REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
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– Giovanni ***********
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– Romano VACCARELLA
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– Franco GALLO
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ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimit? costituzionale dell’art. 1, comma 7, della legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35 (Provvedimenti tributari in materia di addizionale regionale all’IRPEF e di tasse automobilistiche e di imposta regionale sulle attivit? produttive), e dell’annessa tabella A, promosso con ordinanza depositata il 18 marzo 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, nella controversia vertente tra ***************, l’Ufficio di Ascoli Piceno dell’Agenzia delle Entrate e
Visti gli atti di costituzione di *************** e della Regione Marche;
udito nell’udienza pubblica del 15 novembre 2005 il Giudice relatore ************;
uditi gli avvocati ***************** per *************** e **************** per
Ritenuto in fatto
1. ? Nel corso di un giudizio promosso dal contribuente *************** nei confronti della Regione Marche e dell’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate avverso il silenzio-rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso di quanto versato a titolo di addizionale regionale all’IRPEF per l’anno 2003,
Il giudice rimettente premette che l’addizionale regionale all’IRPEF ? in quanto istituita e disciplinata da norme di legge statali, con attribuzione alle Regioni di competenze di carattere meramente attuativo ? non costituisce tributo ?proprio? della Regione (cio? da questa istituito e regolato), secondo l’accezione utilizzata dall’art. 119, secondo comma, della Costituzione, nel testo risultante dalla riforma apportata al Titolo V della Parte II della Costituzione, ma un tributo statale, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato. Da tale premessa
1.1. ? La prima questione muove dal preliminare rilievo che l’art. 50 del decreto legislativo 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attivit? produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonch? riordino della disciplina dei tributi locali) ? istitutivo dell’addizionale regionale all’IRPEF per un’aliquota pari allo 0,50 % del reddito imponibile ? ? stato modificato dall’art. 3 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’art. 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133), che, a decorrere dall’anno 2000, ha elevato tale aliquota allo 0,90 %, autorizzando altres? le Regioni ad aumentarla fino ad un massimo di un ulteriore 0,50 % sul reddito imponibile, e, pertanto, fino ad un’aliquota massima complessiva dell’1,40 % (cio? 0,90 % + 0,50 %). Tuttavia, osserva
1.2.? La seconda questione poggia sulla constatazione che il citato art. 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997 consente alle Regioni di determinare l’addizionale regionale all’IRPEF ?applicando l’aliquota, fissata dalla regione in cui il contribuente ha la residenza?. Per il rimettente, il testuale riferimento all’?aliquota? (al singolare) e la natura meramente attuativa delle competenze regionali in materia escluderebbero la possibilit? per le Regioni di incidere sulla disciplina sostanziale del tributo, articolandone l’applicazione in modo differenziato per tipologie di reddito o per scaglioni. Nella specie, la tabella A annessa alla denunciata legge regionale, secondo il testo applicabile ratione temporis alla fattispecie, determina la misura dell’addizionale regionale all’IRPEF non gi? in ragione di un’aliquota unica, ma di quattro aliquote, sulla base di una modulazione diversa e crescente per scaglioni di reddito, e pertanto, secondo
1.3.? Il rimettente, infine, esclude la possibilit? di una interpretazione adeguatrice delle disposizioni denunciate ed afferma la rilevanza delle sollevate questioni.
