Alle sezioni unite l’ultima parola sulla qualificazione delle sezioni specializzate in materia di impresa

Redazione 04/03/19
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di Francesca Ferrari

Sommario

Premessa

1. Dalle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale alle sezioni specializzate in materia d’impresa

2. La specializzazione e i profili organizzativi

3. I rapporti tra le sezioni specializzate per l’impresa e le sezioni ordinarie: questione di competenza in senso tecnico o questione “tabellare” di riparto degli affari giurisdizionali?

Con l’ordinanza interlocutoria del 30 gennaio scorso, la Prima sezione civile della Suprema Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite ai fini della questione, oggetto di contrasto, se il rapporto tra le Sezioni ordinarie e la Sezione specializzata per l’impresa del medesimo ufficio giudiziario si configuri come una questione di competenza in senso tecnico, o, invece, di mera ripartizione interna degli affari. Trattasi, per la verità, di tema da tempo discusso non solo dalla giurisprudenza – come peraltro dà atto la Prima sezione indicando le pronunce più rilevanti, nonché gli argomenti addotti a sostegno di una tesi e dell’altra – ma anche dalla dottrina. Al fine di comprendere la rilevanza della questione oggetto della rimessione alle SS.UU. si rende opportuno un excursus in merito alle evoluzioni normative che hanno condotto alla situazione attuale.

1. Dalle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale alle sezioni specializzate in materia d’impresa

Con il d.lgs. n 168 del 27 giugno 2003 ll diritto della proprietà industriale e intellettuale ha acquisito la qualifica di «materia specializzata»[1]. Ed infatti con il decreto legislativo citato, in attuazione della legge 12 dicembre 2002 n. 273 («Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza»)[2], vengono istituite presso i Tribunali e le Corti di Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia[3], le sezioni specializzate a composizione collegiale per la trattazione dei procedimenti giudiziari in materia di «marchi nazionali, internazionali e comunitari, brevetti di invenzione e per nuove varietà vegetali, modelli di utilità, disegni e modelli e diritto di autore nonché fattispecie di concorrenza sleale interferenti con la tutela della proprietà industriale ed intellettuale»[4].

Come la dottrina ha messo in luce sin dell’entrata in vigore della citata disciplina, la ratio della medesima doveva rinvenirsi nell’opportunità di far confluire tutte le materie indicate, caratterizzate da significativa complessità e tecnicità, presso sezioni costituite da magistrati altamente specializzati e professionali[5].

Peraltro, va sottolineato come la scelta del legislatore italiano si sia indirizzata verso l’istituzione di organi giurisdizionali specializzati senza la partecipazione ai medesimi di soggetti estranei all’amministrazione della giustizia e, quindi, senza la previsione – come invece è avvenuto in altri Paesi europei[6] ed anche in Italia, ma in relazione ad altre materie[7] – di collegi misti con la partecipazione di esperti.

L’istituzione delle sezioni specializzate conduce, altresì, alla loro identificazione come Tribunali dei marchi comunitari[8] e dei disegni e modelli comunitari[9] e ciò al fine, ancora una volta, di uniformare la disciplina italiana a quella comunitaria. Siffatto riconoscimento ha peraltro consentito di ottenere l’archiviazione della procedura di infrazione per inadempimento dei Regolamenti istitutivi delle privative, che già pendeva contro il nostro Paese[10].

A seguito di un’esperienza certamente positiva quale quella delle sezioni specializzate in materia di diritti della proprietà industriale ed intellettuale il legislatore è intervenuto istituendo – a mezzo del dell’art. 2, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività»[11] – il c.d. «Tribunale delle imprese». Con la norma citata è stato direttamente modificato il d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, incidendo sulle materie rientranti nella competenza delle sezioni specializzate che, dunque, oggi sono competenti: (1) nelle materie già devolute alle “trasformate” sezioni specializzate dall’art. 134 c.p.i.; (2) per le controversie in materia di diritto d’autore; (3) per le controversie di cui all’art. 33, comma II, l. 10 ottobre 1990, n. 287, in materia di tutela della concorrenza e del mercato; (4) per le controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione europea; (5) relativamente alle società di capitali, alle società cooperative e mutue assicuratrici, alle società europee di cui ai Reg. (CE) n. 2157/2001 e Reg. (CE) n. 1435/2003, nonché alle stabili organizzazioni delle società costituite all’estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, per le cause e i procedimenti: (a) relativi a rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli artt. 2445, III comma, 2482, II comma, 2447-quater, II comma, 2487-ter, II comma, 2503, II comma, 2503-bis, I comma, e 2506-ter c.c.; (b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; (c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’art. 2341-bis c.c.; (d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano; (e) relativi a rapporti di cui all’art. 2359, I comma, n. 3, all’art. 2497-septies e all’art. 2545-septies c.c.; (f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società menzionate, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario; (6) per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli sopra menzionati.

All’allargamento della competenza devoluta al «Tribunale delle imprese» si è accompagnato un incremento più che considerevole del numero delle sezioni che, dalle 12 previste in campo industrialistico, sono divenute prima 21, cui si è in seguito aggiunta la sezione specializzata presso il Tribunale e la Corte d’Appello di Bolzano112]. Si è dunque verificato un fenomeno che si pone in posizione opposta rispetto alla «specializzazione»[13].

