Bullismo e cyberbullismo, proposte di interventi e contrasto al fenomeno

Maesano Mario 29/08/18
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Il termine Cyberbullismo (c.d. «bullismo online») fu coniato dall’educatore canadese Bill Belsey nel 2002, e ripreso nel 2006 da Peter K. Smith e collaboratori che, proposero una definizione di cyberbullismo in relazione diretta con le definizioni convenzionali di bullismo1.

Cos’è il cyberbullismo

Pertanto, il termine “Cyberbullismo” (cyberbullying nella letteratura anglofona) indica “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo” (v. art.1, c. 2, l. 71/2017).

Per cyberbullismo si intendono, inoltre, la realizzazione, la pubblicazione e la diffusione on line attraverso la rete internet, chat-room, blog o forum, di immagini, registrazioni audio o video o altri contenuti multimediali, effettuate allo scopo di offendere l’onore, il decoro e la reputazione di una o più vittime, nonché il furto di identità e la sostituzione di persona operati mediante mezzi informatici e la rete telematica al fine di acquisire e manipolare dati personali, ovvero di pubblicare informazioni lesive dell’onore, del decoro e della reputazione della vittima2 .

Prevenzione e contrasto: Legge n. 71/2017

La legge 71/2017 si presenta con un approccio inclusivo e invita diversi soggetti a sviluppare una progettualità volta alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo, secondo una prospettiva di intervento educativo e mai punitivo, prevedendo all’art. 3 l’istituzione di un Tavolo di lavoro, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato dal MIUR, con il compito di redigere un piano di azione integrato e realizzare un sistema di raccolta di dati per il monitoraggio, avvalendosi anche della collaborazione della Polizia Postale e delle Comunicazioni e delle altre Forze di polizia.

Tale piano sarà integrato con un codice di co-regolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo a cui dovranno attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e tutti gli altri operatori della rete Internet; con il predetto codice sarà istituito un comitato di monitoraggio con il compito di definire gli standard per l’istanza di oscuramento di cui all’articolo 2, comma 1, della Legge 71/20173.

Il Piano dovrà stabilire, altresì, le iniziative di informazione e di prevenzione del cyberbullismo con il coinvolgimento dei servizi socio-educativi territoriali, in sinergia con le scuole, anche attraverso periodiche campagne informative, di prevenzione e di sensibilizzazione avvalendosi dei media, degli organi di comunicazione, di stampa e di enti privati.

Il testo prevede inoltre al comma 3 un “codice di coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo“, a cui dovranno fare riferimento gli operatori. Tale indicazione dovrà dettare gli standard su cui conformare i protocolli d’azione di siti e network, affinché siano chiari a tutti i paradigmi da rispettare per rimanere all’interno dei paletti istituiti da questa nuova normativa. Per alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni si rinvia a quanto riportato nell’ art. 167 del Codice sulla privacy, Decreto legislativo 196 del 2003. La condotta consiste nel “trattare illecitamente” dati personali. Definizione questa che rinvia, a sua volta, all’ art. 4, co. 1, lett. A, del  Codice della privacy, “qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati”.

Per configurare  l’antigiuridicità/illiceità  di  tali operazioni sarà  necessario provare la  violazione di specifiche disposizioni di legge extrapenale, previste, per l’appunto, dal Codice della privacy ed, espressamente, richiamate dall’art. 1674. In questa sede  è opportuno citare l’art. 3, della “Dichiarazione dei diritti di internet”, secondo il quale  “l’uso consapevole di Internet è fondamentale garanzia per lo sviluppo di  uguali  possibilità di crescita  individuale  e collettiva, il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla rete tra attori economici, istituzioni e cittadini, la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libertà altrui”. Le ultime disposizioni normative non introducono nuove fattispecie di reato, in quanto le condotte inquadrabili all’interno del fenomeno possono sostanziarsi in diverse tipologie di illeciti che trovano già riscontro nella previsione penalistica ( v. il reato di diffamazione ex art. 595, comma 3 cp, l’istigazione e aiuto al suicidio ex art. 580 cp, la minaccia ex art. 612 cp, gli atti persecutori ex art. 612-bis cp, l’accesso abusivo a un sistema informatico e telematico ex art. 615-ter cp, ex art. 660 cp, etc.). Intento del legislatore sembra piuttosto quello di dare un assetto sistematico ed organico alle iniziative di prevenzione e di educazione valorizzando il protagonismo della scuola5. Per una completa trattazione dell’argomento de quo, bisogna fare un breve cenno all’evento chiave che ci porta a questo tipo di analisi: il bullismo.

Forme di bullismo

Con il termine «bullismo» si intendono l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale, l’opinione politica, l’aspetto fisico o le condizioni personali e sociali della vittima”.

