Diritto penale e stupefacenti nelle diverse legislazioni europee

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Il caso del TU 309/1990 nell’ Ordinamento italiano

Come prevedibile e normale in qualunque Sistema giuridico nomodinamico, il TU 309/1990 è oggi ampiamente e, a volte, giustamente sottoposto alle critiche, de jure condendo, di chi punta l’ accento sui mutamenti sociali che hanno coinvolto e coinvolgono il mondo delle tossicodipendenze. In particolar modo, la Sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 ha dichiarato parzialmente illegittima la L. 21/02/2006 n. 49, che aveva, a sua volta, recepito e convertito il DL 30/12/2005 n. 272 ( Riforma Fini-Giovanardi ). Altrettanto decisiva è stata la novellazione operata dal DL 20/03/2014 n. 36, convertito dalla L. 16/05/2014 n. 79 in materia di sostanze stupefacenti, terapie riabilitative e medicinali mutuabili dal Servizio Sanitario Nazionale. In buona sostanza, la Normazione italiana in tema di droghe e tossicomania è stata radicalmente modificata dai nuovi commi 1 , 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990.
Nel nuovo comma 1 Art. 73 TU 309/1990, sono menzionate le sostanze di cui alle Tabelle I e III e ne è vietata la coltivazione, la produzione, la fabbricazione, l’ estrazione, la raffinazione, la vendita, l’ offerta, la messa in vendita, la cessione, la ricezione, la distribuzione, la commercializzazione, l’ acquisto, il trasporto, l’ esportazione, l’ importazione, la somministrazione, il passaggio, la spedizione e la consegna. Viceversa, nel nuovo comma 4 Art. 73 TU 309/1990, sono giuridificati i medicinali psicotropi e psicoattivi di cui alle Tabelle II e IV allegate al TU in questione ed aggiornate periodicamente dal Ministero della Salute. In terzo luogo, il novellato comma 5 Art. 73 TU 309/1990 prevede attenuazioni sanzionatorie quando i mezzi, le modalità, le circostanze, la qualità e la quantità dei fatti pp. e pp. ex commi 1 e 4 Art. 73 TU 309/1990 sono di calibro bagatellare e non presentano particolari aspetti aggravanti.
Anzitutto e soprattutto, alla luce della Sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale, i lemmi << lieve entità >> ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990 hanno re-introdotto la perenne diatriba della differenziazione europea tra droghe ( presuntivamente ) leggere e droghe pesanti. Basti pensare al testo legislativo originario contemplato dalla stesura Jervolino-Vassalli. In secondo luogo, i basilari e fondamentali lemmi << lieve entità >> costituiscono l’ altrettanto decisiva conseguenza del non semplice e non incontestato DL 78/2013, convertito dalla L. 94/2013. Si può forse dire, con altri termini, che le circostanze attenuanti ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990 rappresentano una peculiarità storica non certo indifferente nella Normazione italica sulle sostanze tossicomaniacali d’ abuso ( comma 1 Art. 73 TU 309/1990 ) e sui medicinali anti-dolorifici di tipo psicotropo e psicoattivo ( comma 4 Art. 73 TU 309/1990, v. anche le Tabelle II e IV, Art. 14 TU 309/1990 ). Una terza osservazione, da non sottovalutare, è che la sanzione, ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990, è stata abbassata, almeno nel caso delle droghe leggere, e contempla oggi la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 3.000 a 26.000 euro, il che, come implicitamente