Gravità e tenuità del reato nel TU 309/90

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Il basilare dubbio esegetico di Cassazione 27/09/2018: la diversità di sostanze stupefacenti, a prescindere dal dato quantitativo, osta alla configurabilità dell’ ipotesi della lieve entità di cui al comma 5 Art. 73 TU 309/90 ? E, in caso negativo, tale reato può concorrere con le fattispecie previste ai commi 1 e 4 Art. 73 TU 309/90 ?

Nel Lavori Preparatori della L. 162/1990, prodromica al TU 309/90, il Legislatore italiano ha espressamente dichiarato di voler “ introdurre una fattispecie inedita, finalizzata ad attenuare il [ troppo ] severo regime sanzionatorio stabilito per le condotte illecite previste dai precedenti commi del medesimo articolo [ 73 TU 309/90 ], nell’ ipotesi in cui [ ex comma 5 Art. 73 TU 309/90 ] per i mezzi, per le modalità o per le circostanze dell’ azione, ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti, tipizzati negli stessi commi, siano di lieve entità “. Del resto, anche sotto il profilo storico-giuridico, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 è stato introdotto alla luce dell’ ormai enorme diffusione della piaga delle tossicomanie presso la popolazione giovanile italiana. Ormai, nell’ ambito dell’ odierno Art. 73 TU 309/90, necessitava urgentemente di introdurre il temperamento semi-abolizionista della lieve entità. In epoca contemporanea, era ed è evidente l’ inutilità di un approccio troppo rigido alla problematica socio-comportamentale della (poli)tossicodipendenza e dello spaccio. In effetti, sempre dal punto di vista storico, anche l’ abrogato Art. 71 L. 685/1975 puniva meno gravemente la detenzione di una modica quantità di sostanze illecite, purché destinate ad un uso strettamente personale. Senza dubbio, comunque, rimaneva, tanto in Dottrina quanto in Giurisprudenza, l’ incertezza se il comma 5 Art. 73 TU 309/90 configurasse una circostanza attenuante, oppure un reato ontologicamente autonomo. A tal proposito, Cass., SS.UU., 31 maggio 1991, n. 9148 asseriva che “ questa norma [ il comma 5 Art. 73 TU 309/90 ] configura una circostanza attenuante ad effetto speciale, e non un titolo autonomo di reato, essendo correlata ad elementi – i mezzi, le modalità, le circostanze dell’ azione, la qualità e la quantità delle sostanze – che non mutano, nell’ oggettività giuridica e nella struttura, le fattispecie previste dai primi due commi dell’ articolo [ 73 TU 309/90 ], ma attribuiscono ad esse una minore valenza offensiva “. Per il vero, il parere di Cass., SS.UU., 31 maggio 1991, n. 9148 è stato successivamente oggetto di numerose critiche, il che, a livello di Prassi forense, non muta, comunque, la ratio anti-retribuzionistica sottesa al concetto di “ lieve entità “. Inoltre, nella Giurisprudenza di legittimità degli Anni Novanta del Novecento, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 godeva di una minore o maggiore precettività a seconda della pericolosità medico-legale e tossicologica della sostanza detenuta o commercializzata. Quindi, come prevedibile, la lieve entità connessa alla marjuana era ed è sostanzialmente diversa dalla non-lieve entità connotante, ad esempio, gli oppiacei o l’ ecstasy. Si consideri pure, inoltre, che il comma 5 Art. 73 TU 309/90 è stato radicalmente novellato pure dal D.L. 272/2005, convertito nella controversa e celebre L. 49/2006. Più precisamente, come ben preannunziato, sette anni prima, in Cass., SS.UU., 24 giugno 1998, n. 9973, verso  l’ inizio degli Anni Duemila, certuni fuorvianti malumori populistici hanno recato a “ soddisfare la richiesta di tutela anticipata dei beni giuridici protetti dalla disciplina penale sugli stupefacenti, intesi in un’ accezione che esorbita dal pur ampio concetto di salute pubblica [ ex comma 1 Art. 32 Cost. ], fino a ricomprendere la sicurezza e l’ ordine pubblico “. Per conseguenza, la L. 49/2006, con una rigidità sanzionatoria fors’ anche eccessiva, aveva soppresso la distinzione tra le droghe pesanti e quelle leggere, inserendo, ex Artt. 13 e 14 TU 309/90, nella Tabella I, le sostanze tassativamente illecite, che erano radicalmente e duramente distinte dai preparati psicotropi riservati ad uso medico o ospedaliero e vendibili nelle farmacie soltanto dietro regolare presentazione di ricetta medica. A parere di chi redige, la L. 49/2006 ha giustamente espunto la categoria, tossicologicamente assurda, delle droghe “ leggere “, ma, nel contempo, l’ errore legislativo del biennio 2005-2006 è stato quello di voler intaccare il comma 5 Art. 73 TU 309/90 all’ interno di un tessuto sociale ove, purtroppo, l’ utilizzo di sostanze proibite risulta pressoché universale, almeno nei contesti aggregativi giovanili. Non è tollerabile parlare, soprattutto in tema di cannabis, di droghe “ leggere “, ma, specularmente, non si deve negare il beneficio della lieve entità ex comma 5 Art. 73 TU 309/90 nei confronti di milioni di adolescenti italiani, verso i quali un Ordinamento Penale troppo rigido risulta assurdo, nella suprema ottica del comma 3 Art. 27 Cost. . Proibire tassativamente non significa, per ciò stesso, ipostatizzare o, quasi, divinizzare il Diritto Penale.

