Il bilanciamento dei poteri sovranazionali per un equilibrio degli ordinamenti

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Coordinare, organizzare e dirigere i Paesi nella complessità della sovrastruttura è il principale tentativo dal 1957[1], ossia quello di affievolire i sottoinsiemi: le nazioni sono tanti sistemi nel meccanismo sovranazionale chiamato “Unione Europea”. Vi è la necessità della costruzione reale di un’Europa vista come un’unica nazione: definita con una Costituzione europea, un potere giudiziario (non un tentativo di cooperazione statali civili/ penale ed amministrativo), un esercito, un corpo di servizi segreti.

Con l’opera “spirito delle leggi” del 1748 Montesquieu declina e descrive il principio della separazione dei poteri. L’idea che la divisione del potere sovrano tra più soggetti sia un modo efficace per prevenire abusi è molto antica nella cultura occidentale.  Questa  filosofia classica è stata recepita nelle costituzioni rigide moderne passando per la riscoperta del filosofo francese, teorizzatore della “monarchia costituzionale”.

Oggi, nel XXI secolo, bisogna interrogarsi sul equilibrio dei poteri (legislativo ed  esecutivo), sui rapporti ed influenze reciproche tra magistratura ed il Parlamento; tutto ciò contestualizzato in una eccessiva legislatura speciale armonizzata all’operato del Parlamento europeo.

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Rapporti, equilibri e relazioni democratiche tra il potere legislativo ed il potere esecutivo

Il primo rapporto va interpretato soffermandosi sull’Art.70 della Costituzione italiana e sul concetto di “governare” ai sensi degli Artt.92 e ss. della Costituzione; circoscritti al punto  di equilibrio dei due poteri rappresentato dall’Art.94 della Costituzione, definito come “paracadute della democrazia”.

La funzione legislativa esercitata “collettivamente dalle due Camere”, ergo un bicameralismo perfetto o paritario, ha portato il potere di “reggere il timone”, ovvero dal latino “gubernare”, a svolgere un compito di formazione normativa, abusando di istituti di natura eccezionali ai sensi degli Articoli 76 e 77 della Costituzione italiana.

L’equilibrio tra i poteri, la concretizzazione della democrazia ed il bilanciamento tra  autorità si nota, come un faro all’entrata del porto, nell’incipit “il Governo deve avere la fiducia dalle due Camere” dell’Art.94 della Costituzione italiana.

Il rapporto e le influenze reciproche tra il potere legislativo ed il potere esecutivo prendono vita in questa norma “madre” su citata.

Snellire, semplificare, dimezzare questo sistema significa, da un lato, velocizzare l’“iter legis”ai sensi degli Artt. 70 e ss. della Costituzione, evitando l’uso da parte del Governo di istituti legislativi eccezionali, dall’altro canto, sicuramente, rappresenta perdere  le  garanzie di equilibrio tra i poteri incarnate dalla “fiducia parlamentare” al potere di  direzione ed amministrazione.

Il secondo equilibrio, “da tenere presente”, romanza una tematica  complessa  ed articolata per la fragilità delle argomentazioni e per la delicatezza delle garanzie democratiche in una lettura costituzionalmente orientata. Prima di dedicare del tempo ai rapporti ed alle influenze reciproche tra Magistratura ed il Parlamento, è necessario effettuare una parentesi riflessiva sulle norme e sulla struttura dell’ordinamento giudiziario. Bisogna avere il coraggio “di gettare il cuore oltre l’ostacolo” per discutere di un ulteriore passaggio in modo da concretizzare il principio di “giusto” processo, di imparzialità e di

equidistanza del giudice dalle parti. Il magistrato del pubblico ministero è una parte del processo (come il difensore), il giudice esercita la funzione di “iuris dictio”, il giudice per le indagini

preliminari ha potere di controllo e di giudizio ai sensi del articolo 328 del codice di procedura penale italiano, il giudice dell’udienza preliminare ha un ruolo di mero “filtro” predibattimentale. Pertanto, per ruoli, funzioni e poteri diversi è opportuno regolamentare carriere e percorsi differenti per evitare una confusione oggettiva, e spesso anche una soggettiva; dunque con la separazione delle carriere viene attuato “seriamente” e “realmente” l’Art.111 della Costituzione.

Tornando al rapporto principale da analizzare è evidente fare un passaggio storico per comprendere la confusione tra Magistratura e politica. La fine della “Prima repubblica” determinata dalla inchiesta giudiziaria “Mani Pulite”, avviata dalla Procura di Milano per coinvolgere tutta Italia ad effetto domino, verteva sulla collusione fra politica ed imprenditoria. Da questo momento storico per venti anni, in Italia, è andato di “moda” candidare al Parlamento “ex giudici” generando confusione nella visione classica della separazione dei poteri del filosofo francese di metà Settecento. Quasi sostituendo alla collusione della natura delle inchieste un’esagerata confusione tra potere politico e  soggetti appartenenti all’ordinamento giudiziario.

Il rapporto, le influenze, gli equilibri tra i poteri vanno indirizzati in una ottica internazionalistica oltre che in una visione statica ed arcaica di solo diritto interno.

L’equilibrio dei poteri ed il contesto internazionale

Con l’attuazione dei principi del trattato del funzionamento[2] è possibile superare la sovranità dei singoli stati concretizzando quella identità europea auspicata dalla “ratio”   dei trattati, che vada oltre alla mera ed esclusiva libera circolazione di merci e persone.

