Forma dell’autentica di firma del verbale di negoziazione assistita e illeciti disciplinari del notaio

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 Cassazione 2^ sezione civile, 21 gennaio 2020, n.1202

 

Massima redazionale.

Nell’ipotesi in cui un verbale di negoziazione assistita tra coniugi, secondo la procedura disciplinata dal D.L. n. 132 del 2014, contenga un accordo che preveda trasferimenti di diritti reali su immobili, in base al combinato disposto dell’art. 5, comma 3, e dell’art.6 del D.L., risulta necessaria, per effettuare la trascrizione dell’atto di trasferimento immobiliare incorporato nell’accordo di separazione o divorzio, oltre all’autentica delle firme rimessa agli avvocati, anche l’ulteriore autenticazione delle sottoscrizioni del processo verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, non potendosi riconoscere analogo potere certificativo agli avvocati che assistono le parti. E ciò anche in conformità con quanto disposto dall’art. 2657 c.c., comma 1.

È dunque da escludersi che possa essere sufficiente una c.d. “autentica minore”, avente forma identica a quella in uso per l’autentica formale prevista dall’art. 72 l. n., con lettura alle parti della scrittura dell’orario di sottoscrizione, ma senza indicazione dei numeri di repertorio e di raccolta. Il notaio, pertanto, incorre nell’illecito disciplinare contemplato dagli artt. 62 l.n. (che impone l’iscrizione degli atti al repertorio) e 72 l.n. (che disciplina le forme dell’autentica), avendo egli sia l’obbligo principale di procedere nelle forme previste dall’art. 2703 c.c., sia quelli conseguenti e correlati di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 l. n., di conservazione e raccolta ex art. 72 l.n. 89 del 1913, nonchè di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ex artt. 2643 e 2671 c.c..

Questo tipo di condotta, anche se tenuta una sola volta nella vita professionale del notaio, è di per sé idonea a compromettere il decoro dell’intera classe notarile, venendosi così a configurare l’illecito oggetto dell’art. 147, lett. a), l.n., in relazione all’art. 2671 c.c., risultando disattesi i più elementari canoni di diligenza professionale, con la violazione delle regole fondamentali poste a tutela del principio di autenticità del titolo della trascrizione, la cui essenziale ragione risiede nell’esigenza di assicurare un adeguato controllo sulla legalità sostanziale dell’atto oltre che sulla capacità e legittimazione delle parti.

Allorché l’operato negligente del notaio sia fondato, come nel caso di specie, sull’erroneo presupposto che il verbale di accordo autenticato non fosse da considerarsi un atto notarile, viene a concretizzarsi la fattispecie dell’omessa iscrizione dell’atto a repertorio ex art. 62 l.n., nonché dell’omessa tenuta a raccolta dello stesso, come imposto dall’art. 72 l.n. per le scritture private autenticate soggette a pubblicità immobiliare. Ne consegue che la condotta ricade nell’illecito disciplinare di cui all’art. 137 L. n. e non in quella di cui al successivo art. 138, lett. c), che presuppone l’inserimento nella raccolta dal notaio o che sia depositato presso di lui e che, successivamente, venga distrutto o disperso per negligenza nella sua conservazione materiale

Il caso.

Un notaio aveva proposto reclamo avverso la decisione dalla Commissione regionale di disciplina (Co.Re.Di.), con la quale, previa concessione delle circostanze attenuanti di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 144 (nel prosieguo, per brevità, legge notarile o l.n.), erano state comminate nei suoi riguardi varie sanzioni pecuniarie a fronte di altrettante rilevate irregolarità, consistenti nella violazione dell’art. 62 l.n. (che impone l’iscrizione degli atti al repertorio), dell’art. 72 l.n. (che disciplina le forme dell’autentica), dell’art. 138, lett. c), l.n. (che sanziona la negligenza del notaio nella conservazione degli atti), dell’art. 147, lett. a), l.n. (per avere il notaio compromesso il decoro e il prestigio della funzione notarile).

La vicenda prende le mosse dall’autentica delle sottoscrizioni di due coniugi in calce al verbale dell’accordo di separazione personale concluso ai sensi del D.L. n. 132 del 2014, art. 6, convertito in L. n. 162 del 2014, che conteneva non soltanto la regolamentazione degli aspetti personali della separazione riguardanti i coniugi, l’affidamento condiviso del figlio minore di età, la determinazione dell’assegno mensile dovuto dal marito per il mantenimento del minore, ma anche il trasferimento in favore della moglie della proprietà della quota di metà dell’immobile adibito a casa coniugale, dietro corrispettivo di una somma di denaro e con accollo dell’obbligo di pagamento del mutuo ipotecario, nonché con la previsione dell’obbligo della moglie di curare la trascrizione del verbale presso l’agenzia del territorio servizio di pubblicità immobiliare.

