Incoerenze logiche e sistematiche dell’art. 360 bis c.p.c. introdotto dall’art. 53 bis del disegno di legge C. 1441 bis

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La c.d. norma filtra-ricorsi in cassazione, contenuta nell’art. 53 bis del disegno di legge C.1441 bis di recente approvato dalla Camera dei Deputati pone, anche ad una rapida lettura, alcune questioni di compatibilità logica degli enunciati all’interno del testo stesso oltre che di compatibilità in via sistematica. La conseguenza pratica è l’aumento delle possibilità di ricorso in cassazione e non la diminuzione. Quindi un flusso di ricorsi più che un “filtro” ai medesimi. Vediamo in sintesi.
Il testo di recente approvato dispone che [si omettono le parti non rilevanti ai fini della presente sintesi]:
Art. 53-bis.
(Ulteriori modifiche al libro secondo del codice di procedura civile).
[1… Omissis in quanto soppresso in sede di approvazione alla camera]
2. Dopo l’articolo 360 del codice di procedura civile è inserito il seguente:
«Art. 360-bis. – (Ammissibilità del ricorso). – Il ricorso è dichiarato ammissibile:
a) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte;
b) quando il ricorso ha per oggetto una questione nuova o una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento ovvero quando esistono contrastanti orientamenti nella giurisprudenza della Corte;
c) quando appare fondata la censura relativa a violazione dei principi regolatori del giusto processo;
d) quando ricorrono i presupposti per una pronuncia ai sensi dell’articolo 363.
Non è dichiarato ammissibile il ricorso presentato ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5), avverso la sentenza di appello che ha confermato quella di primo grado.
[…]
 
* * *
1. Vizio logico della difformità col precedente.

A) La lettera a) del nuovo 360 bis prevede che il ricorso è ammissibile “quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte”.
B) Come noto, (A) il giudice di merito non ha alcun vincolo ad uniformarsi ai precedenti della Corte. [1] Quindi, il giudice è (tuttora) libero di decidere in maniera difforme.
C) Il vizio logico è evidente: dalla norma si evince che se (P) la sentenza è conforme al precedente allora (Q) il ricorso è inammissibile. La premessa maggiore di P e Q è sottintesa[2] e non può che essere: non sono ammesse decisioni difformi dal precedente. Invece, come abbiamo visto, (A) il giudice può discostarsi dai precedenti. Ed allora, P e Q sono enunciati che negano la premessa maggiore sottintesa (A): sono ammesse decisioni difformi dal precedente.
D) Può poi accadere:
a. che una sentenza sia corretta sulle questioni in diritto, stante il principio di libertà del giudice nella (valida) interpretazione delle norme, ma difforme dai precedenti della Corte. In tal caso il ricorso sarà ammissibile (perché difforme) ma infondato (perchè la sentenza è corretta). Ovvero, può accadere
b. che la sentenza sia conforme al precedente ma errata in quanto l’interpretazione è conforme al precedente ma non compatibile con la fattispecie. In tal caso il ricorso sarà inammissibile (poiché conforme al precedente) anche se fondato (poiché la sentenza è errata).
c. Il ragionamelo sub a) e b) non può essere invalidato asserendo che le sentenze difformi sono sempre errate. Ciò presupporrebbe la immutabilità dei precedenti della Corte. Invece, la lettera b) del nuovo 360 bis esclude la perennità degli orientamenti della Corte. A meno di non voler ammettere che la sentenza difforme “apre la porta” ai nuovi pronunciamenti ossia che il ricorso è ammissibile proprio perché vi è la difformità col precedente. Se così fosse non si spiegherebbe la lettera b) della norma sulla “questioni nuove”. Invero: (A) o il ricorso è ammissibile poiché la sentenza contraddice un orientamento oppure (B) lo è poiché pone una questione nuova: non è possibile però che (B) contenga (A) in quanto vi sarebbe identità tra questione nuova e precedente difforme laddove la questione è nuova proprio perché non ha precedenti.
Quindi, ancora una volta la norma contiene enunciati (se la sentenza è difforme il ricorso è ammissibile) che contraddicono la premessa (non esistono precedenti immutabili – art. 360 bis lett. b).
E) Poi: nessuna norma prevede la pubblicazione di “precedenti” della Corte.
F) Non è chiaro se per precedenti della Corte si intendano quelli delle sezioni semplici o solo quelli delle Sezioni unite.
G) Quindi la norma, rimettendo il giudizio di ammissibilità ad una fonte non normativamente rinvenibile (come “i precedenti” che sono altro dalle massime), fa sì che i ricorsi si moltiplicheranno a dismisura tanto poi ci penserà la Corte a dichiararli inammissibili per contrasto coi precedenti.
H) La conseguenza sul piano pratico di quanto sopra e che il sistema agevolerà, grazie al nuovo comma 2 dell’art. 360 bis (in realtà comma 1 a dopo la modifica della Camera), il “flusso” dei ricorsi più che il “filtro” (che dovrebbe stare a monte, in sede di giudizio di ammissibilità del ricorso, come prevedeva l’art. 366 bis).

2.Contraddizioni: ricorsi ammissibili ma inutili.

