Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana – sez. giurisdizionale, 27/10/2006 n. 589: la costituzione di una società mista, anche con scelta del socio privato a seguito di gara, non esime dalla effettuazione di una seconda gara per l’a

sentenza 08/02/07
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Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana – sez. giurisdizionale, 27/10/2006 n. 589
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
            Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
omissis
 
DIRITTO
1. Oggetto del contendere sono alcuni atti del Consorzio ambito territoriale ottimale 2 – Acque Catania e della Provincia regionale di Catania, aventi ad oggetto l’affidamento del servizio idrico integrato ad una società mista con prevalente capitale pubblico, costituita ai sensi dell’art. 113 comma 5 lett. b) del d.lgs. n. 267/2000, previa individuazione con selezione ad evidenza pubblica del partner privato.
Più esattamente vengono in rilievo:
a) – la deliberazione n. 4 in data 24 gennaio 2004, con la quale l’Assemblea del Consorzio ambito territoriale ottimale 2 – Acque Catania, su proposta del Consiglio di amministrazione (atto n. 5 in data 24 gennaio 2004), sceglieva quale modello gestionale del servizio idrico integrato l’affidamento diretto a società mista a prevalente capitale pubblico, ai sensi dell’art. 113, comma 5, lettera b) del d.lgs. n. 267/2000, stabilendo per la individuazione del partner privato e per la costituzione della società il termine essenziale del 31 marzo 2004, scaduto il quale si sarebbe senz’altro dovuta attivare la procedura a evidenza pubblica per la scelta del gestore (ex art. 113, comma 5, lettera a) del d.lgs. n. 267/2000.
b) – la deliberazione n. 37, in data 17 agosto 2004 con la quale il Consiglio provinciale di Catania approvava lo statuto e l’atto costitutivo della società ****** Servizi idrici etnei s.p.a. (poi costituita con atto notarile del 6 settembre 2004), precisandosi che la società inizialmente era costituita con socio unico (la Provincia stessa) e che era finalizzata alla attribuzione del servizio idrico integrato, aperta alla partecipazione dei Comuni associati nel Consorzio (mediante cessione al valore nominale di parte delle azioni sottoscritte dalla Provincia nei limiti massimi delle rispettive quote di partecipazione al Consorzio) e alla partecipazione di socio privato da individuarsi mediante gara pubblica;
c-e) – deliberazioni della Assemblea del Consorzio ATO, in data 13 settembre 2004 e precisamente:
* deliberazione n. 7 recante conferma della pregressa delibera n. 4/2004, relativamente all’affidamento diretto del servizio a società mista a prevalente capitale pubblico, e presa d’atto della costituzione della S.I.E. Servizi idrici etnei s.p.a. (di seguito società ******);
* deliberazione n. 8, avente ad oggetto la autorizzazione ad indire la gara per la scelta del socio privato di minoranza della anzidetta società e l’affidamento del servizio medesimo e della esecuzione dei lavori ad esso connessi alla società ****** con effetto a decorrere dalla data in cui il soggetto privato diventerà a tutti gli effetti socio della società medesima;
* deliberazione n. 9 recante delega al Consiglio di Amministrazione per la predisposizione degli atti e l’avvio della gara;
f) bando di gara inviato alla GUCE in data 28 settembre 2004;
g) deliberazione n. 2 del 13 gennaio 2005, con la quale, andata deserta la gara, l’Assemblea Consorzio ATO rinnovava la scelta di affidare il servizio a norma dell’art. 113 comma 5 lettera b) del d.lgs. n. 267/2000;
h) le delibere n. 1 e n. 2 del Consiglio di amministrazione del Consorzio.
