Imposta di registro: lo «share deal» può essere riqualificabile come cessione di azienda

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Anche se la recente disciplina dell’abuso del diritto dettata dall’art. 10 bis dello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000) dovrebbe escludere la riqualificazione, come unico negozio, di una pluralità di atti collegati in carenza di abuso del diritto, la Cassazione la ritiene possibile.
Decisione: Sentenza n. 8542/2016 Cassazione Civile – Sezione V
Classificazione: Amministrativo, Civile, Commerciale, Penale, Societario, Tributario
Parole chiave: #accertamento, #cessionequote, #conferimento, #ramodiazienda, #sharedeal, #fulviograziotto, #scudolegale
Il caso.
Una società conferiva un ramo d’azienda in una nuova società appositamente costituita (cd. newco), e poi cedeva le quote ad altro ente.
L’Ufficio notificava un avviso di liquidazione alla società conferente e all’istituzione acquirente delle quote della newco, sul presupposto che le due operazioni realizzavano, in realtà, un’unica operazione di cessione del ramo d’azienda.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva i ricorsi dei contribuenti, e in appello la Commissione Tributaria Regionale confermava la sentenza di primo grado, affermando la nullità degli avvisi di liquidazione nei confronti dell’ente cessionario delle quote sociali e del suo legale rappresentante, in quanto privi di legittimazione passiva, e la nullità nei confronti della società conferente per violazione dell’art. 7, legge n. 212/2000.
L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi, e la Suprema Corte ne accoglie uno, ma conferma la nullità dell’avviso di liquidazione emesso prima del decorso di 60 gg. stabilito dall’art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000, quando non ricorrono specifiche ragioni d’urgenza.
La decisione.
Il Collegio ritiene fondata la prima censura dell’Ufficio, riguardante la violazione degli artt. 20 e 567 del D.P.R. n. 131/1986 disciplinante l’imposta di registro, cioè la legittimazione passiva dell’ente cessionario delle quote della newco: ««L’Agenzia delle Entrate ha infatti posto a fondamento dei distinti avvisi di liquidazione oggetto della presente controversia la ricostruzione come un’unica operazione, avente ad oggetto la cessione di un ramo d’azienda, dei due negozi con i quali la Pharmacia Italia ha dapprima conferito in una newco, la Nerviano Medical Service, un ramo d’azienda e successivamente ceduto le relative quote di partecipazione alla Curia Generalizia.
Da ciò, ai sensi dell’art. 20 Dpr 131/1986, in forza del quale “l’imposta e’ applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”, l’eventuale sussistenza della titolarità passiva dell’obbligazione tributaria in capo ai soggetti che, nella prospettazione dell’Agenzia, erano le parti sostanziali del negozio di cessione effettivamente realizzato»».
La Suprema Corte ha ritenuto priva di legittimazione passiva la newco, in quanto le relative quote di partecipazione risultano appunto l’oggetto (immediato) del negozio di cessione tra le parti che sono i soggetti passivi dell’imposta.
E poi richiama una recente decisione nella quale veniva affermata la possibilità di riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società: «Avuto riguardo, in particolare, ad una fattispecie, quale quella in esame, di cessione di azienda, questa Corte ha precisato che l’art. 20 Dpr 131/1986 attribuisce preminente rilievo all’intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell’atto, rispetto al suo titolo ed alla sua forma apparente, sicchè l’Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società, senza essere tenuta a provare l’intento elusivo delle parti, attesa l’identità della funzione economica dei due contratti, consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell’azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo o individuo (Cass. 24594/2015).»
Il Collegio ritiene, invece, infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale veniva censurata la decisione del giudice di appello, che aveva affermato la nullità dell’avviso di liquidazione emesso prima del termine di 60 giorni stabilito dall’art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000, quando non ricorrono specifiche ragioni d’urgenza, e richiama le Sezioni Unite: «Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, I’ art. 12 comma 7 dev’essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di 60 gg. per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus (Cass.Ss.Uu.18184/2013 principio ribadito, ancora di recente, da Ss.Uu. 24823/2015).».
La Suprema Corte accoglie quindi il primo motivo, e respinge il secondo motivo nei confronti della società conferente il ramo d’azienda per l’avviso di liquidazione emesso senza il rispetto del termine dei 60 gg., durante il quale il contribuente può formulare le sue osservazioni di cui l’Ufficio deve tener conto ai fini dell’accertamento.
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Osservazioni.