La problematica in questione è stata ulteriormente complicata a causa della Sentenza 32/2014, emessa dalla Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato come “ mai validamente precettiva “ la Normazione introdotta dalla L. 49/2006, con la conseguente ri-applicabilità del Diritto previgente anche nel periodo dal 2006 al 2014. Tuttavia, Cass., sez. pen. III, 25 febbraio 2014, n. 11110, analogamente a Cass., sez. pen. VI, 8 gennaio 2014, n. 14288 ed a Cass., sez. pen. IV, 28 febbraio 2014, n. 10514, ha provvidenzialmente precisato che “ il comma 5 Art. 73 TU 309/90 non è stato interessato dall’ intervento demolitorio della Consulta, come dichiarato nella stessa Sentenza n. 32 del 2014 [e nella successiva pronuncia della Corte Costituzionale n. 179/2017 ]. E ciò in quanto [ … ] tale disposizione [ prima della Sentenza 32/2014 della Corte Costituzionale ] era stata nuovamente modificata dal DL 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con emendamenti, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10 “. Dunque, a prescindere dai limiti edittali della pena prevista, anche tra il 2006 ed il 2014, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 ammetteva ed ammette il criterio della lieve entità, nell’ ottica dei seguenti cinque parametri attenuativi: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’ azione, la qualità e la quantità dello stupefacente. Anzi, nel DL 146/2013, il Legislatore, nei Lavori Preparatori, precisa, a scanso dei pregressi equivoci qualificatori, che “ la ratio è quella di trasformare la fattispecie [ di cui al comma 5 Art. 73 TU 309/90 ] da mera circostanza attenuante a figura autonoma di reato, al fine di sottrarla al giudizio di bilanciamento con eventuali aggravanti in funzione degli obiettivi dell’ intento normativo, teso alla riduzione controllata della popolazione carceraria “. Probabilmente, a parere di chi redige, nella Prassi quotidiana, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 poteva essere indistintamente qualificato alla stregua di una circostanza attenuante, piuttosto che come un delitto precettivamente autonomo. In ogni caso, parlare di lieve entità mitiga fortemente le pene detentive comminabili, soprattutto nel contesto minorile, che, alla luce del DPR 448/1988, abbisogna di scelte de jure condito attenuate e, soprattutto, alternative al binomio giustizialista e non rieducante “ droga, quindi carcere “. Il comma 5 Art. 73 TU 309/90, nel solco del comma 3 Art. 27 Cost., dimostra che non è importante novellare il Diritto Penale, bensì necessita di trovare strumenti rimediali alternativi al Diritto Penale, in tanto in quanto i casi di lieve entità non debbono ruotare attorno alla realtà iper-mortificante e spesso inutile del trattamento penitenziario ossessivamente applicato e demagogicamente richiesto. P.e., si ponga mente ad una “ lieve “ trasgressione tossicomanica giovanile non stabilmente continuata alla luce dei cinque criteri contemplati dal comma 5 Art. 73 TU 309/90. A titolo di corollario, va comunque segnalato che, a causa della Sentenza 32/2014 della Consulta, si è reso necessario, nella L. 79/2014, un aggiornamento medico-legale delle Tabelle ex Artt. 13 e 14 TU 309/90, giacché, come prevedibile, la lieve entità di cui al comma 5 Art. 73 TU 309/90 tange, anzitutto e soprattutto, la categoria delle droghe cc.dd. “ leggere “. Forse non esiste alcuna sostanza biologicamente e fisiologicamente “leggera“, ma, senza dubbio, la piaga sociale della canapa meritava una collocazione attenuativa e più riduzionistica nell’ Art. 73 TU 309/90.

