I bandi di gare d’appalto (ma conclusioni analoghe valgono per gli affidamenti dei servizi pubblici), possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli indicati dalla legge purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole propri

Lazzini Sonia 24/12/09
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L’esercizio di detto potere discrezionale costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, e si sostanzia quindi nel potere – dovere assegnato all’amministrazione di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare.
 
Le previsioni recate nelle relative disposizioni normative di settore sono volte a stabilire una semplice presunzione di possesso dei requisiti minimi per la partecipazione alla gara, che pertanto ben possono essere derogati (o meglio incrementati, sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo) dall’amministrazione in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da appaltare._Le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto ed all’esigenza di non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio.
 
Le previsioni del bando di gara, oggetto di impugnativa, non appaiono ad un riscontro estrinseco, unico consentito in sede di legittimità, ictu oculi affette da abnormità e risultano congrue e proporzionali rispetto allo specifico oggetto della gara, alla sua importanza (sia in relazione al valore economico che alla natura dell’attività ed alla dimensione del comune) e, in definitiva, adeguate rispetto all’interesse pubblico perseguito dovendosi ricordare che non occorre, ai fini della legittimità del bando di gara, alcuna specifica indicazione delle ragioni dell’aggravamento delle condizioni di gara, qualora esso venga mantenuto nei limiti della ragionevolezza e sia comunque assicurata la par condicio.
Sotto quest’ultimo profilo, si rileva infondato, infine, il rilievo, valorizzato dai primi giudici ai fini di giungere all’annullamento dell’atto impugnato, circa una presunta violazione della normativa comunitaria in tema di libertà di concorrenza: la prova dell’inesistenza di qualsivoglia sviamento nell’esercizio del potere da parte dell’amministrazione comunale si coglie avuto riguardo all’adeguato numero di imprese che hanno partecipato alle gare per il servizio in questione (cinque, come riferito dalla difesa del comune a pagina dell’atto di appello e non smentito da controparte).
 
Si legga anche
 
Costituisce ius receptum l’affermazione secondo cui i bandi di gare d’appalto di servizi possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli indicati nel d.lgs. 197 del 1995 purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore , sulla base della lettura sistematica del secondo e del terzo comma dell’articolo 17 del decreto legislativo 17 marzo 1995 e, per quanto attiene alle imprese di pulizia, dal delineato sistema di qualificazione di cui al D.M. 7 luglio 1997, n. 274, non può dubitarsi che l’amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una singola gara, anche molto rigorosi e superiori a quelli previsti dalla legge, e che possa pertanto pretendere l’attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori dalla semplice iscrizione nell’elenco, le previsioni indicate nelle accennate disposizioni normative limitandosi a stabilire una semplice presunzione di possesso dei requisiti minimi per la partecipazione alla gara, che pertanto ben possono essere derogati (o meglio incrementati, sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo) dall’amministrazione in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da appaltare
 
 
in tema di discrezionalità di una Stazione appaltante nella richiesta di ulteriori requisiti per un appalto di pulizia, merita di segnalare il seguente pensiero espresso dal Consiglio di Stato nella decisione numero 3103 del 12 giugno 2007:
 
<L’esercizio di detto potere discrezionale costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, e si sostanzia quindi nel potere – dovere assegnato all’amministrazione di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare: le scelte così operate da un’amministrazione aggiudicatrice, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie, sproporzionate, illogiche e contraddittorie>
 
ma ancor più importante risulta sapere che:
 
<non occorre, ai fini della legittimità del bando di gara, alcuna specifica indicazione delle ragioni dell’aggravamento delle condizioni di gara, qualora esso venga mantenuto nei limiti della ragionevolezza e sia comunque assicurata la par condicio>
 
nella particolare fattispecie sottoposta all’adito *************** amministrativo inoltre:
 
<a) la previsione che, in caso di imprese raggruppate, ognuna di esse non avrebbe potuto svolgere un parte del servizio oggetto di appalto inferiore al 30% risponde all’evidente ragione di evitare che il frazionamento dell’appalto possa incidere negativamente sul suo effettivo espletamento ovvero sulla sua qualità, offrendo d’altra parte la possibilità di un adeguato controllo e della necessaria vigilanza da parte dell’amministrazione appaltante;
 
b) la prova dell’elevato requisito economico (aver realizzato negli ultimi tre esercizi finanziari un fatturato medio non inferiore a quello presunto del lotto o dei lotti per i quali l’impresa concorre) è evidentemente finalizzata alla scelta del concorrente che dia prova di adeguata affidabilità all’espletamento del servizio da espletare per aver svolto un’attività di corrispondente valore finanziario nell’ultimo triennio;
 
