L’  Art.  416 bis 1 CP  nella  Giurisprudenza  di  legittimità

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 Profili storici e panorama introduttivo.

 

In Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, la questione di diritto da risolvere era “ se l’ aggravante speciale già prevista dall’ Art. 7 DL n. 152 del 1991 ed oggi inserita nell’ Art. 416 bis 1 CP, che prevede l’ aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata al fine di agevolare le associazioni mafiose, abbia natura oggettiva concernendo le modalità dell’ azione, ovvero abbia natura soggettiva concernendo la direzione della volontà “. nei Lavori Preparatori afferenti all’ Art. 416 bis 1 CP, tale nuova aggravante era percepita, sotto il profilo criminologico-finalistico, alla stregua di “ una garanzia di una maggiore efficacia della funzione preventivo-repressiva del fenomeno mafioso “. D’ altra parte, dal punto di vista storico, la genesi dell’ Art. 416 bis 1 CP s’ innesta in un periodo di massima allerta sociale nei confronti della criminalità organizzata italiana di origine sicula. In effetti, sempre nei Lavori Preparatori, il Legislatore del 1991 afferma che “ si verifica oggi un’ assoluta pericolosità dell’ attività mafiosa [ … ] le associazioni illecite di stampo mafioso evidenziano una sempre maggiore pervasività [ … ] [ e ] si estendono anche a finalità eversive [ … ] [ bisogna ] isolare tale attività illecita con la previsione di una circostanza di carattere generale [ ex Art. 416 bis 1 CP ] “. Anzi, persino dal punto di vista lessicale, il nuovo testo dell’ Art. 416 bis 1 CP attinge alcuni lemmi ed alcune espressioni dalla Normativa anti-terrorismo contenuta nel DL 625/1979, poi convertito, con modificazioni, nella L. 15/1980. Dunque, ora come allora, il crimine organizzato costituisce un grave pericolo per l’ intero assetto democratico italiano. Ciò è ampiamente dimostrato dalle spregiudicate modalità esecutive degli omicidi Livatino, Falcone e Borsellino. Ormai, Cosa Nostra aveva adottato modalità operative simili a quelle dello stragismo politico degli Anni Sessanta e Settanta del Novecento. Molto illuminante, in Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, è pure la definizione indiretta del concetto del “metodo mafioso “, che è, in buona sostanza, un crimine da punire “ con l’ aumento della pena prevista per qualsiasi reato [ … ] realizzato con l’ utilizzazione di una forza intimidatoria che – a prescindere da qualsiasi legame del suo autore con l’ organizzazione mafiosa [ … ] – ne mutui le modalità d’ azione, per proporre il clima di assoggettamento che le è caratteristico. Sotto questo profilo, [ l’ Art. 416 bis 1 CP ] evidenzia un duplice carattere preventivo: evitare fenomeni emulativi, essi stessi forieri di un rafforzamento della tipica struttura mafiosa, volta alla sopraffazione, e liberare i soggetti passivi dal potenziale giogo conseguente a tali atti, restituendo loro strumenti per una pronta reazione, a tutela della libertà di autodeterminazione “. Pertanto, il “metodo mafioso “, nell’ Art. 416 bis 1 CP, fonda la propria essenza fenomenologica sugli stessi tre elementi materiali ex comma 3 Art. 416 bis CP, ovverosia la forza di intimidazione, la condizione di assoggettamento e l’ omertà. Tuttavia, non altrettanto pacificamente interpretabile è il lemma “agevolare “ contenuto nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Secondo un primo filone esegetico giurisprudenziale, tale “ agevolazione “ delle associazioni per delinquere di stampo mafioso è soggettiva e non precettivamente estensibile ai correi per analogia. Detto in altri termini, l’ “agevolazione “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP va o, perlomeno, andrebbe sussunta entro il campo normativo individualistico ex Art. 118 CP, ai sensi del quale “ le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l’ intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono “. Quindi, il lemma “ agevolare “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, secondo tale corrente ermeneutica, va letto alla luce degli Artt. 70 e 133 CP, ma sempre tenendo ben presente la stretta personalità della responsabilità penale ex comma 1 Art. 27 Cost. . Una seconda interpretazione del verbo “ agevolare “ nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP è quella c.d. oggettiva, ovverosia legata soltanto alle circostanze materiali dell’ azione ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP ( “ sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’ oggetto, il tempo, il luogo ed ogni altra modalità dell’ azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’ offeso “ ). Per conseguenza, l’ oggettività dell’ agevolazione ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP rende estensibile ai correi l’ aggravante dell’ agevolazione ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, in tanto in quanto la materialità dell’ aggravante toglie precettività al criterio soggettivo ex comma 1 Art. 27 Cost. . Infine , secondo un terzo orientamento della Corte Suprema, l’ agevolazione ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP costituisce un criterio soggettivo o, viceversa, oggettivo a seconda dello specifico contesto criminoso associativo. Quindi, anche la corresponsabilità aggravata o meno del correo dipende dalla concreta fattispecie delittuosa tentata o consumata.