[1] Sul tema cfr. P. Comoglio, Il giudice specializzato in materia d’impresa. Problemi e prospettive, Torino, 2014, che segnala come la chiara scelta di campo in favore della specializzazione dell’organo giudiziario da parte del legislatore non sembri rappresentare un’adeguata risposta alle esigenze specifiche delle controversie in materia di impresa, manifestando perplessità in merito alla scelta di specializzare l’ufficio piuttosto che il singolo giudice. La proposta sembra però – a giudizio di chi scrive – difficilmente conciliabile con alcuni principi cardine del nostro diritto processuale civile..

[2] Su questa legge cfr. Floridia, Il commento alla legge 273/2002, in Il dir. ind., 2003, p. 30.

[3] Questa ripartizione territoriale delle Sezioni specializzate è stata oggetto di critiche pressoché unanimi da parte della dottrina che ha, in particolare, segnalato le anomalie dell’istituzione di una sola sede in Lombardia (regione nella quale affluivano e tutt’ora affluiscono più cause in materia di tutela dei diritti della proprietà industriale rispetto a tutto il resto d’Italia, così Barbuto, Rito e collegialità, i nodi ancora da sciogliere, in GD, 2003, 30, p. 23; Id., La Sezione specializzata di Torino e il progressivo ricorso alla tutela cautelare, in Il dir. ind., 2008, p. 118; Scotti, Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale. Osservazioni relative ad alcune questioni processuali, in Giur. mer., 2003, p. 2612; Bonelli, Sezioni specializzate di diritto industriale: speranze o illusioni?, in Il dir. ind., 2004, p. 107; Currò, Il c.p.i.; profili processuali, questioni vecchie e nuove sulla competenza nell’esperienza delle sezioni specializzate, in Il dir. ind., 2006, p. 174) e della mancanza di una sezione in Sardegna, a fronte della previsione di ben due sedi in Sicilia (Palermo e Catania). Al riguardo si era ipotizzato che il legislatore avesse, per una mera svista, confuso le “sigle” di Catania e Cagliari (così Barbuto, Brevetti: processi rapidi con le sezioni specializzate, in GD, 2002, p. 49). In merito alla mancata costituzione di una sezione specializzata a Cagliari ha avuto occasione di pronunciarsi la Corte costituzionale che, con l’ordinanza del 14 dicembre 2004, in Foro it., 2005, I, p. 657, con nota di Casaburi, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale – con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. – dell’art. 16 d.lgs. n. 273/2002 e degli artt. 1 e 4 d.lgs. 168/2003.