Negli Anni Duemila, la Giurisprudenza italiana di legittimità è ormai unanime nel qualificare il comma 5 Art. 73 TU 309/90 come un reato delittuoso autonomo e non come una delle molteplici circostanze attenuanti del Diritto Penale ( Cass., sez. pen. III, 25 febbraio 2014, n. 11110, Cass., sez. pen. VI, 16 gennaio 2014, n. 5143, Cass., sez. pen. VI, 28 gennaio 2014, n. 9892, Cass., sez. pen. IV, 6 luglio 2017, n. 36078 e Cass., sez. pen. IV, 10 maggio 2017, n. 30238 ). In effetti, Cass., sez. pen. III, 25 febbraio 2014, n. 11110 asserisce che “ plurimi sono gli indici esterni che depongono nel senso dell’ avvenuta riqualificazione della fattispecie di lieve entità [ che è ora un reato autonomo ]. Si pensi alla volontà espressa dal Legislatore nel corso dei Lavori Preparatori della L. 10/2014, oppure alla riconfigurazione della norma nell’ Art. 2 del DL 146/2013, [ per non parlare poi ] delle modifiche apportate all’ Art. 380 Cpp ed all’ Art. 19 DPR 448/1988 “. Anzi, anche sotto il  profilo linguistico, l’ autonomia precettiva del comma 5 Art. 73 TU 309/90 si evince pure dall’ espressione “ chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo “. Dunque, non si tratta di una circostanza, bensì di un evento delittuoso in senso proprio. Analoga osservazione vale pure per la formula condizionale iniziale “ salvo che il fatto costituisca un più grave reato “ anziché “ una più grave circostanza “.

