1. Premessa introduttiva
Innanzitutto occorre affermare che per semplificazione amministrativa significa rendere più chiaro, facile, comprensibile e snello il funzionamento della P.A.
In particolare semplificare l’azione amministrativa vuol dire tagliare passaggi procedurali, controlli, adempimenti inutili, cioè eliminare tutto quello che è superfluo o addirittura dannoso per il funzionamento della pubblica amministrazione.
Il problema è che spesso non si può tagliare, perché certi adempimenti non si possono eliminare senza provocare danni maggiori dei vantaggi dell’eventuale semplificazione. In questi casi semplificare significa saper trovare modi diversi, più semplici, rapidi ed economici per ottenere lo stesso risultato garantito da quel particolare passaggio procedurale, controllo, adempimento. In questo ultimo senso, semplificare l’azione amministrativa vuol dire cercare di raggiungere l’obiettivo fissato dalle norme con modi diversi in quanto più semplici ed efficienti di quelli tradizionali. La semplificazione pertanto non è un fine, ma un mezzo per migliorare il rapporto tra cittadini e P.A. cosicché la stessa azione amministrativa sia efficiente, rapida ed economica.[1]
Detto ciò, per molti anni i certificati[2], documenti amministrativi[3], ecc. sono stati interpretati,
giustamente, come il simbolo di una amministrazione “pesante” basata sulla cd burocratizzazione amministrativa a scapito dei cittadini e delle imprese.
Con il passare del tempo le politiche di semplificazione hanno portato i loro frutti. In primo luogo sono stati ridotti gli oneri amministrativi, (in tal senso un ruolo chiave è stato assunto dall’autocertificazione), e in secondo luogo, nell’ultimo decennio, un apporto significativo è derivato dalla digitalizzazione, per quel che concerne lo snellimento e la velocizzazione dei rapporti tra P.A. e utenti.
Sul principio di semplificazione la Corte Costituzionale (n. 164 del 2012) ha affermato che lo stesso debba essere, senza dubbio, catalogato nel novero dei principi fondamentali dell’azione amministrativa e cioè finalizzato alla implementazione dei canoni di efficienza ed efficacia delle pubbliche amministrazioni, in ossequio ai principi di buon andamento e imparzialità sanciti nell’art. 97 della Cost., mediante l’introduzione di nuovi istituti dell’azione amministrativa e lo svecchiamento di altri già esistenti.[4]
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Le responsabilità della pubblica amministrazione
L’opera nasce con l’intento di offrire al lettore (Magistrato, Avvocato, Funzionario pubblico) una guida indispensabile per affrontare un tema cui sono sottese sempre nuove questioni: quello delle ipotesi di responsabilità dell’amministrazione pubblica. Avuto riguardo ai più recenti apporti pretori e alla luce degli ultimi interventi del Legislatore (L. 9 gennaio 2019, n. 3, cd. Legge Spazzacorrotti), il taglio pratico-operativo del volume offre risposte puntuali a temi dibattuti sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo processuale. L’opera, che si articola in 23 capitoli, tratta i temi della responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo, da comportamento illecito, per l’inosservanza del termine del procedimento, sotto il profilo amministrativo-contabile, in materia urbanistica ed edilizia, per attività ablative, nella circolazione stradale, per danno da illecito trattamento dei dati personali, di tipo precontrattuale, in ambito scolastico. Si affrontano ancora, oltre al tema del danno all’immagine della P.A., i temi della responsabilità: disciplinare del dipendente pubblico; dirigenziale; dei dipendenti pubblici per la violazione delle norme sulla incompatibilità degli incarichi; delle Forze armate; della struttura sanitaria pubblica per attività posta in essere dal medico; delle authorities finanziarie; nell’amministrazione della giustizia. Affiancano la materia dell’amministrazione digitale – i cui profili di novità ne rendono indispensabile la conoscenza – i temi della responsabilità nel diritto europeo, della responsabilità dello Stato per la violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e, infine, della responsabilità penale della pubblica amministrazione. Il lettore che voglia approfondire temi di suo interesse è aiutato nell’attività di ricerca dalla presenza di una “Bibliografia essenziale” che correda ogni capitolo del volume. Giuseppe CassanoDirettore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato nell’Università Luiss di Roma. Studioso dei diritti della personalità, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato oltre un centinaio di opere in tema, fra volumi, trattati, saggi e note.Nicola PosteraroAvvocato, dottore e assegnista di ricerca in Diritto Amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano, è abilitato allo svolgimento delle funzioni di professore associato di diritto amministrativo e collabora con le cattedre di diritto amministrativo, giustizia amministrativa e diritto sanitario di alcune Università. Dedica la sua attività di ricerca al diritto amministrativo e al diritto sanitario, pubblicando in tema volumi, saggi e note.