[4] Quanto alla competenza delle sezioni specializzate nelle controversie attinenti la concorrenza sleale, la dottrina e la giurisprudenza hanno da sempre manifestato diverse perplessità. La giurisprudenza maggioritaria ha adottato un’interpretazione restrittiva dell’art. 3 d.lgs. 168/2003, in forza della quale le sezioni specializzate sarebbero competenti solo nelle controversie in tema di concorrenza sleale proposta unitamente ad una separata domanda, connessa alla prima, avente ad oggetto direttamente un diritto di proprietà intellettuale o industriale (cfr. Trib. Reggio Emilia, 28 gennaio 2005, in GADI, 2005, p. 4850; Trib. Venezia, 19 febbraio 2004, in Riv. dir. ind., 2005, II, p. 339; Trib. Venezia, 9 luglio 2004, in AIDA, 2005, II, p. 1041; Trib. Bologna, 4 giugno 2004, in AIDA, 2005, II, p. 339, Trib. Bologna, 21 gennaio 2004, in SSPI, 2004, I, p. 14; Trib. Venezia, 4 dicembre 2003, in Riv. dir. ind., 2005, II, p. 339, con nota di Mayr; Trib. Venezia, 15 aprile 2004, in Riv. dir. ind., 2005, II, p. 36, con nota di Capra). Secondo l’impostazione “estensiva” – adottata da una parte della dottrina a cui si ritiene di dovere aderire – le sezioni specializzate dovrebbero ritenersi competenti in tutte le controversie in materia di concorrenza (L.C. Ubertazzi, Le sezioni specializzate in materia di proprietà intellettuale, in Riv. dir. ind., 2003, I, pp. 219 ss.; Id., Ancora sulla competenza per materia delle sezioni IP, in AIDA, 2005, pp. 283 ss., il quale giustifica l’estensione delle materie di competenza delle sezioni specializzate alla luce dei lavori preparatori del d.lgs. 168/2003, della natura speciale, ma non eccezionale, delle norme in tema di competenza delle sezioni specilizzate, dell’interpretazione costituzionalmente orientata di tali norme ed infine, sulla base di ragioni di economia processuale. In senso conforme cfr. Capra, Nuovi orientamenti in tema di competenza delle Sezioni Specializzate, in Riv. dir. ind., 2005, II, pp. 54 ss. In giurisprudenza cfr. Trib. Roma, 26 luglio 2004, in SSPI, 2004, I, p. 369; Trib. Roma, 27 luglio 2004, in SSPI, 2004, p. 370; Trib. Napoli, 20 maggio 2004, in Foro it., 2005, I, p. 2875. Secondo un orientamento intermedio, accolto dalla giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass., 9 aprile 2008, n. 9167, in Rep. AIDA, 2010, I.15.3, in Foro it., 2008, I, p. 2134 e in Riv. dir. ind., 2009, II, p. 239, con nota di Filippelli), il concetto di “interferenza” non coincide con quello di accessorietà o connessione, per cui, ai fini della competenza delle sezioni specializzate, è sufficiente che la controversia in materia di concorrenza sleale richieda, anche solo indirettamente, l’accertamento di un diritto della proprietà intellettuale, escludendo però dal concetto di “interferenza” le controversie di concorrenza sleale “pura” (si tratta, ad esempio, delle controversie relative alla pubblicità ingannevole e comparativa ai sensi del d.lgs. 145/2007, delle controversie in tema di pratiche commerciali scorrette di cui al codice del consumo e delle controversie riguardanti l’abuso di dipendenza economica. In argomento cfr. Tavassi, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, in Corr. Giur., 2012, 8-9, p. 1122. Sull’orientamento c.d. intermedio cfr., in dottrina, P. Comoglio, Il giudice specializzato in materia d’impresa, cit., pp. 129 ss., spec. pp. 125-126; Scotti, Le sezioni specializzate (DL 27.6.2003 n. 168) osservazioni relative ad alcune questioni processuali, in Giur. mer., 2003, p. 2627; Filippelli, La concorrenza sleale interferente, cit., p. 343; Mayr, La concorrenza sleale “interferente”, in Riv. dir. ind., 2005, p. 209; Lomonaco, Sezioni specializzate e concorrenza sleale “interferente”: le nuove prospettive offerte dal Codice della Proprità Industriale, in Giur. it., 2006, p. 1207; in giurisprudenza cfr. Trib. Napoli, 19 maggio 2004, in Il dir. ind., 2005, p. 209; Trib. Napoli, 20 maggio 2004, in Foro it., 2005, I, p. 2875; Trib. Napoli, 21 dicembre 2004, in Riv. dir. ind., 2005, II, p. 46; Trib. Palermo, 10 marzo 2004, in GADI, 2004, p. 4726; Trib. Napoli, 5 ottobre 2004, in Giur. nap., 2004, p. 410; Trib.Roma, 23 aprile 2004, in Riv. dir. ind., 2005, p. 300, con nota di Caselli). Sul tema cfr. anche P. Comoglio, Il giudice specializzato in materia d’impresa, cit., pp. 119 ss., il quale afferma che «il permanere del riferimento al concetto di “interferenza” sembra confermare […] la sussistenza di un’area di controversie in materia di concorrenza sleale sottratte alla competenza delle sezioni specializzate. Si tratterebbe, segnatamente, dei casi di “concorrenza sleale pura”; casi in cui non si manifesta alcuna interferenza, neppure indiretta, sull’esercizio dei diritti di proprietà industriale». In generale, sull’argomento, cfr. anche Di Cola, I provvedimenti cautelari in materia di diritto d’autore e della proprietà industriale. Profili processuali, in Aa.Vv., I procedimenti cautelari, a cura di Carratta, Bologna, Zanichelli, 2013, pp. 990 ss., spec. 992-995. In giurisprudenza, hanno negato la competenza delle sezioni specializzate nei casi di concorrenza sleale c.d. pura, ossia in quei casi in cui «la lesione dei diritti riservati non costituisca, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valuatata, sia pure incidenter tantum nella sua sussistenza o nel suo ambito di rilevanza»: Cass., 29 ottobre 2013, n. 24418, in De Jure; Cass., 23 settembre 2013, n. 21762, in Giust. civ. Mass., 2013; Trib. Reggio Emilia, 25 settembre 2014, in DeJure. Sul punto il disegno di legge delega A.C. 2593 per l’efficienza del processo civile presentato dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze l’11 marzo 2011 e approvato dalla Commissione giustizia della Camera nel febbraio 2016 (in merito al quale si rinvia alle considerazioni di Menchini, Il disegno di legge delega per l’efficienza del processo civile: osservazioni a prima lettura sulle proposte di riforma del giudizio ordinario di cognizione, in Giust. Civ., 2015, pp. 335 ss.; Capponi, Il d.d.l. 2953/C/XVII «delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile», in www.judicium.it), poi arenatosi, prevedeva l’ampliamento della competenza delle attuali sezioni specializzate per le imprese (che avrebbero dovuto essere ridenominate “Sezioni specializzate per le imprese e il mercato”) a tutte le controversie in materia di concorrenza sleale, indipendentemente dal fatto che la stessa interferisca con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale nonché l’attribuzione alle medesime anche delle liti in materia di pubblicità ingannevole e comparativa. In realtà, sempre ai sensi del disegno di legge citato, l’ampliamento della competenza delle sezioni specializzate avrebbe dovuto essere ben più rilevante estendosi all’azione di classe a tutela dei consumatori, alle controversie sugli accordi di collaborazione nella produzione e lo scambio di beni o servizi relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo di collaborazione ex art. 2341-bis, III comma, c.c., alle liti ex art. 3, II comma, d.lgs. 168/2003 relative a società di persone nonché a quelle in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario. Era stato sottolineato, a seguito dell’approvazione del disegno di legge in questione dalla Camera, che questa ulteriore estensione di competenza delle sezioni impresa, peraltro da attuarsi senza alcun onere aggiuntivo, non fosse auspicabile nell’ottica dell’efficienza del processo civile (si consenta il rinvio a F. Ferrari, Il sequestro dell’anima. Natura e funzioni del sequestro in materia di proprietà intellettuale, Torino, 2016, p. 15, nt. 13.