2.         In primo grado il TAR con sentenza n. 670, in data 18 aprile 2005, prescindendo dall’esame delle eccezioni pregiudiziali sollevate in particolare dal Consorzio ATO
a) ha rigettato il ricorso ed i motivi aggiunti nella parte in cui erano impugnate:
– le deliberazioni 7, 8 e 9 del 13 settembre 2004 dell’Assemblea del Consorzio ATO 2 di Catania;
– le deliberazioni dell’Assemblea del Consorzio ATO n. 4 e del Consiglio di amministrazione n. 5 del 24 gennaio 2004;
– la deliberazione n. 2 in data 13 gennaio 2005, dell’Assemblea del Consorzio ATO;
– le deliberazioni in pari data con le quali il Consiglio di Amministrazione aveva approvato gli atti propedeutici della gara.
b) ha dichiarato inammissibile il ricorso limitatamente alla impugnazione della deliberazione consiliare n. 37 del 17 agosto 2004 della Provincia Regionale di Catania;
3. In appello vengono riproposte dai Comuni di Caltagirone, Mazzarrone, San Michele di Ganzaria, ******* e ******* le questioni di merito già svolte in prime cure.
Le controparti (Consorzio ATO, Provincia regionale di Catania e ****** Servizi idrici etnei s.p.a.), controdeducono nel merito. Il Consorzio, poi, ripropone alcune eccezioni di irritualità fatte valere in primo grado e non esaminate dal TAR e eccepisce profili di irritualità dell’appello (relativamente al primo motivo) .
4. In ordine logico vanno esaminate le eccezioni pregiudiziali sollevate in primo grado e in appello dal Consorzio ATO.
            Con la prima si fa valere la inammissibilità del ricorso al TAR per difetto di legittimazione e di interesse ad agire dei Comuni ricorrenti (soggetti consorziati).
            La eccezione va disattesa.
            E’ stato affermato in giurisprudenza che nell’ambito dei rapporti fra ente consorziale ed enti che ne fanno parte, tenuto conto della sfera di attribuzioni pertinente ai due enti, dotati ciascuno di distinta soggettività giuridica, mentre da un lato va esclusa ogni intromissione dell’ente associato nella vita e nella gestione dell’entità soggettiva consorziale, con conseguente impossibilità per il soggetto associato di promuovere azioni che spettano solo al consorzio, dall’altro non può escludersi la legittimazione al ricorso da parte dell’ente associato ove gli atti promananti dal consorzio siano suscettivi di ledere la sfera giuridica dei suoi interessi (Consiglio Stato, sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2939 ).
            Nella specie un interesse legittimante l’azione giurisdizionale può ravvisarsi nel fatto che gli atti in vertenza incidono nella organizzazione, negli obiettivi e nelle competenze del Consorzio, di cui i Comuni ricorrenti sono soci, nonchè nella organizzazione e nella gestione del servizio idrico integrato che si avvale di strutture di proprietà comunale (opere idrauliche, reti di adduzione, distribuzione e raccolta delle acque potabili e reflue) e che riguarda le collettività comunali.
            In questa prospettiva va ricordato che in ogni caso il Comune deve intendersi titolato, quale ente esponenziale degli interessi riferibili alla collettività dei residenti nel suo territorio (come, peraltro, espressamente sancito dall’art. 3 comma 2, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), all’impugnazione dei provvedimenti che hanno attitudine a produrre effetti pregiudizievoli per la comunità locale dallo stesso rappresentata (Consiglio Stato, sez. IV, 24 marzo 2004, n. 1559 ).
            I Comuni appaiono quindi legittimati al ricorso diretto ad assicurare un corretto affidamento del servizio in condizioni di legalità ed efficienza, nel rispetto delle normative di settore e dello statuto consortile.
5.         In via subordinata, il Consorzio deduce la tardività del ricorso contro la deliberazione n. 4 in data 24 gennaio 2004, dell’Assemblea del Consorzio ambito territoriale ottimale 2 Acque Catania.
Osserva il Collegio che tale deliberazione risulta impugnata ove occorra, in parte qua, ma che nella sostanza essa nell’odierno giudizio viene in rilievo non tanto come oggetto di impugnazione, quanto piuttosto come atto, la cui inosservanza è invocata come ragione di illegittimità degli atti successivi, laddove in essi si trascura il termine essenziale del 31 marzo 2004, stabilito nella deliberazione n. 4/2004 e scaduto il quale si sarebbe senz’altro dovuta attivare la procedura a evidenza pubblica per la scelta del gestore(ex art. 113, comma 5, lettera a del d.lgs. n. 267/2000).