confermato dalla Consulta nel 2014, ripristina, nel bene e nel male, il binario droghe leggere / droghe pesanti, previsto nella stesura primigenia Jervolino-Vassalli del 1990. Il tutto ammessa e non concessa, almeno a parere di chi scrive, la pertinenza della nozione medico-legale di droga << leggera >>. Sembra quasi di poter osservare, nel nuovo Art. 73 TU 309/1990, che la summenzionata Sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale ha tripartito il dato legislativo creando pene elevate ( da 6 a 20 anni di reclusione ) per il narcotraffico relativo a sostanze << dure >>, pene mediamente elevate per sostanze psicotrope meno pesanti ( diminuite da un terzo alla metà rispetto a quanto indicato negli Artt. 14 e 17 TU 309/1990 ) e, infine, pene notevolmente meno incisive nel caso della << lieve entità >> e delle sostanze << leggere >>, come l’ haschisch e la marjuana. Nella realtà pratica concreta, tuttavia, i commi 1, 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990 e, parimenti, il Precedente succitato della Consulta n. 32/2014 non offrono idonei criteri ermeneutici al Magistrato di merito al fine di poter differenziare, con precisione e con oggettività, le droghe presunte come leggere da quelle definite pesanti. Il rischio, come sempre, è quello di un’ ipertrofia interpretativa giurisprudenziale avulsa da vincoli legislativi. La Psicopatologia forense non può sostituirsi agli asserti de jure condito sino a stravolgere i termini iniziali del comma 5 Art. 73 TU 309/1990, ovverosia : quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell’ azione, ovvero per la qualità e la quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità [ … ]. Molti esegeti, confrontando tra di loro i commi 1, 4 e 5 TU 309/1990, hanno affermato che la forbice sanzionatoria che differenzia il grave narcotraffico dallo spaccio bagatellare è eccessivamente ampia e, pertanto, viola la proporzionalità e la razionalità della pena, che costituiscono la ratio essenziale ed indispensabile di Norme anti-retribuzionistiche come gli Artt. 27 e, specialmente, 111 della Costituzione italiana. E’ assurdo e poco equilibrato ipostatizzare la pericolosità sociale di preparati come l’ eroina e la cocaina per poi sottovalutare eccessivamente ed in maniera lassista e giovanilista gli effetti della cannabis. Lasciare un eccessivo margine qualificatorio all’ interpretazione giurisprudenziale significa, nel lungo periodo, ledere il basilare e kelseniano Principio della certezza del Diritto.
Il Precedente n. 32/2014 della Corte Costituzionale ha riproposto all’ attenzione della Giuspenalistica italiana la distinzione, peraltro non certo eccelsa, tra le sostanze pesanti ( ecstasy, eroina e cocaina ) e quelle definite leggere ( haschisch e marjuana ). Ciononostante, la Riforma dell’ Art. 73 commi 1, 4 e 5 TU 309/1990 impone pene detentive abnormi, ovverosia:
1. la reclusione da sei a vent’ anni per gli stupefacenti tradizionali ( comma 1 Art. 73 TU 309/1990 )
2. la reclusione sub 1), ma diminuita da un terzo alla metà per i preparati psicotropi ( anche ) ad uso potenzialmente medico ( comma 4 Art. 73 TU 309/1990 )
3. la reclusione da uno a sei anni nel caso della << lieve entità >> qualitativa e quantitativa. Siffatta << lieve entità >>, nella maggior parte dei Precedenti giurisprudenziali, afferisce primariamente al caso della canapa ( comma 5 Art. 73 TU 309/1990 ).
