L’esercizio della proroga di un contratto pubblico NON deve essere assistita da apparato motivazionale particolarmente pregnante (RICHIESTO INVECE PER IL RINNOVO), in quanto normalmente preordinata al soddisfacimento del pubblico interesse insito nella ga

Lazzini Sonia 16/03/06
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Mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto (il quale resta regolato dalla sua fonte originaria), il rinnovo del contratto comporta, una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale
 
 
Il Tar Lazio, Sezione I bis di Roma, con la sentenza numero 1064 del 13 febbraio 2006 ci offre, ancora una volta, un importante spunto di riflessione in tema di differenza fra il rinnovo e la proroga in un contratto di pubblici appalti.
 
Si legge infatti nell’emarginata decisione che:
 
< In altri termini, la proroga del contratto determina il solo effetto del differimento del termine di scadenza del rapporto (il quale resta regolato dalla convenzione annessa all’atto di affidamento di un servizio), mentre il rinnovo del contratto, anche se in forma tacita, comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale: conseguentemente dimostrandosi presente una sostanziale differenza, sia sul piano giuridico-concettuale, che con riferimento alle ricadute effettuali, fra gli istituti della proroga e della rinnovazione del contratto>
 
ma vi è di più.
 
<Nel ribadire la non dirimente chiarezza offerta dall’atto introduttivo del presente giudizio quanto alle difformità concettuali e contenutistiche fra gli istituti della proroga e del rinnovo, va rimarcato che l’esercizio della proroga in questione – peraltro connotata da valenza temporalmente astretta – corrisponde a facoltà legittimamente esercitabile dall’Amministrazione, previo svolgimento di apprezzamento avente ampia latitudine discrezionale
 
Diversamente dalla proroga, è invece la rinnovazione del rapporto (che esclude, per il relativo arco temporale di vigenza, l’indizione di una nuova procedura di selezione) ad abbisognare di un più congruo conforto motivazionale: e ciò in quanto essa deve essere preceduta dall’accertamento, ad opera dell’Amministrazione, circa la sussistenza del pubblico interesse a rinnovare il rapporto con il precedente contraente, mediante l’acquisizione, anche formale, di utili elementi di valutazione comparativa per accertare se è il caso di orientarsi per una scelta diversa o se è il caso di confermare nel pregresso rapporto l’originario interlocutore (sussistendo in tale ultimo caso l’onere di dare contezza precisa, in base agli utili elementi acquisiti, delle ragioni di convenienza tenute presenti).>
 
A cura di *************
 
 
 
   REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO – Sezione I-bis –         
 
ha pronunciato la seguente
Sentenza
 
sul ricorso n. 303 del 2006, proposto da **** – Consorzio **** s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv.ti ************** e **************** di San Lio, per il presente giudizio elettivamente domiciliata in Roma, alla via dei Gracchi n. 187,
contro
 
– il Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliato, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
 
– il Ministero della Difesa – Aeronautica Militare – Comando III Regione Aerea, in persona del legale rappresentante
 
 
 
per l’annullamento
 
– della nota prot. n. MDACLCMLOG/161901 del 13 dicembre 2005, con la quale si autorizza la proroga degli intercorrenti contratti di appalto rep. nn. 7411 e 7412 del 3 agosto 2004 e 7441 del 22 dicembre 2004 per il solo mese di gennaio 2006 e nel contempo si dispone l’indizione di nuove procedure di gara in economia per la relativa aggiudicazione, escludendosene la continuazione con il Consorzio ****, comunicata con nota prot. n. TG-7/1/2/26486/F.09.02 datata 15 dicembre 2005, nonché, occorrendo, avverso questa nota stessa;
 
– del richiamato foglio prot. n. MDGCOM73/1820 del 6 dicembre 2005;
 
– della nota prot. n. RA46/17010/1.5.2 del 15 dicembre 2005;
 
– della nota prot. n. COFA-QG/282/2.2/28275/F.09.03 del 16 dicembre 2005;
 
– nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;
 
nonché per l’esecuzione del giudicato
 
di cui alla sentenza della Sezione I-bis del T.A.R. del Lazio n. 13403/2005 del 12 dicembre 2005.
 
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
 
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
 
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Relatore alla Camera di Consiglio del 1° febbraio 2006 il dr. **************; uditi altresì i procuratori delle parti come da verbale d’udienza.
 
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
 
 
 
Fatto
 
Espone il ricorrente Consorzio di essere titolare dei tre contratti di appalto indicati in precedenza, concernenti l’effettuazione di servizi di pulizia presso vari Enti dell’Aeronautica Militare.
 