6.         D’altra parte le successive deliberazioni della Assemblea del Consorzio ATO in particolare le deliberazioni in data 13 settembre 2004 (n. 7,8, 9) non hanno carattere meramente confermativo di quella in data 24 gennaio 2004 (n. 4), in quanto adottate alla stregua di nuovi presupposti (in particolare la sopravvenuta costituzione della S.I.E. Servizi idrici etnei s.p.a., a seguito della deliberazione consiliare n. 37 del 17 agosto 2004 della Provincia Regionale di Catania).
            Esse risultano dunque ritualmente impugnate indipendentemente dalla tempestiva impugnazione della deliberazione in data 24 gennaio 2004 (n. 4).
7.         Ultima eccezione pregiudiziale sollevata dal Consorzio riguarda il primo motivo d’appello, con il quale si deduce erroneità della sentenza per infedele ricostruzione dei fatti, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, mancata considerazione degli scritti difensivi, relativamente ai motivi di ricorso in primo grado diretti contro la deliberazione consiliare n. 37 del 17 agosto 2004 della Provincia Regionale di Catania.
            Osserva il Consorzio che gli appellanti non hanno in alcun modo contestato la declaratoria di inammissibilità in parte qua del ricorso in prime cure e che quindi la riproposizione della questione di merito appare irrituale.
Al riguardo il TAR ha rilevato che
– l’atto deliberativo della Provincia regionale n. 37/2004 non ha effetto lesivo di alcun interesse pubblico di livello comunale con riguardo anche al rilievo che la titolarità del suddetto servizio non appartiene più ai comuni, ma al consorzio; inoltre nessuno dei comuni consorziati nell’ATO ha dimostrato la volontà di entrare a far parte della società costituita dalla Provincia, la S.I.E. S.p.A., acquistando la quota di propria spettanza, pari ad una percentuale del capitale sociale rapportata alle rispettive quote di partecipazione al fondo consortile.
– in ogni caso le censure, che investono gli atti costitutivi della società, ed in particolare lo statuto, sfuggono alla giurisdizione amministrativa, rientrando in quella dell’A.G.O..
            Osserva il Collegio che la delibera di cui trattasi riguarda in particolare la volontà di costituire la società mista, approvandone l’atto costitutivo e lo statuto e che i Comuni appellanti, pur non facendo espresso riferimento alla declaratoria di inammissibilità in parte qua del ricorso in primo grado, svolgono argomentazioni utili ad evidenziare l’effetto lesivo conseguente alla delibera n. 37/2004 e quindi il loro interesse ad agire. E’ sufficiente qui richiamare le assorbenti sottolineature contenute nel primo motivo di appello al grave vulnus che l’intervento unilaterale ha provocato negli equilibri tra i consorziati.
Per questa parte dunque la declaratoria di inammissibilità risulta nella sostanza censurata.
Non viene censurata invece la declaratoria di difetto di giurisdizione, riguardante specificamente gli atti negoziali approvati (atto costitutivo e statuto), con la deliberazione provinciale n. 37/2004.
Le relative censure di merito, come riproposte in appello, non sono quindi ammissibili.
II
1.         Nel merito l’appello ripropone la questione della legittimità degli atti in vertenza sotto due profili:
– la legittimità della determinazione di scegliere come modello per la gestione del servizio idrico integrato l’affidamento ad una società mista a prevalente capitale pubblico, con partner privato scelto in esito a procedura ad evidenza pubblica ex art. 113 comma 5 lett. b) del d.lgs. n. 267/2000;
– la legittimità dell’affidamento diretto a detta società del servizio idrico integrato.
2.         Sotto il primo profilo, fondate sono anzitutto la censura I del ricorso introduttivo (eccesso di potere per contraddittorietà degli atti e difetto di istruttoria; violazione della delibera n. 4 del 24 gennaio 2004, difetto di motivazione ed eccesso di potere per sviamento e cattivo esercizio del potere di autotutela) e il motivo aggiunto II.2.A) (difetto di motivazione, contraddittorietà tra atti, violazione della delibera ATO n. 4/2004, cattivo esercizio del potere di autotutela).
