Gli usi in generale nel diritto privato. In particolare gli usi negoziali

Bruno Enrico 24/05/07
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1. Gli usi normativi come fonte del diritto – 2. Gli usi negoziali. Differenze dagli usi normativi
 
1. Gli usi normativi come fonte del diritto – Gli usi normativi, disciplinati dagli artt. 1 (n.4), 8 e 9 delle preleggi, sono le fonti di cognizione del diritto, ultime nella gerarchia delle fonti, infatti questi hanno efficacia nelle materie espressamente richiamate dalle leggi e dai regolamenti. Gli usi normativi (o giuridici) sono quelli che costituiscono la parte sussidiaria del diritto nelle materie in cui manca del tutto la regolamentazione legislativa[1]. Gli usi normativi sono detti anche consuetudini poichè si formano tramite la ripetizione costante di un dato comportamento (aspetto oggettivo) associato alla convinzione, da parte dei consociati, di osservare un comportamento avente valore giuridico (aspetto soggettivo o psicologico)[2] che globalmente può riassumersi nella massima latina della opinio juris seu (ac) necessitatis.
Alcuni autori obiettano che se a fondamento dell’uso si presuppone una regola vincolante allora l’opinio juris sarebbe superflua[3] essendo sufficiente l’aspetto oggettivo[4], ma in ogni caso l’opinio juris distinguerebbe l’uso normativo dalla prassi, ovvero da quei comportamenti generalmente tenuti da una collettività i quali non sono giuridicizzati (come, ad es., la mancia nei ristoranti, i regali nelle ricorrenze festive o la c.d. prassi amministrativa della P.A.) detti anche "usi di fatto". L’art. 9 delle preleggi, al fine di facilitare la conoscenza degli usi, stabilisce che gli usi si presumono esistenti fino a prova contraria se sono pubblicati nelle raccolte ufficiali degli enti e degli organi a ciò autorizzati, come le raccolte di cui al D.l. C.p.S. n.152/1947 e la L. n. 115/1950.
Gli usi richiamati da leggi e regolamenti, così come stabilisce l’art. 8 delle preleggi sono usi secundum legem mentre quegli usi, sempre normativi, che esistono e che sono autonomi rispetto a qualsivoglia legge o regolamento sono detti usi praeter legem. In quanto inseriti nella gerarchia delle fonti del diritto, che è rigida, gli usi che non sono ammessi nel nostro ordinamento sono quelli contra legem. Sono quindi applicabili ai contratti gli usi secundum legem ed anche quelli praeter legem, nei casi in cui nessuna norma puntuale dispone il rinvio, mentre non possono essere applicati gli usi contra legem anche nei casi un cui quest’ultimi dispongano in modo difforme rispetto ad una norma di legge derogabile. La derogabilità della norma vale infatti per l’autonomia privata e non di fronte all’uso normativo che, in quanto tale, è sempre una fonte subordinata alla legge[5]
Esempi di usi normativi sono quelli previsti dall’art. 892 cc in materia di distanze di alberi dal confine del terreno, dall’art. 1374 cc come fonte eteronoma, insieme all’equità, di integrazione del contratto. Esempi noti di usi normativi giurisprudenziali sono il c.d. segreto bancario, gli usi di borsa, la prestazione che il giocatore deve al croupier. Nonostante gli usi c.d. integrativi, richiamati dall’art. 1374 cc, siano ritenuti appartenere, da alcuni autori[6], alla categoria degli usi negoziali, è preferibile l’opinione di chi[7] sostiene che gli usi (normativi), in quanto richiamati da tale articolo che ne determina l’ambito di efficacia, hanno, secondo le intenzioni del legislatore, un ruolo di fonte generale di regolamentazione del contratto in conformità all’art. 8 delle preleggi il quale ne subordina l’efficacia in quanto siano richiamati dalle leggi e dai regolamenti. Secondo un’opinione considerata dominante, gli usi normativi, richiamati dall’art. 1374 cc, potrebbero essere derogati dalla volontà delle parti poiché unico limite alla volontà privata sarebbe costituito dai limiti della legge, dell’ordine pubblico e del buon costume (art. 1343 cc). Bisogna considerare però che l’art. 1374 cc è norma imperativa inderogabile e quindi le parti potranno al massimo derogare a singoli usi, magari a quelli praeter legem, ma non derogare all’art. 1374 cc.  
 