 

L’ interpretazione soggettivistica.

 

L’ approccio esegetico soggettivistico collega il lemma “ agevolare “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP all’ Art. 118 CP, il quale, a sua volta, si fonda sulla predicazione della personalità categorica della responsabilità penale ex comma 1 Art. 27 Cost. . Per conseguenza, secondo tale orientamento ermeneutico, l’ aggravante ex Art. 416 bis 1 CP è valutata “ soltanto riguardo alla persona cui si riferisce “ ( ult. cpv. Art. 118 CP ), quindi il comma 1 Art. 416 bis 1 CP non è estensibile per analogia agli altri correi che non hanno avuto motivi per delinquere, intensità del dolo, grado della colpa o circostanze personali non in senso stretto riconducibili ad un reato associativo di stampo mafioso. In buona sostanza, la previsione normativa ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP richiede che il reo rechi un consilium doli pieno ed un’ avvertenza volitiva altrettanto pienamente deliberata. In effetti, anche Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 commenta questo filone interpretativo asserendo che “ secondo l’ orientamento che ritiene l’ aggravante [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ] di natura soggettiva, essa sarebbe integrata da un atteggiamento psicologico, per lo più definito in termini di dolo specifico: occorre quindi che l’ agente, oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale integrante l’ elemento oggettivo del reato-base, agisca per un fine particolare, ossia quello di agevolare l’ attività dell’ associazione di tipo mafioso [ … ]. Questa viene ritenuta di natura soggettiva, in quanto concernente i motivi a delinquere o l’ intensità del dolo, e riconducibile nell’ ambito di quelle [ aggravanti ] contemplate dall’ Art. 118 CP, che sono state valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono e non si estendono, pertanto, ai concorrenti nel reato “. Dunque, tale interpretazione soggettivistica richiede, per integrare gli estremi della circostanza ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, una volizione dolosa intensa, piena e perfettamente auto-consapevole, a prescindere dal danno o dal pericolo successivamente cagionato dall’ evento delittuoso materialmente tentato o consumato. Tuttavia, l’ esegesi soggettivistica non ha mai sufficientemente precisato la configurazione giuridica di questo elemento soggettivo, vagamente definito come “ scopo finale “ di agevolare l’ associazione p. e p. dall’ Art. 416 bis CP. Anche il lemma “ consapevole “ non può essere genericamente qualificato come un “ atteggiamento psicologico “. L’ interpretazione soggettivistica rischia di scadere in un campo punitivo troppo indeterminato, astratto e non adeguatamente circostanziato dal punto di vista definitorio. Parlare di “ elemento psicologico “ reca a parametri valutativi fragili. Un secondo difetto applicativo dell’ interpretazione soggettivistica consta nella difficoltà di acclarare la “ intensità del dolo “ ex Art. 118 CP, nel difficile contesto di un ‘associazione per delinquere aggravata ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Apparentemente “ agevola “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP chi, con dolo specifico, entra a far parte del gruppo delinquenziale, ma l’ approccio soggettivo non tiene conto sufficientemente del fatto che, dal punto di vista volontaristico, i motivi e le circostanze ex Art. 118 CP variano a seconda del diverso contributo di ciascun correo. Detto in altri termini, se l’ agevolazione ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP è personalisticamente ancorata all’ Art. 118 CP e se, a sua volta, l’ Art. 118 CP è intimamente legato alla nozione di responsabilità penale personale ex comma 1 Art. 27 Cost., la conseguenza è che la circostanza aggravante ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP è, o, viceversa, non è applicabile soltanto nel caso di un’ agevolazione pienamente dolosa ed attiva, poiché la semplice partecipazione formale o, addirittura, marginale è insufficiente. Parlare di dolo specifico, nell’ ambito del comma 1 Art. 416 bis 1 CP, comporta l’ accertamento di una volontà criminosa e di una motivazione a delinquere tutt’ altro che blanda, in tanto in quanto gli Artt. 118, 416 bis e 416 bis 1 CP non sono per nulla riferibili ad ipotesi di reato bagatellari o secondarie. Insomma, il comma 1 Art. 416 bis 1 CP richiede una premeditazione piena ed intensa, giacché, come specificato da Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, “ l’ aggravante dell’ agevolazione mafiosa può essere applicata al concorrente nel reato, in base all’ Art. 118 CP, non soltanto quando risulti che lo stesso abbia agito con lo scopo di agevolare l’ attività di un’ associazione di tipo mafioso, ma anche quando egli abbia fatto propria tale finalità perseguita da un altro concorrente “. Ora, questo “ fare propria “ l’ intenzione degli altri membri del vincolo associativo mafioso significa, sotto il profilo fattuale, che le azioni delittuose debbono essere, idoneamente e concretamente, azioni agevolatrici nel senso del comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Agevolare una consorteria di stampo mafioso significa recare un’ offesa concreta all’ equilibrio democratico dello Stato. Pertanto, nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP, non v’ è spazio per reati astrattamente pericolosi, marginali o lievi. A tal proposito, Cassazione 10/2001 parla di “ volontà specifica di favorire, ovvero di facilitare, con il delitto posto in essere, l’ attività del gruppo “. Viceversa, talvolta il dolo è intenso, ma il risultato anti-giuridico ed anti-sociale è scarso, dunque non conforme all’ aggravante ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP.

