Amministrazione di sostegno, ammesse limitazioni alla capacità di testare e donare

Redazione 24/05/18
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Il giudice tutelare, mediante la nomina dell’amministratore di sostegno, può imporre al beneficiario le limitazioni concernenti la capacità di testare o di fare donazioni.

E’ quanto si evince dall’ordinanza n. 12460 del 21 maggio 2018, con cui la Corte di Cassazione, prima sezione civile ha respinto il ricorso di un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno. Il giudice tutelare, in particolare, nel nominare l’amministratore, aveva esteso al beneficiario del sostegno le limitazioni ed i divieti previsti dal codice civile nei confronti degli interdetti, con riferimento alla capacità di donare e testare.

Avverso tale decisione, il beneficiario si era opposto, lamentando, sino in Cassazione, la violazione degli artt. 407 e 411 c.c., secondo i quali sarebbe esclusa la possibilità di estendere d’ufficio al beneficiario dell’amministrazione di sostegno le misure dettate per l’interdetto e per l’inabilitato. Una siffatta estensione, difatti, avrebbe comportato – secondo il ricorrente – lo snaturamento della funzione protettiva dell’istituto, tendenzialmente volto alla conservazione della capacità di agire.

La censura è stata tuttavia respinta dalla Suprema Corte, secondo cui la ratio dell’amministrazione di sostegno va individuata nell’esigenza di offrire, a chi si trovi nell’impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità d’agire; in detto elemento ravvisandosi la differenza con altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione.

Amministrazione di sostegno, strumento flessibile

E’ stato peraltro precisato che l’amministrazione di sostegno presenta una maggiore flessibilità rispetto agli altri istituiti, in quanto maggiormente idonea ad adeguarsi alle specifiche esigenze del soggetto protetto (in base alle quali se ne determina l’ambito di applicazione).

Per cui – argomenta la Corte – si deve senz’altro escludere la possibilità di estendere in via analogica al beneficiario dell’amministrazione di sostegno l’incapacità prevista dall’art. 591 comma 2 c.c. per l’interdetto. Occorre tuttavia ammettere che il giudice tutelare possa imporre al beneficiario, mediante il provvedimento di nomina dell’amministratore o successivamente, una limitazione della capacità di testare o fare donazioni, laddove, come nel caso in esame, le condizioni psicofisiche dell’interessato appaiano compromesse in misura tale da indurre a ritenere che egli non sia in grado di esprimere una libera e consapevole volontà testamentaria.

E’ difatti vero che, in presenza di situazioni di eccezionale gravità, tali da indurre a ritenere che il processo di formazione e manifestazione della volontà possa andare incontro a turbamenti per l’incidenza di fattori endogeni o esterni, l’esclusione a priori  della capacità di testare o donare può rivelarsi uno strumento di tutela efficace non solo nell’interesse di coloro che aspirano alla successione, ma anche dello stesso beneficiario, potenzialmente esposto a pressioni e condizionamenti.

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