Con precedente ricorso n. 10591/2005 l’odierno ricorrente rammenta di aver impugnato la determinazione con la quale l’Amministrazione della Difesa ha comunicato di non poter procedere al rinnovo degli anzidetti contratti, in ragione della valenza asseritamente ostativa al riguardo assunta dalla disposizione di cui all’art. 23, comma 1, della legge 62/2005.
 
Tale impugnativa veniva da questa Sezione accolta con sentenza n. 13403/2005, assunta alla Camera di Consiglio del 13 dicembre 2005.
 
L’Amministrazione comunicava alla parte ricorrente l’intervenuta proroga dei contratti in essere per il solo mese di gennaio 2006; al contempo rendendo noto il proprio intendimento di indire nuova procedura di selezione ai fini dell’affidamento del servizio de quo.
 
I dedotti argomenti di censura possono così riassumersi:
 
Violazione e/o elusione del giudicato. Carenza di potere. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62, dell’art. 7 del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157 e dei principi comunitari in materia di appalto. Violazione degli artt. 1 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241. Violazione della lex specialis di gara. Violazione dei principi fondamentali di buon andamento, imparzialità e ragionevolezza, di cui agli artt. 24 e 97 della Costituzione. Violazione dei principio del legittimo affidamento. Eccesso di potere per errore nel presupposto. Illogicità manifesta e travisamento. Difetto di motivazione, illegittimità derivata.
 
Assume parte ricorrente che il ricorso alla trattativa privata – trattandosi, nel caso di specie, dell’affidamento di servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati allo stesso prestatore – sarebbe consentito dalla vigente disciplina di legge di cui all’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 157/1995.
 
La decisione di indire una nuova gara, senza preventivamente valutare la praticabilità di un affidamento a mezzo di trattativa privata, integrerebbe una violazione del giudicato formatosi sulla citata pronunzia di questa Sezione; ed incorrerebbe, altresì, nei medesimi vizi di legittimità con tale decisione riscontrati a proposito di precedente determinazione, in ragione dell’erronea interpretazione dall’Amministrazione fornita alla disposizione di cui all’art. 23 della legge 62/2005.
 
Nel sottolineare, conclusivamente, come l’adozione delle avversate decisioni da parte dell’Amministrazione della Difesa non sia stata preceduta dall’obbligatoria comunicazione di inizio del relativo procedimento, conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente:
 
– annullamento degli atti oggetto di censura;
 
– ed ordine, nei confronti dell’Amministrazione intimata, di porre in essere i necessari atti ai fini di adempiere al giudicato formatosi sulla citata sentenza n. 13403/2005, pena – in caso di perdurante inerzia – la nomina di organo commissariale che a tanto provveda in luogo di quest’ultima.
 
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.
 
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla Camera di Consiglio del 1° febbraio 2006.
 
 
 
Diritto
 
Il giudizio relativo al ricorso – chiamato all’odierna Camera di Consiglio per la delibazione della domanda cautelare dalla parte ricorrente incidentalmente proposta – viene immediatamente definito nel merito, ai sensi dell’art. 3, comma I, della legge 21 luglio 2000 n. 205.
 
Ricorrono, quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, i presupposti (completezza del contraddittorio processuale e del materiale istruttorio rilevante ai fini di un’esaustiva delibazione del proposto thema decidendum) dalla citata disposizione contemplati ai fini di consentire un’immediata definizione del merito della controversia.
 
1. La disamina del proposto gravame non può non trarre spunto dalle indicazioni contenute nella sentenza di questa Sezione n. 13403 del 12 dicembre 2005, le cui statuizioni parte ricorrente assume siano state eluse dall’intimata Amministrazione della Difesa mediante l’emanazione degli atti con il presente ricorso avversati.
 
Il thema decidendum portato all’attenzione della Sezione con la proposizione del ricorso n. 10591/2005 – a fronte del quale è stata resa la (ora) citata pronunzia n. 13403/2005 – riguardava il diniego di rinnovo di rapporto contrattuale in scadenza, fondato sul rilievo (asseritamente) preclusivo al riguardo assunto dalla previsione introdotta dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62.
 
Ebbe modo di rilevare la Sezione, in tale circostanza, che la portata applicativa della citata disposizione di legge fosse insuscettibile di applicazione disgiuntamente “dal necessario coordinamento con la disciplina di matrice comunitaria di cui al D.Lgs. 157/1995”: in particolare osservando che “la ratio sottesa alla soppressione operata dall’art. 23 della legge 62/2005, in coerenza con gli obblighi derivanti dall’appartenenza dello Stato italiano all’Unione Europea, può rinvenirsi nell’esigenza di salvaguardia di una effettiva esplicazione della libera concorrenza del mercato, attraverso l’eliminazione di un indiscriminato ricorso a procedure derogatorie al principio della gara ad evidenza pubblica, onde scongiurare una prassi generalizzata di attribuzione di pubblici servizi in assenza di uniformità e trasparenza di procedure”.
 