 

L’ interpretazione oggettivistica

 

Cass., sez. pen. II, 17 gennaio 2017, n. 24046 ha inteso rimarcare la natura oggettiva dei lemmi, nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP, “ al fine di agevolare l’ attività delle associazioni [ pp. e pp. ex Art. 416 bis CP ] “. Più nel dettaglio, Cass., sez. pen. V, 13 ottobre 2016, n. 9429 ha sottolineato che l’ “ agevolazione “ contemplata nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP si spinge ben oltre il generico “elemento psicologico “, anzi non v’ è agevolazione senza un apporto materialmente, fattualmente, concretamente, oggettivamente utile per il sostegno dell’ associazione per delinquere di stampo mafioso. Parimenti, Cass., sez. pen. II, 24 novembre 2016, n. 52025 sussume l’ “ agevolazione “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP nell’ alveo strettamente fattuale delle circostanze oggettive ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP, poiché “ [ … ] sono circostanze che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’ oggetto, il tempo, il luogo ed ogni altra modalità dell’ azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’ offeso “ ( n. 1 comma 1 Art. 70 CP ). Anche a parere di chi scrive, tale orientamento giurisprudenziale oggettivistico, inaugurato da Cass., sez. pen. VI, 22 gennaio 2009, n. 19802, è preferibile, in tanto in quanto collegare il comma 1 Art. 416 bis 1 CP al n. 1) comma 1 Art. 70 CP consente al Magistrato giudicante di esprimersi sulla base di criteri ermeneutici fattuali meno astratti dei criteri soggettivi di cui al n. 2) comma 1 Art. 70 CP. Infatti, l’ intensità del dolo, il grado della colpa e le qualità personali del reo recano un carattere non misurabile in maniera assolutamente certa ed oggettiva. Valutare un elemento psicologico che determina l’ intensità del dolo conduce a conclusioni incerte o, comunque, non algebricamente e stabilmente misurabili, come nel caso, all’ opposto, delle circostanze materiali ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP . Pure Cass., sez. pen. V, 8 novembre 2012, n. 10966 distingue tra la soggettività evanescente del n. 2) comma 1 Art. 70 CP e, viceversa, l’ oggettività evidente e certa del n. 1) comma 1 Art. 70 CP. Dunque, a partire da Cass., sez. pen. VI, 22 gennaio 2009, n. 19802, il Magistrato, finalmente, reca, con afferenza all’ “ agevolazione “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, certezze esegetiche che prima, con l’ approccio soggettivistico, non esistevano, dal momento che il dolo e la colpa sono giudicabili su presupposti meno empirici rispetto a parametri fattuali come le modalità dell’ azione, il danno arrecato ed il pericolo anti-sociale provocato ai sensi del n. 1) comma 1 Art. 70 CP. Viceversa, parlare di “ elementi psicologici “ rende meno matematica la valutazione del Giudice con afferenza al lemma “ agevolare “ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Oltretutto, tale interpretazione oggettivistica svincola l’ agevolazione dai criteri soggettivi ex Art. 118 CP e, per conseguenza, i parametri materiali o, ognimmodo, oggettivi, ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP, costituiscono delle circostanze aggravanti estensibili ai correi. Ora, sotto il profilo criminologico e general-preventivo, poter estendere a tutti i compartecipi il comma 1 Art. 416 bis 1 CP rappresenta un risultato importante alla luce dell’ assoluta emergenza odierna di reprimere con la massima intransigenza i vincoli associativi di stampo mafioso, senza la benché minima concessione del beneficio della “ ignoranza scusabile “ ( Cass., sez. pen. II; 17 gennaio 2017, n. 24046 ). Tuttavia, in maniera assai più garantistica, Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 esorta il Magistrato del merito a valutare con maggiore elasticità l’ ignoranza scusabile, in tanto in quanto “ la classificazione della circostanza [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ] quale oggettiva [ ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP ] non esclude la necessità della verifica dell’ elemento psicologico caratterizzante la finalizzazione della condotta [ … ] poiché molto dipende dalla sussistenza, in capo ai concorrenti, del dolo specifico o della consapevolezza della funzionalizzazione della condotta all’ agevolazione delle associazioni di tipo mafioso “. Probabilmente, a parere di scrive, la testé riportata osservazione di Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 intende sottolineare che l’ oggettivizzazione del comma 1 Art. 416 bis 1 CP, alla luce del n. 1) comma 1 Art. 70 CP, non toglie per nulla l’ intatta e granitica natura personale della responsabilità penale ex comma 1 Art. 27 Cost. . Forse, esiste il rischio che l’ approccio oggettivistico sia ipostatizzato, sino al punto di sottovalutare che ciascun correo reca, come normale, un proprio ed individuale grado di corresponsabilità, non omologabile in maniera frettolosa e giustizialistica. In altre parole, in una struttura criminosa organizzata, i ruoli non sono tutti i medesimi, anche se, certamente, è altrettanto fuorviante fondare il comma 1 Art. 416 bis 1 CP su elementi esclusivamente volontaristici ex n. 2) comma1 Art. 70 CP.