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Nella Giurisprudenza di legittimità degli Anni Duemila, l’ incipit del comma 5 Art. 73 TU 309/90 ( “ salvo che il fatto costituisca [ un ] più grave reato “ ) è stato oggetto di interpretazioni assai controverse. Di recente, Cassazione 27/09/2018 ha asserito che il caso della lieve entità “ così come ridefinito dalla L. 79/2014, concorre con ognuna delle fattispecie incriminatrici configurate precedentemente all’ intervento della L. 46/2006, in quanto fatte rivivere dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 32 del 2014 [ … ]. Si tratta di un caso di concorso solo apparente di norme incriminatrici, posto che il suddetto comma 5, isolando, attraverso i suoi [ cinque ] parametri, una specifica classe di fatti ( quelli comunque tipici, ma di lieve entità ), si pone in rapporto di specialità unilaterale con le altre disposizioni [ di cui ai primi quattro commi dell’ Art. 73 TU 309/90 ], essendo indiscutibile che, qualora dovesse venir meno l’ applicabilità del comma 5 Art. 73 TU 309/90, i medesimi fatti tornerebbero a ricadere nell’ ambito di incriminazione dei precedenti quattro commi “. Insomma, Cassazione 27/09/2018 non nasconde l’ atipicità e la non-ordinarietà del comma 5 Art. 73 TU 309/90, che oscilla, sotto il profilo qualificatorio, tra la tipologia delle circostanze attenuanti e la categoria dell’ ipotesi autonoma di reato. Peraltro, si tratta di un dubbio scarsamente influente sul profilo del trattamento sanzionatorio concreto. Anzi, visto e considerato l’ inciso iniziale ( “ salvo che il fatto costituisca [ un ] più grave reato “ ), taluni hanno qualificato il comma 5 Art. 73 TU 309/90 alla stregua di una disposizione legislativa speciale ex Art. 15 CP, quindi “ quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito “. Quindi, come si può notare, anche tale interpretazione rivela l’ indubbia anomalia precettiva e strutturale insita, sin dalla prima stesura, nel complesso comma 5 Art. 73 TU 309/90. Un terzo orientamento ermeneutico, che comunque non è risolutivo, distingue, nel comma 5 Art. 73 TU 309/90, tra una valenza speciale e una natura sussidiaria. Ovverosia, se la lieve entità è una fattispecie speciale, essa, ex Art. 15 CP, prevale sui primi quattro commi ordinari dell’ Art. 73 TU 309/90. Viceversa, se la lieve entità è intesa come una norma sussidiaria, in tal caso il comma 5 Art. 73 TU 309/90 dev’ essere applicato quando i precedenti quattro commi risultano non potenzialmente precettivi. Tuttavia, di nuovo, la teoria della specialità e quella della sussidiarietà sono analoghe sotto il profilo delle conseguenze fattuali e, perciò, il nodo centrale del problema è e rimane solo quello dell’ interpretazione dei cinque criteri testuali dei mezzi, delle modalità, delle circostanze dell’ azione e della qualità e quantità delle sostanze. In quarto luogo, sia in Dottrina sia in Giurisprudenza, non è mancato chi ha fatto notare che, alla luce dell’ Art. 15 CP, se applicabile, il comma 5 Art. 73 TU 309/90 acquisirebbe un valore punitivo speciale e, dunque, preferito dal Legislatore; pertanto, tale valore punitivo diverrebbe qualitativamente superiore all’ apparato sanzionatorio non speciale dei precedenti quattro commi. Ma, di nuovo, secondo chi scrive, la Prassi non muta e continuano a predominare i cinque criteri-bussola contenuti nel comma 5 Art. 73 TU 309/90. Ognimmodo, la fattispecie della lieve entità è inserita in una clausola probabilmente ed infelicemente troppo indeterminata, anche se l’ applicazione dell’ Art. 15 CP rimane affascinante e, oltretutto, essa risolve alla radice il dubbio di come relazionare i primi quattro commi con il quinto comma dell’ Art. 73 TU 309/90. Talvolta, cambia la struttura teorica delle norme giuridiche, ma l’ utilizzo pratico della fattispecie non è, dopotutto, così contorto.

Una problematica interpretativa molto controbattuta è se la precettività del comma 5 Art. 73 TU 309/90 sia compatibile con il “ caso aggravato “ dello spaccio di più sostanze tra di loro chimicamente diverse

            Alla luce del comma 1 Art. 32 Cost., in tema di sanità collettiva, Cass., sez. pen. IV, 29 settembre 2005, n. 38879 ha asserito che “ nel caso di detenzione di sostanze di differente tipologia, il fatto non può essere considerato di lieve entità, anche a prescindere dal dato quantitativo, trattandosi di una condotta indicativa della capacità dell’ agente di procurarsi sostanze tra di loro eterogenee, e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato dal sistema di incriminazioni previsto dall’ Art. 73 TU 309/90 “. Nello specifico, Cass., sez. pen. IV, 29 settembre 2005, n. 38879 aveva negato all’ imputato il beneficio attenuativo della lieve entità, in tanto in quanto il reo spacciava, contestualmente, eroina, cocaina e morfina e, quindi, per la Corte Suprema, “ tale diversità qualitativa costituisce un indice negativo assorbente nella prospettiva del numero di consumatori che potevano essere i destinatari finali delle droghe “. Dunque, anche Cass., sez. pen. IV, 29 settembre 2005, n. 38879 escludeva la potenziale cogenza del comma 5 Art. 73 TU 309/90 alla luce di un grave danno per la salute pubblica ex comma 1 Art. 32 Cost. . Questo orientamento, sempre nel caso dello spaccio di più sostanze diverse, è stato ribadito anche da Cass., sez. pen. III, 9 ottobre 2014, n. 47671, che dichiarava incompatibile il comma 5 Art. 73 TU 309/90 con la “ pericolosa diversità naturalistica delle sostanze “. Oppure ancora, si pensi a Cass., sez. pen. IV, 15 dicembre 2016, n. 6624, nonché a Cass., sez. pen. III, 5 giugno 2015, n. 26205, che escludono anch’ esse l’ applicabilità del comma 5 Art. 73 TU 309/90 nella sopravvenienza di un grave pericolo per la salute collettiva ex comma 1 Art. 32 Cost. . Molto illuminante è pure Cass., sez. pen. III, 27 marzo 2015, n. 32695, a parere della quale “ la diversità qualitativa dello stupefacente è una circostanza che, da sola, esclude la minima offensività del fatto, perché esprime l’ attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori e la sua capacità di penetrazione nel mercato, specialmente nel caso di uno spaccio molto ben organizzato “.