In calce alla scrittura privata con la firma dei coniugi autenticata dagli avvocati, il notaio aveva apposto  la propria autentica con una forma identica a quella in uso per l’autentica formale prevista dall’art. 72 l. n., con lettura alle parti della scrittura dell’orario di sottoscrizione, ma senza indicazione dei numeri di repertorio e di raccolta. E ciò perché, secondo il notaio, si trattava di un’autentica cosiddetta minore, cioè quella che non implica il necessario controllo di legalità dell’atto. Pur avendo poi il pubblico ministero rilasciato la propria autorizzazione, il conservatore rifiutava la trascrizione del verbale di accordo dandone notizia al consiglio notarile. Ne era quindi conseguito il procedimento disciplinare, avendo il consiglio notarile ritenuto di contestare al notaio l’illegittimità del suo comportamento, per avere ricevuto senza le prescritte formalità un atto notarile di trasferimento, in forza del quale il marito cedeva alla moglie i propri diritti sull’abitazione familiare.

La commissione regionale di disciplina aveva a sua volta considerato il notaio come colpevole inadempimento delle modalità con cui doveva essere effettuata, ai fini dell’art. 2657 c.c., l’autentica richiesta dalla L. n. 162 del 2014, art. 5, comma 3. E ciò perché, secondo l’incolpazione, il notaio avrebbe effettuato un’autentica del verbale dell’accordo di separazione senza rispettare le modalità previste dall’art. 72 l.n. e senza procedere all’iscrizione a repertorio, alla conservazione dell’atto a raccolta e senza neanche curarne la trascrizione, malgrado tale incombente fosse stato espressamente previsto e posto a carico di uno dei coniugi. La condotta avrebbe dunque integrato  oltre alla violazione degli artt. 62 e 72 e 138, lett. c), l.n., anche una grave violazione dell’art. 147, lett. a), della medesima legge, avendo compromesso il decoro e il prestigio della classe notarile. E ciò in quanto, secondo l’impianto accusatorio, il ruolo del notaio nella negoziazione assistita è finalizzato alla trascrizione dei negozi di trasferimento immobiliare, mentre il modo con cui il notaio aveva in concreto agito era apparso sbrigativo, sintomatico dell’intento di accaparramento di clientela, con il conseguente discredito della funzione notarile.

La Corte d’Appello ha poi rigettato integralmente il reclamo proposto dal notaio, riconoscendo così la sussistenza delle violazioni, e rilevando, in particolare, che l’interpretazione del D.L. n. 132 del 2014, artt. 5 e 6 e degli artt. 2657 e 2703 c.c. fosse coerente con la funzione del notaio che, anche nel procedimento di negoziazione assistita, avrebbe il dovere di autenticare la sottoscrizione degli accordi aventi ad oggetto trasferimenti immobiliari, esercitando i tradizionali controlli di legalità per assicurare certezza nella circolazione dei beni immobili. Al contrario, nel caso in esame, era incontroverso che che il notaio avesse autenticato il verbale recante l’accordo di separazione consensuale in maniera difforme da quella prevista dall’art. 2703 c.c. e dall’ art. 72 legge notarile, nonché, ai fini della trascrizione, dall’art. 2657 c.c.. Né poteva ritenersi accoglibile la tesi difensiva del notaio, secondo cui, quella in questione, andava considerata quale autentica cosiddetta minore. Invero, per la Corte d’Appello, trattandosi di un atto di trasferimento immobiliare doveva reputarsi necessaria l’autentica ai sensi dell’art. 72 legge notarile, che impone al notaio il controllo di legalità e il divieto di ricevere e autenticare atti espressamente proibiti dalla legge, manifestamente contrari al buon costume e all’ordine pubblico ex art. 28 l.n.. Modalità di autentica, questa, che comporta altresì il conseguente obbligo di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 l.n. di conservazione e raccolta ex art. 138 della medesima legge, nonchè quello di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ai sensi dell’art. 2671 c.c..