[5] Su questo tema cfr. Giussani, Questioni di competenza in senso stretto e in senso lato nella nuova disciplina delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, in Nivarra (a cura di), L’Enforcement dei diritti di proprietà intellettuale. Profili sostanziali e processuali, Quaderno di Aida n. 12, Milano, 2005, p. 187; Bonelli, Sezioni specializzate di diritto industriale: speranze o illusioni?, in Il dir. ind., 2004, p. 105; Scotti, Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale (DL 27.6.2003 n. 168) osservazioni relative ad alcune questioni processuali, cit., p. 2638; Casaburi, L’istituzione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, in Riv. dir. ind., 2003, I, p. 251, Id., Le sezioni distrettuali della proprietà intellettuale ed industriale. Perché poi non si dica “peccato”!, in Il dir. ind., 2003, p. 204; Id., L’istituzione delle sezioni specializzate per la proprietà industriale ed intellettuale: (prime) istruzioni per l’uso, in Il dir. ind., 2003, p. 405; Id., L’evoluzione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale, in Riv. dir. ind., 2003, II, p. 263; Barbuto, Brevetti: processi più rapidi con le sezioni specializzate, cit., 35; Id., Rito e collegialità, i nodi ancora da sciogliere, cit., pp. 18 ss.; Cerretto, Marchi e brevetti: sezioni specializzate condizionate dall’incognita delle sedi, in Guida al diritto, 2003, 10, p. 112; Floridia, Il riordino della proprietà intellettuale, in Il dir. ind., 2003, p. 22; Scuffi, Le sezioni specializzate di diritto industriale per cooperazione comunitaria ed applicazione decentrata delle regole di concorrenza, in Il dir. ind., 2003, p. 213; Spaccasassi, Sezioni specializzate di Diritto industriale: quale rito?, in www.altalex.com; L.C. Ubertazzi, Le sezioni specializzate in materia di proprietà intellettuale, in Riv. dir. ind., 2003, I, p. 219, nonché in P. Marchetti – L.C. Ubertazzi (a cura di), Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, IV ed., cit.,, pp. 152 ss.; Id., La competenza per materia delle sezioni IP, relazione al convegno di Palermo del 26 giugno 2004, in AIDA, 2004; Id., La competenza per materia delle sezioni IP, in Nivarra (a cura di), L’Enforcement dei diritti di proprietà intellettuale. Profili sostanziali e processuali, cit., pp. 159 ss.

[6] Per esempio in Germania e in Svezia.

[7] Il riferimento è ai Tribunali regionali delle acque pubbliche istituiti, con il r.d. n. 1775 dell’11 dicembre 1933 e alle Sezioni Specializzate agrarie, di cui alla l. n. 320 del 2 marzo 1963. Quanto all’opportunità di collegi misti sia consentito il rinvio a F. Ferrari, The Court Expert, in The Landscape of the Legal Professions in Europe and the USA: Continuity and Change, a cura di van Rhee-Uzelac, Cambridge, 2011, pp. 211 ss.

[8] L’art. 91 Regolamento n. 40/94 CE del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario (poi abropgato e sostituito dal Regolamento CE n. 207/2009 del Consiglio del 26 febbraio 2009, a sua volta poi abrogato e sostituito dall’oggi vigente Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea) prevedeva infatti: «Gli Stati membri designano nei rispettivi territori un numero per quanto possibile ridotto di tribunali nazionali di prima e di seconda istanza, qui di seguito denominati «tribunali dei marchi comunitari», che svolgeranno le funzioni ad essi attribuite dal presente regolamento».

[9] L’art. 80 Regolamento n. 6/2002 del Consiglio (CE) del 12 dicembre 2001 sui modelli e i disegni comunitari prevede altresì che «Gli Stati membri designano nei rispettivi territori un numero per quanto possibile ridotto di organi giurisdizionali nazionali di primo e di secondo grado (tribunali dei disegni e modelli comunitari), che svolgeranno le funzioni ad essi attribuite dal presente regolamento».

[10] Si trattava della procedura di infrazione n. 2000/497, archiviata nell’ottobre 2003.

[11] Tale legge è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2012, n. 71, Suppl. ord. n. 53. Su questo argomento cfr. Iuorio, Il Tribunale delle imprese, in www.judicium.it, 25 settembre 2013; Merlin, Le nuove sezioni delle imprese fra corsie preferenziali e sviluppo del mercato, in www.diritto24.it; Celentano, Le sezioni specializzate in materia di impresa, cit., 7, p. 814; Casaburi, La tutela della proprietà industriale e il tribunale delle imprese, in Il dir. ind., 2012, 6, p. 517; Panzani, Le sezioni specializzate in materia di impresa, in Giur. mer., 2012, 9, p. 1786; Id., Tribunale delle imprese: un intervento troppo timido che lascia l’Italia al palo sulla riscossione dei crediti, in Guida al dir., 2012, n. 7, pp. 7 ss.; Riva Crugnola, voce Tribunale delle imprese, in Enc. Treccani, 2013; Id., Tribunale imprese, il nodo delle competenze, in Guida al dir., 2012, n. 7, p. 29; Id., Il tribunale delle imprese: isola felice o fallimento annunciato?, in Quest. giust., 2012, n. 5, p. 101; Tavassi, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, cit., p. 1116; Tenaglia, L’istituzione del tribunale delle imprese, in Corr. Giur., 2012, p. 75; Santagada, Sezioni specializzate per l’impresa, accellerazione dei processi e competitività delle imprese, in www.judicium.it, 23 maggio 2012; Corbellini, Le sezioni specializzate su proprietà industriale ed intellettuale diventano “tribunali delle imprese”, in www.diritto24.ilsole24ore.com, 26 gennaio 2012; Giussani, L’attribuzione delle controversie industrialistiche alle sezioni per l’impresa, in Giussani (a cura di), Il processo industriale, cit., pp. 3 ss.; Tenaglia, Le sezioni specializzate in materia d’impresa, in Le Società, 2012, p. 805; Id., L’istituzione del Tribunale delle imprese, in Corr. giur., 2012, fasc. 5 , 2, p. 75; Verde, Il Tribunale delle imprese, Bari, 2012; Casaburi, La tutela della proprietà industriale e il Tribunale delle imprese, in Il dir. ind., 2012, p. 517.