2. ? Si ? tempestivamente costituita
2.1. ? In ordine alla prima questione, la parte pubblica osserva che originariamente il legislatore, conferendo alle Regioni, con l’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 347 del 2001, la facolt? di disporre ? per il solo anno 2002 ? aumenti dell’addizionale regionale all’IRPEF superiori al limite massimo fissato dalla precedente normativa statale, aveva inteso fornire alle Regioni medesime un ulteriore mezzo per provvedere alla copertura dell’eventuale disavanzo di gestione. Successivamente, per?, lo stesso legislatore ? prosegue
2.2. ? La stessa Regione, in ordine alla seconda questione, osserva che, contrariamente a quanto affermato dal rimettente, la progressivit? (o la maggiore progressivit?) di un tributo non v?ola il principio di uguaglianza, perch?, al contrario, valorizzando la differenza di capacit? contributiva del soggetto passivo d’imposta, comporta soltanto una disciplina diseguale di situazioni diseguali, maggiormente aderente al dettato costituzionale. Inoltre ? sempre secondo la parte pubblica ? le aliquote della denunciata tabella A della legge regionale riprodurrebbero, nella sostanza, quelle dell’IRPEF (con l’accorpamento del 3? e del 4? scaglione) e rifletterebbero pertanto, senza incrementarla, la progressivit? del tributo di base. Quanto, poi, alla lamentata discriminazione tra i contribuenti residenti nella Regione Marche, assoggettati all’addizionale regionale all’IRPEF secondo le aliquote censurate, rispetto ai contribuenti residenti in altre Regioni, assoggettati ad addizionali regionali di minore importo e comunque sulla base di una sola aliquota, l’ente territoriale oppone che l’eccepita differenza di prelievo tra contribuenti residenti in diverse regioni non discende dalla legge regionale impugnata, ma dalla previsione della legge statale di una diversa determinazione dell’aliquota rimessa alle Regioni, ed ? comunque legittimata dai princ?pi di coordinamento della finanza nazionale e locale di cui agli artt. 117, 118 e 119 Cost., senza alcuna violazione del principio di uguaglianza, ?posto che la diversa misura di un gettito regionale corrisponde alle diverse scelte delle regioni in materia di finanza pubblica (e quindi di spesa), talch? riguarda residenti diversamente serviti, assistiti e tutelati e quindi in situazioni diseguali?. Per le stesse ragioni non sussisterebbe alcuna violazione degli evocati princ?pi costituzionali della libert? di circolazione e di soggiorno e della libert? di iniziativa economica, perch? l’eventuale ostacolo alla libert? di circolazione o di iniziativa economica derivante da un’addizionale regionale all’IRPEF comparativamente maggiore rispetto a quella di altre regioni deriverebbe non gi? dalla progressivit? delle aliquote previste dalla tabella A annessa alla denunciata legge regionale, ma dalla differenziabilit? delle aliquote fra le diverse regioni e perci?, in primo luogo, ?dalla legge statale? e, in secondo luogo, dalle concrete ?scelte di politica economica regionale (livello di spesa e quindi di servizio, assistenza e tutela da parte dell’ente pubblico regionale), costituenti anch’esse fattori incentivanti o disincentivanti dell’insediamento in un territorio?. L’ente territoriale, inoltre, rileva che ?la progressivit? dell’addizionale comporta l’applicazione dell’aliquota massima soltanto sull’ultimo scaglione di reddito e che la proporzionalit? dell’addizionale, al contrario, comporta l’applicazione dell’unica aliquota sull’intero reddito?, con la conseguenza che ?la progressivit? rispetto alla proporzionalit? non conduce ad un’imposizione maggiore, bens? ad un’imposizione maggiore sui redditi pi? elevati e ad una inferiore sui redditi pi? contenuti?. Lo stesso ente, infine, sostiene che ? contrariamente all’assunto del rimettente ? il termine ?aliquota?, al singolare, utilizzato dal legislatore nell’art. 50, comma 3, del d.lgs. n. 446 del 1997, non esclude la facolt? per le Regioni di fissare una pluralit? di aliquote per l’addizionale regionale all’IRPEF, sia perch? l’uso del singolare si spiega con la tecnica espositiva adottata dal legislatore, il quale, nel primo periodo del comma, fissa una ?aliquota? di compartecipazione valida in assenza di diversa determinazione regionale (necessariamente unica) e, nel secondo periodo, ne consente la maggiorazione; sia perch? l’attribuzione del potere di maggiorazione dell’addizionale, in assenza di specificazioni, implica la discrezionalit? dell’esercizio di tale potere e, quindi, consente anche di stabilire maggiorazioni diverse per casi diversi, ad esempio secondo aliquote progressive per scaglioni di reddito; sia perch? altre volte il legislatore utilizza, in materia, il termine ?aliquote?, al plurale (come nell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge statale n. 289 del 2002).
3. ? Si ? costituito anche il contribuente ***************, chiedendo l’accoglimento della sollevata questione e sostanzialmente riproponendo, a sostegno di tale conclusione, le stesse argomentazioni prospettate dal giudice rimettente.