In effetti, gli interpreti, alla luce della revisione precettiva del 2014, hanno fatto notare che i limiti edittali sono eccessivamente squilibrati, soprattutto se si paragona il limite massimo dei vent’ anni ex comma 1 rispetto a quello di sei anni ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990. Anzi, se il dato normativo del 2014 prescindesse, finalmente, dal mito no-global e pseudo-progressista del “buon vecchio spinello”, risalterebbe ancor di più il carattere sproporzionato e anti-salutista del trattamento differenziato della cannabis in raffronto alle sostanze pesanti. Oltretutto, sotto il profilo tossicologico, tale regime attenuato per i cannabinoderivati non è nemmeno scientificamente supportato da valide argomentazioni di matrice medico-legali. La Sentenza 32/2014 della Consulta va rigettata o, perlomeno, censurata alla luce della dannosità estrema ed acuta del THC, il quale <<per la qualità e la quantità >> della sostanza è tutt’ altro che una << droga leggera >>. Pure il comma 4 Art. 73 TU 309/1990 è stato applicato quasi sempre, negli ultimi tre / quattro anni, a quantitativi grandi, per non dire enormi, di haschisch e marjuana, il che, a rigore, non dovrebbe riguardare << i medicinali ricompresi nella Tabella II, sezione A, B e C di cui all’ articolo 14 >> ( cpv. 1 comma 4 Art. 73 TU 309/1990 ). In buona sostanza, il binomio droghe leggere / droghe pesanti non è ragionevolmente e tecnicamente ben proprozionato nei commi 1, 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990, senza poi contare che, soltanto otto anni prima del 2014, la medesima Corte Costituzionale aveva abrogato la nozione psico-patologico-forense di sostanza << leggera >>. Non sono mancati, tanto in Dottrina quanto in Giurisprudenza, alcuni esegeti che guardano con nostalgia culturale al binomio originario, del 1990, << caso lieve >> per le droghe pesanti e, in parallelo, <<caso lieve >> per le droghe leggere. Altri Operatori, almeno al livello del de jure condendo, hanno proposto di novellare una terza volta l’ Art. 73 TU 309/1990 applicando, tanto al comma 1 quanto al comma 4, la regola attenuata del temperamento sanzionatorio << quando, per i mezzi, per le modalità o le circostanze dell’ azione, ovvero per la qualità e la quantità delle sostanze, i fatti [ … ] sono di lieve entità >>, a prescindere dal binomio stupefacenti duri / stupefacenti non duri o meno ( ? ) uncinanti. Ognimmodo, si tenga pure conto che, in un Ordinamento garantistico come quello italiano, lo jato a-normale tra il comma 1 ed il comma 4 Art. 73 TU 309/1990 toglie troppe garanzie difensive nelle fattispecie della cocaina, dell’ eroina e dell’ ecstasy, mentre i commi 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990, all’ opposto, introducono un’ elasticità eccessiva nel caso del THC.
Gli eccessivi interventi esterni giurisprudenziali e la reciproca antinomicità dei vari Precedenti hanno portato taluni, specialmente in Dottrina, a criticare negativamente l’ Art. 73 TU 309/1990. Infatti, come statuito nell’ Art. 1 CP nonché nell’ Art. 25 comma 2 Cost. , l’ ipertrofia giurisprudenziale, anche nel caso qui in parola, sta togliendo e soffocando una normale e stabile nomogenesi da parte del Legislatore. Il Magistrato non è fonte di produzione del Diritto e l’ ermeneutica forense, per quanto necessaria, non può e non deve smembrare, stravolgere od annichilire un Testo legislativo. Anche la Sentenza n. 50/1990 della Corte Costituzionale afferma che ogni Norma, compreso l’ attuale Art. 73 TU 309/1990, << deve rispettare i principi della misura della pena e, in particolare, l’ equilibrio tra il principio di legalità ed i principi costituzionali della colpevolezza e della funzione reiducativa della pena >>, ma tale armonia razionale e prudente è turbata dallo squilibrio del retribuzionismo giustizialista ex comma 1 Art. 73 TU 309/1990, che non si concilia con la ratio confusamente e/o surrettiziamente anti-proibizionista sottesa al concetto ormai ambiguo della << lieve entità >> ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990. Del resto, ferma restando la potestà rieducatrice del Diritto Penale in Italia, non si comprende il motivo dell’ asprezza populista ex comma 1 Art. 73 TU 309/1990, seguita da un sottile favore attenuante stabilito, per le droghe leggere, nei successivi commi 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990. Anche i Precedenti della Corte Costituzionale nn. 31/2012, 68/2012 e 7/2013 impiegano i lemmi << commisurazione della pena >>, ma tale ratio è gravemente violata dal trinomio malcalibrato dei commi 1, 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990. a meno che la Giurisprudenza di legittimità non torni a rielaborare, come accadeva negli Anni Novanta del Novecento, un’ ipotesi di << lieve entità >> anche per le sostanze pesanti.