Tali vizi scaturiscono, secondo la prospettazione della parte ricorrente, dalla (ritenuta sussistente) subordinazione della scelta della società mista come soggetto affidatario della gestione del servizio idrico integrato al termine essenziale del 31 marzo 2004.
In effetti nella delibera n. 4/2004 al riguardo si indicava il termine essenziale del 31 marzo 2004 entro il quale dovrà essere costituita la società per la gestione ed indetta la gara ad evidenza pubblica per la scelta del partner privato di minoranza, stabilendo, altresì, che nel caso di inefficace decorso del suddetto termine il C.d.A. dovrà senz’altro attivare la procedura ad evidenza pubblica per la scelta del gestore ai sensi del sopracitato art. 113 c. 5 lett. a del d.leg.vo 267/00".
Il TAR ha respinto il motivo osservando che:
– dal tenore testuale del predetto atto deliberativo si evince che il termine del 31 marzo 2004 venne posto solo per rafforzare la scelta della società mista e non certo per limitarne la validità nel tempo; il termine, poi, appare, verosimilmente, imposto al C.d.A. per vincolarlo a porre in essere tutti gli atti necessari alla esecuzione della delibera in largo anticipo rispetto ai termini imposti dalla Regione (30 giugno 2004);
– la sopravvenienza di ricorso della Regione Toscana alla Corte Costituzionale per la declaratoria di incostituzionalità delle modifiche all’art. 113 indussero, però, il C.d.A. a rallentare l’iter attuativo della delibera stessa per evitare di porre in essere atti e procedimenti che avrebbero potuto essere inficiati dalla decisione della Corte Costituzionale;
– la sospensione del procedimento di attuazione diveniva così atto del tutto logico, senza che potesse ritenersi comportante la vanificazione della scelta assembleare, una volta accertata dal Giudice delle leggi la legittimità costituzionale della norma che consentiva l’affidamento del servizio ad una società mista.
– costituita così dalla Provincia, Ente promotore e direttivo del Consorzio ATO stesso, la società mista aperta alla partecipazione di tutti i Comuni consorziati, veniva legittimamente ripreso l’iter per l’attuazione della scelta deliberata e veniva riconvocata l’assemblea del Consorzio per consentirle, proprio in esecuzione a quanto deciso con la sua delibera del 24.1.2004 di affidare la gestione del servizio alla società mista;
– l’Assemblea del Consorzio legittimamente, pertanto, deliberò di non discostarsi dalla scelta già fatta e di assegnare conseguentemente la gestione del servizio alla società mista SIE.
– detto modello societario, infatti, per la composizione della sua parte pubblica (apertura a tutti gli Enti consorziati) e per la regolamentazione dei rapporti tra parte pubblica e imprenditore privato risultante dallo statuto sociale, garantisce il corretto e utile svolgimento della gestione del servizio affidato.
            L’impostazione del TAR non sembra condivisibile, in quanto come esattamente rilevato dagli appellanti, il termine del 31 marzo 2004 (come stabilito nella deliberazione n. 4/2004) era, per dato letterale inequivocabile, essenziale.
            Le deliberazioni assembleari n. 7/2004 e n. 2/2005 sono chiaramente innovative e non confermative, modificando la originaria determinazione, che imponeva di seguire, dopo il 31 marzo 2004, il diverso modulo organizzatorio dell’art. 113 comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 267/2000 (conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica).
            In quanto tali si tratta di determinazioni che potevano essere assunte dall’Assemblea, solo previa valutazione della modifica temporale e con adeguata motivazione.
            In proposito va ricordato l’indirizzo comunitario secondo cui l’affidamento diretto di un servizio pubblico è in via generale contrario ai principi della concorrenza e della evidenza pubblica e le relative eccezioni devono essere interpretate restrittivamente e adeguatamente giustificate.