Il suesposto orientamento giurisprudenziale, negli Anni Duemila, è mutato grazie a Cass., sez. pen. VI, 12 dicembre 2017, n. 8243 ( si vedano anche, nel medesimo solco interpretativo, Cass., sez. pen. VI, 19 dicembre 2017, n. 1428, Cass., sez. pen. VI, 19 settembre 2017, n. 46495 e Cass., sez. pen. IV, 13 luglio 2017, n. 49153 ). Più nel dettaglio, Cass., sez. pen. VI, 12 dicembre 2017, n. 8243, riprendendo e sviluppando Cassazione 6574/2013, ha affermato che il comma 5 Art. 73 TU 309/90 è o non è applicabile a seconda delle circostanze concrete, giacché “ la diversa tipologia di sostanze detenute o cedute non è necessariamente un dato ostativo alla configurabilità della fattispecie della lieve entità, qualora le peculiarità del caso concreto risultino indicative di una complessiva minore portata dell’ attività [ delinquenziale ] svolta, essendo l’ elemento della diversità tipologica idoneo ad escludere l’ ipotesi del fatto lieve soltanto qualora esso sia dimostrativo di una significativa potenzialità offensiva “ . Come si può notare, Cass., sez. pen. VI, 12 dicembre 2017, n. 8243 ha scelto di privilegiare la ratio della contestualizzazione, anziché applicare o meno il comma 5 Art. 73 TU 309/90 sulla base di un automatismo meccanico e formalistico. Il TU 309/90 e, più latamente, l’ intero Ordinamento penale non abbisogna di Magistrati ridotti al rango di calcolatori elettronici. Dunque, anche nella fattispecie della lieve entità, circostanziare il giudizio reca a valutazioni non apodittiche e più garantistiche, che tengano conto di tutti gli aspetti fattuali, i quali non costituiscono per nulla un arido calcolo matematico. Infatti, con lodevole precisione, Cass., sez. pen. III, 4 dicembre 2014, n. 6824 asserisce che “ è necessaria una valutazione complessiva del fatto da parte del giudice di merito, che concerna mezzi, modalità e circostanze dell’ azione, qualità e quantità della sostanza – anche con riferimento specifico alla percentuale di purezza della stessa – poiché solo in tal modo è possibile, in concreto, formulare un effettivo giudizio sulla lieve entità, consentendo, tra l’ altro, il controllo da parte del giudice di legittimità sul percorso giustificativo seguito nel merito, per affermarne o negarne la configurabilità“. D’ altronde, come rimarcato dalla Corte di Cassazione nel quadriennio 2014-2017, il comma 5  Art. 73 TU 309/90 non è connesso soltanto all’ eterogeneità delle sostanze detenute per fini di spaccio. P.e., basti pensare all’ Art. 80 TU 309/90 in tema di aggravanti. La lieve entità sussiste o non sussiste a motivo del singolo contesto concreto, in tanto in  quanto un Magistrato generalista o formalista non potrebbe comprendere la specificità di ciascuna fattispecie delittuosa ex Art. 73 TU 309/90. Il Procedimento Penale non è una dimostrazione geometrica. Cass., sez. pen. VI, 12 dicembre 2017, n. 8243 è uno splendido inno alla fattualizzazione ermeneutica del singolo reato, poiché “ necessita [ per la lieve entità ] di elaborare un’ interpretazione della norma conforme ai principi costituzionali di offensività [ non astratta ] e di proporzionalità “. Nel contesto del comma 5 Art. 73 TU 309/90, il Magistrato è tenuto a valutare ogni pur minimo dettaglio, per evitare qualificazioni troppo rigide, come dimostra, per esempio, il non secondario ruolo dell’ età dell’ eventuale infrattore tossicodipendente. Similmente, si pensi alla tossicomania episodica in età adolescenziale. Oppure, si ponga mente all’ uso di stupefacenti con un principio attivo scarsamente psicotropo.