[12] Ciò è avvenuto ad opera della l. 9/2014.

[13] Cfr. G. Sena, Sezioni specializzate, in Riv. dir. ind., 2012, 113 ss.; S. Caporusso, La c.d. novità del Tribunale delle imprese, in http:// www.personaemercato.it/wp-content/uploads/2012/10/caporusso.pdf, 155. Vedi altresì le considerazioni di Floridia, Sulla “despecializzazione” delle Sezioni specializzate, in Dir. Ind., 2008, 294-295 a seguito della devoluzione – attuata con la legge di conversione n. 31/2008 del d.l. n. 248/2007 – delle controversie in materia di appalti pubblici alle, allora sezioni specializzate in materia di diritti della proprietà industriale ed intellettuale. In generale si è messa in dubbio l’idoneità dello stesso intervento legislativo istitutivo delle Sezioni impresa a perseguire obiettivi primari e pressanti quali lo sviluppo e la competitività del Paese (cfr. Merlin, Le nuove “sezioni delle imprese” fra corsie preferenziali e sviluppo del mercato, pubblicato il 19 febbraio 2013 su Sistema Società-Diritto 24, Il Sole 24 Ore).

2. La specializzazione e i profili organizzativi

Giova peraltro ricordare che la tendenza verso la specializzazione insubiecta materia già si era manifestata ben prima del d.lgs. n. 168 del 2003, posto che la Commissione governativa istituita per l’adeguamento all’Accordo TRIPs già aveva avuto modo di sottolineare come la mancanza di specializzazione costituisse un difetto di fondo dell’ordinamento italiano. La c.d. bozza Mirone (dal nome della Commissione istituita per la riforma del diritto societario), poi stralciata[14], prevedeva anch’essa l’istituzione presso le Corti d’Appello e presso la stessa Corte di Cassazione, di sezioni specializzate nella trattazione anche dei procedimenti in tema di concorrenza, brevetti e segni distintivi di impresa, meglio definiti allora come Tribunali distrettuali dell’economia.

La specializzazione costituisce in realtà un trend che indubbiamente caratterizza non solo il nostro ordinamento, ma anche altri ordinamenti[15]. Vi sono Paesi nei quali esistono tribunali specializzati, distinti dai tribunali generalisti (per esempio il tribunale di commercio in Francia e in Belgio o le sezioni specializzate in materia di proprietà intellettuale in Russia); in altri Paesi invece si tratta di sezioni specializzate che fanno parte di un gruppo di tribunali, quali ad esempio il tribunale dei brevetti del Regno Unito che fa parte della Chancery Division o il tribunale del commercio, che fa parte della Queen’s Bench Division[16].

Dall’esame del reale funzionamento della specializzazione a livello comparatistico emergono inoltre non solo alcuni vantaggi della stessa, peraltro facilmente riscontrabili anche nel nostro ordinamento[17], ma anche taluni limiti e soprattutto la necessità di conciliare la specializzazione con i principi e i valori fondamentali sottesi alla tutela giurisdizionale dei diritti.

Sotto questo profilo, infatti, vi è chi ha sottolineato come la specializzazione possa condurre ad un’eccessiva omogeneità nelle soluzioni e dunque ad una stagnazione nell’evoluzione giurisprudenziale[18] nonché alla perdita di terzietà, che si può verificare ove il giudice – da applicatore di regole – diventi troppo “parente” degli interessi su cui incide[19].

Pienamente condivisibili sono dunque le considerazioni di chi ha evidenziato come non si debba contrapporre alla specializzazione un metodo diverso «(astrattamente) egualitario, ma (concretamente) inefficiente e non adeguato alle esigenze di chi si rivolge alla giustizia. Si tratta, invece, di partire dal dovere primario di soddisfare quelle esigenze»[20].

Non si può poi dimenticare che l’art. 19 del d.lgs. n. 160 del 2006 prevede che «Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, il medesimo incarico nell’ambito delle stesse funzioni, per un periodo massimo di dieci anni» e che con il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 è stato aggiunto l’art. 7-bis (più volte modificato, da ultimo con la l. 30 giugno 2007, n. 111) al R.D. 30 gennaio 1941, n. 2 sull’Ordinamento Giudiziario ed è stato attribuito al C.S.M. il “potere tabellare”[21].

[14] Lo stralcio è avvenuto ad opera della l. n. 366 del 3 ottobre 2001, legge delega per la riforma del diritto societario. Sulla relazione della Commissione Mirone, pubblicata in Riv. soc., 2000, p. 14, cfr. Consolo, Un giudice specializzato e vari nuovi riti per le liti societarie?, in Corr. giur., 2000, p. 570; Costantino, Riflessioni sulla giustizia (in)civile, Torino, 2010, pp. 393 ss.

