Abbandono del tetto coniugale giustificato se la suocera è invadente

Redazione 01/04/11
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In tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito non può
fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei
medesimi coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia
assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se
essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità
della convivenza.
L’abbandono della casa familiare, in particolare, il quale, ove attuato dal coniuge
senza il consenso dell’altro coniuge e confermato dal rifiuto di tornarvi, di
per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente,
causa di addebito della separazione là dove provoca l’impossibilità
della convivenza, non concreta una simile violazione quante volte sia stato cagionato
dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando risulti intervenuto nel momento
in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già
verificata, ed in conseguenza di tale fatto, così da non spiegare rilievo
causale ai fini della crisi matrimoniale (Cass. civ., sent. 7920/1996; Cass. civ,
sent. 10648/1997; Cass. civ, sent. 10682/2000; Cass. civ., sent. 12373/2005; Cass.
civ., sent. 1202/2002; Cass. civ., sent. 9338/2008).
Pertanto, premettendo che l’abbandono della casa familiare non costituisce causa
di addebito della separazione quando sia stato determinato da una giusta causa,
ossia dalla ricorrenza di situazioni di fatto, o anche di avvenimenti o comportamenti
altrui, di per sé incompatibili con la protrazione della convivenza, ovvero
quando sia intervenuto in un momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione
di detta convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di tale fatto,
la Corte di Cassazione ha ribadito una consolidata giurisprudenza che esclude
la pronuncia di addebito della separazione nei confronti di un coniuge quando
l’abbandono della casa coniugale sia stato determinato dall’irrimediabile frattura
del matrimonio dovuta all’ingerenza della suocera convivente. Pertanto, il rapporto
con i suoceri che mettono in difficoltà la coppia e le disarmonie familiari
possono legittimare la richiesta di separazione e costituiscono "giusta causa"
in caso di allontanamento dalla casa familiare. Nel caso concreto apportato all’attenzione
della Corte, l’ingerenza della suocera nel rapporto familiare ha portato i coniugi
ad una estraneità affettiva e relazionale, per cui l’allontanamento da
parte della moglie dalla casa familiare non va visto come causa determinate del
venir meno dell’unione, ma come effetto e presa d’atto di una situazione di intollerabilità
della convivenza maturata da tempo.
La Corte di Cassazione ha emesso numerose sentenze su casi, sempre più
frequenti, di eccessiva e inopportuna intromissione della suocera o dei suoceri
nel menage coniugale e familiare, tale da non rendere esigibile la pretesa di
coabitare. Ciò nel presupposto che la giusta causa di esenzione dell’addebito
è ravvisabile, come ribadito nell’ordinanza in oggetto, anche nei frequenti
litigi domestici della moglie con la suocera convivente e nel conseguente progressivo
deterioramento dei rapporti tra gli stessi coniugi. In pratica, quando la frattura
è precedente all’allontanamento dalla casa coniugale, l’addebitabilità
della separazione al coniuge che si allontani deve essere esclusa senza necessità
di verificare ulteriormente se il comportamento dell’altro coniuge costituisca
violazione dei suoi doveri coniugali. In applicazione di tale principio, la Corte
ha provveduto a rinviare la decisione alla Corte di merito, la quale dovrà
accertare se "l’abbandono della casa familiare ad opera della moglie sia
intervenuto quando era già maturata, all’interno della coppia, una situazione
di intollerabilità grave ed irreversibile della convivenza, ovvero se esso
abbia dato causa alla rottura del rapporto coniugale" (Cass. civ, sez.
I, ord. 4540/2011
).

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