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2. Panorama normativo
Terminata questa breve parentesi introduttiva, il procedimento di snellimento dell’azione amministrativa, affinché la stessa sia più efficace, efficiente ed economica, è iniziato nel 1968 con la legge n. 15 la quale, in modo innovativo per l’epoca, ha introdotto nell’art. 2 le cd dichiarazioni sostitutive ed è terminato, per l’oggetto della presente materia, nel 2000.
L’anno che ha segnato, comunque, la svolta è sicuramente il 1990 poiché il legislatore ha emanato la legge n. 241 (legge sul procedimento amministrativo) dedicando un’intero Capo e più precisamente il quarto (art. 14-21) alla semplificazione amministrativa introducendo una serie di istituti come i) la conferenza dei servizi (art. 14), ii) gli accordi fra pubbliche amministrazioni (art. 15), iii) il silenzio devolutivo (art. 17), iv) l’autocertificazione (art. 18), v) la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), vi) il silenzio assenso (art. 20).
Successivamente un’accellerazione, sulla tematica analizzata, si è avuta con il cd “pacchetto Bassanini” che comprende, sostanzialmente, tre leggi, la n. 59 del 1997, la n. 127 del 1997 e la n. 191 del 1998. In attuazione all’art. 1 della legge n. 127 del 1997 è stato emanato il D.P.R. n. 403 del 1998 “semplificazione delle norme sulla documentazione amministrativa”.
E’ bene affermare che con l’art. 3 della legge n. 127 si erano già introdotte disposizioni di immediata semplificazione, sia in materia di autocertificazione, sia in tema di domande rivolte a pubbliche amministrazioni al fine di accedere a pubblici impieghi: i) in primo luogo, le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere certificazioni relative a stati o fatti contenuti nei documenti di riconoscimento: ii) in secondo luogo, cognome, nome, luogo di nascita, cittadinanza, stato civile e residenza attestati in documenti di riconoscimento in corso di validità, hanno lo stesso valore probatorio dei corrispondenti certificati; iii) è stata inoltre eliminata la necessità di autenticazione della firma in sede di autocertificazione, affermandosi altresì che ogni istanza rivolta ad amministrazioni pubbliche o a gestori di pubblici servizi, se sottoscritta in presenza del dipendente addetto, non è soggetta ad autentica. Inoltre, con modifica introdotta dalla successiva legge n. 191, si è consentita la presentazione di istanza anche non sottoscritta in presenza del dipendente pubblico, purché accompagnata da fotocopia del documento di identità dell’istante: iv) infine, si è provveduto ad eliminare l’autenticazione della sottoscrizione nelle domande di partecipazione a concorsi o ad altre procedure selettive volte a costituire rapporti di lavoro con pubbliche amministrazioni[5].
Nel 2000 è stato adottato il D.P.R. 445, denominato “testo unico[6] delle disposizioni legislative e regolamenti in materia di documentazione amministrativa”[7] il quale ha provveduto ad abrogare il D.P.R. n. 403 del 1998.
3. L’autocertificazione nel T.U n. 445 del 2000
Il D.P.R. n. 445 del 2000 ha “novellato” l’aspetto burocratico italiano attraverso, ormai, il vero e proprio diritto all’autocertificazione che altro non è che una dichiarazione in base alla quale il cittadino può certificare unilateralmente i dati riportati in determinati, per esempio, certificati, avendone la stessa efficacia giuridica.