            A fronte di una determinazione, ormai operativa dopo il 31 marzo 2004, di procedere a gara pubblica tra gli operatori del settore, si sarebbe dovuto quanto meno approfondire la questione e procedere ad una formale, motivata, modifica in autotutela della precedente determinazione.
            Per contro il Consorzio si è limitato a ribadire la utilità della scelta derogatoria, mentre le ragioni giustificative evidenziate dal TAR (in particolare sopravvenuto giudizio di costituzionalità sull’art. 113) non sono in alcun modo espresse negli atti in vertenza.
3.         Per le stesse ragioni appaiono fondati anche alcuni profili delle censure sub n. VII del ricorso introduttivo e sub II.6 dei motivi aggiunti avanti al TAR, laddove si fa valere quale vizio inficiante la deliberazione provinciale n. 37/2004 incompetenza; sviamento, difetto di motivazione, eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità e contraddittorietà (nonchè nei motivi aggiunti violazione dell’art. 113 d.lgs. n. 267/2000) con conseguente illegittimità degli atti conseguenti.
            Come esattamente dedotto dai ricorrenti la delibera provinciale di costituzione della S.I.E., intervenuta dopo la scadenza del 31 marzo 2004, nella sostanza concreta un illegittimo condizionamento (da parte della Provincia) delle determinazioni di competenza consortile. La delibera provinciale si sottolinea nelle richiamate censure ha una caratteristica invero singolare: è costruita sulla presunzione che soggetti estranei all’ente non possano che uniformarsi alla volontà dello stesso.
            Osserva il Collegio, con la pienezza dell’approfondimento normativo demandata al giudice, che le norme statutarie del Consorzio demandano allo stesso e più precisamente alla Assemblea le scelte in ordine alla forma di gestione del servizio idrico integrato e delle procedure da seguire per l’affidamento dello stesso e l’affidamento al soggetto individuato con le procedure predette (cfr. artt. 4 e 8 della statuto del Consorzio).
            Questi rilievi escludono ad avviso del Collegio che una società mista potesse essere precostituita dalla Provincia come soggetto affidatario del servizio idrico integrato di cui trattasi (ancorchè la scelta del partner privato fosse demandata a procedure ad evidenza pubblica), prescindendo da una seconda gara aperta a tutti gli operatori del settore e delegando la procedura di scelta del partner privato al Consorzio al fuori dei necessari riferimenti normativi, statutari e convenzionali.
III
1.         Queste considerazioni introducono all’approfondimento della seconda questione posta dall’appello e dai corrispondenti motivi di primo grado, quella della legittimità dell’affidamento diretto di un servizio pubblico (nella specie il servizio idrico integrato) ad una società mista a prevalente capitale pubblico, con partner privato scelto in esito a procedura ad evidenza pubblica ex art. 113 comma 5 del d.lgs. n. 267/2000.
            Viene da ultimo in rilievo la deliberazione n. 2 del 13 gennaio 2005, con la quale, su proposta del Consiglio di amministrazione (delibera n. 1 in data 13 gennaio 2005) l’Assemblea Consorzio ATO
– ha dato atto che la precedente gara era andata deserta e che l’affidamento già deliberato a favore della S.I.E. devesi ritenere, anche in virtù della presente delibera, definitivamente inefficace;
– ha confermato l’utilità della scelta di affidare a società mista il servizio a norma dell’art. 113 comma 5 lettera b;
– sulla base della delega conferita dal Consiglio provinciale di Catania con delibera n. 37/2004, ha stabilito di rinnovare la gara, individuando le competenze in ordine agli adempimenti esecutivi.
2.         La questione centrale è quella posta (oltre che dal motivo III del ricorso introduttivo) dal motivo aggiunto II.3) avanti al TAR nel quale si deduceva violazione dell’art. 113 d.lgs. n. 267/2000; violazione dei principi comunitari in materia di concorrenza, di appalti di servizi e di concessioni di pubblici servizi; eccesso di potere per violazione delle linee di indirizzo dettate dall’autorità competente ex art. 113 comma 5 lett. b) del d.lgs n. 267/2000; eccesso di potere per sviamento; violazione della par condicio e difetto di motivazione sotto altro profilo;
Sostenevano i ricorrenti, richiamando anche pronunce della Corte di giustizia europea, che non vi erano i presupposti per l’affidamento diretto del servizio alla società mista ******, ancorchè fosse prevista per la individuazione del socio privato una procedura ad evidenza pubblica.
