Il danno da mancata aggiudicazione

Redazione 08/02/19
Scarica PDF Stampa
Con riferimento al danno da mancata aggiudicazione, la giurisprudenza ha recentemente fornito chiarimenti in ordine al riparto dell’onere della prova, alle voci di danno e ai soggetti passivi nell’azione ex art. 112, comma 3, c.p.a.

Onere della prova e voci del danno da mancata aggiudicazione

L’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 2 del 2017, ha chiarito che è il danneggiato a dover fornire la prova dell’an e del quantum del danno da mancata aggiudicazione sofferto (anche per presunzioni). Il principio dispositivo ex art. 2697 c.c. è pienamente operativo e non risulta invece applicabile l’eccezionale metodo acquisitivo previsto dall’art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.

Infatti, il metodo acquisitivo previsto dall’art. 64, commi 1 e 3, c.p.a. si giustifica solo in presenza di un effettivo squilibrio delle posizioni processuali delle parti dovuto ad una asimmetria informativa tra il privato e la P.A., giacché quest’ultima dispone di un accesso facilitato ai provvedimenti oggetto della controversia (e alla documentazione ad essa collegata). In tal caso, eccezionalmente, l’art. 64, commi 1 e 3, c.p.a consente al privato di fornire solo un principio di prova a sostegno delle proprie pretese.

Tale situazione evidentemente non ricorre nel caso si tratti di provare il danno da mancata aggiudicazione, che si rinviene nella sfera giuridica del privato. Quest’ultimo è dunque onerato pienamente di darne dimostrazione sulla scorta del principio di vicinanza alla prova.

È poi stato precisato che non è ammesso il ricorso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., se non in presenza di impossibilità o estrema difficoltà di prova del danno da mancata aggiudicazione.

Quanto alle voci del danno da mancata aggiudicazione, esso è composto senz’altro dal danno emergente e il lucro cessante.

Con particolare riferimento al lucro cessante, esso è dato dall’interesse c.d. positivo, cioè l’interesse all’esecuzione del contratto cui l’aggiudicazione era strumentale.

Nel lucro cessante del danno da mancata aggiudicazione possono in particolare ravvisarsi due voci: (i) il mancato profitto; (ii) il danno curricolare.

Il danno da mancato profitto del danno da mancata aggiudicazione consiste nei ricavi che l’impresa avrebbe realizzato con l’esecuzione dell’appalto. Esso va risarcito in modo integrale (e non ricorrendo, ad esempio, al criterio forfettario del 10% della base d’asta previsto dall’art. 109 d. lgs. n. 50/2016).

Il danno da mancato profitto può però essere risarcito solo tenuto conto del “aliunde perceptum vel percipiendum”: il risarcimento integrale del mancato profitto spetta solo allorché si dimostri che non si sono utilizzati (e non si sono potuti utilizzare) i propri beni strumentali in altre commesse.

Vige dunque una presunzione a sfavore del danneggiato (fondata sull’id quod plerumque accidit) che il soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata con scopo di lucro non rimanga inerte nel caso di mancata aggiudicazione, procurandosi occasioni di guadagno alternative. Tale presunzione risponde alla logica della compensatio lucri cum damno e al principio stabilito dall’art. 1227, comma 2, c.c., che impone al danneggiato di attivarsi per limitare le conseguenze dannose.

Quanto al danno curriculare da mancata aggiudicazione, esso consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non potere indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto. Tale danno è suscettibile di apprezzamento in via equitativa ex art. 1226 c.c. e può essere parametrato su una percentuale della somma liquidata a titolo di lucro cessante, sub specie di mancato profitto.

Soggetti passivi

Ci si è chiesti se nella platea dei soggetti passivi dell’azione risarcitoria ex art. 112, comma 3, c.p.a., con particolare riferimento al danno da mancata aggiudicazione, possa annoverarsi anche il privato beneficiario del provvedimento illegittimo.