[15] Cfr. a mero titolo esemplificativo: S. Voet, Belgium’s new specialized judiciary, in Russian Law Journal, 2014, pp. 129 ss.; D. Van Loggerenberg, Specialization of SouthAfrican judges and courts: multi-skilled, multitasked, multiaccess?, in Russian Law Review, pp. 187 ss.; L. Terekhova, Grounds for specialization of Courts and Judges in Russia, ivi, pp. 176 ss.: E. Silvestri, Judicial specialization: In search of the ‘Right’ Judge for Each Case?, ivi, pp. 169 ss.; A. Uzelac, Mixed Blessing of Judicial Specialisation. The Devil is in the Detail, ivi, pp. 146 ss.; L. Baum, Specializing the Courts, Chicago, 2011; Id, Probing the Effects of Judicial Specialization, in Duke Law Journal, 2009, pp. 1667 ss.; Counsultative Council of European Judges (CCEJ), Opinion n. 15 on the Specialisation of Judges, 2012.

[16] Cfr. le considerazioni di F. Carpi, La specializzazione del giudice come fattore di efficienza della giustizia civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 1009 ss. ove dà atto anche del parere n.- 15 del Comitato consultivo dei giudici europei (CCJE) sulla specializzazione dei giudici. Sul tema si v. altresì, a titolo esemplificativo, P. Borrè, G. Petrella, La specializzazione del giudice, in Il Ponte, 1968, pp. 866 ss.; D. Cavallini, Problematiche attuali di ordinamento giudiziario: revisione della geografia giudiziaria, specializzazione del giudice e questione manageriale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, pp. 761 ss.; M. Romei Passetti, L’art. 111 Cost. e il principio di efficienza dell’organizzazione giudiziaria, in Giust. civ., 2001, pp. 507 ss.

[17] Cfr. le osservazioni di Scotti, Tavassi, C. Galli, F. Ferrari alla tavola rotonda organizzata da AIPPI e AICIPI sul tema “Le sezioni specializzate in materia d’impresa“, 16 maggio 2013.

[18] G. Civinini, La specializzazione del giudice, cit., 2000, p. 621.

[19] A. Proto Pisani, Garanzia del giusto processo e garanzia di tutela dei minori, in Le Società, 2000, p. 3, ivi nt. 1.

[20] Rordorf, La professionalità dei magistrati. Specializzazione ed avvicendamento, in Foro It., 2000, V, c. 272.

[21] Cfr. G.Verde, Il giudice fra specializzazione e “diritto tabellare”, cit., p. 135. L’Autore ritiene che sarebbe opportuno ricondurre i poteri del C.S.M. entro i confini della Costituzione e della l. n. 195/58, escludendo ogni ipotesi di ingerenza dell’organo di autogoverno della magistratura nell’organizzazione dei servizi relativi alla giustizia.

3. I rapporti tra le sezioni specializzate per l’impresa e le sezioni ordinarie: questione di competenza in senso tecnico o questione “tabellare” di riparto degli affari giurisdizionali?

Con l’istituzione delle sezioni specializzate si configura un ulteriore significativo problema attinente alla natura delle stesse, posto che il d.lgs. 168/2003 non chiarisce se tali organi costituiscano mere suddivisioni interne del medesimo ufficio giudiziario, al pari delle sezioni lavoro[22] e delle sezioni fallimentari o veri e propri uffici giudiziari autonomi, al pari delle sezioni specializzate agrarie[23] o del tribunale per i minorenni[24].

La risposta al quesito relativo alla natura delle sezioni specializzate ha poi un’importanza non solo teorica, ma anche pratica, in quanto da essa consegue la qualificazione dei rapporti intercorrenti tra l’autorità giudiziaria ordinaria e i giudici specializzati.

Infatti, laddove si ritenesse che le sezioni specializzate costituiscano un ufficio separato rispetto all’autorità giudiziaria ordinaria ci si troverebbe di fronte ad una vera e propria questione di competenza e l’ordinanza di incompetenza potrebbe essere impugnata solo con il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c.

Viceversa, se – come si ritiene corretto – si dovessero qualificare le sezioni specializzate quali suddivisioni interne dell’ufficio giudiziario ordinario, il riparto tra le sezioni integrerebbe una mera ripartizione interna dei carichi di lavoro[25] e la violazione della regola andrebbe fatta valere o in base all’art. 83-ter disp. att. c.p.c. o, ove la violazione concerna anche l’art. 50-bis c.p.c., quale motivo di nullità della sentenza stessa[26].

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, condiviso tuttavia anche recentemente dalla Suprema Corte, le sezioni specializzate sarebbero qualificabili come uffici giudiziari autonomi in quanto destinati a garantire una specifica competenza dei magistrati che le compongono e non sarebbero invece, come le sezioni lavoro, destinate a garantire uno snellimento della trattazione della cause[27].

Un più recente approccio giurisprudenziale, invece, qualifica il rapporto tra sezioni specializzate in materia di impresa e sezioni ordinarie quale riparto interno del medesimo ufficio[28]. La tesi da ultimo citata – che ha trovato consensi anche nella giurisprudenza di merito – se da un lato ritiene irrilevante gli argomenti letterali, dall’altro lato pare più aderente alla realtà delle sezioni specializzate che non solo sono prive di qualsiasi autonomia organizzativa, ma sono composte da magistrati ai quali è comunque normalmente attribuita una competenza mista.

A parere di chi scrive rileva poi, a favore della posizione da ultimo ricordata, anche la circostanza che, per tal via, pare più facilmente risolvibile il tema delle cause connesse rispetto a quelle di competenza delle sezioni specializzate posto che l’art. 3, c. 3 del d.lgs. n. 168/2003 dispone che «Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2», senza null’altro specificare[29].