A completamento del dettato normativo è stata emanata la legge n. 183 del 2011 attraverso la quale le pubbliche amministrazioni non potranno più chiedere o accettare certificati, i quali avranno solo validità tra privati, che dovranno essere sempre sostituiti da autocertificazioni.
Per quanto sopra, a giudizio di chi scrive, tra la P.A. e il cittadino si è instaurato un vero e proprio rapporto di fiducia che, comunque, può sfociare in sanzioni penali in caso di dichiarazione menzoniere.
Chiarito ciò, le autocertificazioni sono di due tipologie e più precisamente, dichiarazione sostitutiva di certificazione e dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
La prima, a norma dell’art. 1, let. g) del D.P.R. in parola è il documento, sottoscritto dall’interessato, prodotto in sostituzione di un certificato. In base al contenuto di cui all’art. 46 del testo unico, possono essere comprovati, tramite dichiarazione sostitutiva di certificazione, i seguenti stati, qualità personali e fatti: a) data e luogo di nascita; b) residenza; c) cittadinanza; d) godimento dei diritti civili e politici; e) stato di celibe, coniugato, vedevo o stato libero; f) stato di famiglia; g) esistenza in vita; h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente; i) iscrizioni in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni; l) appartenenza a ordini professionali; m) titolo di studio, esami sostenuti; n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica; o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali; p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto; q) possesso e numero del codice fiscale, della partita iva e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria; r) stato di disoccupazione; s) qualità di pensionato e categoria di pensione; t) qualità di studente; u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili; v) iscrizioni presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo; z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio; aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano le applicazioni di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa; bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali; bb bis) di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001; cc) qualità di vivenza carico; dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile; ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.
La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è, ai sensi dell’art. 1, let h), il documento sottoscritto dall’interessato, concernenti stati, qualità personali e fatti, che siano di diretta conoscenza di questi, resa nelle forme previste dal presente testo unico.
A mente dell’art. 47 l’atto di notorietà concernente quanto ora citato è sostituito da dichiarazione sostitutiva prevedendo il comma 2 che la dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza sancendo, altresì, che salvo le eccezioni previste dalla legge nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’art. 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (comma 3).
Le dichiarazioni sostitutive di certificazione, come poc’anzi affermato, devono essere sottoscritte dall’interessato (art. 46) mentre, ai sensi del combinato degli artt. 47, 38[8], le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà da produrre agli organi dell’amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità[9] del sottoscrittore.[10]
La dichiarazione nel caso in cui il dichiarante non sappia firmare o non possa firmare è raccolta dal pubblico ufficiale previo accertamento dell’identità dello stesso e sarà efficace purché il pubblico ufficiale attesti che la stessa è stata a lui resa dall’interessato in presenza di un impedimento a sottoscrivere (art. 4, comma 1).
Quest’ultimo articolo al comma 2 disciplina anche l’evenienza in cui via sia l’impedimento temporaneo per ragioni connesse allo stato di salute. In questo caso la dichiarazione è sostituita dalla dichiarazione, contenente espressa indicazione dell’esistenza di un impedimento, resa dal coniuge o, in sua assenza, dai figli o, in mancanza di questi, da altro parente in linea retta o collaterale fino al terzo grado, al pubblico ufficiale, previo accertamento dell’identità del dichiarante. Il comma 3 conclude prevedendo espressamente che tali disposizioni non si applicano in materia di dichiarazioni fiscali.
Se l’interessato è soggetto alla potestà dei genitori, a tutela, o a curatela, le dichiarazioni e i documenti previsti nel testo unico sono sottoscritte rispettivamente dal genitore esercente la potestà, dal tutore, o dall’interessato stesso con l’assistenza del curatore (art. 5).
Le dichiarazioni sostitutive possiedono la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono (art. 48, comma 1) con l’obbligo delle singole amministrazioni di predisporre dei moduli[11] necessari per la redazione delle stesse che gli interessati hanno la facoltà di utilizzare (art. 48, comma 2).
Infine, seppur le autocertificazioni siano state largamente generalizzate, il legislatore, all’art. 49, ha inserito dei “paletti” in quanto tale procedura non può essere utilizzata per i) certificati medici, sanitari, veterinari, ii) certificati di origine, iii) certificati di conformità CE, iv) certificati marchi o brevetti.
