Condominio negli edifici: Corte di Cassazione civile, sez. II, 28 febbraio 2013, n° 5038

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Con la sentenza in commento si possono trarre, tra gli altri, importanti insegnamenti relativamente a due aspetti:

1) uno attiene all’errore di dattiloscrittura, che può accadere durante la redazione di atti, e che nel caso di specie si è manifestato durante la stesura di un decreto ingiuntivo. Dall’errore di dattiloscrittura può poi nascere la questione circa la sussistenza o meno del vizio di ultra petizione, come in effetti è accaduto nel caso oggetto della presente trattazione

2) l’altro si riferisce alla corretta applicazione della disciplina sull’imputazione del pagamento di cui all’art. 1193 c.c.

Massima.

In materia di condominio negli edifici, il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali, può imputarlo ai debiti per singoli esercizi e può escludere che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati.

Commento.

Come è stato premesso, con la sentenza in commento si fornisce una importante interpretazione ed applicazione dell’istituto dell’imputazione. La norma di riferimento è l’art. 1193 c.c. rubricato, appunto, “Imputazione del pagamento”. In particolare, quello che qui maggiormente interessa, è il suo primo comma, secondo il quale: “Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare”.

Il legislatore ha dunque voluto concedere al debitore, che ha diversi debiti, la facoltà di scegliere quale di essi intende pagare, dichiarandolo al momento del pagamento. Deve però trattarsi di debiti che appartengono alla stessa specie, e verso la stessa persona.

Se il debito ha una unica causa, al debitore non è concessa la suddetta facoltà. Infatti, l’istituto dell’imputazione si applica per il caso in cui ci siano diversi crediti tra le stesse parti, con causa e titolo diversi (conforme: Cass. civ., Sez. II, 23 marzo 1998, n. 3077).

Il condominio di via B. ottiene dal giudice di pace un decreto ingiuntivo nei confronti del condòmino, il sig. P, il quale propone opposizione deducendo sia il vizio di ultra petizione e sia la nullità del titolo sulla base del quale è stato ottenuto il decreto ingiuntivo.

Per quanto riguarda la doglianza relativa al primo vizio, essa si basa sul fatto che il decreto ingiuntivo è stato chiesto entro il limite di 2.000.000 lire, ma l’assegno azionato (quale credito cartolare) è pari all’importo di 2.434.000 lire. L’ingiunzione è stata ottenuta per quest’ultimo importo.

L’opponente lamenta, perciò, che gli è stato ingiunto il pagamento per una somma maggiore di quella richiesta.

Invece, per ciò che attiene al dedotto vizio di nullità del titolo posto a fondamento del decreto ingiuntivo, si deve precisare che se da un lato è vero che la ricevuta consegnata dall’amministratore, dopo aver ottenuto dal condòmino l’assegno, riporta la stessa somma dell’assegno stesso, dall’altro lato, però, è altresì vero che tale ricevuta viene riferita a titolo e causa diversi da quelli per i quali il condomino P. aveva consegnato detto l’assegno all’amministratore.

Il gpd rigetta l’opposizione perché l’importo di 2.000.000 lire (invece di 5.000.000), quale limite indicato dal richiedente il decreto ingiuntivo, “era addebitabile ad un mero errore di dattiloscrittura”. Mentre, per quanto riguarda la doglianza relativa all’imputazione del pagamento, lo stesso g.d.p. stabilisce che in tal caso non assume rilevanza l’imputazione del pagamento, perchè si tratta di obbligazioni che derivano dallo stesso titolo. Per tale ragione, in presenza di un adempimento totale l’obbligazione si estingue, se invece c’è un adempimento parziale l’obbligazione resta per il residuo.

Il sig. P. propone appello che però gli viene rigettato. In particolare, il giudice d’appello ritiene che non è stato violato l’art. 1193 c.c., in quanto tale norma si applica quando ci sono più crediti, invece, nel caso di specie, il credito è relativo alle spese condominiali che lo stesso giudice ritiene essere un solo credito, questa è appunto la ragione in base alla quale il giudice d’appello ritiene non violato l’art. 1193 c.c..

