
Tuttavia, il paradigma degli Artt. 1388 e 1706 CC vale solamente se l’acquirente/detentore/importatore è anch’egli parte del gruppo, dunque consumatore finale. Infatti, Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4 puntualizza che “a diverse conclusioni [dall’irrilevanza penale del fatto ex Art. 75 TU 309/90, ndr] deve giungersi allorché l’acquirente/detentore [o importatore] della sostanza non ne sia anch’egli assuntore, ovvero non abbia avuto alcun mandato all’acquisto ed alla detenzione [ex Artt. 1388 e 1706 CC], atteso che, in questi casi, la sua condotta si pone in rapporto di diversità teleologica rispetto agli altri componenti del gruppo, il che rende evidente la sua qualità di cedente [penalmente perseguibile], con la conseguente operatività della sanzione penale di cui all’Art. 73 TU 309/90”. Tutto deve iniziare nel gruppo di tossicofili ed in esso esaurirsi con il consumo collettivo. Quindi, anche il procacciatore deve essere un co-detentore del gruppo e, pertanto, un consumatore finale insieme agli altri compartecipi.
Anzi, Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4 non tollera nemmeno la minima “disomogeneità teleologica” nel gruppo, ovverosia “comporterebbe un’illogica disparità di trattamento l’interpretazione che sostiene l’illiceità penale della detenzione di quote di sostanza destinate ad essere consegnate ai comproprietari, e quindi della consegna al proprietario pro quota dell’indiviso della porzione di droga di sua spettanza dopo l’avvenuta divisione ovvero per effetto della stessa. Con la conseguenza che lo stesso soggetto rimarrebbe esposto a misura amministrativa per la quota destinata al consumo personale, ed a sanzione penale per la parte consegnata agli altri componenti del gruppo, destinatari della sostanza sin dall’inizio, in qualità di assuntori”. Di nuovo, Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4 ribadisce, ai fini dell’applicabilità dell’Art. 75 TU 309/90, la totale “omogeneità d’intento” tra i membri del gruppo, i quali debbono essere tutti consumatori finali senza che si insinui la benché minima ombra circa l’eventuale “cessione” penalmente rilevante ex Art. 73 TU 309/90. Il fine del consumo di gruppo dev’essere ben chiaro sin dal principio, ovverosia sin dall’acquisto/detenzione/importazione.
Dal referendum del 1993, la quantità non è più l’unico “indice sintomatico” per discriminare tra uso personale (Art. 75 TU 309/90) e spaccio penalmente rilevante (Art. 73 TU 309/90). Ciononostante, come precisato opportunamente da Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, anche nell’ambito della co-detenzione per uso di gruppo “la possibilità di un più consistente accumulo della sostanza [anche se i codetentori invocano l’uso di gruppo, ndr] può assumere caratteristiche tali da ostacolare la configurabilità della detenzione rispetto al [solo] consumo personale [punibile esclusivamente in via amministrativa, ndr]”.
Naturalmente, come osservato sempre da Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, la quantità eccessiva, nella codetenzione di gruppo, è “indice sintomatico” di spaccio anche unitamente ad altri parametri che possono far scattare la precettività dell’Art. 73 TU 309/90, come , ad esempio, “la qualità della sostanza, le condizioni di reddito del detentore e del proprio nucleo familiare, la composizione della sostanza, nel senso che, se questa, ad esempio, non è già pronta per il consumo personale (ed immediato) sarebbe ragionevole presumerne una destinazione allo spaccio. Parimenti, [escludono la codetenzione per il consumo personale, ndr] la detenzione di attrezzature per la pesatura o la disponibilità di mezzi per il confezionamento delle dosi, nonché l’eterogenea qualità dell[e] sostanz[e] detenut[e]”.
Dunque, come si nota, Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4 propone indici qualificatori severi e tutt’altro che ingenui. I correi debbono dimostrare la verosimiglianza dell’uso di gruppo invocato per sfuggire alle sanzioni penali ex Art. 73 TU 309/90. P.e., spesso manca la certezza dell’identità precisa di tutti i partecipanti al gruppo che ha o che avrebbe commissionato l’acquisto, la detenzione o l’importazione. Oppure, la codetenzione di un sasso di eroina o di cocaina ancora da tagliare farà propendere il Magistrato del merito verso l’applicazione dell’Art. 73 TU 309/90. Oppure ancora, la codetenzione di più di una tipologia di sostanze lascia dei dubbi circa la possibilità di comminare le sole sanzioni amministrative ex Art. 75 TU 309/90. La codetenzione di gruppo non può divenire un facile pretesto per sfuggire alle disposizioni penali in tema di stupefacenti. Per approfondire ulteriormente il tema della legislazione in materia di stupefacenti, consigliamo il volume Stupefacenti – Manuale pratico operativo, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
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Il presente manuale vuole offrire una panoramica della disciplina giuridica degli stupefacenti che, partendo dalla ricostruzione dell’iter normativo e giurisprudenziale segnato dalle molteplici riforme e decisioni della Corte costituzionale, affronta le problematiche più attuali all’attenzione delle aule giudiziarie.Il richiamo continuo alla giurisprudenza e alla dottrina consente di avere chiari punti di riferimento per un approccio critico e, nello stesso tempo, pratico alla disamina delle questioni trattate. L’analisi delle fattispecie incriminatrici – tra cui ampio spazio è dedicato, tra gli altri, al reato associativo, alla coltivazione e detenzione di sostanza stupefacente, al fatto lieve – ripercorre i principali arresti di legittimità e spunti di riflessione utili all’operatore del diritto.Un particolare focus è stato riservato alle misure cautelari reali, con specifico riferimento ai sequestri di canapa industriale, per via delle problematiche ancora irrisolte nella giurisprudenza, tra cui il tema dell’efficacia drogante e della commercializzazione delle infiorescenze e dei preparati a base di cannabidiolo (CBD).Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti,Avvocati cassazionisti del Foro di Roma, titolari dell’omonimo Studio legale che da anni ha una particolare attenzione al fenomeno degli stupefacenti e al mercato della canapa industriale. Relatori in convegni e corsi di formazione.