Per quanto concernente, in particolare, la legittima ricorribilità allo strumento della trattativa privata al fine dell’affidamento di servizio, la Sezione ha avuto, inoltre, modo di evidenziare come tale ipotesi sia espressamente contemplata dall’“art. 7, II comma, lett. f), del D.Lgs 157/1995, nella parte in cui è previsto che gli appalti ivi contemplati possono essere aggiudicati a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara, tra le altre ipotesi, per nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati allo stesso prestatore di servizi mediante un precedente appalto aggiudicato dalla stessa amministrazione, purché tali servizi siano conformi a un progetto di base per il quale sia stato aggiudicato un primo appalto conformemente alle procedure ad evidenza pubblica, con ammissibilità del ricorso alla trattativa privata, solo nei tre anni successivi alla conclusione dell’appalto iniziale, ove sia espressamente indicato in occasione del primo appalto ed il costo complessivo stimato dei servizi successivi sia stato preso in considerazione dall’amministrazione aggiudicatrice per la determinazione del valore globale dell’appalto”.
 
Osservato, alla stregua di quanto sopra posto in luce, che “il rinnovo contrattuale, consistente, come noto, in una nuova negoziazione tra le medesime parti per l’instaurazione di un nuovo rapporto giuridico, si atteggia quale trattativa privata, ovvero, quale rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale tra gli originari contraenti: e che, dunque, la stessa trova piena praticabilità, sia pure nei limiti di un’eccezionale deroga all’esperimento di procedure selettive ad evidenza pubblica, come indicati dalla normativa di matrice comunitaria sopra esaminata”, la decisione di che trattasi ha quindi escluso che “il ricorso a detto strumento negoziale, siccome espressamente previsto dalla stessa norma nazionale di recepimento di quella comunitaria” potesse porsi in “contrasto con i sopra enunciati principi di concorrenza e trasparenza tutte le volte che detta facoltà sia stata espressamente considerata in sede di indizione della prima gara e recepita nella conclusiva stipula contrattuale”.
 
Ha conseguentemente ritenuto la Sezione che il resistente Ministero della Difesa avesse “erroneamente ritenuto applicabile al caso che ne occupa la novella del 2005, non potendo la stessa essere considerata preclusiva dell’esercizio del potere di procedere al rinnovo dei contratti di appalto di che trattasi, già attribuito alla parte ricorrente a seguito di espletamento di procedura ad evidenza pubblica, in virtù del ricorso dell’istituto della trattativa privata secondo quanto disciplinato con il più volte richiamato art. 7, II comma, lett. f), D. Lgs. 157/1995”: per l’effetto disponendo, in accoglimento del proposto mezzo di tutela, l’annullamento degli atti con esso impugnati.
 
2. Quanto sopra doverosamente premesso, viene ora in considerazione l’odierno gravame, con il quale **** – come illustrato in narrativa – si duole che l’Amministrazione della Difesa abbia:
 
– disposto la proroga dei rapporti contrattuali precedentemente in essere (e scaduti alla fine del 2005) limitatamente al solo mese di gennaio 2006;
 
– autorizzato il ricorso alla procedura in economia per assicurare i medesimi servizi dal mese di febbraio al mese di aprile 2006;
 
conseguentemente disponendo l’avvio delle relative procedure per la valutazione dei preventivi relativi allo svolgimento del servizio in discorso successivamente alla proroga come sopra assentita.
 
Quanto sopra posto (ed impregiudicato il fatto che, come evidenziato dalla documentazione depositata all’odierna camera di Consiglio, la “ricerca di mercato” strumentale all’affidamento in economia del servizio sia stata “annullata” con telex del 9 gennaio 2006), va posto in evidenza – con la necessaria chiarezza – che la proroga del contratto scaduto è istituto diverso ed inassimilabile rispetto al rinnovo del rapporto stesso.
 
Mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto (il quale resta regolato dalla sua fonte originaria), il rinnovo del contratto comporta, infatti, una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I-bis, 31 marzo 2005 n. 2367).
 
