In tema di natura e presupposti della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite

Redazione 18/01/19
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di Mattia Polizzi*

* Dottorando di ricerca presso l’Università degli Studi dell’Insubria

Sommario

1 – Introduzione

2 – La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite: generalità

3 – L’incerta natura del provvedimento ex art. 696 bis c.p.c.

4 – Il presupposto della “conciliabilità tra le parti”.

Non sembra peregrino affermare che, negli ultimi anni, il ruolo dei cc.dd. alternative dispute resolution methods nel sistema processuale civile italiano sia p>exart. 696 bis c.p.c. in caso di controversia avente ad oggetto la responsabilità medica, come condizione di procedibilità della domanda (così l’art. 8 l. 8 marzo 2017, n. 24, c.d. legge Gelli-Bianco). Ancora, si pensi allo strumento della negoziazione assistita di cui al d.l. 12 settembre 2014, n. 132 conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162 che costituisce anch’esso, a norma dell’art. 3 d.l. 132/2014, condizione di procedibilità della stragrande maggioranza delle cause civili. Viene in rilievo altresì il disposto di cui all’art. 445 bis c.p.c. (inserito nel corpus codicistico dall’art. 38, comma 1, n. 1, lett. b), d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in l. 15 luglio 2011, n. 111) in forza del quale nelle controversie in materia di invalidità civile ai fini previdenziali ed assistenziali è necessario proporre anteriormente alla causa (e a pena di improcedibilità) il ricorso di cui all’art. 696 bis c.p.c. Del pari, si può pensare al novellato art. 128 c.p.i. che ha introdotto la possibilità di esperire, sotto condizione di compatibilità, la consulenza preventiva di cui all’art. 696 bis c.p.c. anche nell’ambito del processo cautelare in tema di proprietà industriale. Ancor prima, ma sempre nel corso degli ultimi anni, si ricordi l’introduzione, ancora una volta assunta a condizione di procedibilità della domanda, della mediazione di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.

Il maggior utilizzo di strumenti di composizione bonaria delle cause, in ogni settore del processo civile, può essere visto come un interessante tentativo di dare risposte ad una società caratterizzata da uno dei più alti tassi di litigiosità. In primo luogo l’effetto benefico di tali strumenti, caratterizzati dalla presenza di consulenti tecnici esperti dei singoli settori, si riverbera sul tema della sempre più pregnante parcellizzazione dei singoli rami del sapere, in particolare se sol si consideri l’adagio secondo cui il giudice è – o dovrebbe essere – peritus peritorum. Non può trascurarsi, inoltre, l’effetto deflattivo di tali strumenti, astrattamente (ma non solo) idonei a produrre un effetto benefico per il tramite della possibilità di giungere ad una conciliazione bonaria della controversia.

Nel 2005, il novero di questi strumenti viene implementato con l’introduzione di un nuovo istituto, pressoché ignoto al previgente sistema processual-civilistico italiano1: il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80 introduce nel Codice di rito il nuovo art. 3 d.l. 132/2014, condizione di procedibilità della stragrande maggioranza delle cause civili. Viene in rilievo altresì il disposto di cui all’art. 696 bis, rubricato “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite2.

La disposizione in parola è stata inserita nella Sezione IV del Capo III, Titolo I, Libro IV del Codice di rito. Nonostante la sedes materiae – la Sezione dedicata ai procedimenti di istruzione preventiva del Capo dedicato ai procedimenti cautelari – giurisprudenza e dottrina sono divise sulla natura stessa del provvedimento in questione. Onde poter meglio individuare le ragioni di tale querelle sembra opportuno ricordare (pure se in maniera necessariamente sintetica) i principali tratti distintivi del procedimento in parola

L’art. 696 bis c.p.c. consente all’interessato di richiedere che venga disposta una consulenza tecnica preventiva “ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito“.

La novità più significativa dell’istituto risiede nel fatto che il consulente nominato dal giudice tenta, prima del deposito delle relazione tecnica, la conciliazione delle parti.