Le forme più tipiche del bullismo sono:

  • Intenzionalità: cioè il fatto che il bullo metta in atto premeditatamente dei comportamenti aggressivi con lo scopo di offendere l’altro o di arrecargli danno.
  • Persistenza: sebbene anche un singolo episodio possa essere considerato una forma di bullismo, l’interazione bullo-vittima è caratterizzata dalla ripetitività di comportamenti di prepotenza protratti nel tempo.
  • Asimmetria di potere: si tratta di una relazione fondata sull’instabilità e sulla disuguaglianza di forza tra il bullo che agisce, che spesso è più forte o sostenuto da un gruppo di compagni, e la vittima che non è in grado di difendersi.
  • Tipologie diverse con cui si manifesta: nonostante spesso si pensi al bullismo fisico, dobbiamo ricordare che il comportamento d’attacco può essere perpetrato anche con modalità verbali di tipo diretto (offese e minacce) e con modalità di tipo psicologico e indirette (esclusione e diffamazione).
  • Natura sociale del fenomeno: l’episodio di bullismo avviene frequentemente alla presenza di altri compagni, spettatori o complici, che possono assumere un ruolo di rinforzo del comportamento del bullo oppure sostenere e legittimare il suo operato.

Inoltre, capita che alcuni ragazzi assumono, a seconda delle situazioni, il ruolo di bulli e di vittime di loro coetanei. Questi ragazzi sono stati definiti “vittime provocatori” o “bully-vittime”. Essi sperimentano una vasta gamma di problemi che richiedono un supporto intensivo maggiore, che va al di là del loro semplice collocamento tra la categoria dei bulli o delle vittime. Il bullismo infine può essere considerato in un continuum da forme lievi di aggressione a comportamenti di vera e propria violenza fisica e psicologica.

Quindi si possono individuare quattro tipi di “violenze“:

  • Aggressione fisica diretta: dove elemento caratteristico è il contatto fisico tra i giovani, ad esempio bruciature di sigarette e tagli, “afferrare i capelli”; pugni e calci, combattimenti veri e propri, “tosatura” di capelli, percosse di vario genere.
  • Gli attacchi fisici “senza contatto”: dove elemento caratteristico è l’invasione e la “lesione” dello spazio emotivo e psicologico, l’invasione dello spazio personale e intimo del soggetto “preso di mira”, attraverso intimidazioni perpetrate attraverso sguardi, occhiate, “smorfie” o gesti che cercano di mettere in ridicolo.
  • Abusi verbali: l’elemento caratterizzante è “la parola “, quel linguaggio verbale che tende ad offendere ed insultare e che va ad attaccare la reputazione dell’altro nella sfera dell’orientamento sessuale, della provenienza famigliare, del livello socio-economico e dell’appartenenza etnica e religiosa.
  • Comportamenti sessuali sgraditi: questi vengono vissuti, dai soggetti che li subiscono, con notevole disagio e fastidio, con forte imbarazzo è senso di vergogna.

Il bullismo viene definito così da Dan Olweus:

“Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni”.

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Forme di Cyberbullismo

A differenza di quanto accade nel bullismo tradizionale, il cyberbullo può agire nell’anonimato e può diffondere le offese attraverso il web raggiungendo un pubblico potenzialmente illimitato6.

La condizione di anonimato del cyberbullo e il mancato contatto corporeo con la vittima amplifica ulteriormente ogni atto aggressivo. Questa condizione fa si che “l’aggressore sia coinvolto in processi di decolpevolizzazione che mistificano l’atto aggressivo”, mentre la vittima sperimenta “la perdita del vissuto relativo al proprio corpo e al contatto in vivo con il corpo dell’altro” (Genta, Brighi, Guarini, 2013, p. 29). Nello studio condotto da Beran e Li (2007) emerge come circa la metà delle vittime non conosceva l’identità del suo aggressore, che agendo nell’anonimato, sottostimava la portata negativa del suo comportamento. Se si prende in considerazione solo il cyberbullismo perpetuato attraverso internet la percentuale di vittime che non conosce l’identità dell’aggressore arriva al 69% (Ybarra, Mitchell 2004). Per quanto riguarda il bullismo elettronico attraverso il cellulare, i dati italiani mostrano come le percentuali di anonimato sono più basse (28,9%); spesso il bullo frequenta la stessa scuola della vittima, è nella stessa classe (18,9%), è un coetaneo di un’altra classe (10%) o uno studente più grande della stessa scuola (17,9 %).