In altri termini, la proroga del contratto determina il solo effetto del differimento del termine di scadenza del rapporto (il quale resta regolato dalla convenzione annessa all’atto di affidamento di un servizio), mentre il rinnovo del contratto, anche se in forma tacita, comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale: conseguentemente dimostrandosi presente una sostanziale differenza, sia sul piano giuridico-concettuale, che con riferimento alle ricadute effettuali, fra gli istituti della proroga e della rinnovazione del contratto (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2003 n. 9302 e sez. VI, 22 marzo 2002 n. 1767; nonché T.A.R. Lazio, sez. III-bis, 18 dicembre 1996 n. 2418, 11 novembre 1996 n. 2073, 24 luglio 1996 n. 1417 e 17 maggio 1996 n. 1029).
 
Tale difformità concettuale – ben nota – ha ricadute applicative immediatamente percepibili nell’ambito dello stesso testo contrattuale di che trattasi.
 
Infatti, l’art. 3 del contratto ha distintamente previsto:
 
– la rinnovabilità del rapporto (di anno in anno, per un termine massimo di due anni) previa manifestazione del consenso espresso delle parti, da perfezionarsi entro il 30 settembre 2005 ed accertamento, da parte dell’Amministrazione, della “sussistenza delle ragioni di convenienza e pubblico interesse alla prosecuzione del rapporto contrattuale”;
 
– la prorogabilità del rapporto stesso, realizzabile mediante esercizio, ad opera della P.A., della “facoltà unilaterale di estendere la validità dello stesso per un periodo non superiore a quattro mesi successivi alla scadenza”.
 
Quanto all’atto impugnato con il presente gravame, non viene in considerazione alcun diniego di rinnovo del contratto in questione: quanto, piuttosto, la delimitazione temporale della prorogabilità dello stesso (prevista nel termine massimo di mesi quattro) al solo mese di gennaio 2006.
 
Alla stregua di tale considerazione – che parte ricorrente non sembra aver adeguatamente considerato all’interno dell’articolata prospettazione dedotta con il presente gravame – non può esimersi il Collegio dall’osservare che la pretesa elusione del giudicato non è suscettibile di favorevole apprezzamento.
 
Va al riguardo constatato che:
 
– in primo luogo, non può essere invocata (in senso proprio) l’esecuzione di un “giudicato” laddove sia tuttora pendente, come nel caso in esame, il termine per la proposizione di appello avverso la sentenza n. 14303/2005: piuttosto venendo in considerazione, se del caso, l’attuazione del comando giudiziale recato da una pronunzia immediatamente esecutiva, secondo quanto stabilito dall’art. 33 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034;
 
– secondariamente, non può comunque essere evocata l’“elusione” della pronunzia in discorso, atteso che, se quest’ultima è stata notificata all’Amministrazione in data 27-28 dicembre 2005, gli atti oggetto di impugnazione con il presente gravame sono stati adottati in epoca antecedente (recando essi la data del 6, 13, 15 e 16 dicembre 2005): intuibilmente, non potendo assumersi la pretesa “elusione” di una sentenza non conosciuta al momento dell’adozione delle citate determinazioni amministrative;
 
– e, ulteriormente, l’eventuale “elusione” della sentenza n. 13403/2005 (peraltro in configurabile, atteso quanto affermato ai precedenti alinea) comunque non viene utilmente in considerazione, atteso che tale pronunzia si è limitata a dare atto dell’illegittimità del diniego di rinnovo del contratto (sul quale, attesa la valenza conformativa insita nella predetta decisione, l’Amministrazione dovrà, in ogni caso, nuovamente determinarsi), senza nulla affermare quanto alla prorogabilità del rapporto scaduto (alla quale, giova ribadirlo, non è in alcun modo assimilabile l’eventuale rinnovabilità dello stesso);
 
da ultimo dovendosi rilevare, sotto il profilo dell’osservanza delle corrette modalità di proposizione del ricorso volto a lamentare la mancata “attuazione” del giudicato, come la diffida ad adempiere il comando contenuto nella ripetuta sentenza n. 13403/2005 sia stata notificata nei confronti dell’Amministrazione solo in data 18 gennaio 2006 (e, quindi, in epoca largamente anteriore alla proposizione dell’odierno gravame, notificato il precedente 30 dicembre 2005).
 
Alla stregua delle esposte considerazioni, non può esimersi la Sezione dal dare atto dell’inammissibilità del gravame, limitatamente alla pretesa esecutiva del “giudicato” costituente, nell’ambito del predetto mezzo di tutela, autonomo capo di domanda.
 
3. Il ricorso è, invece, infondato quanto alla contestata legittimità della determinazione con la quale l’intimata Amministrazione della Difesa ha delimitato al solo mese di gennaio la proroga del rapporto contrattuale.
 