            Il TAR ha disatteso la doglianza, ritenendo corretta una esegesi del diritto comunitario secondo cui:
– per la scelta del socio privato occorre seguire una procedura di evidenza pubblica;
– non occorre seguire la procedura di evidenza pubblica per l’affidamento alla società mista dell’appalto cui è finalizzata la costituzione della società, se per la scelta del socio privato si è seguita procedura similare;
– per gli ulteriori affidamenti a società mista, occorre seguire le procedure di evidenza pubblica.
            Osserva il Collegio che il comma 5 dell’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000 (come sostituito dall’articolo 14 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269) stabilisce che l’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: a) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.
            La tripartizione nelle modalità nell’affidamento del servizio non sembra trovare riscontri nel diritto comunitario, al quale è estraneo un trattamento diversificato in favore delle società miste rispetto alle regole della piena concorrenza e quindi della partecipazione ad una gara specifica per ottenere l’affidamento di un pubblico servizio.
            Alla stregua dei principi affermati dalla Corte di giustizia europea, infatti all’affidamento dei servizi alle società miste, ancorchè inquadrabile tra le concessioni di servizi pubblici, è applicabile la normativa comunitaria costituita dalle norme del Trattato (artt. 43 e 49) e, per gli appalti specificamente, dalla direttiva che coordina le procedure di aggiudicazione dei pubblici di servizi n. 92/50/CEE del 18 giugno 1992.
E’ stato in particolare affermato che nel caso in cui un’autorità aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso riguardante servizi che rientrano nell’ambito di applicazione materiale della direttiva 92/50 con una società giuridicamente distinta da essa, nel capitale della quale detiene una partecipazione con una o più imprese private, le procedure di appalto pubblico previste da tale direttiva devono in ogni caso essere applicate (cfr. da ultimo, Corte di giustizia europea, Sez. I, 10 novembre 2005 n. C-29/04).
Tale normativa non si applica solo quando manchi un vero e proprio rapporto contrattuale fra l’Amministrazione aggiudicatrice e la società affidataria del servizio, come nel caso (secondo le definizioni usate dalla Corte di giustizia) di delegazione interorganica o di servizio affidato in via eccezionale in house.
A quest’ultimo proposito si è affermato che l’esperimento di una gara, secondo i principi della concorrenza – per un temperamento connesso alla facoltà di procedere in autoproduzione del servizio da parte della Amministrazione – non è obbligatorio anche se la controparte contrattuale è un ente giuridicamente distinto dall’autorità aggiudicatrice, semprechè questa eserciti sull’ente distinto un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e in cui tale ente realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che la controllano (cfr., tra le altre, già Corte di giustizia europea, 18 novembre 1999, C-107/98; e più di recente 11 gennaio 2005, causa C-26/03 e 10 novembre 2005 n. C-29/04).
Al di fuori di tali ipotesi, l’affidamento del servizio deve avvenire con gara ad evidenza pubblica.
In relazione a tali principi sembra doversi pervenire ad una interpretazione restrittiva, se non addirittura disapplicativa, dell’art. 113 comma 5 lett. b), nel senso che la costituzione di una società mista, anche con scelta del socio a seguito di gara, non esime dalla effettuazione di una seconda gara per l’affidamento del servizio.
Nel diritto comunitario, quanto alle società miste, dunque sembrano evidenziarsi come necessarie le due gare.
            Da un lato, infatti, inquadrando la fattispecie nel partenariato pubblico/privato equiparabile alle concessioni, si configura tale obbligo per la scelta del socio secondo le regole ed i principi previsti dal diritto comunitario per le concessioni.