4.? Con memoria depositata nell’imminenza della pubblica udienza,
Nel merito, l’ente territoriale ribadisce le proprie precedenti osservazioni e rileva che ?la questione che ci occupa ? comunque venuta meno a partire dal 1? gennaio 2005?, perch? l’art. 17 della legge della Regione Marche ?approvata il 4 ottobre 2005? (rectius: legge della Regione Marche 11 ottobre 2005, n. 24, recante ?Assestamento del bilancio 2005?, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche del 14 ottobre 2005, n. 89), ha sostituito l’art. 39 della legge regionale n. 29 del 2004 con un nuovo testo, per effetto del quale l’addizionale regionale all’IRPEF ? rideterminata, ?a decorrere dall’anno 2005?, nella seguente misura: aliquota dello 0,9 %, per un reddito fino ad ? 15.500,00; dell’1,2 %, per un reddito superiore a tale importo e fino ad ? 31.000,00; dell’1,4 %, per un reddito superiore a tale importo.
5.? Anche il contribuente ha depositato, in prossimit? dell’udienza, una memoria, con la quale ribadisce ed argomenta ulteriormente le gi? formulate conclusioni.
5.1.? In relazione alla prima questione, la parte privata insiste nell’affermare l’illegittimit? dell’addizionale all’IRPEF, in quanto determinata dalla Regione Marche, per l’anno 2003, in misura eccedente i limiti fissati dall’art. 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997. Al riguardo osserva: a) che la denunciata legge regionale, approvata nel 2001, poteva superare i suddetti limiti solo per l’anno 2002, sulla base della legge statale che consentiva tale deroga esclusivamente per quell’anno e non per gli anni successivi (art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 405 del 2001); b) che l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge statale n. 289 del 2002 non vale a sanare la norma denunciata, perch? stabilisce soltanto la sospensione degli aumenti delle addizionali regionali disposti per il 2003, facendo salvi quelli deliberati prima della presentazione della legge finanziaria statale per il 2003 (avvenuta il 30 settembre 2002), nonch? quelli deliberati successivamente al 29 settembre 2002, ma meramente confermativi dell’aliquota prevista per il 2002, e pertanto, poich? detta norma si limita ad anticipare al 29 settembre 2002 il termine ordinario per la determinazione dell’aliquota applicabile nel 2003, che sarebbe scaduto il 30 novembre 2002, non consente ? nella specie ? alcuna deroga alla sospensione degli aumenti di aliquota, non ricorrendo, in riferimento alla Regione Marche, n? l’ipotesi di una delibera di aumento dell’aliquota per il 2003, anteriore o successiva al 30 settembre 2002, n? l’ipotesi di un provvedimento, anteriore o successivo alla stessa data, confermativo per il 2003 delle aliquote 2002; c) che, comunque, il citato art. 3, comma 1, lettera a), della legge statale n. 289 del 2002 prevede la possibilit? di conferma per il 2003 dei soli aumenti ?deliberati?, e cio? (secondo la terminologia impiegata dall’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 405 del 2001) dei soli aumenti ?disposti [?] con provvedimenti? entro la misura dello 0,5 %, e non anche degli aumenti superiori a tale aliquota, da ?determinarsi?, invece, ?con legge regionale?, con la conseguenza che, nella specie, gli aumenti ?determinati? con la legge regionale denunciata (?approvata e promulgata?, ma non ?deliberata?) non potrebbero mai rientrare nell’?mbito di applicazione del suddetto art. 3, comma 1, lettera a), della legge statale n. 289 del 2002.
5.2.? In relazione alla seconda questione, il contribuente ribadisce l’illegittimit? della previsione, nella disposizione censurata, di un’addizionale regionale all’IRPEF modulata in base a quattro diverse aliquote progressive: in primo luogo, perch? la legge statale istitutiva di tale addizionale, facendo sempre riferimento all’?aliquota? del tributo, stabilisce il principio della riserva allo Stato degli aspetti redistributivi del tributo, ivi compreso il carattere della progressivit?, con conseguente necessaria proporzionalit? ? con applicazione, cio?, di un’unica aliquota ? dell’addizionale medesima (come risulterebbe anche dalla Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 446 del 1997: ?l’istituzione dell’addizionale [?] risponde alla logica, contenuta nella delega, di mantenere allo Stato la determinazione dell’imponibile e la funzione redistributiva (progressivit? [?]), lasciando alle regioni solo il potere di manovrare, entro la forcella stabilita, l’aliquota di un’addizionale che ? proporzionale rispetto alla base imponibile dell’imposta principale?); in secondo luogo, perch? il riferimento alle ?aliquote? contenuto nell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge statale n. 289 del 2002 (citato dalla difesa della Regione Marche) si spiega non gi? con una possibile pluralit? di aliquote della stessa addizionale, ma con la pluralit? delle diverse addizionali, regionali e comunali, previste dalla citata disposizione; in terzo luogo, perch? la sovrapposizione di un’addizionale progressiva ad un’imposta a sua volta progressiva, come l’IRPEF, distorce la forma della curva di prelievo, accentuandone la progressivit?, al di fuori di un coerente e razionale disegno redistributivo, che compete unicamente allo Stato; in quarto luogo, perch? alla legge regionale non ? consentito creare tributi progressivi, perch? il tema della progressivit? (afferente al sistema tributario nel suo complesso, in base all’art. 53 Cost.) ? riservato dalla Costituzione in via esclusiva allo Stato ? ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ? lasciando alla legislazione concorrente il coordinamento ed alle leggi statali l’istituzione dei singoli tributi progressivi; in quinto luogo, infine, perch? l’istituzione di tributi regionali progressivi ? in contrasto con i princ?pi di uguaglianza e di capacit? contributiva tra cittadini di Regioni diverse.