c) la divisione della gara in due soli lotti (che, peraltro, costituisce frutto di una specifica scelta organizzatoria) risponde all’esigenze di poter svolgere accurata attività di vigilanza e controllo, riducendo il numero degli interlocutori dell’amministrazione, con la evidente possibilità di adeguate, incisive ed efficaci direttive per il corretto svolgimento dell’appalto (anche ai fini del controllo e del monitoraggio della spesa).>
 
ma vi è di più
 
<Ugualmente infondato è, infine, il rilievo, valorizzato dai primi giudici ai fini di giungere all’annullamento dell’atto impugnato, circa una presunta violazione della normativa comunitaria in tema di libertà di stabilimento per il fatto che il bando di gara prevedeva, come condizione di partecipazione, la disponibilità da parte delle imprese concorrenti la disponibilità di uno o più sedi periferiche situate almeno una per ciascuna regione geografica oggetto del servizio.
 
Una tale previsione, lungi dal potersi qualificare come elemento di radicamento delle imprese concorrenti nel territorio italiano (escludendo così la partecipazione di imprese comunitarie), costituisce una mera misura organizzatoria finalizzata esclusivamente all’effettivo, corretto e puntuale svolgimento del servizio oggetto di appalto e non è elemento di discriminazione, fondata sulla nazionalità, circa la partecipazione alla gara in questione: un simile carattere discriminante avrebbe potuto rinvenirsi se l’Amministrazione piuttosto che richiedere genericamente una sede logistica periferica, avesse piuttosto preteso che tale sede logistica avesse avuto puntuali caratteri (come l’essere di proprietà di cittadini o di imprese italiane, poter essere frequentata o utilizzata solo da lavoratori italiani dell’impresa concorrente, etc., questi soltanto potendo essere considerati elementi discriminatori della libertà di stabilimento.>
 
 
A cura di*************i
 
 
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7247 del 19 novembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato
 
 
N. 07247/2009 REG.DEC.
N. 01563/1999 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1563 del 1999, proposto dal
Comune di Cinisello Balsamo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato **************, con domicilio eletto presso l’avvocato ************ in Roma, via F. Confalonieri n. 5;
contro
S.r.l. ALFA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito;
nei confronti di
S.r.l. BETA. – Azienda Italiana Pubbliche Affissioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano – sezione III, n. 2397 del 20 ottobre 1998.
 