Non avendo il notaio assolto a tali obblighi, era incorso così negli illeciti disciplinari contestati, in quanto solo a seguito della ripetizione dell’atto di trasferimento, a oltre tre mesi dal rilascio dell’autorizzazione da parte del pubblico ministero, aveva proceduto alla trascrizione del verbale dell’accordo di separazione personale. La sua condotta, inoltre, aveva pure compromesso il decoro e il prestigio della classe notarile, violando l’art. 147, lett. a), l.n.. Disattendendo infatti le regole fondamentali poste a tutela del principio di autenticità del titolo e della trascrizione, aveva posto in essere plurime violazioni nella formazione del titolo, così rendendosi responsabile anche della compromissione del decoro e del prestigio della classe notarile, atteso l’innegabile svilimento della funzione del notaio agli occhi delle parti e anche del conservatore.

Il notaio ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza, affidando l’impugnazione a sette motivi.

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I principi di diritto.

La sentenza della Corte di Cassazione in commento pone varie questioni di diritto. I profili che più interessano ai fini della presente trattazione sono quelli concernenti sia la configurazione degli illeciti contestati in rapporto alla interpretazione coordinata degli artt. 5, comma 3, e 6 l.n. 162 del 2014 e 2657 c.c. e sia il principio di tassatività ai fini della trascrizione e del titolo necessario alla sua esecuzione (art. 2657 c.c.), con riferimento al verbale di negoziazione assistita[1]. Al riguardo, la Suprema Corte ha esaminato espressamente la tesi della c.d. autentica minore, confutandola. Il D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modifiche dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, infatti, hanno sostenuto i giudici di legittimità, ha introdotto nel nostro ordinamento la fattispecie della procedura di negoziazione assistita da avvocati, quale nuovo strumento di composizione amichevole delle liti. L’art. 5 del D.L. dispone che l’accordo di composizione della controversia debba essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, i quali certificano l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Il comma 3 del citato art. 5 prevede inoltre che, quando le parti, tramite l’accordo, concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, come nel caso di un negozio traslativo di diritti reali su immobili, per procedere alla trascrizione dello stesso è necessario che la sottoscrizione del processo verbale di accordo sia autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Con la procedura di negoziazione assistita si può addivenire anche a soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, nonchè di modifica delle condizioni di separazione e divorzio. A tal proposito, l’art. 6 del D.L. prevede un procedimento articolato in più fasi, caratterizzato dalla necessaria presenza di almeno un avvocato per parte e dal coinvolgimento del Procuratore della Repubblica. In detta ipotesi, il comma 3 dell’art. 6 stabilisce che l’accordo perfezionatosi con la convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Nell’accordo occorre dare atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno pure informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. Dal conto suo, l’avvocato ha l’obbligo di trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni contemplate nell’art. 5.

Poiché è lo stesso impianto normativo a disciplinare i poteri certificativi dell’avvocato nell’ambito della negoziazione assistita delle separazioni e dei divorzi, rinviando a quanto dispone in materia l’art. 5 (che, lo si ribadisce, in caso di trasferimenti immobiliari prevede, ai fini della trascrizione dell’accordo, che la sottoscrizione del verbale sia autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato) ne deriva che, dal  combinato disposto dell’art. 5, comma 3, e dell’art.6 del D.L. n. 132 del 2014, risulta necessaria, per effettuare la trascrizione dell’atto di trasferimento immobiliare (eventualmente) incorporato nell’accordo di separazione o divorzio, l’ulteriore autenticazione delle sottoscrizioni del processo verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, non potendosi riconoscere analogo potere certificativo agli avvocati che assistono le parti. E ciò anche in conformità con quanto disposto dall’art. 2657 c.c., comma 1, secondo cui “la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente”. È dunque da escludersi che possa essere sufficiente una c.d. “autentica minore”, perché, nell’ipotesi di trasferimento immobiliare, ai fini della pubblicità immobiliare e della certezza nella circolazione giuridica dei beni, il legislatore ha considerato insufficiente sia il potere di certificazione e autenticazione delle firme sia il controllo di legalità da parte degli avvocati che procedono alla negoziazione assistita, e ha altresì ribadito  espressamente che, quando nell’accordo è compreso un contratto o un atto soggetto a trascrizione, è necessaria l’autenticazione del processo verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. In definitiva, il legislatore non ha inteso derogare alla regola della previa autentica delle scritture private ai fini della trascrizione, perché la necessità di un controllo pubblico rappresenta un principio essenziale e cardine del sistema della pubblicità immobiliare e del complesso sistema delle trascrizioni e delle intavolazioni diretto a garantire la certezza dei diritti. Peraltro, l’art. 2657 è strettamente connesso ad altre disposizioni del codice civile, e tra queste in particolare sia quelle che attribuiscono la competenza al ricevimento degli atti pubblici, o all’autenticazione delle scritture private, al notaio o ad altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (artt. 2699 e 2703 c.c.), e sia quella che impone al conservatore l’obbligo di rifiutare la trascrizione se il titolo non abbia i requisiti prescritti dalla legge (art. 2674 c.c.). Norme, queste, a loro volta, strettamente correlate con le disposizioni della legge notarile (L. 16 febbraio 1913, n. 89), con il risultato di delineare un quadro normativo articolato da cui emergono i tratti caratterizzanti del sistema di pubblicità immobiliare, anche sotto il profilo delle condizioni cui è subordinata la trascrizione, di un determinato titolo, nei registri immobiliari.