La Sentenza n. 7/2013 della Consulta precisa che << la cornice edittale deve essere individuata dalla legge con precisione [ e ] la cornice edittale non deve essere troppo ampia così da rendere solo apparente la determinazione legale della pena >>. Questa regola è attualmente e completamente disattesa dai commi 1, 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990 e la conseguenza è una sensibile lesione del Principio della certezza del Diritto, aggravata, a sua volta, dalla discutibile dicotomia tra droghe pesanti e droghe cc.dd. leggere. Del resto, il Magistrato italiano contemporaneo fatica assai nel contestualizzare, come suo dovere, l’ Art. 73 TU 309/1990 entro i parametri valutativi di cui all’ Art. 133 CP . A tal proposito, basti pensare alla << gravità del danno o del pericolo cagionato >> dall’ ecstasy ( n. 2 comma 1 Art. 133 CP ). Oppure ancora, si ponga mente alle << condizioni di vita individuale, familiare e sociale >> del piccolo spacciatore di quartiere ( n. 4 comma 2 Art. 133 CP ). La soggettivizzazione vale anche nel contesto dell’ Art. 73 TU 309/1990, ma tale dato normativo risulta ormai eccessivamente manipolato dalla Giurisprudenza. Inoltre, il TU 309/1990 tutela la salute dei giovani o giovanissimi tossicomani, ma non è per nulla ragionevole passare dal massimo edittale di ben 20 anni ex comma 1 al massimo edittale di soli 6 anni ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990. Inoltre, bisogna stabilire in maniera definitiva se e come la << lieve entità >> ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990 << restituisca al giudice il potere-dovere di escludere condotte talmente esigue da non avere seriamente leso o esposto a pericolo il bene giuridico [ della salute ] per particolare tenuità del fatto >> ( v. Lavori Preparatori al D.Lvo 16/03/2015 n. 28 introducente il nuovo Art. 131 bis CP in tema di infrazioni bagatellari ). In particolar modo, in Giurisprudenza, manca un’ adeguata contestualizzazione della << lieve entità >> nel complesso mondo delle mode tossicomaniche in età adolescenziale, in tanto in quanto, anche nell’ Art. 133 CP, la volizione dolosa di un infra-18enne non è di certo paragonabile a quella di un narcotrafficante internazionale.
La mancata proporzionalità nei limiti edittali indicati nei commi 1, 4 e 5 Art. 73 TU 309/1990 costituisce, anche in altri campi precettivi, un’ aberrazione tecnica vigorosamente respinta dalla Corte di Giustizia europea. Ovverosia, le pene detentive non ragionevoli vanno revisionate e normalizzate, affinché il Magistrato giudicante possa, come suo dovere, contestualizzare, soggettivizzare e personalizzare la sanzione ( si pensi all’ Art. 133 CP italiano ed alle analoghe argomentazioni contenute in leading case Kadzoev, Corte di Giustizia 30 novembre 2009, C-357/09, oppure in leading case El Dridi, Corte di Giustizia, 28 aprile 2011, C-61/11 ). Infatti, un massimo edittale eccessivo, come nella fattispecie di cui al comma 1 Art. 73 TU 309/1990 apre la strada a tendenze neo-retribuzionistiche purtroppo note in Ordinamenti penalistici anti-democratici ed anti-garantistici come quello statunitense. Nelle due summenzionate Sentenze del 2009 e del 2011, la Corte di Giustizia europea ha più volte richiamato le Autorità Giudiziarie comunitarie al rispetto della << proporzione >> tra fatto illecito commesso e sanzione criminale prevista. Nel caso specifico dell’ Art. 73 TU 309/1990, in Italia, sussiste un’ eccessiva discrasia tra ipotesi ordinaria ( comma 1 Art. 73 TU 309/1990 ), caso meno grave ( comma 4 Art. 73 TU 309/1990 ) e fatto di lieve entità ( comma 5 Art. 73 TU 309/1990 ). Altrettanto nitidamente, la Corte Europea dei Diritti dell’ Uomo, in Maktouf e Damjanovic vs. Bosnja Herzegovina ( 18/07/2013 ) ha ribadito che << un fatto-reato oggettivamente percepito come di gravità inaudita deve trovare il corrispettivo in una sanzione adeguata [ ma ] la legge non deve porsi in aperto contrasto con il principio di eguaglianza, che costituisce il fondamento della giustizia >>. Ora, nell’ Art. 73 TU 309/1990, questa proporzionalità non esiste, sia perché il narcotrafficante non dev’ essere paragonato al piccolo spacciatore, sia perché le droghe pesanti non sono ( ? ) equiparabili a quelle leggere ( leggere ? ). Anche la Corte Costituzionale federale tedesca esorta sempre a legiferare << sanzioni oggettivamente proporzionate … graduate >>.