Nel caso deciso, la Cassazione ha fornito una  lettura dell’art. 20 del TUR (Testo Unico imposta di registro) che considera la causa reale dei negozi giuridici anzichè la sua funzione anti-elusiva.
In presenza di sequenze di atti giuridici, ai fini dell’imposta di registro l’Ufficio può riqualificare gli atti senza essere tenuto a provare l’intento elusivo delle parti quando è ravvisabile una sostanziale identità di funzione dei due contratti separati.
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Disposizioni rilevanti.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 aprile 1986, n. 131
Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro
Vigente al: 28-11-2016
Art. 20. Interpretazione degli atti
1. L’imposta e’ applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.
Art. 57. Soggetti obbligati al pagamento
1. Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli articoli 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli articoli 633, 796, 800 e 825 del codice di procedura civile.
 1-bis. Gli agenti immobiliari di cui all’articolo 10, comma 1, lettera d-bis), sono solidalmente tenuti al pagamento dell’imposta per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attivita’ per la conclusione degli affari.
 1-ter. L’utilizzatore dell’immobile concesso in locazione finanziaria è solidalmente obbligato al pagamento del tributo per l’immobile, anche da costruire o in corso di costruzione, acquisito dal locatore per la conclusione del contratto.
 2. La responsabilita` dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive.
 3. Le parti interessate al verificarsi della condizione sospensiva apposta ad un atto sono solidalmente obbligate al pagamento dell’imposta dovuta quando si verifica la condizione o l’atto produce i suoi effetti prima dell’avverarsi di essa.
 4. L’imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa.
 5. Per gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e per quelli presentati volontariamente alla registrazione, obbligato al pagamento dell’imposta e` esclusivamente chi ha richiesto la registrazione.
 6. Se un atto, alla cui formazione hanno partecipato piu` parti, contiene piu` disposizioni non necessariamente connesse e non derivanti per la loro intrinseca natura le une dalle altre, l’obbligo di ciascuna delle parti al pagamento delle imposte complementari e suppletive è limitato a quelle dovute per le convenzioni alle quali essa ha partecipato.
 7. Nei contratti in cui e` parte lo Stato, obbligata al pagamento dell’imposta è unicamente l’altra parte contraente, anche in deroga all’art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sempreche` non si tratti di imposta dovuta per atti presentati volontariamente per la registrazione delle amministrazioni dello Stato. 8. Negli atti di espropriazione per pubblica utilita` o di trasferimento coattivo della proprieta` o di diritti reali di godimento l’imposta e` dovuta solo dall’ente espropriante e dall’acquirente senza diritto di rivalsa, anche in deroga all’art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392; l’imposta non e` dovuta se espropriante o acquirente è lo Stato.
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LEGGE 27 luglio 2000, n. 212
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
Vigente al: 28-11-2016  
Art. 10-bis – Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale
 1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
 2. Ai fini del comma 1 si considerano:
 a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
 b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.
 3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.
 4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
 5. Il contribuente può proporre interpello ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.
 6. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.
 7. La richiesta di chiarimenti è notificata dall’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.
 8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6.
 9. L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.
 10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni, e dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
 11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall’amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all’Agenzia delle entrate, che provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.
 12. In sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.
 13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Art. 12 – Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali
 1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.
 2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
 3. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.
 4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.
 5. La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.
 6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 13.
 7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.

Sentenza collegata

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Graziotto Fulvio

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