Il fenomeno del Catcalling

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Il c.d. “Catcalling” è un fenomeno da sempre esistito. Il nome è formato da due parole di derivazione inglese “Cat” (gatto) e “calling” (chiamare), l’accademia della Crusca afferma che la parola trae origine dal 1956.

La fattispecie si concretizza in una molestia verbale rivolta prevalentemente alle donne mentre camminano per strada e si caratterizza in un fischio violento, paragonandolo, per l’appunto, ad un verso rivolto a un gatto. Molto spesso, il “richiamo” è strettamente connesso all’indumento che la donna indossa in tale circostanza.

La problematica del suddetto fenomeno sta nel fatto che, tale verso, cagiona un grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria.

Le conseguenze del fenomeno comportano una privazione della libertà individuale della donna, la quale intimorita, perde lo stato di tranquillità e la possibilità di circolare in serenità.

1. Differenza tra catcalling e art. 660 c.p.

Attualmente, il codice penale non prevede una disciplina ad hoc per la fattispecie innanzi descritta.

Non può essere ricondotta alla disciplina di cui all’art. 660 c.p. “Molestia o disturbo alla persona” la quale prevede che “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.”

Quali sono, dunque, gli elementi che le differenziano:

– Nel catcalling, la condotta posta in essere si intende isolata e istantanea;

– Nella molestia, la fattispecie si perfeziona allorquando taluno molesti o rechi disturbo ad un soggetto in un luogo pubblico o aperto al pubblico tramite petulanza o altro biasimevole motivo. Quindi, va ben oltre un complimento o una mera proposta di instaurazione di una relazione, che invece si concretizza nel caso di catcalling.

Dal punto di vista oggettivo – circa la tutela:

– nella fattispecie della molestia, si tende a tutelare l’ordine pubblico; ancora, nell’interpretazione fornita dalla Suprema Corte: “non è sufficiente che essa sia di per sé molesta o arrechi disturbo, ma è altresì necessario che sia accompagnata da petulanza o altro biasimevole motivo; condizione, questa, attinente all’elemento oggettivo del reato, più che al dolo specifico”.

 

– nella fattispecie del catcalling, si dovrebbe andare a tutelare la serenità psico-fisica dell’agente, nonché la libertà di circolazione, poiché si ingenererebbe uno stato di ansia tale da modificare il suo modus vivendi o agendi.

Dal punto di vista soggettivo – circa la volontà del reo nell’azione od omissione del reato:

– nella molestia, è necessaria la ricorrenza del dolo specifico, da rinvenirsi nella coscienza e volontà di porre in essere condotte idonee a cagionare molestia.

L’ambito, quindi, di applicazione della fattispecie di cui all’art. 660 c.p. è l’atto di molestia, che deve avvenire in un luogo pubblico o aperto al pubblico o per mezzo di telefono:

– in cui per luogo pubblico si intende qualunque zona accessibile a chiunque senza irragionevoli restrizioni;

– per aperto al pubblico è la stessa Cassazione ad intenderlo come “il luogo in cui ciascuno può accedere in determinati momenti ovvero il luogo al quale può accedere una categoria di persone che abbia determinati requisiti”

[[2]];

– per quanto attiene all’uso del telefono, si intendono vari mezzi che ad oggi è necessario rinvenire con l’evoluzione tecnologica, per cui si intende l’uso di facebook, mail, sms, posta elettronica certificata (P.e.c.), le chiamate. Squilli telefonici e “sms”, ripetuti nel tempo e non graditi al destinatario, costituiscono una forma di arbitraria introduzione nella sfera di libertà individuale della vittima e un non indifferente turbamento della sua serenità e della sua vita quotidiana tanto da integrare il reato di molestia.[[3]].

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Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione).   Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.

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2. Il bene tutelato nella fattispecie di catcalling.