Per quanto riguarda il vizio di ultra petizione, anche il giudice d’appello ritiene che si sia trattato di un errore materiale, tale da non cagionare nessun equivoco rispetto all’importo per cui è stato richiesto il decreto ingiuntivo, così come risulta documentato dagli atti.

La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo di ricorso a mezzo del quale il ricorrente, partendo dal presupposto che c’erano delle contestazioni in merito alla ripartizione degli oneri condominiali e sui lavori straordinari, sostiene che intendeva pagare soltanto l’80% delle spese ordinarie. Invece quelle straordinarie non le voleva pagare affatto.

E’ chiaro, dunque, che al condòmino non gli è stata data la possibilità di realizzare tale intenzione, in quanto, come detto sopra, l’amministratore anziché imputare la somma dell’assegno ricevuto all’80 % del totale delle spese condominiali, così come era l’intenzione del condomino, parte della somma l’aveva imputata per saldare le spese degli anni precedenti.

La restante parte, l’amministratore l’ha imputata come acconto per le spese dei lavori straordinari, che però, come detto, il condòmino non voleva pagare affatto,in quanto non aveva mai autorizzato tali lavori straordinari.

Dunque, il giudice di legittimità sostiene che avendo il ricorrente l’intenzione di non pagare la somma relativa alle spese straordinarie, in quanto relative ad un credito contestato – e quindi ritenuto non dovuto – aveva esercitato correttamente la facoltà prevista dall’art. 1139 c.c.

In buona sostanza, il condòmino, con il versamento dell’assegno, vuole pagare solo i debiti per specifiche annualità, e non per i lavori straordinari. Per realizzare tale intenzione si è avvalso della facoltà prevista dall’art. 1193 c.c.

La corte rammenta che la questione della imputazione del pagamento, non può essere proposta per il caso in cui sussista un unico debito, ma solo quando tra le parti vi sia una pluralità di crediti, con titolo e causa diversi.

La funzione di tale istituto, dunque, è quella di “eliminare l’incertezza sulla sorte dei crediti stessi.

Il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la nullità del decreto ingiuntivo, viene però dichiarato infondato dalla Corte di Cassazione. In sintesi tale Corte stabilisce che “l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito”. Una volta che il giudice ha svolto una motivazione, bisogna prima accertare l’ erroneità di questa stessa motivazione, e dopo verificare se vi è stata una ultrapetizione.

Infatti, nel momento in cui il giudice stabilisce che la domanda è stata proposta correttamente, tale statuizione “non può essere direttamente censurata per ultra petizione”.

In altre parole, per poter accertare l’ultrapetizione, bisogna prima accertare il vizio della motivazione. In questo caso tale vizio non sussiste perchè la motivazione è stata svolta in base ad una “ricognizione del tenore letterale della richiesta di decreto ingiuntivo”. Per la precisione, quello che sarebbe un errore commesso dal giudice di merito, non può essere configurato come un “error in procedendo”, perché attiene “al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà delle parti”.

Perciò, la motivazione viene ritenuta sufficiente a risolvere il contrasto tra le due somme (2.434.000 euro l’importo per cui è stato concesso il decreto ingiuntivo, 2.000.000 il limite). In effetti, prosegue la Corte di Cassazione, non si potrebbe spiegare in altro modo il come mai prima il creditore documenta e formula la domanda per un importo maggiore (2.434.000 credito cartolare costituito da un assegno), ma poi rinuncia a 434.000 (perchè ha indicato come limite 2.000.000) senza addurre alcun motivo.

La Corte, fa salva l’insussistenza del vizio di ultrapetizione, e cassa con rinvio al tribunale in persona di altro giudice il quale, nel decidere, dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali può imputare i pagamenti per singoli esercizi e può escludere, attraverso lo strumento dell’imputazione di pagamento, che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati”.

Pugliese Marcello

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