Gli stupefacenti nelle Legislazioni europee

Sotto il profilo criminologico, le sostanza stupefacenti, in Europa, provocano ogni anno circa 9.000 overdoses mortali. Ormai, l’ eroina non rientra più nelle mode tossicomaniche dei giovani, che preferiscono l’ ecstasy, gli allucinogeni e, soprattutto, la cannabis. Basti pensare che, in Francia, 450.000 ragazzi/e fumano quotidianamente haschisch e marjuana. Negli Anni Ottanta del Novecento, la canapa, in Olanda e nel Nord-Europa, ha cominciato ad essere depenalizzata ed è stata nettamente distinta dalle << droghe dure >>, ammesso e non concesso che il THC sia, nel lungo periodo, un principio attivo meno dannoso. Si consideri pure che, nel 2000, in Lussemburgo, 7,2 abitanti ogn 1.000 erano tossicomani pienamente uncinati, 5,6 nel Regno Unito, 6,4 in Italia e 3,9 in Francia. Nel biennio 2002-2003, l’ Osservatorio francese per le droghe e le tossicomanie ha censito ben 108.000 Procedimenti Penali radicati per violazioni alla Normativa sugli stupefacenti. L’ 84 % dei reati ad eziologia tossicomanica riguardava la cannabis. Abbondano, nella Francia degli Anni Duemila, le misure alternative per la disintossicazione extra-carceraria.
Dopo la Circolare del Ministero della Giustizia recante data 08/04/2005, la Francia è divenuta un caso emblematico senza dubbio degno d’ analisi. Ormai, la previgente L. 70-1320 del 31/12/1970, in tema di stupefacenti, è stata completamente novellata, soprattutto dopo l’ entrata in vigore, nel 1994, del nuovo Codice Penale francese. Attualmente ed escluso il caso estremamente grave del narcotraffico professionalmente organizzato, il tossicodipendente francese beneficia di una << ingiunzione terapeutica >> completamente alternativa al trattamento penitenziario, ma non mancano, de jure condendo, proposte di depenalizzazione totale dell’ uso personale o ludico-ricreativo di droghe.
Negli Ordinamenti di Germania, Danimarca, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito, la tendenza legislativo-criminologica è quella della tolleranza e della legalizzazione, specialmente in tema di canapa per uso individuale o di gruppo. Viceversa, il commercio illecito di calibro transnazionale rimane severamente e fortemente sanzionato in tutte le Legislazioni europee. Il Regno Unito e l’ Olanda, in questi ultimi decenni, hanno recato innanzi una politica criminalistica di << tolleranza zero >> nei confronti della compravendita illegale organizzata. Anche la Danimarca ha deciso di sanzionare con molta intransigenza il riciclaggio di Fondi Neri provenienti dal grande traffico macro-economico di sostanze d’ abuso, mentre la detenzione di una provvista per uso personale viene quasi sempre depenalizzata.

