Conciliazione in materia di consumo: le procedure ADR di risoluzione alternativa delle controversie

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 Per risolvere le controversie tra consumatori e imprese su contratti di vendita di beni e servizi è possibile fare ricorso alle c.d. procedure ADR “Alternative Dispute Resolution”.

In Italia la nuova disciplina delle procedure ADR è stata introdotta con il D.Lgs. 6 agosto 2015 n. 130, che ha recepito la direttiva europea per i consumatori 2013/11/UE e modificato il Codice del Consumo, introducendo il nuovo Titolo II-bis, art. 141bis – 141decies.

Si tratta di una procedura semplice che consente una risoluzione veloce ed efficace dei conflitti in materia di consumo, contribuendo con questo allo snellimento del carico giudiziario e al corretto funzionamento del mercato interno.

Le caratteristiche della procedura, infatti, incentivano il consumatore a procedere nei confronti dell’impresa senza ricorrere al giudice e a non rinunciare alla difesa dei propri diritti di fronte alle lungaggini processuali e ai costi esorbitanti del processo.

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Definizioni e ambito di applicazione della procedura ADR

L’ambito di applicazione della procedura ADR è molto ampio.

In particolare, il nuovo titolo II-bis del Codice del Consumo si applica (solo) alle procedure volontarie di risoluzione extragiudiziale delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell’Unione europea, nell’ambito delle quali l’organismo ADR “propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole[1].

Il “consumatore”, all’interno nel Codice del Consumo, è rappresentato come la persona fisica che agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale,   commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta e per “professionista” un soggetto (persona fisica o giuridica) che agisce nell’ambito di un’attività commerciale, industriale artigianale o professionale.

Le controversie tra consumatore e professionista possono essere: “nazionali” quando il consumatore risiede nello stesso Stato membro dell’Unione Europea in cui è stabilito il professionista; “transfrontaliere” quando il consumatore risiede in uno Stato membro dell’Unione Europea diverso da quello in cui è stabilito il professionista. Il professionista si considera “stabilito” a) se si tratta di una persona fisica, presso la sua sede di attività; b) se si tratta di una società o di un’altra persona giuridica o di un’associazione di persone fisiche o giuridiche, presso la sua sede legale, la sua amministrazione centrale o la sua sede di attività, comprese le filiali, le agenzie o qualsiasi altra sede” (comma 2, art. 141)

Il comma 6, art. 141 sancisce tuttavia che “Sono fatte salve le (…) disposizioni che prevedono l’obbligatorietà delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie” e quindi si esclude ogni riferimento: -alla mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1bis, D.Lgs. n. 28/2010 (lì dove la mediazione sia condizione di procedibilità); -alle conciliazioni obbligatorie in materia di telecomunicazioni (previste dalla legge n. 249/97); -alle conciliazioni obbligatorie in materia di competenza dell’Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e Ambiente (previste dalla Legge n. 481/95).

La disciplina non si applica, altresì, alle procedure gestite dal professionista, alle controversie tra professionisti, nella negoziazione diretta tra consumatori e professionisti, ai tentativi di conciliazione giudiziaria, alle procedure avviate dal professionista nei confronti del consumatore.

Il consumatore non deve essere, in nessun caso, privato del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l’esito della procedura ADR.

Obblighi, facoltà e requisiti degli organismi ADR

Particolare attenzione è rivolta agli organismi ADR.

Per organismo ADR si intende “qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente, che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è iscritto nell’elenco di cui all’art. 141 decies [2].

Gli Organismi sono soggetti ad alcuni obblighi che vanno dall’aggiornamento di un sito web di facile accesso, alla tutela della privacy, dalla possibilità per le parti di scambiare informazioni in via elettronica, all’obbligo di garantire la preparazione dei conciliatori, la loro indipendenza e la retribuzione a prescindere dagli esiti della procedura[3].

L’organismo, grazie al proprio regolamento interno, può inoltre rifiutare il trattamento di alcune tipologie di controversie. I motivi sono diversi: in caso di controversia futile o temeraria, omesso tentativo da parte del consumatore di contattare il professionista per discutere e tentare di risolvere il problema, valore della controversia inferiore o superiore ad una soglia minima prestabilita, quando sia già in corso per la stessa controversia una procedura presso altro organismo ADR o un organismo giurisdizionale, quando la procedura non sia stata avviata entro un certo limite di tempo che non deve essere inferiore ad un anno dalla data in cui il consumatore ha presentato il reclamo[4].

Negoziazioni paritetiche

Prima dell’introduzione delle procedure ADR ad opera del D.Lgs n. 130/2015 erano soprattutto le conciliazioni paritetiche a costituire lo strumento per la risoluzione extragiudiziale delle controversie, attraverso la predisposizione di appositi protocolli d’intesa stipulati tra associazioni di consumatori più rappresentative e le aziende che vi aderivano.

