L’ abito “stile impero” ed il marchio “imperial”: connessioni e debolezze

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a cura della Dott.ssa Serena Biondi

Si premette un quadro normativo utile ai fini del presente scritto.

Marchio debole

La capacità distintiva di un marchio è disciplinata dall’articolo 13 del Codice della Proprietà Industriale.

Detta norma prevede che non possano essere registrati come marchi:

– i segni che non hanno il carattere distintivo in quanto consistenti in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi del commercio;

– i segni che consistono in denominazioni generiche di prodotti, di servizi o di indicazioni descrittive ad essi riferite.

Solo se acquistano detto carattere distintivo con l’uso, possono essere registrati.

Contraffazione

L’articolo 473 del codice penale disciplina il reato di contraffazione.

Per contraffazione si intende la violazione di un diritto di proprietà intellettuale realizzata tramite la riproduzione e la commercializzazione di un bene in violazione al suddetto diritto.

Concorrenza sleale

L’articolo 2598 del codice civile disciplina la concorrenza sleale la quale viene in essere in vari casi:

– quando si usano nomi o segni distintivi che determinano confusione con nomi o segni distintivi legittimamente utilizzati da terzi. Non solo, anche quando vengono imitati servilmente dei prodotti di un concorrente o quando viene compiuto qualsiasi altro atto idoneo a creare confusione con l’attività di un concorrente;

– quando si diffondono notizie o apprezzamenti sull’attività o sui prodotti di un concorrente idonei a creare il discredito di quest’ultimo o quando ci si appropria dei pregi dell’impresa concorrente o dei prodotti di questa;

– infine quando ci si vale di ogni altro mezzo, direttamente o no, non conforme ai principi della correttezza professionale e idonei a danneggiare aziende altrui.

Questi tre argomenti li ritroviamo nell’analisi del caso subito argomentato

Il marchio “imperial” versus i marchi “impero uomo”, “impero diamonds” e “miss impero”

La Imperial S.p.A. ha chiesto, al Tribunale di Napoli prima e alla Corte d’Appello di Napoli poi, di accertare non solo la contraffazione del proprio marchio “Imperial” (marchio che contraddistingue anche i prodotti delle classe 25: abbigliamento) ma anche la concorrenza sleale da parte della L.A. Alta Moda s.r.l., titolare dei seguenti marchi: “Impero Uomo”, “Impero Diamonds” e “Miss Impero”.

L’Imperial ha perso sia in primo che in secondo grado in quanto il termine “Imperial” è, secondo i Giudici, una parola di uso comune attinente al mondo della moda (in particolare si pensi all’abito “stile impero”) ed in quanto i marchi oggetto di causa sono diversi da un punto di vista visivo, grafico, fonetico e concettuale. Per questi motivi è stata esclusa la sussistenza della contraffazione e della concorrenza sleale.

La causa è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione Civile di fronte alla quale la Imperial S.p.A. ha lamentato l’errata considerazione, in sentenza, del marchio “Imperial” come debole ritenendolo aderente, concettualmente, con i prodotti della moda senza che parte convenuta avesse presentato alcuna prova a tal riguardo.

A dire di parte attrice nella sentenza vi sarebbe stato un ulteriore errore, vale a dire l’aver negato la sussistenza della confondibilità tra i segni in oggetto, nonostante la giurisprudenza maggioritaria sostiene che l’aggiunta di altre componenti di un marchio successivo non esclude la contraffazione del marchio precedente e che il confronto tra i marchi deve avvenire sulla base di un apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi più importanti.

Ebbene la Corte di Cassazione, con sentenza n. 730 del 15.01.2020, ha ritenuto che la questione relativa al riferimento del termine “Imperia” allo “Stile impero” costituisce un argomento di contorno e non la ratio decidendi della pronuncia quindi il motivo è stato ritenuto inammissibile.

Inoltre i Supremi Giudici hanno ritenuto di basarsi sull’orientamento consolidato secondo il quale non possono essere registrate come marchi parole o espressioni tratte dal linguaggio comune, descrittive del prodotto o del servizio ed invece possono essere registrate delle parole se non vi è attinenza con il prodotto o con l’attività (ai sensi dell’articolo 13 del c.p.i).

Dunque, secondo la Corte di Cassazione, i Giudici della Corte d’Appello hanno correttamente ritenuto la parola “impero” essere un marchio debole inidoneo a respingere come imitativi i marchi che utilizzano la stessa radice, dato che trattasi di una parola di uso comune, collegata concettualmente ai prodotti dell’abbigliamento.

Inoltre, è costante in giurisprudenza il principio secondo il quale l’inserimento in un marchio complesso dell’unico elemento nominativo che caratterizza un marchio registrato precedentemente, integra un’ipotesi di contraffazione anche se il nuovo marchio è costituito da altri elementi che lo differenziano dal precedente. Questo principio tuttavia non è riferibile all’ipotesi in cui, come nel caso de quo, detto inserimento comporti l’alterazione del significato in considerazione della debole capacità distintiva già argomentata.

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Dott. Lione Federico

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