Considerato in diritto
1. ?
1.1.? La prima questione concerne le censurate disposizioni nella parte in cui prevedono, per l’anno 2003, la stessa addizionale regionale all’IRPEF determinata per l’anno 2002 in un importo superiore all’1,4 % del reddito imponibile. Secondo il giudice rimettente, la previsione di un’addizionale di tale importo per gli anni successivi e, quindi, anche per l’anno 2003 (e non solo per il 2002, come consentito in via eccezionale dall’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, recante ?Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria?, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 16 novembre 2001, n. 405) violerebbe gli evocati parametri costituzionali (artt. 117, secondo comma, lettera e, e 119, secondo comma, Cost.), perch? contrasterebbe con la norma statale interposta di cui all’art. 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attivit? produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonch? riordino della disciplina dei tributi locali) ? quale modificato (con effetto a partire dall’anno 2000) dall’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’art. 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133) ? che pone il divieto di superare, nella determinazione dell’addizionale, l’indicato limite dell’1,4 % del reddito imponibile. N?, sempre ad avviso del giudice a quo, la denunciata violazione di questo limite potrebbe ritenersi sanata dal sopravvenuto art. 3, comma 1, lettera a), della legge statale 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ? legge finanziaria 2003), perch? questa disposizione ? al fine di contenere la pressione fiscale regionale e locale sino al completamento dell’iter propedeutico alla definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale ? si sarebbe limitata a sospendere temporaneamente gli aumenti dell’addizionale regionale all’IRPEF non confermativi delle aliquote in vigore nel 2002 e deliberati dopo il 29 settembre 2002, con la conseguenza della sua inapplicabilit? alla fattispecie, non avendo
1.2.? La seconda questione concerne le medesime disposizioni della suddetta legge regionale, nella parte in cui determinano la misura dell’addizionale all’IRPEF in ragione di quattro aliquote, sulla base di una ?modulazione diversa e crescente per scaglioni di reddito?. Per il rimettente, tale previsione di aliquote progressive sarebbe illegittima (in relazione agli artt. 3, 16, 41, 53, 117, secondo comma, lettera e, 119, secondo comma, e 120 Cost.), perch? contrasterebbe con il testuale riferimento ad un’unica ?aliquota? contenuto nell’art. 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997 e perch?, conseguentemente, senza alcun coordinamento con i princ?pi della finanza pubblica e del sistema tributario, aggiungerebbe ulteriori elementi di progressivit? ad un tributo (l’IRPEF) a struttura gi? di per s? fortemente progressiva, pregiudicando i princ?pi di equit? e ragionevolezza che debbono improntare il sistema tributario e creando, in particolare, una grave disparit? di trattamento tributario tra i cittadini residenti nella Regione Marche e quelli residenti in altre Regioni, cos? da ostacolare sia la libert? di fissare la residenza, il domicilio (art. 16 Cost.) o l’impresa (art. 41 Cost.) in qualsiasi parte del territorio nazionale, sia la correlativa libert? di circolazione di persone e cose tra le Regioni (art. 120 Cost.).
2.? La difesa della Regione Marche ha espressamente dichiarato, in udienza, di ?rinunciare all’eccezione di inammissibilit? o irricevibilit?? delle deduzioni del contribuente, sollevata nella propria memoria illustrativa e basata sull’affermata mancanza della pagina 9 di tali deduzioni nella copia depositata dalla parte privata e ritirata dalla Regione.