Tale esigenza è stata acquisita da tempo anche dalla giurisprudenza nazionale, essendosi affermato che, indipendentemente dalla esistenza nell’ordinamento di una specifica norma atta a disciplinare la scelta, da parte dell’ente locale, del socio imprenditore privato nelle società miste di servizi a capitale pubblico maggioritario, tale scelta non può sottrarsi ai principi concorrenziali dell’evidenza pubblica, ormai immanenti nell’ordinamento stesso (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 22 maggio 2001, n. 2835).
Dall’altro, dopo tale gara, per l’acquisizione del servizio le società ne devono affrontare una seconda, alla quale possono partecipare tutti i soggetti interessati, in possesso dei relativi requisiti, operanti nel settore.
In un quadro giurisprudenziale in generale incline ad escludere la necessità della seconda gara (cfr. da ultimo Consiglio Stato, sez. V, 3 febbraio 2005, n. 272) sembrano emergere opinioni dottrinali di segno contrario ad avviso del Collegio condivisibili.
A questo proposito è stato rilevato che:
– configura una restrizione del mercato e della concorrenza l’obbligo per l’imprenditore di conseguire l’affidamento di un servizio, solo entrando in una società, per molti versi anomala, con l’amministrazione;
– la procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio non è sovrapponibile, quanto ai contenuti e alle finalità, a quella per l’affidamento del servizio; la prima è preordinata alla selezione del socio privato in possesso dei requisiti non solo tecnici ed organizzativi, ma anche e soprattutto finanziari, tali da assicurare l’apporto più vantaggioso nell’ingresso nella compagine sociale; la seconda è invece esclusivamente diretta alla scelta del soggetto che offra maggiori garanzie per la gestione del servizio pubblico;
– il sistema di affidamento diretto alla società mista (sia pure dopo scelta tramite procedura ad evidenza del socio privato) concreterebbe nella sostanza un affidamento in house al di fuori dei requisiti richiesti dal diritto comunitario;
– se, infatti, un’impresa privata detiene delle quote nella società aggiudicataria occorre presumere che l’autorità aggiudicatrice non possa esercitare su tale società «un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi»; una partecipazione minoritaria di un’impresa privata è quindi sufficiente ad escludere l’esistenza di un’operazione interna (cfr., anche per i richiami in essa contenuti, Corte di giustizia europea, sez. I, 10 novembre 2005 n. C-29/04).
In conclusione dunque la costituzione di una società mista (con partner scelto dopo gara) non esime dalla evidenza pubblica le procedure di affidamento del servizio.
Nella specie gli atti in vertenza, nel precostituire un diretto affidamento del servizio alla società mista ****** (volontà presente anche nella delibera assembleare n. 2/2005, che si limita solo a prevedere la formalizzazione dell’affidamento ad un momento successivo allo espletamento della gara per la scelta del socio) appaiono illegittimi.
3. Per le ragioni che precedono – assorbite ogni altra censura ed eccezione – come da motivazione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto nei confronti degli odierni appellanti l’originario ricorso, con i relativi motivi aggiunti, proposto avanti al TAR Sicilia, Sezione staccata di Catania.
Va quindi disposto l’annullamento dei seguenti atti:
– deliberazione consiliare n. 37 del 17 agosto 2004 della Provincia Regionale di Catania;
– deliberazioni 7, 8 e 9 del 13 settembre 2004 dell’Assemblea del Consorzio ATO 2 di Catania;
– deliberazione n. 2 in data 13 gennaio 2005, dell’Assemblea del Consorzio ATO;
– deliberazioni n. 1 e n. 2 in data 13 gennaio 2005 del Consiglio di Amministrazione del Consorzio.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
 
P.Q.M.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale accoglie l’appello come da motivazione.
Compensa le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 15 marzo 2006, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale, con l’intervento dei signori: *****************, Presidente, ********************, estensore, *****************, ****************, ****************, componenti.
F.to: *****************, Presidente
F.to: ********************, Estensore
F.to: **************, **********
 
Depositata in segreteria
il 27 ottobre 2006

sentenza

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