Emerge quindi che il bullismo elettronico agito con il cellulare sia più legato al mondo della scuola, mentre il bullismo in rete riguarda un “pubblico” più vasto ed eterogeneo (Genta, Brighi, Guarini, 2009).  Le forme più comuni del cyberbullismo sono:

  • Il Flaming: questo tipo di cyberbullismo avviene tramite l’invio di messaggi elettronici, violenti e volgari, allo scopo di suscitare dei conflitti (verbali) all’interno della rete tra due o più contendenti, che si vogliano affrontare o sfidare (in questo caso la vittima non è sempre presente, come avviene nel bullismo tradizionale). Il flaming può svolgersi all’interno delle conversazioni che avvengono nelle chat o nei videogiochi interattivi su internet. Il fenomeno è molto più presente all’interno dei giochi interattivi poiché, molte volte, le vittime sono dei principianti presi di mira dai giocatori più esperti che, spesso, minacciano e insultano per ore quelli meno esperti. Probabilmente la mancanza di esperienza dei nuovi utenti fa sì che questi ultimi siano soggetti a tali comportamenti.
  • Harassment: caratteristica di questa forma di cyberbullismo sono le molestie: si tratta di parole, comportamenti o azioni, persistenti e ripetute, dirette verso una persona specifica, che possono causare un forte sconforto psichico ed emotivo. Le molestie, in questi casi, vengono considerate come una forma di cyberbullismo attraverso l’invio di messaggi ripetuti e offensivi nei confronti della vittima.
  • Nella maggioranza dei casi, le molestie personali avvengono tramite canali di comunicazione di massa come e-mail, messaggi, forum, chat e i gruppi di discussione. Abbiamo quindi a che fare con una “relazione sbilanciata nella quale, come nel tradizionale bullismo, la vittima è sempre in posizione << one down>>, subisce, cioè, passivamente le molestie, o al massimo, tenta, generalmente senza risultato, di convincere il persecutore a porre fine alle aggressioni” (Pisano, Saturno, 2008).
  • Cyberstalking: si utilizza questo termine per identificare quei comportamenti che, attraverso l’uso degli strumenti di comunicazione di massa, sono atti a perseguire le vittime con diverse molestie, ed hanno lo scopo di infastidirle e molestarle sino a commettere aggressioni molto più violente, anche di tipo fisico.
  • Denigration: la denigrazione è una forma di cyberbullismo atta alla distribuzione, all’interno della rete o tramite sms, di messaggi falsi o dispregiativi nei confronti delle vittime, con lo scopo “di danneggiare la reputazione o le amicizie di colui che viene preso di mira”. Inoltre, per ulteriore umiliazione della vittima, è possibile che il persecutore invii o pubblichi, su diversi siti, delle immagini, fotografie o video, relative alla vittima.
  • Impersonation: caratteristica peculiare di questo fenomeno è che il persecutore, se è a conoscenza del nome utente e della password della propria vittima, può senza dubbio inviare dei messaggi, a nome di quest’ultima, ad un’altra persona (il ricevente), che non saprà che i messaggi che gli sono arrivati non sono, in realtà, stati inviati dal proprio conoscente ma, da una terza persona. In casi più estremi, il bullo va a modificare direttamente la password della vittima chiudendogli cosi l’accesso alla propria mail o account; una volta cambiata la password, l’ex utente, non potrà più intervenire, quindi non dispone più dell’accesso del proprio account. Di conseguenza, il bullo, usando questo metodo di aggressione, ha la possibilità di creare dei problemi o, addirittura, di mettere in pericolo il vero proprietario dell’account.
  • Tricky Outing: l’intento di questa tipologia di cyberbullismo è quello di ingannare la vittima: il bullo tramite questa strategia entra in contatto con la presunta vittima, scambiando con essa delle informazioni private e intime e, una volta ottenute le informazioni e la fiducia della vittima, il soggetto va a diffonderle tramite mezzi elettronici come internet, sms, ecc.
  • Exclusion: l’esclusione avviene nel momento in cui il cyberbullo decide di escludere intenzionalmente dal proprio gruppo di amici, dalla chat o da un gioco interattivo (ambienti protetti da password) un altro utente. In altri termini, questo tipo di comportamento viene chiamato “bannare”.
  • L’esclusione dal gruppo di amici è percepita come un severo tipo di punizione che è in grado di ridurre la popolarità tra il gruppo dei pari e quindi anche un eventuale “potere”.
  • Happy slapping: questo tipo di cyberbullismo è relativo ad un problema piuttosto recente, il quale è legato al bullismo tradizionale. L’happy slapping consiste in una registrazione video durante la quale la vittima viene ripresa mentre subisce diverse forme di violenze, sia psichiche che fisiche (Hinduja, Patchin, 2009), con lo scopo di “ridicolizzare, umiliare e svilire la vittima” (Petrone, Troiano, 2008). Le registrazioni vengono effettuare all’insaputa della vittima e le immagini vengono poi pubblicate si internet e visualizzate da altri utenti. Tali aggressioni sono reali ma, qualche volta, anche preparate e quindi recitate dagli stessi ragazzi (Pisano, Saturno, 2008).