I presupposti della consulenza de qua vengono individuati dal legislatore a contrario, come è possibile comprendere dall’inciso iniziale dell’art. 696 bis c.p.c., in forza del quale la consulenza tecnica preventiva può essere richiesta “anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696“. Come noto la disposizione testé citata si riferisce ai classici presupposti cautelari del periculum in mora e del fumus boni iuris, peraltro declinati nello specifico senso che assumono con riferimento ai procedimenti di istruzione preventiva ex art. 696 c.p.c.: e così il pericolo da ritardo dovrà qui essere inteso come impossibilità (ovvero come maggiore difficoltà) di assumere del mezzo di prova nel corso del giudizio ordinario; il fumus boni iuris dovrà essere identificato nella valutazione di ammissibilità e rilevanza del mezzo istruttorio, da assumere pro futuro. Nel caso di consulenza a fini conciliativi ex art. 696 bis c.p.c., come anticipato, l’urgenza propria della tutela cautelare potrà sì sussistere, ma qualora così non sia il provvedimento non potrà per ciò solo essere negato.

L’iter procedimentale è invece analogo a quello previsto per l’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 c.p.c., considerato il richiamo operato dal primo allinea dell’art. 696 bis c.p.c. E così, più nello specifico, l’istanza potrà essere proposta sia prima della instaurazione della causa sia in pendenza della medesima, alla luce di quanto previsto dall’art. 699 c.p.c.

Qualora l’istanza venga rigettata, sarà comunque necessaria una pronuncia sulle spese, come disposto dall’art. 669 septies c.p.c., richiamato dall’art. 669 quaterdecies c.p.c. che a sua volta esclude l’applicabilità del c.d. processo cautelare uniforme ai provvedimenti di istruzione preventiva. Una questione ancora aperta è costituita dalla possibilità o meno di proporre reclamo avverso il provvedimento di rigetto, a fortiori in seguito alla sent. 144/2008 con la quale la Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 669 quaterdecies e 695 c.p.c. nella parte in cui non consentivano la reclamabilità del provvedimento di rigetto della istanza di istruzione preventiva a norma degli artt. 692 e 696 c.p.c.3.

Qualora ammessa, la consulenza tecnica preventiva potrà avere come esito la conciliazione delle parti dinanzi al consulente ovvero, in caso di mancata conciliazione, la redazione della relazione tecnica vera e propria.

Nella prima ipotesi, ossia nel in cui sia avvenuta la conciliazione il processo verbale di conciliazione sarà sottoposto al giudice, il quale vi attribuirà con decreto efficacia di titolo esecutivo, ai fini delle esecuzione forzata e della iscrizione di ipoteca giudiziale. In caso contrario, ossia quello di mancata conciliazione, il consulente redigerà la propria relazione, la quale potrà essere acquista nel successivo giudizio di merito.

1 Ma non, ad esempio, al sistema processuale tedesco, ove un istituto analogo esiste sin dal 1990.

2 Per una prima bibliografia sul tema si v., oltre ai contributi evidenziati più avanti, Cossignani F., La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in Carratta A. (dir. da), I procedimenti cautelari, Zanichelli, 2012, pp. 724 ss; Ghirga M.F., Le nuove norme sul procedimento cautelare, in Riv. dir. proc., 2005, III, pp. 781 ss; Luiso F.P., Diritto processuale civile, IV, Giuffrè, 2013, pp. 269 ss.; Mandrioli C., Carratta A., Diritto processuale civile, IV, Giappichelli, 2014, pp. 347 ss.; Magi F., Carletti F., I provvedimenti di istruzione preventiva, in Tarzia G., Saletti A (a cura di), Il processo cautelare, CEDAM, 2015, pp. 178 ss.; Saletti A., Il nuovo regime delle misure cautelari e possessorie, a cura di Tarzia G., CEDAM, 2006, p. 51; Tedoldi A., La consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. , in Riv. dir. proc., 2010, IV, pp. 808 ss.

3 Corte cost. 16 maggio 2008, n. 144, in Giust. civ., 2009, XI, pp. 2357 ss., con nota di Granata R., Limitazione alla reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c. al solo provvedimento di rigetto della domanda di istruzione preventiva.

Così tratteggiati, seppure in via necessariamente sintetica, i punti più rilevanti della disciplina della consulenza preventiva a fini conciliativi, può darsi atto del dibattito in merito alla natura effettivamente cautelare o meno dell’istituto in parola.

Al riguardo giurisprudenza e dottrina si trovano su posizioni differenti.