La parola spetta ora prima al Primo Presidente e poi, auspicabilmente, alle Sezioni Unite; all’interprete non resta che attendere augurandosi che la soluzione che verrà adottata sia in grado di illuminare anche in merito alla portata della vis actractiva delle sezioni specializzate ed alla identificazione dei reali limiti della competenza attribuita alle stesse.

[22] Servello, Giurisdizioni speciali e sezioni specializzate, in Enc. Giur., Roma, 7, definisce le sezioni lavoro quali «giudici a competenza particolare». Sulla natura delle sezioni lavoro cfr. Cass., 9 novembre 2006, n. 23891, in Giust. civ., 2007, p. 69, con nota di Didone, nonchè la recente Cass., 5 maggio 2015, n. 8905, in Giust. civ. Mass., 2015, secondo cui è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale, adito in funzione di giudice del lavoro, abbia dichiarato la propria incompetenza per materia in favore di una sezione ordinaria del medesimo ufficio giudiziario, atteso che «la ripartizione di funzioni fra la suddette sezioni non implica l’insorgenza di una questione di competenza ma, esclusivamente, di rito, riguardando la distribuzione degli affari all’interno dello stesso ufficio». In senso conforme Cass., 23 settembre 2009, n. 20494, in Giust. civ. Mass. 2009, 9, p. 1346.

[23] Nonostante le sezioni agrarie dipendano burocraticamente e in termini organizzativi dall’ufficio giudiziario presso il quale sono incardinate, la Sprema Corte ha sancito che il rapporto tra le stesse e le altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario va ricondotto «nell’ambito della nozione di competenza, in quanto all’unico dato contrario (e favorevole alla riconducibilità alla nozione della ripartizione interna ad un unico ufficio), rappresentato dall’essere la Sezione incardinata nell’ambito del Tribunale e, quindi, organizzativamente e burocraticamente nell’Ufficio del Tribunale, se ne contrappongono tre favorevoli, costituiti il primo dall’uso da parte del legislatore del termine competenza per individuare la potestà giurisdizionale delle Sezioni, il secondo dall’espresso riferimento della competenza proprio alla Sezione, il terzo dall’essere la composizione della sezione del tutto peculiare, in quanto scaturente dall’apporto di magistrati ordinari togati in servizio presso il Tribunale e di magistrati onorari, i cd. esperti, altrimenti estranei al normale apparato organizzativo del Tribunale». Sulla natura delle sezioni agrarie cfr. Cass., 3 giugno 2009, n. 12859, in Mass. Giur. it., 2009. Si veda inoltre Cass., 21 maggio 2015, n. 10508, in Giust. civ. Mass. 2015, che ha nuovamente riaffermato il principio secondo il quale la questione relativa al riparto della competenza tra tribunale ordinario e sezione specializzata agraria presso il medesimo tribunale costituisce una questione di competenza e non di mera ripartizione degli affari all’interno di un unico ufficio giudiziario. In senso conforme v., tra le tante, Cass., 26 luglio 2010, n. 17502, Giust. civ. Mass., 2010, 9, p. 1153.

[24] Sul tema rileva poi il già citato disegno di legge delega A.C. 2593 che prevedeva la soppressione del Tribunale dei minorenni e della Procura della Repubblica istituita presso il Tribunale per i minorenni, le cui competenze avrebbero dovuto essere trasferite a sezioni specializzate per la persona, la famiglia e i minori di Tribunali e Corti d’Appello. Nello specifico, il disegno di legge, che come già si è detto , prevedeva l’istituzione del “tribunale della famiglia e della persona”, costituito da sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori, presso i Tribunali e le Corti d’Appello, con la contestuale soppressione del Tribunale per i minorenni. Alle sezioni specializzate circondariali, che avrebbero dovuto essere istituite presso il Tribunale del capoluogo del distretto di Corte d’Appello, avrebbero dovuto essere attribuite le controversie attualmente di competenza del Tribunale Ordinario in materia di stato e capacità delle persone, separazioni e divorzi, rapporti di famiglia e minori, i procedimenti civili attualmente di competenza del tribunale per i minorenni e i procedimenti attribuiti oggi al giudice tutelare in materia di minori ed incapaci. Sul tema della giustizia minorile cfr. Spina, Dopo i passi in avanti compiuti in questa legislatura serve l’istituzione del tribunale unico per la famiglia, in Guida al dir., 2013, 9 ss.; F. Danovi, Il riparto delle competenze tra giudice minorile e giudice ordinario: il tribunale unico della famiglia, in Dir. fam., 2011, 257 ss.; E. Quadri, Il giudice nelle relazioni familiari: ruolo e caratteristiche, in Fam. e pers., 2009, 952 ss.; recentemente F. Tommaseo, Riparto di competenze fra tribunale minorile e tribunali ordinari, in Fam. dir., 2018, 7811 ss. ove sottolinea come il disegno di legge, decaduto per la fine della legislatura, avesse il merito di avere tentato porre l’amministrazione della giustizia in materia familiare e minorile “sotto il segno della specializzazione”.

[25] In argomento cfr. Giussani, L’attribuzione delle controversie industrialistiche alle sezioni per l’impresa, cit., p. 3; Ciccone, Sezioni specializzate e sezioni ordinarie: questione di competenza o ripartizione interna?, in Dir. ind., 2011, p. 229; Tavassi, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, in Corr. Giur., 8-9, p. 1118.

[26] Su questo tema cfr. P. Comoglio, Il giudice specializzato in materia d’impresa, cit., 134, il quale affronta anche il tema della rilevabilità dell’eccezione di incompetenza, e Giussani, Questioni di competenza in materia di proprietà industriale e intellettuale, in Giussani, Saggi sulle tutele dell’impresa e dall’impresa, Torino, 2007, 20.