A) Il nuovo testo dell’art. 360 bis prevede che il ricorso è ammissibile “quando ricorrono i presupposti per una pronuncia ai sensi dell’articolo 363”.
B) L’art. 363 comma 3, prevede l’enunciazione del principio di diritto anche quando il ricorso è inammissibile.
C) La contraddizione è evidente: il ricorso non può essere ammissibile (ex 360 bis) quando la premessa della sua ammissibilità è proprio la pronuncia del principio di diritto su un ricorso inammissibile (ex art. 363 comma 4).
D) Infine: è logicamente impercepibile che il ricorso sia dichiarato ammissibile perché ricorrono i presupposti dell’art. 363 il quale prevede però (ultimo comma) che “la pronuncia non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito”. Avremo un ricorso ammissibile ma inutile.[3]

3.Incompatibilità sistematiche: censurabilità per vizio motivazionale dei provvedimenti ma non delle sentenze.

A) Nel capoverso dell’art. 360 bis nuovo testo, è previsto che “non è dichiarato ammissibile il ricorso presentato ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5), avverso la sentenza di appello che ha confermato quella di primo grado. Quindi la norma non ammette il ricorso per vizio motivazionale (art. 360 nr. 5 c.p.c.) se la sentenza di secondo grado è confermativa della prima. Supponiamo che la sentenza di primo grado sia stata impugnata in appello per questioni in fatto incidenti sulla motivazione della quale se ne deduce la erroneità. A tenore della nuova disposizione il ricorso sarebbe inammissibile.
B) L’art. 360 c.p.c., comma IV non intaccato dalla riforma, prevede che “Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge”, ossia al c.d. ricorso straordinario ex art. 111 cost. Come ha precisato attenta dottrina: «Obiettivo centrale dell’art. 360 ultimo comma c.p.c. è porre fine al consolidato orientamento, secondo cui il vizio di motivazione in sede di ricorso straordinario è censurabile solo quando si traduca in una mancanza della motivazione stessa…. Impedire il controllo del vizio logico della motivazione significa precludere al giudice di legittimità il sindacato indiretto sul fatto; è questo però un sindacato che si rivela indispensabile per soddisfare le aspettative delle parti, le quali puntano a conseguire attraverso il rimedio straordinario proprio il controllo sul giudizio di fatto di cui (data la definitività del provvedimento) sarebbero altrimenti private[4].
C) La conseguenza di A e B è che il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. di un provvedimento diverso dalla sentenza sarebbe ammissibile (B) per vizio di motivazione ex art. 360 nr. 5 c.p.c. e non sarebbe ammissibile (A) il ricorso “ordinario” avverso una sentenza viziata ex art. 360 nr. 5 c.p.c. poiché confermativa di quella di primo grado. Il nuovo 360 bis, in parte qua, è chiaramente incompatibile con una norma di rango superiore (l’art. 111 Cost.).

4. Correttivi: la riscrittura dell’art. 366 bis c.p.c.

A mio avviso, per semplificare, occorre eliminare dall’art. 360 bis il richiamo al precedente e, recuperato l’art. 366 bis c.p.c., specificare che il quesito di diritto (quello motivazionale è già completo in sé per come formulato nel testo ancora – per poco – in vigore dell’art. 366 bis c.p.c.)[5] deve contenere alcune indicazioni. Quindi, la norma potrebbe avere questa veste:
Art. 366 bis:
«Nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che deve contenere:
1. l’indicazione della questione nuova che si sottopone alla Corte ovvero
2. l’indicazione della regola di diritto che il giudice ha applicato e la diversa regola che si ritiene di applicare al caso di specie ovvero
3. l’indicazione dei principi del giusto processo che si assumono violati.
Nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione».
Il testo è in corso di esame presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato. Al di là delle legittime considerazioni di politica del diritto (vd. l’intervento del Ministro Alfano su Guida al Diritto, 41/08), il problema dell’incoerenza mi sembra che permanga a maggior ragione a seguito della soppressione della vera norma filtra-ricorsi, ossia l’art. 366 bis (il quesito di diritto), che lungi dall’essere una pedanteria formalistica è la vera novità del sistema.
 
Avv. Giuseppe Agozzino
Responsabile della formazione forense del COA di Nicosia
 


[1]C. Mandrioli, Diritto processuale civile, Giappichelli 2007, vol. I, 99 e nota 33.
[2] Esempio: “se guidi con la cravatta prenderai la multa”: si sottintende che è vietato guidare con la cravatta.
[3]Come peraltro già avvertito dalla dottrina sul testo in vigore: vd. per una rassegna C. Consolo – F. P. Luiso, Codice di procedura civile commentato, IPSOA 2007, 2902.
[4]R. Triscini,  Gli effetti della riforma del giudizio di cassazione sul ricorso straordinario ex art. 111 comma 7 cost. in www.Judicium.it 
[5]Per vero la Corte, dalla riforma del 2006, ha già compiuto un lavoro di opportuna formalizzazione dei due quesiti proprio a causa della lacuna nell’attuale versione dell’art. 366 bis c.p.c.

Avvocato Agozzino Giuseppe

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