 

L’ interpretazione intermedia ( Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 ).

 

L’ interpretazione intermedia applica il criterio soggettivo o, viceversa, quello oggettivo a seconda della singola fattispecie concreta giudicabile ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP. Tale contestualizzazione è ben espressa nelle Motivazioni di Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, ovverosia “ la natura dell’ aggravante [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ], e la disciplina in caso di concorso di persona nel reato, dipende da come la stessa si atteggia in concreto e dal reato a cui accede: quando l’ aggravante, in concreto, si configura come un dato oggettivo, che travalica la condotta del singolo agente, e che, piuttosto che denotare una specifica attitudine delittuosa del singolo concorrente, finisce per agevolare la commissione del reato, deve ritenersi estensibile ai concorrenti, in base al principio ubi commoda ibi incommoda, che deve guidare l’ interpretazione nei casi dubbi, e far ritenere oggettive le aggravanti che abbiano facilitato la commissione del reato“ . A parere di chi redige, l’ aspetto maggiormente innovativo dell’ interpretazione intermedia consiste nello spostare l’ attenzione del Magistrato giudicante dall’ Art. 416 bis 1 CP in sé e per sé alle ipotesi delittuose che, a mò di corollario, agevolano “ le attività delle associazioni previste dallo stesso articolo “ ( comma 1 Art. 416 bis 1 CP ). Quindi, tale interpretazione intermedia affranca l’ Art. 416 bis 1 CP dal giustizialismo emergenziale delle origini, in tanto in quanto, finalmente, la posizione processuale di ciascun correo viene inserita in uno specifico contesto fattuale, il tutto nella consapevolezza che, all’ interno di un vincolo associativo mafioso, la posizione ed i ruoli sono assai diversificati, all’ interno di una specifica scala gerarchica. In effetti, Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545 ammette che l’ interpretazione c.d. “ intermedia “ si fonda, anzitutto e soprattutto, sull’ analisi criminologico-investigativa della “ concreta struttura organizzativa dell’ associazione [ e ] [ … ] sul dato oggettivo e strutturale che riguarda il modo di essere dell’ associazione “. Ciò significa che il comma 1 Art. 416 bis 1 CP reca una componente precettiva oggettiva ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP, ma è altrettanto vero che, ex n. 2) comma 1 Art. 70 CP, ciascun associato per delinquere ha avuto una volizione dolosa personale, che non è, sempre e comunque, la medesima di chi ricopre ruoli di comando. Pertanto, alla luce di tale differenziazione volontaristica, l’ intensità del dolo e le finalità perseguite ex n. 2) comma 1 Art. 70 CP vanno qualificate caso per caso, fattispecie per fattispecie, ed imputato per imputato, senza mai tradire quel senso della misura e della proporzionalità ragionevole che fonda l’ Art. 111 Cost., in tema di giusto processo. Anzi, Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 reputa ottima l’ interpretazione intermedia, giacché, non solo nel caso del comma 1 Art. 416 bis 1 CP, ogni attività delinquenziale reca un “ motivo a delinquere “ soggettivo ex n. 2) comma 1 Art. 70 CP, ma, congiuntamente, anche un danno concreto ed oggettivo ex n. 1) comma 1 Art. 70 CP. Più dettagliatamente, secondo Cass., SS.UU. 19 dicembre 2019, n. 8545, oggettività e soggettività “sono entrambe elementi costitutivi dell’ aggravante [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ], perché sussiste tanto l’ elemento soggettivo del dolo specifico, quanto l’ ulteriore elemento, di natura oggettiva, individuato nell’ idoneità del fatto a realizzare il fine [ soggettivo, ndr ] dell’ agente, e