Data l’assenza della disciplina, all’uopo sarebbe necessario ipotizzare quali potrebbero essere i dettami da sviluppare. Ebbene, nell’ambito del bene giuridico da tutelare, si potrebbe individuare la libertà individuale di circolazione della donna.

Quindi, il legislatore, nell’ipotizzare la formulazione della disciplina, dovrebbe prevedere una tutela nei confronti della quiete della donna nel circolare senza che, tramite fattori esterni, questa possa essere turbata provocandone uno stato alternato di ansia e paura.

3. Soggetti attivi e passivi

Il legislatore, altresì, nella formulazione della fattispecie dovrà prevedere quelli che sono i soggetti attivi e passivi e indentificare, al contempo, la tipologia di reato.

Rispetto a tale descrizione, presumibilmente si tratterebbe di un reato proprio, quindi sul piano del soggetto agente può essere commesso dagli uomini nei confronti delle donne. Ma questa è solo un’ipotesi, in considerazione delle smisurate circostanze avvenute nel passato in cui è sempre stato l’uomo, tramite schiamazzi, a ingenerare uno stato di ansia nella donna, poiché a ella rivolti.

Per quanto attiene al soggetto passivo risulta necessario che il catcalling sia indirizzano nei confronti di una determinata persona e non al pubblico in genere o parte di esso.

Altro elemento fondamentale per il perfezionamento del reato è che la persona offesa sia fisicamente presente nel momento in cui avviene il fatto. Quindi, differisce totalmente con il 660 c.p. in quanto tra l’agente e la persona offesa non è necessario che vi sia un contatto fisico, la condotta può avvenire anche a distanza (come, ad esempio, nell’ipotesi del reato commesso con l’uso del telefono) e il reato può sussistere altresì se l’agente arreca molestia o disturbo a persona diversa da quella presa di mira[[4]], salvo che nel caso di specificità della persona effettivamente presa di mira dall’agente.

4. Elemento oggettivo

Nel voler delineare la fattispecie, il legislatore dovrà individuare l’elemento oggettivo della stessa.

Volendo ipotizzare potrebbe essere: la condotta posta in essere dall’uomo concretizzata in un fischio e/o schiamazzo, alle volte caratterizzato da apprezzamenti, nei confronti di una donna mentre circola in luoghi pubblici o aperti al pubblico, tale da ingenerare, nei confronti della stessa, disturbo nella propria sfera privata.

Importante sottolineare che, il disturbo da catcalling deve essere misurato e valutato con riferimento alla psicologia normale media. Dovranno, quindi, essere considerati esenti da tale circostanza i casi di soggetti particolarmente sensibili e deboli.

5. Elemento soggettivo

Per quanto attiene all’elemento soggettivo, è possibile rinsavire un dolo specifico da parte dell’agente del reato. Si intende perfezionato il reato nel momento in cui l’agente attira l’attenzione del soggetto offeso, per cui si configura una piena coscienza e volontà della condotta associata ad una consapevolezza dell’oggettiva idoneità a disturbare, tramite fischi, schiamazzi o commenti, il soggetto che lo subisce.

6. La procedibilità

Per quanto concerne la procedibilità, il legislatore dovrebbe individuare gli anni di arresto e quantificare l’ammenda, nel caso in cui si configuri il reato ed individuare la possibilità che possa essere procedibile d’ufficio.

Risulta del tutto evidente, che si debba agire qui e ora, affinché vengano puniti tutti coloro che configurano tale tipologia, ad oggi astratta, di reato e che non si riduca in un solo racconto vissuto da tantissime donne da troppo tempo!

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[[1]]  (Cass. Pen., Sez. I, sentenza del 25/10/1994, n. 12230).

[[2]] (Cass. Pen., Sez. I, sentenza del 16/06/2009, n. 28853).

[[3]] (Cass. pen., 27 agosto 2019, n. 45315).

[[4]] (cfr., Cass. 27.4.1994; Cass. 17.2.1965).

Veronica Ciardo

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