1. Il caso della Germania

Nella Repubblica federale tedesca, come nel caso della Svizzera, la BetmG federale è costantemente oggetto di interpretazioni giurisprudenziali autonome da parte delle Autorità Giudiziarie di rango regionale. Manca, dunque, nel bene o nel male, un’ ermeneutica centripeta come nel caso unitaristico dell’ Ordinamento italiano. Nella BetmG della Germania esiste la seguente tripartizione:
1. droghe radicalmente proibite: eroina
2. droghe commerciabili ma non ad uso medico: THC e amfetamine
3. droghe prescrivibili ad uso medico: codeina, cocaina, metadone, morfina, oppio
In Germania, nella fascia anagrafica dai 18 ai 39 anni, oltre il 29,5 % dei residenti è tossicomane. Ben 10 Milioni di tedeschi infra-40enni sono ormai uncinati dalla cannabis, 300.000 utilizzano ecstasy ed amfetamine e più di 400.000 sono i cocainomani abituali. Trattasi di uno scenario sconcertante ed altamente inquietante. Anzi, la cifra oscura degli assuntori di sostanze d’ abuso è reputata ancor più elevata di quanto ufficialmente rilevato nelle Statistiche criminologiche.
Nella BetmG tedesca, la consumazione di stupefacenti per un uso esclusivamente personale non è perseguibile. Parimenti, la coltivazione, la produzione e la sintesi di sostanze psicoattive esula dal campo sanzionatorio della BetmG, sempre alla ferma condizone che la sostanza d’ abuso venga detenuta e consumata nell’ ambito della vita domestica dell’ assuntore. In effetti, nel 1994, con attinenza alla diffusa fattispecie della cannabis, la Corte Costituzionale federale tedesca ha stabilito che << la detenzione di canapa non dà luogo ad alcun Procedimento se le seguenti condizioni sono rispettate: l’ uso dev’ essere personale ed occasionale, esso deve riguardare una piccola quantità e non deve costituire un pericolo per terzi soggetti >>. Tra il 2003 ed il 2007, nel Diritto federale tedesco, sono state promulgate varie Norme per la protezione della gioventù dai rischi delle tossicomanie, ma, alla luce dell’ esperienza quotidiana, fanno sorridere talune regole astratte e poco utili come il divieto premuroso di vendere sigarette ai minori degli anni 16 d’ età. Ma, a prescindere da dettagli populistici ed inservibili, si può osservare che la BetmG tedesca non commina quasi mai la pena della reclusione all’ infrattore tossicodipendente, il quale, viceversa, è obbligato a sottoporsi a cure ospedaliere od ambulatoriali. Molto curato e dettagliato, in Germania, è pure il trattamento sostitutivo a base di metadone o di sostanze di nuova generazione, come la buprenorfina. Infine, nella Sezione VI della BetmG qui in esame, sono predisposte Norme sanzionatorie estremamente severe qualora la detenzione e/o la produzione di stupefacenti sia finalizzata al narcotraffico criminosamente organizzato e non al semplice uso personale, che rimane non penalmente perseguibile.