Il cyberbullismo, come è già accaduto, può portare gli adolescenti al suicidio, in quanto sono vittime di una  sovraesposizione mediatica, che li obbliga a misurarsi pubblicamente attraverso una rappresentazione del sé che avviene in ambiti virtuali ancora poco conosciuti e pieni di nuove sfide.

La sperimentazione di un sé esteso e pubblico, nella fase adolescenziale e conflittuale di costruzione della propria identità fatta di continue scelte, può generare nei ragazzi angosce e sofferenze, oltre che paure e dubbi sul proprio futuro e sulla loro identità. Il suicidio è un fenomeno che ha interessato più di un milione di casi in tutto il mondo7.

Conclusioni

Non è sempre facile capire quando i giovani si rendano conto delle conseguenze delle loro azioni nel momento in cui mettono in rete immagini offensive e le inviano agli amici. A volte lo fanno solo per scherzo, a volte, invece, si tratta di comportamenti che hanno lo scopo di aggredire e distruggere. In ogni caso, chi subisce prepotenze in modo ripetuto ne porta e conseguenze per sempre. Quindi per prevenire occorre partire dai genitori, anche se è difficile, a volte, ricevere le confidenze dei propri figli adolescenti, è bene creare legami di fiducia e prestare attenzione a quegli atteggiamenti che possono riferirsi a situazioni di cyberbullismo8.

I genitori, sono tenuti a:

  • monitorare accuratamente l’utilizzo dei mezzi informatici, aiutando i propri figli a farne un corretto uso, impostando password ove necessario, limitandone l’uso a determinati orari;
  • imparare a conoscere il loro linguaggio, anche quello informatico;
  • azionare le azioni di tutela previste dall’ordinamento giuridico.

Ogni Consiglio Regionale deve approvare una legge ad hoc che favorisca:

  • la prevenzione, la tutela e la valorizzazione della crescita educativa, psicologica e sociale dei minori attraverso il coinvolgimento di scuole e famiglie;
  • l’educazione all’uso dei social sia per i ragazzi che per le famiglie;
  • l’assistenza alle vittime da parte di un team di esperti in collaborazione con il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza regionale;
  • l’istituzione una Consulta che dovrà monitorare il fenomeno, raccogliendo informazioni ed iniziative, in modo da ottimizzare le azioni sul territorio regionale;
  • la creazione di un Centro regionale specializzato nella cura dei disturbi derivanti dal fenomeno de quo;
  • l’approvazione di un Piano Regionale degli interventi per prevenire e contrastare il bullismo ed il cyberbullismo anche attraverso la consessione di finanziamenti ai comuni, alle scuole, alle ASP, agli istituti penitenziari e ai soggetti del Terzo Settore;
  • l’organizzazione di corsi di formazione per il personale scolastico ed educativo volti all’acquisizione di tecniche psico-pedagogiche e di pratiche educative per attuare azioni preventive e di contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo.

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  1. Petrone L., Troiano M., (2008), Dalla violenza virtuale alle nuove forme di bullismo, Ed. Magi, Roma .
  2. Formella, A. Ricci, “Il disagio adolescenziale. Tra aggressività, bullismo e cyberbullismo”, LAS, Roma, 2010.
  3. Slonje e Smith (2008), hanno indicato con il termine “cyberbullismo grave” tutti quegli episodi di aggressione elettronica che abbiano almeno una frequenza settimanale negli ultimi due mesi.
  4. Luisa Genta, A. Brighi, A. Guarini,” Cyberbullismo ricerche e strategie di intervento”, editore FrancoAngeli, 2013, Milano.
  5. http://questionegiustizia.it/articolo/cyberbullismo_scuola_famiglia-e-servizi-dopo-la-legge-71-del-2017_20-12-2017.php
  6. Marinuzzi Francesco, Gessica de Cesare, “Cyberstalking e Cyberbullismo. Come gestirli e proteggersi adeguatamente”, Aracne Editore, 2017, Roma.
  7. Sposini Claudia, “Il metodo anti-cyberbullismo. Per un uso consapevole di internet e dei social network”, San Paolo Edizioni, 2014, Milano.
  8. Shariff Shaheen,” Sexting e Cyberbullismo: quali limiti per i ragazzi sempre connessi?”, Edra, 2016, Milano.    

Maesano Mario

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