3.? Deve preliminarmente escludersi quanto affermato nella memoria illustrativa della Regione, e cio? che ?la questione che ci occupa ? comunque venuta meno? per effetto dell’art. 17 della legge della Regione Marche 11 ottobre 2005, n. 24 (Assestamento del bilancio 2005), il quale ha rideterminato l’ammontare delle aliquote dell’addizionale regionale all’IRPEF. Tale articolo, infatti, espressamente stabilisce che detta rideterminazione ha efficacia solo ?a decorrere dall’anno 2005? e, pertanto, non pu? essere invocato per sostenere la cessazione della materia del contendere riguardo a questioni che, invece, concernono il periodo d’imposta relativo all’anno 2003.
4.? Nel merito, entrambe le questioni non sono fondate.
Il rimettente muove dall’esatta premessa che l’addizionale regionale in questione, in quanto istituita e disciplinata dalla legislazione statale (art. 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997), ? da considerarsi ? secondo la costante giurisprudenza costituzionale ? tributo statale e non ?proprio? della Regione (nel senso di cui al vigente art. 119 Cost.), senza che in contrario rilevino n? l’attribuzione del gettito alle Regioni ed alle Province, n? le determinazioni espressamente attribuite alla legge regionale dal citato decreto legislativo (v., ex plurimis, sentenze n. 37 e n. 381 del 2004); con la conseguenza che la disciplina della misura di tale addizionale rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e che ? precluso alle Regioni integrare detta disciplina, se non nei limiti stabiliti dalla legislazione statale.
Tuttavia, lo stesso rimettente, nella specie, ricostruisce in modo inesatto la normativa statale di riferimento ? cio? l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 289 del 2002, relativamente alla prima questione, e il citato art. 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997, relativamente alla seconda questione ? giungendo all’errata conclusione della violazione dei parametri evocati.
4.1.? In ordine alla prima questione, il rimettente prende atto che, ai sensi della denunciata legge regionale, l’addizionale in questione ? determinata, ?a decorrere dall’anno 2002?, nella misura indicata dalla tabella A allegata alla stessa legge, mediante l’applicazione di quattro diverse aliquote, in relazione a distinti scaglioni di reddito imponibile (cio? dello 0,9 %, fino ad ? 15.493,71; dell’1,91 %, oltre tale importo e fino ad ? 30.987,41; del 3,6 %, oltre tale importo e fino ad ? 69.721,68; del 4,0 %, oltre tale importo). Da ci? deduce che il legislatore regionale ha previsto, per il 2003, un’addizionale di importo identico a quello gi? stabilito per il 2002 e quindi, in riferimento alle classi di reddito pi? elevate, un’aliquota complessivamente superiore al limite massimo dell’1,4 % del reddito imponibile fissato dall’art. 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 (nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie). La stessa Commissione tributaria completa la sua argomentazione rilevando che l’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 405 del 2001, ha consentito, in via eccezionale, il superamento del suddetto limite massimo dell’addizionale, ma solo per l’anno 2002 (?Limitatamente all’anno 2002?). Conclude, pertanto, per l’illegittimit? costituzionale della norma censurata, che ha invece fissato anche per l’anno 2003 un’addizionale superiore all’1,4 % del reddito imponibile.
Tale rilievo di illegittimit? costituzionale tuttavia non ? fondato, perch? il rimettente non tiene conto che il legislatore statale, con il menzionato art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 289 del 2002, ha inteso perseguire l’obiettivo di politica economica di evitare ? con decorrenza dal 30 settembre 2002 e fino al raggiungimento di un accordo sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale in sede di Conferenza unificata tra Stato, Regioni ed enti locali, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con
Non pu? opporsi, in proposito, che la norma statale che ha disposto la sospensione riguarderebbe, per la sua formulazione letterale, soltanto gli ?aumenti deliberati? dalla Giunta regionale e non anche quelli disposti da leggi regionali, ?approvate? e ?promulgate?, ma non ?deliberate?. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del contribuente, la legge regionale viene ?approvata? mediante ?deliberazione? consiliare e, perci?, l’espressione ?aumenti deliberati?, di cui al citato art. 3, comma 1, lettera a), si riferisce agli aumenti stabiliti non solo mediante provvedimento amministrativo (nel caso ? contemplato dall’ art. 4, comma 3-bis, primo periodo, del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 405 del 2001 ? di una maggiorazione dell’aliquota fino allo 0,5 %), ma anche mediante legge regionale (nel caso ? contemplato dallo stesso art. 4, comma 3-bis, secondo periodo, del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 405 del 2001 ? di una maggiorazione dell’aliquota superiore allo 0,5 %).