quindi nell’ idoneità del fatto ad agevolare l’ attività [ oggettiva, ndr ] dell’ associazione mafiosa. In tal modo, si configura una circostanza mista, i cui elementi costitutivi sono uno di natura soggettiva e uno di natura oggettiva, riconducibili tanto ai motivi a delinquere, quanto alle modalità della condotta “. Questa interpretazione intermedia, inoltre, reca ad un’ applicazione non più disgiunta dei nn. 1) e 2) comma 1 Art. 70 CP, dal momento che qualsivoglia reato e qualsivoglia aggravante di un reato reca, sotto il profilo ontologico, una soggettività relativa ai motivi, ma anche, nel contempo, un’ oggettività relativa al’ esecuzione fattuale del crimine, che scaturisce sempre da una soggettività per terminare in un danno o in un pericolo materiale. Quel che l’ associato per delinquere, ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, vuole soggettivamente ( n. 2 comma 1 Art. 70 CP ), successivamente egli lo compie oggettivamente ( n. 1 comma 1 Art. 70 CP ). Dopo molti anni di incertezze ermeneutiche, Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 congiunge, senza contraddizione alcuna, nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP, l’ iniziale soggettività psicologica con la susseguente oggettività materiale.

Tuttavia, rimane da chiarire, alla luce di siffatta interpretazione intermedia, e stante l’ Art. 118 CP, quando l’ aggravante, ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, sia o non sia estendibile ai correi, dal momento che, ope legis, le aggravanti personali di carattere soggettivo “ sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono “ ( ult. cpv. Art. 118 CP ). A parere di molti, soccorre, a tal proposito, l’ Art. 59 CP, ovverosia, ex comma 1 Art. 59 CP, se l’ associato per delinquere reca una posizione strutturale marginale, tale da non fargli preventivare la “ agevolazione “, in tal caso, siffatta ignoranza scusabile è valutata a favore dell’ agente, anche se l’ agevolazione non era da lui conosciuta o da lui per errore ritenuta inesistente ( comma 1 Art. 59 CP ). Viceversa, se il correo ha agito con dolo specifico e con piena avvertenza e consapevolezza, in tal caso la circostanza aggravante ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP è valutata a carico dell’ agente, poiché tale elemento è da lui conosciuto o ignorato per colpa o ritenuto inesistente per errore determinato da colpa ( comma 2 Art. 59 CP ). A parere di chi redige, l’ Art. 59 CP offre una soluzione idonea, ma, molto spesso, i Precedenti di legittimità dimenticano che il dolo diretto, nel contesto del comma 1 Art. 416 bis 1 CP, deve afferire, semplicemente ancorché altrettanto gravemente, alla conoscenza, da parte del concorrente, “ della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire, in modo diretto od indiretto, la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per la realizzazione di profitti o di vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti  a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali “ ( comma 3 Art. 416 bis CP ). Probabilmente, la Corte Suprema, nel corso del tempo, ha obliato che l’ aggravante contemplata nel comma 1 Art. 416 bis 1 CP è, in buona sostanza, intimamente e nomo-geneticamente connessa solo alla definizione autentica esplicata dal testé menzionato comma 3 Art. 416 bis CP. E’ giusto e, anzi giuridicamente e tecnicamente necessario, disquisire con afferenza alla soggettività od all’ oggettività dell’ aggravante ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP, purché non si perda di vista l’ origine criminologica di tale dato di normazione, che si riferisce, in definitiva, al vincolo associativo di stampo mafioso e non ad altre fattispecie minori e/o collaterali e/o simili.