Un altro eccellente esempio di fattualizzazione e di concretizzazione delle circostanze, sia oggettive sia soggettive, è contenuto in Cass., sez. pen. III, 19 marzo 2014, n. 27064, la quale, nelle Motivazioni, precisa che “ va sottolineato come debba ritenersi ininfluente che alcune pronunzie riconducibili ad un primo orientamento [ Cass., sez. pen. IV, 29 settembre 2005, n. 38879 ] siano state adottate quando la fattispecie di lieve entità era ancora configurata come circostanza attenuante [ … ] perché in tutte le versioni succedutesi nei suoi quasi trent’ anni di vita [ del comma 5 Art. 73 TU 309/90 ], non è mai stata mutata, nel testo di tale disposizione, la descrizione dell’ elemento specializzante ed in particolare dei [ cinque ] parametri funzionali all’ individuazione dei fati di lieve entità “. Analogo parere filo-circostanziante, (iper)contestualizzante e soggettivizzante è rinvenibile pure in Cass., sez. pen. VI, 28 gennaio 2014, n. 9892. In buona sostanza, la Corte Suprema, nel corso del quadriennio 2014-2017, ha esortato gli Operatori giuridici ad applicare il comma 5 Art. 73 TU 309/90 nella misura più estesa possibile, in tanto in quanto, a parere di chi scrive, la ratio della lieve entità costituisce una barriera contro approcci neo-retribuzionistici che, come accade nella Common Law statunitense, sono erroneamente fondati sul binomio concettuale “ droga, quindi carcere “. Infatti, il tossicomane, grazie alla fattispecie di cui al comma 5 Art. 73 TU 309/90, può beneficiare di sanzioni meno pesanti e più conformi al supremo criterio riabilitativo contenuto nel comma 3 Art. 27 Cost. . Il tossicodipendente va curato, non incarcerato sempre e comunque. Anche Cass., SS.UU., 24 giugno 2010, n. 35737 afferma che, in casi di “ minima offensività penale della condotta, [ bisogna  valutare ] anche tutti gli altri parametri [ relativi alla lieve entità ], quindi i mezzi, le modalità, le circostanze dell’ azione ed il dato qualitativo e quantitativo “. Del resto, la specifica storia delinquenziale di un tossicomane o di un pusher va giudicata con criteri personalizzanti, concretizzanti, fattualizzanti e relativizzanti. Egualmente, Cass., SS.UU., 21 giugno 2000, n. 17 reputa, in tema di lieve / non lieve entità, che “la questione non può essere risolta in astratto [ … ] ma deve trovare soluzione caso per caso, con una valutazione che, di volta in volta, tenga conto di tutte le specifiche e concrete circostanze “. Anzi, già ai tempi della prima stesura del TU 309/90, sorprendentemente, Cass., SS.UU. 31 maggio 1991, n. 9148 affermava che l’ applicazione, o meno, della lieve entità “ è il frutto di una valutazione complessiva di tutti i [ cinque ] elementi fattuali selezionati dalla norma [ … ] gli indici qualificanti la lieve entità debbono essere valutati globalmente “. Dunque, tale “ globale valutazione “, difesa da Cassazione 9148/1991, deve equiparare, tra di loro, tutti i cinque parametri, nessuno dei quali può essere ipostatizzato provocando, esso solo, la non precettività del comma 5 Art. 73 TU 309/90. In effetti, il predominio di uno solo dei cinque parametri della lieve entità finirebbe per annichilire o, comunque, limitare altre Norme correlate e non meno importanti, come, per esempio, il prezioso Art. 80 TU 309/90 in tema di aggravanti del fatto. Anche Cass., sez. pen. VI, 23 gennaio 1992, n. 167 relativizzava il giudizio del Magistrato procedente, nel senso che “ ritenere che la valutazione degli indici di lieve entità elencati nel comma 5 Art. 73 TU 309/90 debba essere complessiva, significa abbandonare l’ idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma, allo stesso tempo, tali indici non debbono, tutti indistintamente, avere segno positivo o negativo “. Di nuovo, Cass., sez. pen. VI, 23 gennaio, 1992, n. 167 rifugge l’ idea bambinesca di un Magistrato-calcolatrice che si limiti ad una superficiale e generica ermeneutica letterale dei cinque criteri espressi dal comma 5 Art. 73 TU 309/90. Molto utile, sebbene datata, è pure Cass., sez. pen. IV, 11 maggio 1992, n. 8954, a parere della quale, giustamente, “ la lieve entità del fatto può essere riconosciuta anche in presenza di una non modica quantità di droga, qualora la concreta modalità e la circostanza della condotta ne ridimensionino la rilevanza penale “. Probabilmente, come spesso accade, la Corte di Cassazione, nell’ ambito del TU 309/90, offre interpretazioni ipertrofiche che dovrebbero piuttosto appartenere all’ intervento del Legislatore. Tuttavia, anche con afferenza al comma 5 Art. 73 TU 309/90, la Giurisprudenza di legittimità ha avuto il merito di colmare le lacune de jure condito. Ciò vale soprattutto nella fattispecie delle droghe giovanili, che vedono protagonisti adolescenti o giovani non valutabili con criteri troppo rigidi o formalistici.