N?, per escludere la legittimit? dell’aumento dell’addizionale in questione, assume rilievo la circostanza che il legislatore regionale abbia deliberato, con la legge denunciata, tale aumento nel 2001, per una pluralit? indefinita di anni, ?a decorrere dall’anno 2002?, e non con distinte leggi o provvedimenti annuali. Il citato art. 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997 non prevede, infatti, alcun obbligo per le Regioni di determinare gli aumenti dell’addizionale singulatim, anno per anno, ma si limita a stabilire che i ?provvedimenti? di aumento debbono essere pubblicati ?nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30 novembre dell’anno precedente a quello cui l’addizionale si riferisce ?.
4.2.? In ordine alla seconda questione, il giudice a quo, fondando la propria argomentazione sulla parola ?aliquota? al singolare, utilizzata dall’art. 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997, muove dal presupposto interpretativo che la legge statale vieti al legislatore regionale di strutturare l’addizionale all’IRPEF secondo pi? aliquote crescenti per scaglioni di reddito. Dall’affermata violazione di tale divieto il rimettente fa discendere il contrasto delle censurate disposizioni, da un lato, con gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost. e, dall’altro, con gli artt. 3, 16, 41, 53 e 120 Cost.
L’ assunto interpretativo del rimettente ? errato.
Per quanto attiene al contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost., va rilevato che n? la norma statale istitutiva dell’addizionale (art. 50, commi 2 e 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997), n? la relativa legge di delegazione (art. 3, comma 143, lettera a, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante ?Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nell’impiegare il termine ?aliquota? al singolare per la determinazione degli aumenti dell’addizionale medesima, impediscono che tali aumenti siano improntati a criteri di progressivit?. Infatti, la parola ?aliquota?, usata al singolare e senza altra specificazione, ben pu? essere interpretata, secondo l’uso linguistico generale e specialistico del settore tributario, in senso neutrale , e cio? sia nel senso di ?aliquota proporzionale?, sia nel senso di ?aliquota progressiva?. Ne consegue che l’uso di tale parola, da parte del legislatore statale, consente al legislatore regionale di realizzare la maggiorazione non solo attraverso un’unica aliquota proporzionale, ma ?come avvenuto nel caso di specie ? anche attraverso un’?aliquota progressiva?, articolata in pi? aliquote crescenti in funzione del reddito.
Deve inoltre negarsi che
Anche per quanto attiene al denunciato vulnus degli artt. 3, 16, 41, 53 e 120 della Costituzione ? che il rimettente connette strettamente e consequenzialmente alla violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost. ? l’ordinanza di rimessione si fonda sul presupposto dell’esistenza del divieto della legge statale di introdurre addizionali all’IRPEF strutturate secondo un’aliquota progressiva. E dalla violazione di tale divieto da parte della legge regionale la medesima ordinanza fa conseguire la denuncia di una ingiustificata disparit? di trattamento tributario tra i cittadini residenti nella Regione Marche e quelli residenti in altre Regioni, dipendente dal fatto che solo i primi sarebbero assoggettati ad un’addizionale all’IRPEF con aliquota progressiva. Va per? rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, detta diversit? di trattamento tra contribuenti aventi lo stesso reddito imponibile, costituirebbe la necessaria conseguenza non gi? della progressivit? dell’addizionale, ma dell’esercizio dell’autonomo potere degli enti territoriali di liberamente prevedere ? entro i limiti stabiliti dalla legge statale ? aliquote anche non progressive della stessa addizionale che possono risultare tra loro diverse. E ci? a prescindere dal rilievo che dall’attribuzione di tale autonomo potere deriva che i lamentati effetti della diversit? di carico fiscale sarebbero imputabili non gi? (come ritiene il rimettente) alla denunciata legge regionale, che costituisce atto di esercizio di tale potere, ma semmai alla non censurata norma statale di cui all’art. 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997, che detto potere attribuisce.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara non fondate le questioni di legittimit? costituzionale dell’art. 1, comma 7, della legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35 (Provvedimenti tributari in materia di addizionale regionale all’IRPEF e di tasse automobilistiche e di imposta regionale sulle attivit? produttive) e dell’annessa tabella A, sollevate ? in riferimento agli artt. 3, 16, 41, 53, 117, secondo comma, lettera e), 119, secondo comma, e 120 della Costituzione ? dalla Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cos? deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2006.
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2006.
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