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2009 il consigliere ********* e udito per la parte appellante l’avvocato ***** su delega dell’avvocato ********;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Cinisello Balsamo ha indetto una gara per l’affidamento del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale per la pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni per il quinquennio settembre 1995 – agosto 2000 (cfr. bando in data 28 giugno 1995).
1.1. Il bando, per quanto di interesse ai fini della presente controversia, ha richiesto, a pena di inammissibilità della domanda:
a) <<certificazioni, sottoscritte dai legali rappresentanti degli enti appaltanti, riferite a servizi uguali svolti nell’ultimo quinquennio o in Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti risultanti dall’ultimo censimento>>(punto 3/D);
b) <<dichiarazione ex L. n. 15/68 dell’inesistenza anche da parte dei soci della società rappresentata, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, di interessi in altre società partecipanti alla gara>>(punto 1/H).
2. Avverso le due clausole del bando è insorta la società Pubblicenter s.r.l. (in prosieguo la società), articolando i seguenti motivi:
a) con riguardo alla clausola 3/D:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 28, 32 e 33. d.lgs. n. 507 del 1993, illogicità ed ingiustizia grave e manifesta; si sostiene che la società, in quanto iscritta all’Albo dei concessionari della riscossione, ha già dimostrato di possedere i requisiti di capacità tecnica e finanziaria richiesti dalla su indicata normativa di settore che non potrebbero essere ulteriormente irrigiditi, irragionevolmente, dalle autorità locali anche per evitare lesioni alla libertà di concorrenza;
II) violazione del principio costituzionale di libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta, disparità di trattamento, violazione del principio di imparzialità amministrativa di cui all’art. 97 Cost.; si contesta la legittimità del contenuto della certificazione richiesta, ritenuto capace di costituire una situazione di autentico oligopolio in favore di poche imprese;
III) eccesso di potere per illogicità manifesta, disparità di trattamento e sviamento; si afferma l’assoluta illogicità della clausola stante la sua rigidità che impedirebbe di fornire la prova della capacità tecnica con altri mezzi;
b) con riguardo alla clausola 1/H:
I) falsa ed erronea applicazione dell’art. 26, co. 4, d.lgs. n. 507 del 1993, illogicità manifesta.
2.1. Con ordinanza del T.a.r. n. 2305 del 1995 è stata accordata la richiesta sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
2.2. Con ordinanza di questa sezione in data 1° dicembre 1995, in riforma della su menzionata ordinanza, è stata respinta la domanda cautelare <<rilevato che il ricorso di primo grado non ha parvenza di fondatezza>>.
2.3. E’ intervenuta ad opponendum la società ********** – successivamente incorporata dalla S.r.l. BETA. – Azienda Italiana Pubbliche Affissioni – risultata aggiudicataria, nelle more del processo, del servizio in questione.
3. L’impugnata sentenza – T.a.r. per la Lombardia, sezione III, n. 2397 del 20 ottobre 1998:
a) ha respinto le eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del gravame sollevate dalla difesa del comune;
b) ha respinto la prima censura sollevata nei confronti della clausola 3/D (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);
c) ha accolto la seconda e la terza censura nei confronti della clausola 3/D che ha conseguentemente annullato;
d) ha respinto l’impugnativa della clausola 1/H;
e) ha compensato fra le parti le spese di lite.
4. Con ricorso notificato il 1° febbraio 1999, e depositato il successivo 26 febbraio, il comune ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r.:
a) reiterando le eccezioni di improcedibilità ed inammissibilità del ricorso di primo grado – quest’ultima sollevata anche avuto riguardo al giudicato interno formatosi sulla legittimità della clausola di cui al punto 1/H del bando e dunque sulla assodata mancanza del relativo requisito in capo alla Pubblicenter -;
b) confutando, nel merito, l’illegittimità della clausola di cui al punto 3/D.
5. Non si sono costituite le parti intimate.
6. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 16 ottobre 2009.
7. L’appello è fondato e deve essere accolto.
Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso di primo grado – sollevate con i primi due mezzi di gravame – attesa l’inaccoglibilità dello stesso nel merito.
8. Costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis e da ultimo, Cons. St., sez. V, 6 aprile 2009, n. 2138; sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3103; sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 37), l’affermazione secondo cui i bandi di gare d’appalto (ma conclusioni analoghe valgono per gli affidamenti dei servizi pubblici), possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli indicati dalla legge purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore; sotto tale angolazione non può dubitarsi che l’amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una singola gara, anche molto rigorosi e superiori a quelli previsti dalla legge, e che possa pertanto pretendere l’attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori dalla semplice iscrizione in albi o elenchi.
L’esercizio di detto potere discrezionale costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, e si sostanzia quindi nel potere – dovere assegnato all’amministrazione di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare.
Le previsioni recate nelle relative disposizioni normative di settore sono volte a stabilire una semplice presunzione di possesso dei requisiti minimi per la partecipazione alla gara, che pertanto ben possono essere derogati (o meglio incrementati, sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo) dall’amministrazione in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da appaltare.
Le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto ed all’esigenza di non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio.
8.1. Le previsioni del bando di gara, oggetto di impugnativa, non appaiono ad un riscontro estrinseco, unico consentito in sede di legittimità, ictu oculi affette da abnormità e risultano congrue e proporzionali rispetto allo specifico oggetto della gara, alla sua importanza (sia in relazione al valore economico che alla natura dell’attività ed alla dimensione del comune) e, in definitiva, adeguate rispetto all’interesse pubblico perseguito dovendosi ricordare che non occorre, ai fini della legittimità del bando di gara, alcuna specifica indicazione delle ragioni dell’aggravamento delle condizioni di gara, qualora esso venga mantenuto nei limiti della ragionevolezza e sia comunque assicurata la par condicio.
Sotto quest’ultimo profilo, si rileva infondato, infine, il rilievo, valorizzato dai primi giudici ai fini di giungere all’annullamento dell’atto impugnato, circa una presunta violazione della normativa comunitaria in tema di libertà di concorrenza: la prova dell’inesistenza di qualsivoglia sviamento nell’esercizio del potere da parte dell’amministrazione comunale si coglie avuto riguardo all’adeguato numero di imprese che hanno partecipato alle gare per il servizio in questione (cinque, come riferito dalla difesa del comune a pagina dell’atto di appello e non smentito da controparte).
9. In conclusione l’appello deve essere accolto con la riforma dell’impugnata sentenza ed il rigetto del ricorso di primo grado.
Nella vetustà del ricorso e nel particolare andamento del processo, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di ambedue i gradi di giudizio.
 
 
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
– accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado;
– dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2009 con l’intervento dei Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Filoreto **********, Consigliere
***************, Consigliere
Vito Poli, Consigliere, Estensore
*****************, Consigliere
 
L’ESTENSORE              IL PRESIDENTE
Il Segretario
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione

Lazzini Sonia

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