Non sono mancate, purtroppo, analisi intellettualoidi che hanno indebitamente stravolto la coniugabilità esegetica dei nn. 1) e 2) comma 1 Art. 70 CP. P.e., a pg. 12 delle Motivazioni, Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545 afferma che “ alle oscillazioni giurisprudenziali sulla natura dell’ aggravante [ ex comma 1 Art. 416 bis 1 CP ] non ha fatto sponda l’ analisi dottrinale, che, proprio sulla base del dato testuale, ha sostenuto la sua natura soggettiva, limitandosi ad esigere che tale rappresentazione si accompagni ad elementi di fatto di natura oggettiva, proprio per evitare di punire più severamente un’ azione [ oggettiva, ndr ] la cui potenzialità lesiva si esaurisca nell’ elaborazione [ soggettiva e dolosa, ndr ] intenzionale, così giungendo a punire il pericolo del pericolo. Solitamente, si ritiene quindi che [ tale ] aggravante si configuri in maniera simile ai reati di pericolo, con dolo di danno “. Tuttavia, a parere di chi redige, non è completamente fuorviante sottolineare, anche alla luce del garantistico Art. 56 CP, che il comma 1 Art. 416 bis 1 CP sussiste, sotto il profilo ontologico, solamente nella misura in cui l’ elemento psicologico ex n. 2) comma 1 Art. 70 CP sia congiunto ad una pericolosità non astratta, nell’ ottica oggettivo-materiale del n. 1) comma 1 Art. 70 CP. All’ opposto, il comma 1 Art. 416 bis 1 CP sarebbe esteso anche ai delitti di mero sospetto ed agli atti preparatori non punibili, giacché l’ interpretazione oggettiva è, al contempo, garanzia certa che il fatto sussiste, pur se esso va senz’ altro accompagnato a motivazioni volontaristiche illecite. Siffatto parere di chi commenta è corroborato pure da Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, al quale osserva, pertinentemente, che “ la ricerca della concreta potenzialità offensiva, che deve caratterizzare ogni condotta illecita, ha suggerito un parallelo tra i reati a dolo specifico o intenzionale, ai quali si ascrive, per quanto detto, il reato aggravato ai sensi dell’ Art. 416 bis 1 CP, ed il reato tentato [ di cui all’ Art. 56 CP ], richiedendo, per la configurazione della fattispecie, non solo l’ intenzione, ma elementi concreti idonei a rendere possibile la realizzazione dell’ intento avuto di mira, quali l’ esistenza del gruppo criminale ed il possibile raccordo tra quanto programmato dall’ agente e l’ attività illecita che caratterizza il primo“. In concreto, basti pensare, come asserito, a titolo paradigmatico, da Cass., SS.UU., 19 dicembre 2019, n. 8545, al “ correo mero agevolatore che, essendo estraneo alla compagine, non è per nulla essenziale ai suoi scopi, ma occasionalmente ne può agevolare, almeno in parte, le attività, soprattutto quelle di natura marginale ed irrilevanti, verso l’ effettivo ritorno di utilità della condotta illecita in favore della compagine “. In tal caso, non ha senso predicare un’ eventuale precettività del comma 1 Art. 416 bis 1 CP, in tanto in quanto, nel Diritto Penale sostanziale, la configurabilità e la conseguente perseguibilità di un reato cessano allorquando non sussiste,in concreto, nessun danno o pericolo palese, nell’ ottica del n. 1) comma 1 Art. 70 CP. Nella Giuspenalistica, il criterio fattuale prevale sempre su quello formale; il che non vale altrettanto nel diverso ambito della Procedura Civile. Anche Cass., SS.UU., 24 aprile 2014, n. 38343 precisa che “ è necessario, affinché il reato non sia privo di offensività, che esso si fondi su elementi concreti, inerenti, in via principale, all’ esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche [ non certo bagatellari, ndr ] di cui all’ Art. 416 bis CP ed alla effettiva possibilità che l’ azione illecita si inscriva nelle possibili utilità [ … ] finalizzate al raggiungimento dello scopo di tale compagine “.

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