Il limite culturale del cittadino dell’attuale Unione Europea deriva dalla dicotomia esistenziale tra gli organi costituzionali nazionali e quelli istituiti a Bruxelles[3]. Le istituzioni europee sono quindi parallele, nelle funzioni e nei compiti, alle strutture degli organi costituzionali, promulgando dispositivi in contrasto con le norme dei singoli stati in modo tale da generare problematiche interne di applicazione, spesso stravolgendo la tradizionale gerarchia delle fonti.

Percepire il tutto come un’entità esterna è anacronistico in ambito giuridico, politico e sociale, così come è erroneo alimentare “odio” e “nazionalismi”, per evitare di incombere nei sentimenti che hanno scaturito le guerre di inizio Novecento.

Nel 1992 il trattato di Maastricht scriveva la prefazione di un nuovo libro di storia, i cui capitoli prevedevano un bilanciamento dei poteri mondiali, derivanti da un sentimento di paura post guerra, che trasmettessero una speranza contrapposta alle tendenze filosofiche sviluppatesi durante il processo di Norimberga[4]. Questo sviluppo è definibile nel tentare di annullare la nazionalizzazione[5] dei singoli stati verso un’ossessionata ricerca di un collante unitario europeo.

Nel 2019 è inconcepibile celebrare un’assemblea che veda protagonisti i singoli ministri dell’economia.

È sterile pensare di coordinare le ricchezze dei paesi attraverso, ad esempio il G8, piuttosto che considerare la necessità di creare un bilancio europeo limitando quello nazionale per risolvere la problematica della flessibilità, del debito nazionale, del rapporto debito/Prodotto Interno Lordo e dei calcoli degli interessi sul prestito. Insomma bisogna definire lo “stato Europa”.

I corsi e ricorsi storici prevedono la stipulazione di un contratto sociale[7] attraverso il quale la singola nazione reprime totalmente la sovranità per cederla alla sovrastruttura  con la finalità di limitare la sovranità interna.

La storia non torna indietro. Ricordare il passato, vivere il presente ed anticipare il futuro è il ruolo di chi governa i processi: la brexit, il muro di “Trump”  tra gli Stati Uniti ed il  Messico, la limitazione di circolazione dei musulmani, la poca cultura orientale nelle scuole, il voler sottomettere il medio-oriente alla tradizione occidentale, la creazione di un asse Stati Uniti d’America-Russia, la differenza tra le aliquote nei paesi membri, la guerra in Palestina sono la realtà da superare.

Il contrasto realtà-pensiero è superabile solo attraverso l’esplicazione di un’idea. L’unico modo per sovrapporsi a tale natura è far emergere dall’immaginario collettivo la possibile concretezza dell’idea stessa. Come è evidenziato il conflitto infinito tra l’io-pensiero e il  non io-natura nella filosofia idealista di Fichte[8], così possiamo tradurre lo scontro tra l’attuale comunità e quella immaginaria affnché l’idea auspicabile non venga più messa in contrapposizione con un’ulteriore realtà, superando quindi quel limite posto  tra l’attuazione di un’idea e l’immobilità della realtà.

La concretezza dell’idea auspicata è quindi vista come il superamento dello scontro dialettico sopra citato verso una sintesi[9] che permetta di annullare l’identità nazionale. Cosi come afferma Zagrebelsky:

“Se mai l’Europa si darà una vera costituzione, sarà quando avrà intrapreso una profonda riflessione su sé medesima, ancora una volta a confronto con l’America. Questa volta per rispondere alla domanda: chi davvero noi siamo, che cosa davvero ci distingue, sempre che si voglia essere qualcuno e qualcosa, e non una semplice propaggine. Il Tocqueville  di cui oggi avremmo bisogno sarebbe quello che fosse capace di renderci consapevoli, nelle differenze, della nostra identità.”

In termini pratici è possibile annichilire le identità nazionali, annullare la sovranità interna, svuotare di funzioni e competenze gli organi costituzionali, vanificare le singole politiche sociali- economiche del Welfare State, ma solo col superamento del concetto di popolo, visto come una nazione in senso stretto, tra le differenti tradizioni.

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Note

  • Trattato di Roma
  • Il riferimento è rivolto ai trattati costituenti della comunità
  • L’UE vanta della stessa divisione dei poteri dei vari stati, quasi a creare una proporzione istituzionale (il Parlamento Italiano sta al Parlamento Europeo: l’iter legis, da 70-74 Cost. ita., sta ai regolamenti europei; il potere giudiziario italiano (art. 100 ss. Cost. ita) sta alle garanzie giudiziarie europee (CEDU).
  • Il riferimento è rivolto in particolar modo ad Hannah
  • Sentimento estremo nel voler far privilegiare l’egemonia della propria nazione sulle altre, determinante il casus belli del secondo conflitto mondiale, per via delle politiche espansionistiche tedesche verso l’est.
  • LUIGI RENTANI, Germania europea, Europa tedesca, Salerno Editrice, Roma
  • Il contratto sociale è alla base della nascita della società che prevede quella condizione di instabilità dell’uomo per la mancanza di regole riguardanti i loro diritti e doveri.
  • La nota si riferisce a quella filosofia idealista che introduce lo scontro tra la realtà e il pensiero e che intravede nell’idea la soluzione del conflitto. In Fichte questo contrasto è infinito, non a caso la sua filosofia è chiamata ‘retta’ a differenza di quella ‘tonda’ di Schelling, in quanto vedeva il pensiero interno alla realtà stessa, annullando quindi il particolare, senza scindere le due entità.
  • I limiti delle due filosofie idealiste, quella di Fichte e Schelling, vengono superate dalla filosofia definita a ‘spirale’ di Hegel derivante dalla triade come sistema logico per definire una sintesi tra due entità in contrasto.

 

Raffaele Vitolo

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