La prima è piuttosto ferma nel ritenere che nonostante le peculiarità evidenziate, il provvedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. resta da ascriversi nel novero dei provvedimenti con natura cautelare: gli ermellini valorizzano in tal senso sia la sedes materiae dell’istituto sia il suo “carattere provvisorio e strumentale4. La dottrina assolutamente maggioritaria è invece di opposta contraria5 e ritiene che la consulenza a fini conciliativi esuli dal campo dei procedimenti cautelari, presentando invece una funzione spiccatamente deflattiva.

Diverse le argomentazioni addotte per giungere a tale conclusione. In primo luogo, possono essere ricordate l’efficacia di titolo esecutivo del verbale di conciliazione e la sua validità per iscrivere ipoteca giudiziale: dette qualità, unitamente alla esenzione dall’imposta di registro, possono essere viste quali incentivi per la conclusione bonaria della vertenza.

In seconda istanza, milita in tale senso l’incipit dell’art. 696 bis c.p.c., il quale come visto consente l’instaurazione del procedimento “anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696” e, pertanto, al di fuori dei consueti presupposti cautelari del fumus e del periculum.

Ancora, un indice della natura non cautelare dell’istituto è rappresentato dall’esclusione (salve le limitate eccezioni sopra richiamate) dell’applicabilità degli artt. 669 bis ss. c.p.c. in tema di processo cautelare uniforme, considerata la non menzione della Sezione IV nell’art. 669 quaterdecies c.p.c. Infine, ad ulteriore conforto della propria tesi, la dottrina maggioritaria ricorda come con la stessa relazione ministeriale alla riforma, il legislatore del 2005 aveva modo di osservare che “la prima finalità dell’art. 696 bis c.p.c. consiste nell’apprestare uno strumento attraverso il quale le parti possano, pur sempre nell’ambito della giurisdizione e con le garanzie di terzietà proprie di un consulente nominato dal giudice, usufruire di una modalità per la determinazione delle eventuali conseguenze lesive connesse ad inadempimenti nell’esecuzione di prestazioni obbligatorie […], o a fatti dannosi di natura extracontrattuale […] oltreché ad una pluralità di vicende all’origina di svariate tipologie di controversie […]. L’accertamento tecnico preventivo, nella configurazione di cui alla norma in esame può di per sé rappresentare una modalità di definizione della controversia in tutte quelle ipotesi in cui le contestazioni tra le parti vertano essenzialmente sul quantum dell’obbligazione6.

4 Così Cass. Civ., Sez. Un., 20 giugno 2007, n. 14301, in Giur. it., 2007, XI, pp. 2525 ss., con nota di Masoni R.; più di recente, si v. Cass. Civ., Sez. VI, 26 giugno 2014, n. 14505, in Giust. civ. Mass., 2014; Cass. Civ., Sez. VI, 7 marzo 2013, n. 5698, ibidem, 2013. Della stessa opinione, in dottrina, Besso C., art. 696 bis c.p.c., in Chiarloni S. (dir. da), Le recenti riforme del processo civile, II, Zanichelli, 2007, pp. 1328 ss.

5 Così Cossignani F., op. cit., pp. 724 ss.; Ghirga M.F., op. cit., pp. 781 ss.; Luiso F.P, op. cit., p. 270; Magi F., Carletti F., op. cit., pp. 178 ss.; Mandrioli C., Carratta A., op. cit., p. 350 sub nota 14; Montanari M., Brevi p>, in Giusto proc. civ., 2012, pp. 701 ss.; Saletti A., op. cit., p. 56; Tedoldi A., op. cit., pp. 808 ss. Per una opinione differente sul tema cfr. Bonatti R., Un moderno dott. Jekyll: la consulenza tecnica conciliativa, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2007, I, pp. 247 ss.

6 Così l’art. 53 del progetto “Modifiche al Codice di procedura civile“, testo unificato del 24 luglio 2002, p. 20.

Come detto, l’innovazione maggiormente pregnante introdotta dall’art. 696 bis c.p.c. è costituita dal tentativo di conciliazione che deve essere incardinato dal consulente.

Al riguardo deve darsi atto della emersione in anni recenti di un orientamento giurisprudenziale sostenitrice di un’applicazione piuttosto restrittiva dell’istituto di cui all’art. 696 bis c.p.c.. Tale opinione si base sull’assunto per cui il “presupposto per l’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 bis è che la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione può costituire oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale, secondo le preventivamente dichiarate intenzioni delle parti, appare assai probabile che esse si concilieranno, non residuando – con valutazione da compiersi ex ante – altre questioni controverse7.