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La disciplina dei reati in materia di stupefacenti

Forte della consolidata esperienza degli Autori, l’opera si pone quale strumento utile al Professionista per affrontare la trattazione dei reati in materia di stupefacenti, nell’ambito dell’aula giudiziaria.Aggiornato alla recente giurisprudenza, il volume costituisce una vera e propria guida, privilegiando l’analisi degli aspetti operativi e processuali e fornendo una rassegna giurisprudenziale al termine di ogni singolo capitolo.L’opera si completa di un dettagliato indice analitico che permette un’agevole consultazione, realizzando il diretto richiamo a tutte le singole questioni trattate.Il volume include una rassegna giurisprudenziale al termine di ciascun capitolo.Santi BolognaMagistrato ordinario con funzioni di giudice distrettuale per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta, già Giudice del dibattimento presso la Prima sezione penale del Tribunale di Caltanissetta. Docente, ad incarico, nella materia del Diritto penale presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali costituita dall’Università degli studi di Enna Kore, negli anni accademici 2017-2021. Ha curato la redazione dei Capp. I, III, V.Alessandro BoscoMagistrato ordinario in tirocinio presso il Tribunale di Roma, già abilitato all’esercizio della professione forense. Dottore di ricerca in Diritto pubblico presso l’Università degli studi di Roma «Tor Vergata», Cultore della materia presso l’Università LUISS «Guido Carli» di Roma e l’Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Ha curato la redazione dei Capp. XI, XII, XIII.Alfredo SpitaleriMagistrato dal 2017, è Giudice del Tribunale di Siracusa dove ha svolto fino al 2020 le funzioni di Giudice del dibattimento penale. Si è occupato di numerosi e rilevanti procedimenti in materia di Criminalità organizzata, stupefacenti e reati contro la persona. Attualmente svolge le funzioni di Giudice civile presso lo stesso Tribunale. Ha curato la redazione dei Capp. II, IV, VI, VII, VIII, IX, X.

Santi Bologna, Alessandro Bosco, Alfredo Spitaleri | 2021 Maggioli Editore

42.00 €  39.90 €

Dott. Andrea Baiguera Altieri

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