Va in proposito ribadito che, a termini del contratto, tale facoltà poteva essere dalla Stazione appaltante esercitata per un arco temporale massimo di quattro mesi.
 
Ed è stata esercitata, nel caso in esame, disponendosi la proroga del rapporto scaduto per il solo mese di gennaio, con contestuale affidamento in economia del servizio per il successivo trimestre febbraio-aprile 2006.
 
Le censure al riguardo prospettate dalla parte ricorrente non rivestono giuridico pregio.
 
Nel ribadire la non dirimente chiarezza offerta dall’atto introduttivo del presente giudizio quanto alle difformità concettuali e contenutistiche fra gli istituti della proroga e del rinnovo, va rimarcato che l’esercizio della proroga in questione – peraltro connotata da valenza temporalmente astretta – corrisponde a facoltà legittimamente esercitabile dall’Amministrazione, previo svolgimento di apprezzamento avente ampia latitudine discrezionale.
 
Né tale scelta deve essere assistita da apparato motivazionale particolarmente pregnante, in quanto normalmente preordinata al soddisfacimento del pubblico interesse insito nella garanzia della prosecuzione dello svolgimento del servizio (in capo al precedente affidatario) nelle more dello svolgimento delle procedure necessarie per l’individuazione del contraente al quale affidare – previa stipula di nuovo rapporto negoziale – l’attività stessa.
 
Diversamente dalla proroga, è invece la rinnovazione del rapporto (che esclude, per il relativo arco temporale di vigenza, l’indizione di una nuova procedura di selezione) ad abbisognare di un più congruo conforto motivazionale: e ciò in quanto essa deve essere preceduta dall’accertamento, ad opera dell’Amministrazione, circa la sussistenza del pubblico interesse a rinnovare il rapporto con il precedente contraente, mediante l’acquisizione, anche formale, di utili elementi di valutazione comparativa per accertare se è il caso di orientarsi per una scelta diversa o se è il caso di confermare nel pregresso rapporto l’originario interlocutore (sussistendo in tale ultimo caso l’onere di dare contezza precisa, in base agli utili elementi acquisiti, delle ragioni di convenienza tenute presenti).
 
Né, d’altro canto – e pur ribadito l’apprezzamento ampiamente discrezionale che assiste, nell’an come nel quando, la scelta, da parte dell’Amministrazione, di avvalersi della proroga del contratto nei limiti in cui essa sia consentita – parte ricorrente ha offerto all’attenzione della Sezione alcun utile elemento di giudizio volto a confutare – fuori dall’affermata (quanto insussistente) elusione del “giudicato” – la congruità del termine (mensile) della disposta proroga del rapporto; ovvero, ex converso, a sostenere la (indimostratamente affermata) illegittimità del ricorso alla procedura in economia per lo svolgimento del servizio nel successivo trimestre febbraio-aprile 2006.
 
Tali considerazioni impongono la reiezione del proposto mezzo di tutela, relativamente al capo di domanda con il quale viene sostenuta l’illegittimità degli atti impugnati, nella parte in cui viene autorizzata la proroga degli intercorrenti contratti di appalto rep. nn. 7411 e 7412 del 3 agosto 2004 e 7441 del 22 dicembre 2004 per il solo mese di gennaio 2006, nel contempo manifestandosi l’intendimento di avvalersi di procedure in economia per i mesi febbraio-aprile 2006.
 
4. Ribadite le svolte considerazioni – e, con esse, l’inaccoglibilità del presente gravame, rivelatosi in parte inammissibile ed in parte infondato – dispone conclusivamente il Collegio di porre le spese di lite a carico della parte soccombente, giusta la liquidazione di cui in dispositivo.
 
 
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I-bis – ritenuto per la decisione nel merito, ai sensi dell’art. 3, I comma, della legge 21 luglio 2000 n. 205, il ricorso indicato in epigrafe, così dispone:
 
– dichiara il gravame inammissibile, quanto alla domanda di esecuzione del giudicato di cui alla sentenza di questa Sezione n. 13403/2005;
 
– respinge l’impugnativa, quanto alla richiesta di annullamento degli atti con essa gravati.
 
Condanna il ricorrente **** – Consorzio **** s.c.a.r.l. al pagamento delle spese di giudizio in favore della resistente Amministrazione della Difesa per complessivi € 2.500,00 (Euro duemilacinquecento/00).
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 1° febbraio 2006, con l’intervento dei seguenti magistrati:
 
************* – Presidente
 
************** – Consigliere, relatore, estensore
 
*************** – Consigliere
 
 
 
IL PRESIDENTE        IL MAGISTRATO ESTENSORE
 
Depositata in segreteria il 13/02/2006

Lazzini Sonia

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