2. Il caso della Danimarca

La prima Legge danese << sulle sostanze euforizzanti >> risale al 1955 ed è stata completamente novellata tra il 1991 ed il 1993. Il Diritto danese ha scelto di colpire e reprimere il traffico di stupefacenti alla radice, ovverosia impedendo il riciclaggio bancario dei Fondi Neri provenienti dalla compravendita di prodotti psicotropi di tipo tossico-voluttuario. Il predetto lemma << compravendita >> comprende il narcotraffico micro-/macro-economico in tutte le sue forme, ovverosia l’ importazione, l’ esportazione, la vendita, l’ acquisto, la somministrazione, la ricezione, la fabbricazione, la trasformazione o il possesso per uso non solamente personale. Anche nella BetmG danese esistono Tabelle periodicamente aggiornate ed aventi ad oggetto la cannabis, l’ eroina e gli oppiacei ( Tabella A ), la cocaina, l’ ecstasy, le amfetamine ed il metadone ( Tabella B ), la codeina ( Tabella C ), i barbiturici ( Tabella D ) e le benzodiazepine ( Tabella E ). Ognimmodo, la detenzione di una modica quantità o di una provvista per uso esclusivamente personale non è passibile di sanzione, fatta salva un’ ammenda, più simbolico-pedagogica che effettivamente punitiva. Per la verità, nell’ Ordinamento danese, lo stare decisis di rango giurisprudenziale è assai più importante del Testo normativo sulle sostanze euforizzanti. P.e., di recente, il Procuratore Generale del Regno ha stabilito che << nel caso di una prima infrazione per detenzione illegale destinata ad un consumo personale, è comminato soltanto un ammonimento. Le violazioni successive per detenzione destinata ad un consumo personale sono sanzionate con l’ ammenda da 300 corone danesi ( 40 euro ) fino a 3.000 corone danesi ( 400 euro ). In tutti i casi, le sostanze sono confiscate >>. Come si può agevolmente notare, si tratta di un ventaglio sanzionatorio molto blando e tendenzialmente anti-proibizionista. L’ Ordinamento danese si dimostra, dunque, consapevole dell’ inutilità del carcere nel caso di un modesto abuso di sostanze di tipo esclusivamente e ristrettamente personale.
L’ Art. 191 CP danese distingue il narcotraffico dallo spaccio bagatellare di quartiere secondo uno schema quantitativo-ponderale, ovvero le soglie per la differenziazione del trattamento penale sono le seguenti:
1. – / + di 25 grammi di cocaina o di eroina
2. – / + di 50 grammi di amfetamine o ecstasy
3. – / + di 10 Kg. di cannabis
Nel testo dell’ Art. 191 CP danese, è narcotrafficante chi vende << sostanze euforizzanti ad un grande numero di persone, o per una somma di denaro cospicua o per altre circostanze particolarmente gravi. [ … ] La sanzione è fino a 10 anni di reclusione nelle fattispecie riguardanti una notevole quantità di prodotti particolarmente pericolosi >>. Dopo una novellazione parziale del 1996, l’ Art. 191 CP danese applica pena aggravate anche ai trafficanti di medio calibro che trasportano ripetitivamente e continuamente quantità che, se considerate singolarmente, non superano le tre predette soglie di gravità quantitativa. Inoltre, se il pusher è straniero, perde qualsivoglia permesso di soggiorno e viene espulso dalla Danimarca. Tuttavia, il tossicomane di provincia viene sempre ed accuratamente differenziato dal grande trafficante macro-economico e, quindi, il carcere è sostituito da idonee cure mediche semi-murarie per la disintossicazione. L’ Ordinamento penalistico danese si preoccupa, in buona sostanza, della salute e dell’ astinenza totale dell’ uncinato, mentre il commerciante transnazionale viene colpito, per lo più, a livello finanziario.

3. Il caso del Portogallo

Nell’ Ordinamento giuridico portoghese, la L. 15/93 disciplina << il controllo, l’ utilizzo ed il traffico di droghe, narcotici e sostanze psicotrope >>. Nel 1999, inoltre, la L. 31/99 ha recato alla fondazione dell’ Istituto portoghese in materia di droghe, perfezionato, a sua volta, dalla L. 89/2000, la quale ha dato vita al Consiglio nazionale contro le tossicomanie. Assai importante, nel Giugno 2001, è stata la tanto sospirata e fondamentale distinzione tra il consumo ad uso personale e, viceversa, il commercio di sostanze vietate in contesti di stampo mafioso. Nella L. 15/93, sono giuridificati gli oppiacei, la cocaina e la cannabis ( Tabella 1 ), gli allucinogeni, le amfetamine ed i barbiturici ( Tabella 2 ), i farmaci psicotropi ( Tabella 3 ), le benzodiazepine e gli analgesici ( Tabella 4 ) ed i precursori per il confezionamento, la sintesi ed il taglio ( Tabelle 5 e 6 ).
Malaugurevolmente, in Portogallo, fino al 2001 era punibile chiunque deteneva una quantità di droghe 3 volte superiore alla dose media giornaliera. Viceversa, dopo la Riforma, la detenzione di una provvista ad uso esclusivamente personale reca oggi alla sanzione meramente amministrativa della sottoposizione ad un trattamento medico di disintossicazione. Nel Portogallo degli Anni Duemila, il tossicodipendente non è un reo nel senso penalistico, bensì un malato da curare. Viceversa, ex Capitolo III, Art. 21 L. 15/93, il narcotrafficante gregario di un’ associazione per delinquere va sempre punito con la massima intransigenza.

4. Il caso del Regno Unito

Il Misuse of Drugs risale al 1971, ma la prima autentica Ordinanza applicativa in senso tecnico è la Misuse of Drugs Regulation del 2001. Il trinomio normativo inglese, in materia di stupefacenti, consiste nel nesso produzione-traffico-consumo e la gravità, maggiore o minore, delle sanzioni comminate dipende dalla classificazione delle sostanze psicotrope, suddivise in tre Tabelle. Come normale in un Sistema common lawyer, nel Regno Unito i Precedenti giurisprudenziali dominano e ciò che veramente conta è l’ interpretazione giudiziaria del Misuse of Drugs Act. Nel contesto socio-criminologico britannico, esistono almeno 4 Milioni di tossicomani, dei quali 1 Milione circa uncinati dalle sostanze pesanti come l’ eroina e la cocaina. Sotto il profilo statistico, i Censimenti della British Crime Survey indicano cifre inquietanti per l’ Inghilterra ed il Galles. Il 12% dei residenti ha o ha avuto problemi di tossicomania, gravi nel 3 % dei casi, e l’ 11 % degli inglesi tra i 16 ed i 24 anni d’ età fuma abitualmente haschisch e marjuana. Attualmente, le sanzioni penalistiche conoscono massimi edittali eccessivamente elevati, ma, in epoca odierna, chi consuma o detiene cannabis per uso personale è arrestato e tradotto in vinculis soltanto se è minorenne ed ha fumato canapa in un luogo aperto o innanzi a luoghi di aggregazione di infra-18enni. La detenzione di una droga dura è punita con una reclusione minima di 7 anni, mentre il limite edittale scende a 5 o 2 anni nel caso del possesso o dello spaccio di prodotti psicoattivi meno dannosi. Come si vede, il trattamento penale degli stupefacenti, nel Regno Unito, è eccessivamente severo, con un conseguente abbassamento percentuale del livello di deterrenza. Provvidenzialmente, nel 2001, la canapa è stata fatta oggetto di sanzioni meno pesanti, alla luce del proprio tenore tossicologico leggero ( leggero ? ). Per la verità, gli Anni Duemila, nel Regno Unito, hanno visto la nascita di programmi governativi di prevenzione presso la popolazione giovanile, ma sovente si tratta delle consuete declamazioni retoriche prive di riscontri fattuali. Si è parlato, nel 2002, di <<accompagnamento dei giovani >>, ma si è comunque di fronte a slogan pre-elettorali senza una ratio consistente. Di nuovo, va ribadito che l’ uso del carcere, in tema di tossicodipendenze, è eccessivo, nell’ Ordinamento qui in esame, e la conseguenza, anche nel caso inglese, è l’ incremento della criminalità ad eziologia tossicomaniacale, giacché le pene detentive di lunga durata, per quanto ciò possa apparire paradossale, diminuiscono la general-preventività presso i devianti.

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Dott. Andrea Baiguera Altieri

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