Condotta omissiva: il sanitario risponde se avrebbe evitato il danno

Il sanitario risponde della condotta omissiva se il comportamento omesso avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno.

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Tribunale di Udine -sez. I civ.- sentenza non definitiva n. 562 del 26-07-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_UDINE_N._562_2025_-_N._R.G._00001002_2024_DEPOSITO_MINUTA_26_07_2025__PUBBLICAZIONE_26_07_2025-1.pdf 339 KB

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Indice

1. I fatti: la condotta omissiva


Una signora si era rivolta nel gennaio del 2015 ad ud un medico estetico per un controllo di un nevo che le era comparso in sede latero-cervicale destra e nei mesi successivi (aprile 2015) il predetto medico l’aveva sottoposta ad un intervento di asportazione del neo. All’esito dell’intervento, il medico aveva assicurato la paziente la buona riuscita dell’asportazione del nevo e le buone condizioni di salute della paziente medesima.
Nonostante ciò, nel 2019, alla signora era stata diagnosticata l’esistenza di un melanoma che aveva trovato origine proprio nel neo che era stato rimosso dal medico.
Nel 2021, poi, si manifestavano delle metastasi cerebrali a livello corticale frontale destro della paziente e pertanto quest’ultima veniva sottoposta a radiochirurgia in stereotassi, mentre nel 2022 la malattia progrediva a livello cerebrale con ulteriori metastasi, che venivano trattate con radioterapia. Infine, la paziente veniva sottoposta (ancora durante la causa) ad una terapia mirata combinata, con l’obiettivo di interferire con le vie di segnalazione che portano alla proliferazione tumorale.
In considerazione di ciò, la paziente, unitamente ai suoi familiari, adiva il tribunale di Udine al fine di ottenere il risarcimento del danno subito, che quantificava in una invalidità permanente pari all’80%.
Secondo gli attori, il medico convenuto avrebbe errato nella valutazione del nevo rimosso, non avendolo identificato in un melanoma, ma soprattutto nell’aver omesso l’esame istologico sul nevo che aveva rimosso: la mancata esecuzione dell’esame istologico aveva reso impossibile accertare la patologia (melanoma) che era rimasta silente per anni.
Il medico convenuto si costituiva in giudizio, contestando la propria responsabilità e affermando di aver correttamente svolto la propria prestazione sanitaria e che la condotta della paziente (che successivamente all’intervento aveva omesso di effettuare ulteriori controlli) aveva comunque contribuito alla determinazione del danno. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

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2. Le valutazioni del Tribunale


Al fine di poter decidere la controversia, il tribunale di Udine ha esaminato i principi in materia di nesso di causalità nella responsabilità medica.
A tal proposito, il giudice ha evidenziato come l’accertamento di detto nesso di causalità deve essere compiuto applicando il criterio del “più probabile che non”. Secondo il giudicante, infatti, in materia di accertamento del nesso di causalità nella responsabilità civile si applicano i principi previsti dagli artt. 40 e 41 del codice penale, anche se con un grado probatorio più “leggero”. In particolare, secondo dette disposizioni normative, un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo ed inoltre, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili.
La differenza nell’applicazione di dette regole in sede civile e in sede penale, risiede nel fatto che la regola probatoria penale è quella della prova “oltre ogni ragionevole dubbio”, invece quella civile è la prova secondo il criterio del “più probabile che non”.
Nel caso in cui la condotta del danneggiante abbia carattere omissivo, l’applicazione dei suddetti principi comporta che il giudice, attraverso un giudizio controfattuale che pone al posto della omissione il comportamento dovuto dal medico, verifichi la probabilità (positiva o negativa) del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno riconosciuto alla condotta omessa. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del “più probabile che non”, conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e, allo stesso tempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto.
In altri termini, in caso di comportamento omissivo, è configurabile il nesso causale tra l’omissione
del sanitario ed il pregiudizio subito dal paziente qualora, attraverso un criterio probabilistico, si
ritenga che l’attività del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno concretamente verificatosi; viceversa, non può riconoscersi alcuna responsabilità quando il comportamento omesso, ove tenuto, non avrebbe comunque impedito l’evento prospettato, poiché in tal caso l’omissione non può ritenersi causa del danno.

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto che gli attori abbiano fornito la prova del contratto con il medico e del nesso di causalità tra la condotta omissiva del convenuto e l’evento dannoso subito dalla paziente.
In particolare, dagli accertamenti svolti in sede di ATP, è emerso che il medico, dopo aver rimosso chirurgicamente il nevo dal collo della paziente, non ha proceduto all’esame istologico del materiale asportato e che a distanza di 4 anni si è presentato un quadro clinico della paziente di metastasi da melanoma proprio nella sede del collo dove era situato il nevo asportato.
Pertanto, secondo i CTU, da un lato il medico ha violato le linee guida in materia che imponevano la effettuazione di un esame istologico sulla malformazione rimossa, in quanto la stessa presentava delle caratteristiche tali da dover essere verificata l’eventuale natura non benigna; dall’altro lato, che ricorrono tutti gli elementi per poter ritenere che probabilmente le metastasi da melanoma che presenta la paziente siano partite dal nevo estratto dal medico.
Infine, il giudice ha ritenuto di escludere che sussistesse un concorso del danneggiato nella causazione del predetto evento lesivo, per non aver effettuato ulteriori controlli dopo la rimozione del nevo. Infatti, secondo il giudice, da un lato, il convenuto non ha provato di aver invitato la paziente a sottoporsi a detti controlli dopo l’intervento chirurgico; mentre dall’altro lato (ed a prescindere comunque dall’eventuale invito ai controlli che il medico avesse rivolto alla paziente), la condotta del medico che all’esito dell’intervento chirurgico aveva assicurato la paziente sul fatto che il nevo non fosse un melanoma, che l’intervento era ben riuscito e che la paziente godesse di buona salute, è comunque idonea ad escludere un concorso di colpa della paziente medesima.
In considerazione di quanto sopra, il giudice ha ritenuto sussistente una responsabilità del medico nella causazione dell’evento dannoso lamentato ed ha quindi rimesso la causa in istruttoria al fine di accertare e quantificare, mediante una apposita CTU, i danni subiti dagli attori.   

Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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