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2. La Giurisprudenza di legittimità successiva a Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4
Cass., SS.UU., 28 maggio 1997, n. 4, anche nei decenni successivi, non è mai stata fondamentalmente contestata, ma rimaneva da chiarire quali siano i confini dell’uso di gruppo non penalmente rilevante.
P.e., l’Art. 73 TU 309/90 è escluso solo se anche l’acquirente/gli acquirenti sono consumatori finali appartenenti pur’essi al gruppo, ovverosia, come asserito da Cass., sez. pen. IV, 10 luglio 2007, n. 35682, “se l’acquisto e il consumo rimangono circoscritti all’interno del gruppo degli assuntori, è irrilevante che la sostanza sia detenuta da uno solo di essi, in quanto l’intero quantitativo è idealmente divisibile in quote corrispondenti al numero dei menzionati partecipanti, mentre, in difetto, sussiste il reato di cessione, sia pure gratuita, a terzi di sostanza stupefacente”.
Inoltre, anche in Cass., sez. pen. VI, 3 giugno 2004, n. 31456 è ribadita la necessità della “omogeneità teleologica” dell’acquisto, della detenzione o dell’importazione, in tanto in quanto “l’uso di gruppo è ravvisabile quando l’acquisto e la detenzione della droga, destinata all’uso personale, avvengano, sin dall’inizio, per conto e nell’interesse [ex Artt. 1388 e 1706 CC] anche di soggetti di cui, fin dall’inizio, sia certa l’identità e manifesta la volontà di procurarsi la sostanza per il proprio consumo”.
Similmente, la ratio del “mandato di rappresentanza” ex Artt. 1388 e 1706 CC è ribadita pure da Cass., sez. pen. V, 4 luglio 2006, n. 31443, nel senso che “la consegna delle rispettive quote rappresenta l’esecuzione di un precedente accordo tra l’agente e gli altri soggetti, che non si pongono, quindi, in posizione di estraneità rispetto al cedente, bensì come codetentori fin dall’acquisto, eseguito anche per loro conto”. Su tale tema si vedano pure le analoghe Sentenze contenute in Cass., sez. pen. IV, 10 giugno 2004, n. 34427, Cass., sez. pen. IV, 29 novembre 200, n. 10745 nonché Cass., sez. pen. VI, 4 giugno 1999, n. 9075.
La centralità del “mandato”, per escludere l’applicabilità dell’Art. 73 TU 309/90, è confermata pure da Cass., sez. pen. VI, 1 marzo 2007, n. 37078, ovverosia, alla luce sempre degli Artt. 1388 e 1706 CC, “occorre la prova che la sostanza sia acquistata da uno dei partecipanti al gruppo su preventivo mandato degli altri, in vista della futura ripartizione, di talché possa affermarsi che l’acquirente agisca come longa manus degli altri e che il successivo frazionamento della sostanza acquisita sia solo un’operazione materiale di divisione”, Entro tale solco interpretativo si colloca pure Cass., sez. pen. IV, 2 dicembre 2003, n. 4842.
Anzi, in maniera assai severa e tassativa, Cass., sez. pen. IV, 14 gennaio 2009, n. 7939 ha preteso che “l’accordo deve avvenire attraverso una partecipazione di tutti alla predisposizione dei mezzi finanziari occorrenti”. Tale è pure il parere di Cass., sez. pen. VI, 1 marzo 2007, n. 37078 nonché di Cass., sez. pen. IV, 1 maggio 2000, n. 12001.
Diversamente, Cass., sez. pen. VI, 3 giugno 2003, n. 28318 ha asserito che “non è richiesto anche che la raccolta del denaro sia antecedente rispetto all’acquisto, dal momento che ciò che rileva è la dimostrazione dell’esistenza di un preventivo incarico all’acquisto dato dal gruppo ad uno dei partecipanti, in vista della futura materiale divisione e apprensione fisica della quota di ognuno, dovendo escludersi sia l’ulteriore condizione del previo versamento della somma necessaria all’acquisto da parte di tutti, sia la sussistenza di una precedente intesa in ordine al luogo ed ai tempi del successivo consumo”.
Addirittura, non senza esagerazioni, Cass., sez. pen. IV, 7 luglio 2008, n. 37989 giunge ad affermare che “è necessario [solamente] che la sostanza sia destinata al comune consumo personale e non anche alla fruizione contestuale. Ciò in quanto il preventivo accordo può essere anche tacito ed implicito, potendosi desumere la volontà comune da elementi sintomatici altri rispetto alla preventiva raccolta del denaro, quali il rapporto di amicizia tra l’acquirente e gli altri consumatori, l’effettiva consumazione della sostanza da parte di tutti quanti nelle stesse circostanze di tempo e di luogo o l’unicità della confezione contenente la sostanza”. Analogo è il parere di Cass., sez. pen. VI, 10 marzo 2008, n. 29174, Cass., sez. pen. IV, 2 dicembre 2003, n. 4842, Cass., sez. pen. VI, 18 settembre 2002, n. 43670 nonché di Cass., sez. pen. VI, 4 giugno 1999, n. 9075
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