Le negoziazioni paritetiche con la nuova normativa trovano anch’esse una loro precisa collocazione e regolamentazione come vere e proprie procedure di composizione extragiudiziale delle controversie.[5]

Per poter comunque ricondurre le procedure gestite da persone legate alle associazioni di categoria di una delle parti (consumatore o professionista) alle procedure ADR occorre che, oltre all’osservanza delle disposizioni contenute nel Titolo II-bis, tali procedure rispettino ulteriori requisiti di indipendenza e trasparenza.

In particolare che la mediazione sia gestita da organismi paritetici oppure da collegi formati in egual numero di rappresentanti dei professionisti e rappresentanti dei consumatori, che le persone fisiche incaricate della risoluzione della controversia debbano   ricevere un incarico triennale per garantire l’indipendenza della loro azione.

Il rappresentante dell’associazione dei consumatori non deve avere alcun rapporto lavorativo con il professionista o con un’organizzazione professionale o un’associazione di imprese di cui il professionista sia membro, né ricevere contributi economici e finanziari.

Le negoziazioni paritetiche devono inoltre essere disciplinate da protocolli di intesa stipulati tra le associazioni di professionisti e le associazioni dei consumatori riconosciute.

Requisiti di trasparenza, efficacia, equità e libertà

La nuova disciplina delinea ulteriori requisiti e obblighi per gli organismi ADR relativi alle informazioni da fornire ai consumatori[6]. Si segnala, tra quelli elencati, l’indicazione del settore di competenza specifica e i limiti di valore delle controversie, tutte le informazioni riguardanti l’organismo ADR -dall’iscrizione nell’elenco ai criteri seguiti per il conferimento dell’incarico al conciliatore e la durata del loro incarico-, le lingue secondo le quali si svolge la procedura, i costi della procedura, la durata media e gli effetti giuridici. Gli organismi dovranno anche rendere pubblica, sui propri siti, annualmente una relazione sull’attività svolta.

Le procedure ADR devono inoltre rispettare le seguenti prescrizioni[7]:

-consentire alle parti di partecipare senza obbligo di assistenza legale,

-essere gratuite o avere costi contenuti per i consumatori,

-concludersi entro il termine di 90gg dalla data di presentazione del fascicolo completo della domanda da parte dell’organismo ADR, salvo complessità della controversia (ulteriori 90gg),

-la possibilità per le parti di ritirarsi in qualsiasi momento.

Le parti, inoltre, devono essere informate del fatto che

-hanno la possibilità di scegliere se accettare o meno la soluzione proposta,

-la partecipazione alla procedura non preclude la possibilità di chiedere un risarcimento attraverso un normale procedimento giudiziario,

-la soluzione proposta potrebbe essere diversa dal risultato che potrebbe essere ottenuto con la decisione di un organo giurisdizionale che applichi norme giuridiche.

Le parti, altresì, prima di accettare o meno di dare seguito a una soluzione proposta o acconsentire ad una soluzione amichevole, devono essere informate dell’effetto giuridico che da ciò consegue e disporre di un periodo di riflessione ragionevole.

Valutazioni conclusive

In conclusione, le procedure ADR presentano i seguenti vantaggi:

volontarietà, sono esperibili esclusivamente su istanza del consumatore;

– sono procedure gratuite, essendo previsto al più solo il pagamento di un costo minimo a copertura delle spese sostenute dall’organismo;

celerità, la procedura ha una durata massima di 90gg dal ricevimento del fascicolo completo da parte dell’organismo;

alternatività, la procedura rappresenta un’alternativa alle procedure previste da altre disposizioni di legge che prevedono meccanismi obbligatori di risoluzione stragiudiziale delle controversie.

Sono anche rilevanti le differenze con la mediazione obbligatoria, consistenti nella non obbligatorietà dell’assistenza legale e nella circostanza che il ricorso alla mediazione avanti ad un organismo ADR competente non costituisca condizione di procedibilità di una successiva ed eventuale domanda giudiziale.

L’accordo tra le parti, infine, raggiunto all’esito della procedura ADR non costituisce, differentemente dal verbale di accordo raggiunto in sede di mediazione civile e commerciale, titolo esecutivo per l’esecuzione forzata di un diritto certo, liquido ed esigibile.

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Note

[1] Art. 141, comma 4, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, non si tratta dunque di un accordo di diritto, ma di un accordo che rispecchi gli interessi delle parti.

[2] La normativa si riferisce a qualsiasi organismo ADR pubblico o privato; ogni organismo ADR è iscritto presso un’autorità’ competente che ne disciplina le modalità di iscrizione, verifica il rispetto dei requisiti previsti dalla legge e vigila sul mantenimento degli stessi.

[3] Per l’elenco esaustivo cfr. art. 141 bis, comma 1, CdC.

[4] Cfr. Art. 141 bis, comma 2, CdC.

[5] Cfr. art. 141, comma 5, che così recita “Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano altresì alle procedure di conciliazione paritetica di cui all’art. 141ter”.

[6] Cfr. Art. 141 quarter, CdC.

[7] Per l’elenco completo delle prescrizioni cfr. art. 141 quarter, comma 3, Cdc

Avv. Giuggioli Sara

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