4. Sanzioni
Il Capo VI del testo unico è intitolato le sanzioni ed è composto da quattro articoli che vanno dal 73 al 76.
L’art. 73 sancisce l’esclusione di responsabilità della P.A. e dei suoi dipendenti, a meno che non abbiano agito con dolo o colpa grave, per gli atti emanati in base a false dichiarazioni o falsi documenti o contenenti dati non più corrispondenti a verità che siano prodotti dall’interessato o da terzi.
Il successivo articolo prevede che la mancata accettazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione o di atto di notorietà costituisce violazione dei doveri d’ufficio che, ai sensi del comma 2, si materializza anche quando vi sarà i) la richiesta e l’accettazione di certificati o atti di notorietà, ii) il rifiuto da parte del dipendente addetto di accettare l’attestazione di stati, qualità personali e fatti mediante l’esibizione di un documento di riconoscimento, iii) la richiesta e la riproduzione, da parte rispettivamente degli uffici di stato civile e dei direttori sanitari, del certificato di assistenza al parto ai fini della formazione dell’atto di nascita, iv) il rilascio di certificati non conformi a quanto previsto all’art. 40, comma 02.
Certo è che l’amministrazione procedente[12] è tenuta ad effettuare idonei controlli, anche a campione, nei casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 (art. 71). Tali controlli sono effettuati con le modalità di cui all’art. 43 consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante[13] ovvero richiedendo alla medesima conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi.
Se dal controllo così effettuato emerge la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici conseguiti dal provvedimento sulla base della dichiarazione non veritiera, ferma restando l’applicazione di norme penali di cui all’art. 76.
In giurisprudenza il Consiglio di Stato (n. 2477 del 2006) ha puntualizzato che deve ritenersi che nelle dichiarazioni sostitutive, il collegamento esistente tra il profilo dell’efficacia amministrativa dell’attestazione proveniente dal cittadino e quello della responsabilità penale del dichiarante si presenta come assolutamente inscindibile, giacché l’impegno consapevolmente assunto dal privato “a dire il vero” costituisce l’architrave che regge l’intera costruzione giuridica degli specifici istituti di semplificazione: è evidente infatti che, in questa parte, il sistema amministrativo collasserebbe laddove l’ordinamento non presidiasse il rispetto di tale “patto” di reciproca e leale collaborazione tra cittadini e P.A. con adeguate sanzioni (anche di natura penale).
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Note
[1] www.funzione amministrativa.it.
[2] Si intende, ai sensi dell’art. 1, let. f) del D.P.R. n. 445 del 2000, il documento rilasciato da una amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione o partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche. L. Delfino-F. Del giudice, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 2018, 273. Si tratta, pertanto, di uno strumento di comunicazione, grazie al quale è possibile la circolazione, all’interno dell’ordinamento, di informazioni diverse da tutte le altre in quanto dotate di quella particolare qualità che è la certezza (offre, infatti, indispensabili garanzie formali e sostanziali). Ed è proprio la certezza la peculiarità del certificato, ciò che lo contraddistingue e lo caratterizza rispetto a tutti gli altri documenti amministrativi: la sua funzione di comunicazione rivolta a terzi non ha ad oggetto informazioni qualsiasi, bensi solo quelle certe. L’art. 41 del testo unico n. 445 del 2000 detta la disciplina sulla validità dei certificati rilasciati dalle amministrazioni pubbliche. In particolare, il legislatore ha distinto due ipotesi specifiche, in relazione all’oggetto della certificazione: mentre i certificati attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazione hanno validità illimitata, le restanti certificazioni hanno validità di mesi sei dalla data del rilascio, salvo diversa disposizione di legge o regolamento che prevedono una validità superiore.
[3] Si intende, ai sensi dell’art. 1, let. a) del D.P.R. n 445 del 2000, ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto in atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa.
[4] A. Pedacci, Documentazione amministrativa e P.A. digitale, Napoli, 2019, 17.
[5] O. Forlenza, L’autocertificazione, Master diritto amministrativo, Roma, Ceida, 2017, 2.