Una tale interpretazione, tuttavia, presta il fianco a due obiezioni. In primo luogo, nessuna limitazione in tal senso risulta dal tenore letterale dell’art. 696 bis c.p.c., il quale – anzi – dispone che il giudice “provvede” sulla istanza, senza altro aggiungere. In secondo luogo, accogliere l’opinione di cui sopra significa in sostanza introdurre una sorta di condizione di ammissibilità del procedimento, che potremmo denominare di “conciliabilità tra le parti”. Ciò avrebbe come corollario quello di far dipendere la possibilità di accogliere la richiesta del provvedimento ex art. 696 bis c.p.c. da un mero atteggiamento difensivo (o ostruzionistico) della parte resistente, capace con le proprie contestazioni (fondate o meno) di paralizzare l’azione.

Anche alla luce di queste considerazioni, si va affermando in giurisprudenza un diverso orientamento. Questa opinione risulta più cauta e sottolinea non solo la funzione conciliativa dell’istituto, ma anche quella funzione probatoria, orientamento che amplia le maglie dei presupposti di accoglimento della istanza di consulenza tecnica preventiva8. In tale ottica l’istituto in parola appare avere un duplice possibile epilogo: da un lato, la conciliazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di benefici effetti per le parti e per il sistema; dall’altro, in considerazione della circostanza per cui una conciliazione non può e non deve – per definizione – essere imposta, il procedimento (ed il conseguente provvedimento) continua a mantenere la propria utilità, costituita dalla relazione peritale. Questa, analogamente a quanto previsto dall’art. 696 c.p.c., assumerà rilievo in un futuro giudizio di merito, sicché l’attività procedimentale svolta in precedenza non sarà stata inutilmente esperita.

7 Trib. Milano, 23 gennaio 2007, in DeJure, 2007. Per altre pronunce in tal senso si v. Trib. Roma, ord. 26 marzo 2015, in Resp. civ. e prev., 2015, IV, pp. 1298 ss.; Trib. Pavia, 14 luglio 2008, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, pp. 45 ss.; Trib. Milano, 17 aprile 2007, in Giur. it., 2007, pp. 2268 ss., con nota di Conte R. In dottrina, tra gli Autori concordi con tale orientamento, si v. Crocini L., La consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. , in www.altalex.com, 17 maggio 2006; Nardo G.N., La nuova funzione conciliativa dell’accertamento tecnico preventivo alla luce della recente legge n. 80/2005 , in www.judicium.it, 2005; Plenteda R., La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in www.altalex.com, 18 luglio 2006; Visalli G., La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite quale provvedimento anticipatorio ai sensi dell’art. 669 octies 8° comma c.p.c. , in www.judicium.it.

8 Cfr., a titolo di esempio, Trib. Como, ord. 11 febbraio 2015, in www.eclegal.it, 2 novembre 2015, con nota di Ferrari F., Consulenza tecnica preventiva e conciliabilità della lite; Trib. Lecce, 15 ottobre 2014, in www.ilcaso.it, 11438, 23 ottobre 2014; Trib. Palmi, 25 gennaio 2011, in DeJure, 2011; Trib. Reggio Emilia, 20 dicembre 2010, in Corr. merito, 2011, pp. 368 ss., con nota di Bencini R., La consulenza tecnica preventiva nelle controversie fra risparmiatore e banca; Trib. Busto Arsizio, 25 maggio 2010, in Resp. civ. e prev., 2010, XI, pp. 2322 ss., secondo cui “se si dovesse chiudere il procedimento in questione con una declaratoria di inammissibilità ad ogni obiezione di parte convenuta sulla propria responsabilità o sulla misura della stessa, l’ambito di applicazione del nuovo istituto si ridurrebbe p>”; Trib. Mantova, 26 marzo 2010, in www.ilcaso.it, 2431, 2 novembre 2010; Trib. Catania, 8 febbraio 2010, in Dir. & Giustizia online, 2010; Trib. Torino, 31 marzo 2008, in Giur. merito, 2008, XI, pp. 2883 ss. In dottrina, cfr. Magi F., Carletti F., pp. 184 ss.; Saletti A., Il nuovo regime delle misure cautelari e possessorie, a cura di Tarzia G., CEDAM, 2006, p. 51

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