2. – Gli usi negoziali. Differenze dagli usi normativi -Le clausole d’uso o gli usi negoziali o contrattuali, previsti dall’art 1340 cc, s’intendono inseriti in modo automatico nel contratto "se non risulta che non sono state volute dalle parti" e si distinguono da quelli interpretativi, espressamente previsti, dall’art. 1368 cc, e da quelli individuali, quest’ultimi validi solo tra singoli contraenti.
In dottrina e giurisprudenza, in realtà, non ci sono uniformità di vedute riguardo la natura normativa o contrattuale (negoziale) degli usi così come previsti dall’art. 1340 cc. Gli usi contrattuali si formerebbero in base alla diffusione di determinate pattuizioni in una certa zona e per certi tipi contrattuali. Per certa zona s’intende zona geografica ma, con la diffusione sempre più massiccia dei mezzi di comunicazione e telecomunicazione di massa, con i quali si fanno, abitualmente, scambi commerciali che coinvolgono sempre di più molti utenti, come ad es., la rete internet (si pensi anche alle aste in rete), il collegamento col territorio può essere magari sostituito dall’"ambiente virtuale" in cui si fanno le contrattazioni. In ogni caso gli usi negoziali avrebbero un minus quam rispetto a quelli normativi, ovvero non dovrebbero ricorrere tutti i requisiti previsti dall’art. 8 delle preleggi, ovvero non devono essere in alcun modo fonti sussidiarie di diritto ed inoltre costituirebbero mezzi di interpretazione della volontà dei contraenti ambiguamente espressa o di integrazione della stessa con la clausola che, abitualmente praticata nella zona (o ambiente), si presume voluta dalle parti anche se non è stata espressamente richiamata[8]. L’uso contrattuale ha il potere di vincolare i contraente anche quando non ha il carattere della generalità ed anche all’interno di categorie di singoli operatori commerciali si tende a creare usi modellati sulle rispettive esigenze piuttosto che recepire usi normativi dalle raccolte. L’uso negoziale, così come è stato descritto, ha funzione integrativa dell’accordo e dovrebbe prevalere sulle disposizioni legali suppletive e derogare alle norme di legge dispositive, nonostante il contrario avviso di certa giurisprudenza. Non sono mancate opinioni opposte che, ritenengono l’uso di cui all’art. 1340 cc, avente carattere normativo e quindi sempre prevalente, in base agli artt. 1 e 8 delle preleggi, sulla legge in tutti i casi, sia essa inderogabile, sia derogabile perché suppletiva o integrativa. In effetti è stato notato che l’inserzione automatica di clausole d’uso così come prevista dall’art. 1340 cc a prescindere dalla conoscenza di queste da parte dei contraenti sia più in linea con la natura normativa degli usi in questione piuttosto che con quella negoziale che fa salve le disposizioni di legge, anche quelle derogabili. Ma se si ritiene che le clausole d’uso di cui all’art. 1340 cc, hanno natura negoziale, come appare più corretto, si può operare una distinzione tra gli usi di cui all’art. 1374 cc, e tra le clausole di cui all’art. 1340 cc, altrimenti quest’ultimo articolo, in materia di usi, costituirà un semplice doppione dell’art. 1374 cc. La tesi della natura negoziale degli usi, secondo l’art. 1340 cc, metterebbe in luce gli usi in quanto fonte autonoma (e non eteronoma come gli usi richiamati dall’art. 1374 cc) del rapporto contrattuale, poiché, come già detto, non è raro che categorie di operatori commerciali tendano ad inventare sulla base dei loro rapporti determinate categorie di usi piuttosto che recepirli dalle raccolte. Ciò non toglie che qualora tali usi negoziali acquisiscano il carattere della generalità possano diventare usi normativi a tutti gli effetti. Naturalmente se l’uso si identifica con una clausola vessatoria questo dovrà essere approvato, specificatamente o individualmente, così come previsto dall’art. 1469ter, n.ri 3 e 4 del codice civile.
Gli usi aziendali sono usi negoziali particolari che si formano secondo una prassi aziendale ovvero secondo un comportamento reiterato del datore di lavoro in una singola azienda o gruppo di aziende. Tali usi possono integrare o derogare una o più clausole della contrattazione collettiva solo in senso favorevole per i lavoratori. Autorevole giurisprudenza ha inoltre affermato la spontaneità del comportamento datoriale anche nei confronti di una sola collettività più o meno ampia di destinatari[9].
Gli usi individuali sono quelli che si instaurano tra determinati contraenti e che secondo alcuni apparterrebbero essenzialmente alla categoria degli usi interpretativi. Secondo alcuni la caratteristica principale sarebbe quella di una limitata diffusione tra le categorie di soggetti, come nel caso di usi aziendali limitati appunto all’interno di una sola azienda. Tali usi, indubbiamente negoziali anche se in funzione di interpretazione[10], sono caratterizzati dal fatto di avere funzione di criterio ermeneutico di carattere sussidiario[11], e benché la norma dell’art. 1368 cc si riferisca alla pratica generale del luogo in cui il contratto è stato concluso, si ritiene, da autorevole dottrina[12], che tali usi interpretativi rilevano anche nei casi in cui si tratta di uso speciale, cioé "osservato da una determinata categoria di contraenti, pur se non locale". Peraltro la menzione dell’uso nel regolamento contrattuale è necessaria solo se le parti non hanno voluto la sua applicazione. Il luogo, menzionato dalla norma, è quello della sede dell’impresa che diversifica tali usi dalle clausole negoziali in base all’art. 1340 cc. Naturalmente l’onere di provare (l’esistenza del) l’uso è a carico di colui il quale vuole avvalersene.
 
Dott. Enrico Bruno
 
 
Bruno Enrico, “Gli usi in generale nel diritto privato. In particolare gli usi negoziali”, in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo https://www.diritto.it, ISSN 1127 – 8579, Maggio 2007, pag. 3
https://www.diritto.it/articoli/privato/enrico_bruno.htm e segg.
 


[1] Cass. 12.06.1963, n.1572
[2] Trimarchi P. – Istituzioni di dir.priv., pag. 7, XII edizione, Giuffrè
[3] Gazzoni F. – Manuale, pag 30, XI edizione, E.S.I.
[4] Bianca m. – Il contratto, pag. 336, edizione del nov.1994, Giuffrè
[5] Gazzoni F. – Manuale, pag 772
[6] Alpa G. Istituzioni di dir.priv., pag.30, III edizione, 2001 Utet
[7] Gazzoni F., manuale, pag.771
[8] Cass. 12.06.1963 n. 1572, Cass. 21.11.1983, n. 6631
[9] Cass. 7.08.1998, n. 7774
[10] Bianca m. – Il contratto, pag. 410, edizione del nov.1994, Giuffrè
[11] Cass. 14.06.1991, n. 6752
[12] Gazzoni F., manuale, pag.1054 Ed. 2004
 

Bruno Enrico

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