[27] Cass., 24 luglio 2015, n. 15619, in DeJure, secondo cui «la ripartizione delle controversie tra sezione specializzata per le imprese e sezioni ordinarie del Tribunale in materia è una questione di competenza e, quindi, la relativa decisione può essere oggetto di regolamento di competenza»; Cass., 25 settembre 2009, n. 20690, in Il dir. ind., 2010, 50, con nota di Casaburi. In senso conforme Cass., 14 giugno 2010, n. 14251, in Il dir. ind., 2011, p. 229. In dottrina, propende per la tesi della definizione del rapporto tra tribunale ordinario e sezioni specializzate in termini di competenza Balena, L’istituzione del tribunale delle imprese, in Giusto proc. civ., 2012, p. 339, il quale parla di questione di competenza per materia, come tale rilevabile d’ufficio non oltre la prima udienza. Sul tema cfr. L.C. Ubertazzi, La competenza delle sezioni IP in materia contrattuale, in AIDA 2011, p. 1392; Id., Ancora sulla competenza delle sezioni IP, in IDI 2011, 5, p. 231; Id., La competenza delle sezioni specializzata in materia di proprietà intellettuale in Italia, in Estudios sobre propiedad industrial e intelectual y derecho de la competencia, 2005, pp. 971 ss.; Id., Ancora sulla competenza per materia delle sezioni IP, in AIDA, 2005, pp. 281 ss.; Cerretto, Marchi e brevetti. Sezioni specializzate condizionate all’incognita sedi, in GADI, 2003, 10, p. 112; I. M.Prado, Sezione specializzata e assegnazione della causa, in Dir.ind., 2006, p. 585; A.Graziosi, Dall’arbitrato societario al tribunale delle imprese: a dieci anni dalla riforma del diritto societario, in Riv.trim.dir.proc.civ., 2014, p. 95.

[28] Cass., 23 maggio 2014, n. 11448, in Giust. civ. Mass., 2014; Cass., ord., 22 novembre 2011, n. 24656, in Foro it., 2012, 1, I, p. 95. In senso conforme si è orientata la giurisprudenza di merito: Trib. Roma, 20 gennaio 2014, in AIDA, 2015, con nota di Bossi; Trib. Bologna 22 giugno 2010; Trib. Milano, 13 aprile 2010; Trib. Milano, 1 giugno 2009, tutte edite in Il dir. ind., 2011, p. 229; Trib. Torino, 24 aprile 2008, in Foro it., 2009, I, p. 1285; Trib. Milano, 13 giugno 2006, in Il dir. ind., 2006, 582, con nota di Prado; e la dottrina maggioritaria: Giussani, Le sezioni specializzate per la proprietà industriale e intellettuale e l’art. 25 Cost. , in Fazzalari (a cura di), Diritto processuale civile e corte costituzionale, Napoli, 2006, p. 10; Id., Questioni di competenza in materia di proprietà industriale e intellattuale, in Giussani, Saggi sulle tutele dell’impresa e dall’impresa, cit., pp. 19 ss.; Casaburi, Il giudice della proprietà industriale (ed intellettuale). Sezioni specializzate: competenza e rito dal d.lgs. n. 168 del 2003 al Codice, in Riv. dir. ind., 2005, I, p. 201; Scotti, Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, cit., p. 2613; Scuffi, La competenza per materia e per territorio delle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale, in Il dir. ind., 2006, p. 78.

[29] Il legislatore non chiarisce quale significato debba essere attribuito all’espressione “ragioni di connessione”; si tratta dunque di determinare se debbano considerarsi avvinte dalla vis actractiva delle sezioni specializzate impresa tutte le cause in qualche modo connesse a quelle di cui ai primi due commi, o se sia invece necessario operare un distinguo fra connessione forte e debole, oggettiva e soggettiva, propria e impropria. A favore di un’interpretazione estensiva e dunque idonea a ricomprendere tutti i tipi di connessione cfr. F. Santagada, La competenza per connessione delle sezioni specializzate per l’impresa e i rapporti con le “sezioni ordinarie”, cit., par. 1; A. Giussani, L’attribuzione delle controversie industrialistiche alle sezioni per l’impresa, cit., 4; P. Celentano, Le sezioni specializzate in materia d’impresa, cit., p. 823; C. Ghidini, Il tribunale delle imprese tra “ragioni di connessione”, in ildirittodegliaffari.it, 22 gennaio 2016. Nutre qualche dubbio in merito a questa interpretazione A. Motto, Gli interventi legislativi sulla giustizia civile del 2011 e 2012, in www.judicium.it. In questo senso in giurisprudenza cfr Cass. 24917/14, secondo la quale «in una lettura costituzionalmente orientata della nuova disciplina normativa, deve ritenersi che la nuova norma abbia introdotto ipotesi speciali di modificazione della competenza per ragioni di connessione, determinando un’attrazione a favore delle sezioni specializzate anche di cause che, se non fossero connesse a quelle di loro competenza, non sarebbero a loro attribuite…». Si esprime, invece, a favore di una lettera ed interpretazione restrittiva, secondo la quale dovrebbero escludersi le ipotesi di connessione soggettiva e quelle di connessione oggettiva impropria A.Graziosi, Dall’arbitrato societario al tribunale delle imprese: a dieci anni dalla riforma del diritto societario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, 98.

Redazione

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