[6] L. Delfino-F.Del Giudice, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 2018, 46. I testi unici sono degli atti che raccolgono e coordinano disposizioni originariamente comprese in atti diversi, per semplificare il quadro normativo. E’ possibile distinguere fra testi unici: i) normativi (innovativi, delegati o di coordinamento), se modificano o abragano le disposizioni legislative esistenti; ii) compilativi (non innovativi o di mera compilazione), se si limitano al raccoglimento in un unico atto delle norme già esistenti, lasciando immutata la legislazione vigente. Esistono, poi, i testi unici misti, aventi cioè ad oggetto non solo il coordinamento di disposizioni di fonte primaria (potestà legislativa delegata) ma anche la raccolta di disposizioni di rango secondario (potestà regolamentare delegificante). Detti testi erano previsti dall’art. 20 della legge n. 59 del 1997 e dall’art. 7 della legge n. 50 del 1999 con l’obiettivo di ridimensionare il corpus legislativo e regolamentare e procedere, quindi, a una semplificazione dell’organizzazione e dell’attività amministrativa.
[7] F. Sileri-C. Silvestro, Il procedimento amministrativo, Napoli, 2014, 271. La necessità di definire le modalità di redazione e circolazione della documentazione amministrativa, in modo da assicurare la certezza della sua provenienza e del suo contenuto, è stata sempre e rimane tuttora fondamentale negli ordinamenti giuridici moderni. Infatti, la possibilità di avvalersi di un sistema di certezze pubbliche è imprescindibile per la sicurezza dei rapporti sociali ed economici. Per realizzare questi obiettivi si sono succeduti una pluralità di interventi normativi, spesso frammentati ed articolati in modo disomogeneo tra loro, ma tutti orientati a superare le modalità tradizionali di gestione della documentazione amministrativa. Il D.P.R. n. 445 del 2000 ha, dunque, l’intento di raccogliere, ordinare e coordinare questa normativa, in modo da rendere più lineare la disciplina della documentazione amministrativa e da realizzare nel modo più efficace l’esigenza di semplificazione da cui la stessa è ispirata. Il testo unico si prefigge essenzialmente tre obiettivi: i) trovare un punto di equilibrio tra il valore della certezza ed il principio di semplicità dell’azione amministrativa; ii) semplificare le disposizioni in materia di documentazione amministrativa; iii) semplificare gli adempimenti burocratici inerenti all’utilizzazione della documentazione amministrativa medesima.
Tutti gli istituti giuridici inerenti la documentazione amministrativa e disciplinati dal testo unico hanno come scopo fondamentale quello di dare certezza di fatti, stati o qualità personali: certificati, autocertificazioni, documenti di identità e di riconoscimento, firma digitale ecc. sono, infatti, tutti strumenti finalizzati a creare o a mettere in circolazione certezze di vario genere e grado.
[8] Sul punto vedasi anche art. 21, comma 2.
[9] Sono equipollenti alla carta di identità, il passaporto, la patente di guida, la patente nautica, il libretto di pensionamento, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici, il porto d’armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un’amministrazione dello Stato (art. 35, comma 2).
[10] In base all’art. 39 la sottoscrizione delle domande per la partecipazione a selezioni per l’assunzione, a qualsiasi titolo, in tutte le pubbliche amministrazioni, nonché ad esami per il conseguimento di abilitazioni, diplomi o titoli culturali non è soggetta ad autenticazione.
[11] I quali devono riportare il richiamo a sanzioni penali per l’ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci oltre all’indicazione relativa alla normativa sulla privacy.
[12] Si intendono, ai sensi dell’art. 1, let. o) del testo unico, le amministrazioni e, nei rapporti con l’utenza, i gestori di pubblici servizi che ricevono le dichiarazioni sostitutive…ovvero provvedono agli accertamenti d’ufficio di cui all’art. 43.
[13] Si intendono, ai sensi dell’art. 1, let. p) del testo unico, le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi che detengono nei propri archivi le informazioni e i contenuti delle dichiarazioni sostitutive, o se richiesti direttamente dalle amministrazioni procedenti ai sensi degli articoli 43 e 71.
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