E non si tratta di aspetti meramente formali. Infatti, se ai fini della trascrizione dell’accordo, ai sensi del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122, il notaio è tenuto attestare la coerenza dei dati catastali con le risultanze dei registri immobiliari e con lo stato di fatto dell’immobile, tale dovere dipende dal fatto che i dati catastali costituiscono elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali, sicché, l’omissione della dichiarazione prevista dalla norma citata, determina la nullità assoluta dell’atto, avendo la disposizione una chiara finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale. Il che implica la responsabilità disciplinare del notaio che violi le prescrizioni formali relative all’atto.

La Suprema Corte ha quindi affermato il seguente principio di diritto: “ogni qualvolta l’accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 6, conv. in L. n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell’accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l’autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 3”.

Ne deriva la sussistenza dell’illecito disciplinare contestato al notaio, avendo egli sia l’obbligo principale di procedere nelle forme previste dall’art. 2703 c.c., sia quelli conseguenti e correlati di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 l. n., di conservazione e raccolta ex art. 72 l.n. 89 del 1913, nonchè di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ex artt. 2643 e 2671 c.c..

Questo tipo di condotta, anche se tenuta una sola volta nella vita professionale del notaio, è di per sé idonea a compromettere il decoro dell’intera classe notarile, venendosi così a configurare l’illecito oggetto dell’art. 147, lett. a), l.n., in relazione all’art. 2671 c.c., risultando disattesi i più elementari canoni di diligenza professionale, con la violazione delle regole fondamentali poste a tutela del principio di autenticità del titolo della trascrizione, la cui essenziale ragione risiede nell’esigenza di assicurare un adeguato controllo sulla legalità sostanziale dell’atto oltre che sulla capacità e legittimazione delle parti.

Infine, allorché l’operato negligente del notaio sia fondato, come nel caso di specie, sull’erroneo presupposto che il verbale di accordo autenticato non fosse da considerarsi un atto notarile, viene a concretizzarsi la fattispecie dell’omessa iscrizione dell’atto a repertorio ex art. 62 l.n., nonché dell’omessa tenuta a raccolta dello stesso, come imposto dall’art. 72 l.n. per le scritture private autenticate soggette a pubblicità immobiliare. Ne consegue che la condotta ricade nell’illecito disciplinare di cui all’art. 137 L. n. e non in quella di cui al successivo art. 138, lett. c), che presuppone l’inserimento nella raccolta dal notaio o che sia depositato presso di lui e che, successivamente, venga distrutto o disperso per negligenza nella sua conservazione materiale, come ha affermato, nel concludere la decisione, la Suprema Corte accogliendo soltanto il settimo motivo di ricorso.

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Note

[1] Aspetti, questi, esaminati da F. Picardi, I trasferimenti immobiliari in sede di negoziazione assistita, in ilfamiliarista.it, fasc., 1 Aprile 2020, pp. 1 ss., ma soprattutto F. Frezza, Il titolo per la trascrizione del verbale di negoziazione assistita e la tassatività dell’art. 2657 c.c, in Il Diritto di Famiglia e delle Persone, II, fasc. 3, 2020, 831 ss. La decisione è stata annotata anche da R. Villani, Responsabile il notaio che omette di autenticare l’accordo tra coniugi avente ad oggetto il trasferimento di diritti su immobili, in Diritto & Giustizia, fasc. 15, 2020, pp. 6 ss.    

Aurora Giovanna Ruffo

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