In base ad una prima tesi sarebbe ammissibile l’azione di risarcimento del danno ex art. 112, comma 3, c.p.a. nei confronti del privato beneficiario dell’aggiudicazione illegittima. In particolare, sarebbe dato ravvisare una responsabilità solidale ex art. 2055 c.c. tra la stazione appaltante e l’impresa beneficiaria del provvedimento illegittimo (con possibilità per il giudice di individuare le specifiche quote di responsabilità). Solo in tal modo, si è sostenuto, potrebbero evitarsi forme di ingiustificato arricchimento in capo all’impresa in favore della quale è stata disposta la illegittima aggiudicazione.

Tale impostazione poggia sui seguenti dati normativi.

In base all’art. 41, comma 2, ultimo periodo, c.p.a. “qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli altri eventuali beneficiari dell’atto illegittimo, ai sensi dell’art. 102 del codice di procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell’art. 49” con l’integrazione del contraddittorio. Tale norma, si è detto, consentirebbe di ravvisare un litisconsorzio necessario tra stazione appaltante e privato aggiudicatario illegittimo.

In base all’art. 112, comma 1, c.p.a. “i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti”.

L’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 2 del 2017, ha però superato la tesi appena illustrata, negando che possa rientrare nell’ambito della giurisdizione amministrativa una controversia tra privati, benché connessa ad altra rientrante in tale giurisdizione.

Innanzitutto, l’Adunanza Plenaria ha rilevato che gli artt. 41 e 112 c.p. presuppongono la giurisdizione amministrativa e non la fondano. L’Adunanza Plenaria, di contro, ha precisato l’azione di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione esercitata nei confronti del privato beneficiario dell’atto illegittimo esula dalla giurisdizione amministrativa, quest’ultima necessitando di due requisiti per poter essere ravvisata.

Il primo requisito è di tipo oggettivo e attiene alla necessità che la controversa riguardi l’esercizio del potere amministrativo. L’esercizio di tale potere può dare origine a posizioni di interesse legittimo o di diritto soggettivo, le prime da ricondurre alla giurisdizione ordinaria del G.A., le seconde eventualmente da ricondurre alla giurisdizione esclusiva del G.A. (ove ci sia una previsione di legge e questa attenga a “particolari materie”).

Il secondo requisito è di tipo soggettivo e attiene il fatto che la controversia deve necessariamente coinvolgere una Pubblica Amministrazione (che può essere indifferentemente parte resistente o parte ricorrente, v. sul punto Corte Cost. n. 179/2016) o un soggetto privato comunque equiparabile alla P.A. (v. l’art. 7 c.p.a.).

Nel caso di azione di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione esercitata da privato contro privato, vi è una controversia che sicuramente difetta dell’elemento soggettivo e, in ogni caso, attiene a un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale. Sebbene la vicenda possa trarre origine da una situazione che coinvolge l’esercizio del potere amministrativo, resta il fatto che, salvo deroghe espresse, nell’ordinamento processuale vige il principio generale della inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione.

In secondo luogo, l’Adunanza Plenaria ha rilevato che l’art. 41, comma 2, c.p.a impone solo l’obbligo di notifica della domanda rivolta contro la P.A. anche al soggetto beneficiario e ciò al solo fine di consentire l’opponibilità del giudicato a quest’ultimo. La stessa norma non consente invece di proporre una autonoma domanda risarcitoria nei confronti di tale soggetto

In terzo luogo, il disposto dell’art. 112, comma 1, c.p.a. si giustifica in forza della considerazione che il più delle volte l’esecuzione in forma specifica del giudicato può richiedere la collaborazione di altre parti private o comunque comportare l’ingerenza della P.A. nella sfera giuridica di tali soggetti. Ciò non comporta però che automaticamente sia dato ravvisare una responsabilità solidale dei privati beneficiari dell’illecita aggiudicazione insieme alla P.A.. Al più la P.A. potrebbe esercitare nei confronti di tali soggetti un’azione di regresso nei confronti del beneficiario che ha tratto vantaggio dal provvedimento illegittimo travolto dal giudicato. Tale azione, però, non potrà essere in alcun modo ricondotta nell’ambito dell’art. 112, comma 3, c.p.a.

Volume consigliato:

Sul punto:Provvedimento di esclusione successivamente all’aggiudicazione e autotutela

 

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento