Deve dirsi che, ordinariamente, in tanto possa parlarsi di obbligo di risarcimento, in quanto possa predicarsi l’illegittimità del provvedimento impugnato: laddove, invece, non sia stata accertata alcuna illegittimità al riguardo, il ricorrente non può in

Lazzini Sonia 20/09/07
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Merita di essere segnalato il seguente importante passaggio in tema di riconoscimento al diritto al risarcimento del danno, tratto dalla sentenza numero 2277 del 5 luglio 2007 emessa dal Tar Veneto, Venezia

 
< L’indipendenza dell’azione di risarcimento da quella di annullamento, e, segnatamente, la possibilità di rivolgerla al G.A. invece che al G.O., in forza del révirement delle S.U. (n. 13659 e 13660 del giugno 2006, condiviso da Cons. di Stato Sez. V 31.05.2007 n. 2822) postula pur sempre l’esistenza dei presupposti per il diritto al risarcimento, dipendente – quanto meno nei casi ordinari – dall’illegittimità dei provvedimenti impugnati. Le perspicue considerazioni contenuta nella pronuncia del consiglio di Stato, del resto, a parte l’invocazione di un intervento del legislatore al fine di regolare i termini per la proponibilità di un’azione autonoma di risarcimento, si diffondono sulla condivisibilità del menzionato révirement delle S.U., e sulla sua coerenza con il sistema, anche dopo Corte cost. n. 204/2004, in quanto completamento della tutela approntata in relazione alla lesione degli interessi leggittimi, alla stregua di quanto accade per la tutela dei diritti soggettivi. La stessa sentenza è, invece, ininfluente sul caso di specie e non è di impedimento al rigetto della domanda di risarcimento, siccome non è stata dichiarata o accertata l’illegittimità del provvedimento impugnato.>
 
a cura di Sonia Lazzini
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 

 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:

ha pronunziato la seguente
 
SENTENZA

sul ricorso n. 3182/2000, proposto da DITTA ALFA Elettroneon S.p.A. in persona del rappresentante legale sig. Claudio ALFA, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Tedeschi e Arturo Lucchetta, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia- Mestre, Corso del popolo, n. 70, come da procura a.l. a margine del ricorso, e poi, a seguito di rinuncia di entrambi al mandato, dagli avv. Barbara Bissoli e Alfredo Bianchini, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia, Piazzale Roma, n. 464,

 
contro
 

il Consorzio per la costruzione e la gestione della fognatura e relativo impianto di depurazione tra i comuni di San Bonifacio, Cazzano di Tramigna, Montecchia di Crosara, Monteforte d’Alpone, Roncà, San Giovanni Ilarione, Soave, con sede a San Bonifacio, in persona del rappresentante legale pro- tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Sala e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia- Mestre, via Cavallotti n. 22, come da procura a.l. a margine della memoria di costituzione,

 
e nei confronti
 

di DITTA BETA Automazioni s.r.l. in persona del rappresentante legale pro- tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Assunta Fratta e Domenico Menorello, con elezione di domicilio presso l’avv. Angelo Andreatta in Venezia, S. Marco, n. 4013/A,

 
per l’annullamento
 

della determinazione del segretario-direttore n. 61 del 31.05.2000, recante aggiudicazione alla DITTA BETA Automazioni s.r.l. dell’appalto relativo ai lavori di aggiornamento tecnologico e adeguamento dell’impianto di depurazione, nonché alla fornitura e posa in opera di apparecchiature di cabina elettrica, cavi interrati, ecc.

 

      Visto il ricorso, notificato il 28.10.2000, e depositato presso la segreteria il 7.11.2000, con i relativi allegati;

 

       visti gli atti di costituzione del Consorzio per la costruzione e la gestione della fognatura e dell’impianto di depurazione, e della DITTA BETA costruzioni s.r.l., depositati, rispettivamente, l’8.3.2007 e il 13.03.2007;

 

       viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

 

       visti gli atti tutti della causa;

 

       uditi, alla pubblica udienza del 21 giugno 2007, relatore il Consigliere Italo Franco, gli avv. Zanchi in sostituzione di Bianchini per la parte ricorrente, Zambelli per l’amministrazione resistente e Menorello per la controinteressata.

 

    Ritenuto in fatto e considerato e in diritto quanto segue:

 
FATTO

Con lettera del 19.05.2000 la DITTA ALFA Elettroneon S.p.A. veniva invitata a partecipare alla “gara ufficiosa” (procedura negoziata) per la fornitura e posa in opera di apparecchiature di cabina elettrica, cavi interrati, quadri di comando e automazione, nel contesto dell’affidamento dei lavori di “aggiornamento tecnologico e adeguamento dell’impianto di depurazione” sito nel comune di San Bonifacio, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (prezzo: 50 punti su 100; valore tecnico dell’offerta: 30 su 100; tempo di consegna: 20) e un importo a base d’asta di £ 650.000.000 (€ 335.696,98. Nella lettera di invito si precisava: “per le offerte anomale si procederà a norma dell’art. 16.3 (verosimilmente: art. 19) del D. Lgs. n. 358/92 e dell’art. 27 della direttiva 93/36/CEE”.

 

A fronte del ribasso offerto dall’odierna ricorrente, (pari al 13,61%), risultava il più alto tra le quattro ditte rimaste in gara quello di DITTA BETA Costruzioni s.r.l., pari al 25,30% (gli altri due erano, rispettivamente: 13,82% e 8,574%). Chiara era, dunque, l’anomalia dell’offerta DITTA BETA, della quale, peraltro, la stazione appaltante non effettuava nessuna verifica (mediante richiesta di giustificazioni), disponendo, invece, per l’aggiudicazione provvisoria in suo favore, nonostante anche talune carenze della relazione metodologica (con verbale del 31.05.2000), avendo la stessa riportato il punteggio complessivo di 91,99 (seconda risultava DITTA ALFA Elettroneon con punti 89,31). L’aggiudicazione definitiva avveniva con determinazione in pari data del segretario- direttore (n. 61 del 31.05.2000).

 

Contro siffatte risultanze della gara –sul presupposto di avere avuto conoscenza di tutta la documentazione di gara a seguito di apposita richiesta del 2.06.2000 e del 14.07.2000- insorge l’interessata con il ricorso in epigrafe, deducendo con l’unico motivo palese violazione di legge ed abuso di potere, sul rilievo che l’offerta della controinteressata era ben superiore a un quinto della media dei ribassi. L’anomalia dell’offerta risultava palese anche da alcune voci dell’elenco dei materiali. La stazione appaltante, invece di effettuare la necessaria verifica, e nonostante anche la carenza di varia documentazione, disponeva l’aggiudicazione provvisoria a favore della medesima impresa. Conclude la ricorrente con la domanda, oltre che di annullamento, dei risarcimento, articolando il quantum in relazione al danno emergente (spese per la preparazione dell’offerta), e al lucro cessante (pari ad € 134.768.000).

 

A seguito della rinuncia al mandato degli originari difensori, si è costituito il nuovo patrocinio che, con successiva memoria, ribadisce la necessità di verifica dell’anomalia dell’offerta, e la sussistenza di tutti i presupposti per il risarcimento del danno, compreso l’elemento psicologico.

 

Il consorzio appaltante insta per il rigetto del gravame e, con successiva memoria, eccepisce improcedibilità per omessa impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, (a nulla valendo la clausola di stile inserita nelle conclusioni del ricorso.) soggiungendo che i lavori sono già terminati, donde la mancanza di interesse per la tutela costitutiva, e che nemmeno la domanda di risarcimento può essere accolta, poiché non è certo che l’aggiudicataria non avrebbe potuto dimostrare la normalità della sua offerta

 

Analoghe eccezioni formula la controinteressata, la quale soggiunge che la verifica dell’anomalia va fatta soltanto in relazione alle gare che si svolgono con in criterio del prezzo più basso.

 

La ricorrente –che aveva proposto motivi aggiunti (notificati il 6 aprile 2007) contro il provvedimento di aggiudicazione definitiva chiarendo che, comunque, essa era stata già impugnata con il ricorso introduttivo- replica affermando che è tempestiva l’impugnazione della stessa, non essendole mai stata comunicata tale aggiudicazione definitiva, e che ciò, comunque, non è preclusivo della domanda di risarcimento (citando, oltre alle note pronunce delle S.U. del giugno 2006, Cons. Stato, Sez. V, 31.05.2007 n. 2822).

 

All’udienza del 21 giugno 2007 i difensori comparsi si sono rimessi agli scritti difensivi, insistendo sulle rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata introitata per la decisione.

 
D I R I T T O
 

1- In via preliminare, occorre prendere in considerazione l’eccezione di improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, che costante giurisprudenza afferma essere onere del ricorrente, data la sua autonomia rispetto all’aggiudicazione provvisoria, ed anzi costituendo il provvedimento conclusivo del procedimento di gara.

 

Al riguardo non appare, in primo luogo, plausibile l’assunto –sostenuto in via di replica dal patrocinio della ricorrente- che all’omessa, espressa impugnazione, possa supplire la proposizione di motivi aggiunti (contro l’aggiudicazione definitiva), proposti nel 2007, vale a dire a distanza di circa sette anni dalla data della determinazione relativa. Non appare credibile, invero, né sostenibile l’affermazione che tale impugnazione con motivi aggiunti possa ritenersi tempestiva per il fatto che mai è stata comunicata alla ricorrente la determinazione di aggiudicazione definitiva e che quindi non sarebbe da essa conosciuta. Del resto, tale comunicazione risulta effettuata per tabulas con nota del 6.07.2000 (cfr. doc. 8 della produzione documentale dell’amministrazione resistente), e il fatto che l’interessata non conoscesse ancora nei dettagli l’offerta non è configurabile come una scusante per l‘impugnazione intempestiva.

 

Quanto al contenuto dell’eccezione –a parte qualche perplessità inerente all’indirizzo giurisprudenziale dominante, in particolare allorquando, come nel caso di specie, l’aggiudicazione definitiva sia stata comunque impugnata con clausola di stile unitamente all’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria, e, segnatamente, allorquando quella definitiva si ponga come mera reiterazione dell’aggiudicazione provvisoria (senza nulla di specifico aggiungere)- il Collegio ritiene di potere prescindere dal valorizzare siffatta eccezione, in considerazione dell’infondatezza nel merito del gravame (come si vedrà di seguito).

 

2.1- Nel merito, il ricorso deve ritenersi infondato, in primo luogo, per quanto attiene al petitum di annullamento dell’atto di aggiudicazione alla controinteressata.

 

L’impugnativa ruota, come emerge dalla narrativa in fatto che precede, attorno alla questione se dovesse effettuarsi, da parte della stazione appaltante, la verifica dell’anomalia dell’offerta dell’impresa risultata aggiudicataria, per la ragione che la stessa appariva anormalmente bassa. Al riguardo, deve aversi riguardo: a) al fatto che la stessa stazione appaltante, nella lettera di invito, aveva precisato che si sarebbe proceduto alla verifica dell’anomalia, ai sensi della direttiva 93/36/CEE; b) al fatto che il criterio dell’aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, vale dire determinata non soltanto   sulla base dell’offerta economica, ma anche sull’offerta tecnica e sul tempo di consegna.

 

In ordine alla necessità della verifica (o meno), le parti avversarie (in particolare la controinteressata) hanno eccepito che la verifica dell’anomalia delle offerte deve essere fatta esclusivamente nelle gare che si svolgono con il criterio del prezzo più basso. L’eccezione non è senza rilievo, per il fatto che, effettivamente, considerazioni ispirate al senso comune parrebbero deporre per la fondatezza dell’assunto, se non altro per il fatto che, nel caso del criterio del prezzo più baso, la verifica dell’anomalia si traduce in un algoritmo matematico, laddove nelle gare contrassegnate dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ciò non parrebbe, a tutta prima, possibile.

 

La norma all’epoca vigente (art. 19 del D.Lgs. n. 358/92, nel testo sostituito dall’art. 16 del D.Lgs. 20.10.98 n. 402, in recepimento dell’art.- 27 della citata direttiva 93/36/CEE) appare nel complesso ambigua poiché, mentre dispone che la verifica vada effettuata nelle gare che si svolgono secondo entrambi i criteri, la dicitura che usa per individuare le offerte da verificare (“percentuale di ribasso che supera di un quinto la media dei ribassi”) si attaglia, come ognun vede, al criterio del prezzo più basso, mentre nulla di specifico aggiunge in relazione al secondo criterio di aggiudicazione. Viceversa, si osserva che nella disposizione dettata al riguardo nel codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, non applicabile alla fattispecie che ne occupa per ragioni temporali) più congruamente si parla –con riguardo alle gare che si svolgono con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa)- di verifica della congruità delle offerte, additando più adatti parametri (art. 86, comma 2).

 

In conclusione, la verifica dell’anomalia dell’offerta andava effettuata –in applicazione non solo delle norme qui sopra richiamate, ma anche perché specifica previsione della lex specialis (pure richiamata più addietro) vincolava la stazione appaltante ad operare siffatta verifica, anche se non venivano additati i criteri in relazione all’offerta tecnica e al tempo di consegna (una regola sicura sussistendo soltanto in relazione all’offerta economica).

 

2.2- L’infondatezza del gravame emerge, per contro, da considerazioni diverse (ma sempre connesse alla verifica dell’anomalia dell’offerta), pure, d’altronde, accennate nelle eccezioni avversarie.

 

In effetti, deve ritenersi che la decisione se procedere alla verifica dell’anomalia dell’offerta, specialmente allorquando debba seguirsi il criterio composito del prezzo e della valutazione dell’offerta tecnica, non sia un quid di obbligatorio o automatico, ma dipenda da una valutazione della situazione, onde stabilire se un’offerta si presenti come anormalmente bassa. In altre parole, la stazione appaltante (e, specificamente, la commissione di gara) dispone di un potere di valutazione cui non può negarsi il carattere della discrezionalità (quanto meno tecnica) in relazione ai contenuti di una specifica offerta a paragone delle altre. Le espressioni dell’art. 27 della direttiva 93/36/CEE –“Se… talune offerte presentano un carattere anormalmente basso rispetto alla prestazione” (e quelle analoghe usate nell’art. 19 del D. Lgs. n. 358/92 più addietro richiamato) postulano, di per se stesse, un potere di apprezzamento in ordine alla circostanza se l’offerta appaia anormalmente bassa, o meno.

 

Da ciò consegue che non era tenuta la stazione appaltante a considerare senz’altro anormalmente bassa l’offerta della controinteressata, e disporre, quindi, la verifica dell’anomalia. Né può dirsi –come pure si osserva ex adverso- che la controinteressata non sarebbe stata in grado di giustificare (se chiarimenti fossero stati chiesti nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, nella specie non attuato) il fatto che il ribasso offerto fosse sensibilmente più alto rispetto alla media dei ribassi.

 

3- Quest’ultima osservazione concorre a sua volta far a dichiarare infondata anche la domanda di risarcimento del danno, tale anche per altri profili.

 

In effetti, deve dirsi che, ordinariamente, in tanto possa parlarsi di obbligo di risarcimento, in quanto possa predicarsi l’illegittimità del provvedimento impugnato (nel caso di specie, l’aggiudicazione ad altri). Laddove, invece, non sia stata accertata alcuna illegittimità al riguardo (come nel caso di specie), il ricorrente non può invocare il diritto al risarcimento del danno, nemmeno per equivalente.

 

L’indipendenza dell’azione di risarcimento da quella di annullamento, e, segnatamente, la possibilità di rivolgerla al G.A. invece che al G.O., in forza del révirement delle S.U. (n. 13659 e 13660 del giugno 2006, condiviso da Cons. di Stato Sez. V 31.05.2007 n. 2822) postula pur sempre l’esistenza dei presupposti per il diritto al risarcimento, dipendente – quanto meno nei casi ordinari – dall’illegittimità dei provvedimenti impugnati. Le perspicue considerazioni contenuta nella pronuncia del consiglio di Stato, del resto, a parte l’invocazione di un intervento del legislatore al fine di regolare i termini per la proponibilità di un’azione autonoma di risarcimento, si diffondono sulla condivisibilità del menzionato révirement delle S.U., e sulla sua coerenza con il sistema, anche dopo Corte cost. n. 204/2004, in quanto completamento della tutela approntata in relazione alla lesione degli interessi leggittimi, alla stregua di quanto accade per la tutela dei diritti soggettivi. La stessa sentenza è, invece, ininfluente sul caso di specie e non è di impedimento al rigetto della domanda di risarcimento, siccome non è stata dichiarata o accertata l’illegittimità del provvedimento impugnato.

Conclusivamente il ricorso, siccome infondato, va respinto, con riguardo sia alla domanda di annullamento, sia alla domanda di risarcimento.

 

Sussistono motivi per compensare integralmente fra le parti le spese e onorari di giudizio.

 
P. Q. M.
 

      Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione prima, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, lo rigetta.

      Spese compensate.

      Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

      Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 21 giugno 2007.

 

      Il Presidente                                                  l’Estensore

 
il Segretario
 
 
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
il……………..…n.………
 
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. per il Veneto – I Sezione                                           n.r.g. 3182/00

Lazzini Sonia

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