Condotta colposa del medico: nessuna responsabilità della struttura se l’esito era inevitabile

La struttura sanitaria non risponde della condotta colposa del medico se la condotta dovuta non avrebbe comunque evitato la morte del paziente.

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La struttura sanitaria non risponde della condotta colposa del medico qualora la diversa condotta dovuta non avrebbe comunque evitato la morte del paziente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

Tribunale di Siracusa -sez. II civ.- sentenza n. 1232 del 24-07-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_SIRACUSA_N._1232_2025_-_N._R.G._00000355_2022_DEPOSITO_MINUTA_24_07_2025__PUBBLICAZIONE_24_07_2025.pdf 282 KB

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Indice

1. I fatti: la condotta colposa del medico


Nel luglio del 2015, un ragazzo, lamentando forti dolori alla gamba sinistra che si mostrava gonfia e indolenzita, accedeva al pronto soccorso del locale ospedale accompagnato dai propri genitori, dove veniva visitato dal medico soltanto dopo un paio d’ora dal suo accesso al Pronto Soccorso.
All’esito della visita, che a detta del paziente avveniva senza che il medico lo facesse spogliare, il ragazzo veniva dimesso con una diagnosi di lombosciatalgia e con prescrizione di terapia antibiotica.
Nonostante la dimissione, però, il dolore alla gamba sinistra così come il suo gonfiore continuavano a persistere ed inoltre il paziente lamentava un rigonfiamento del testicolo destro.
La notte stessa proseguivano i forti dolori alla gamba e aumentava ancora di più l’ingrossamento del testicolo destro del paziente, per cui a quest’ultimo venivano somministrati i medicinali che gli erano stati prescritti dall’Ospedale.
La mattina successiva il ragazzo si recava presso l’abitazione della suocera, dove improvvisamente si accasciava a terra, perdendo i sensi e manifestando pupille dilatate e colore scuro sulle labbra.
Immediatamente veniva chiamato il 118, che al suo arrivo cercava di rianimare il ragazzo, il quale però moriva.
I genitori del ragazzo adivano quindi il tribunale di Siracusa al fine di ottenere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti, ritenendola responsabile della morte del proprio figlio. Secondo gli attori, infatti, i sanitari che avevano visitato il ragazzo avevano tenuto una condotta negligente, in quanto non avevano individuato la forma di neoplasia maligna primitiva al testicolo destro che aveva causato la morte. Secondo gli attori, se, invece, i medici avessero sottoposto il paziente ad una visita più accurata, avrebbero notato il rigonfiamento al testicolo destro ed avrebbero quindi svolto gli opportuni accertamenti strumentali evitando così l’immediato decesso del paziente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

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2. Le valutazioni del Tribunale


Per decidere la controversia, il Tribunale di Siracusa ha ripercorso i principi applicabili in materia di responsabilità sanitaria.
In particolare, il giudice ha evidenziato che, secondo il consolidato orientamento della dottrina e della giurisprudenza, la struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione sanitaria da parte di un medico proprio dipendente.
Posto che al caso oggetto di esame (avvenuto nell’anno 2015) non si applica la riforma del 2017 (che non ha effetto retroattivo), anche la responsabilità del medico ha natura contrattuale, in quanto fondata sul “contatto sociale”. Secondo il giudice, infatti, a tale rapporto da contatto sociale si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso. In questi casi, sussiste una responsabilità contrattuale del medico per non aver fatto ciò cui egli era tenuto in forza di un precedente vincolo.
Pertanto, sia la responsabilità della struttura sanitaria che quella del medico per inesatto adempimento della prestazione ha natura contrattuale ed è quella tipica del professionista.
In conseguenza di ciò, si applicheranno i principi in materia contrattuale per quanto riguarda il riparto dell’onere della prova.
A tal proposito, è ormai unanime l’orientamento per cui, in materia di responsabilità contrattuale per l’inadempimento della prestazione sanitaria e conseguente lesione del diritto alla salute, sul danneggiato grava l’onere di provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della patologia del paziente oppure l’insorgenza di nuove patologie e la condotta posta in essere dal sanitario.
Pertanto, nel caso in cui il paziente alleghi un evento lesivo della salute deve provare non soltanto la verificazione di detto evento e le conseguenze dannose che ne siano derivate, ma anche il nesso di causalità fra detto evento lesivo e la condotta tenuta dal professionista sanitaria nella sua materialità. Tale prova potrà essere fornita anche mediante presunzioni, ma rimane comunque onere del paziente fornire la relativa prova.
Il nesso di causalità può essere definito come quel rapporto di azione/omissione e reazione in assenza del quale non si verificherebbe l’evento.
In altri termini, il nesso di causalità sussiste nel caso in cui l’azione o l’omissione del sanitario sono diretta conseguenza dell’evento lesivo della salute del paziente, mentre in assenza della predetta azione o omissione detta lesione della salute non si sarebbe sicuramente verificata.
Una volta che il paziente danneggiato ha fornito la prova del predetto rapporto di causalità fra condotta del sanitario e lesione della salute subita, graverà sulla struttura sanitaria la prova di un secondo ciclo causale: cioè la sussistenza di una causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione.
In altri termini, il paziente deve provare che si è verificata una causa esterna, imprevedibile e inevitabile secondo l’ordinaria diligenza richiesta ad un professionista, che ha reso impossibile la prestazione.
In considerazione di ciò, se resta ignota la causa dell’evento di danno, le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul paziente. Invece, nel caso in cui resti ignota la causa che ha reso impossibile la prestazione del sanitario oppure che vi è stata una causa esterna imprevedibile o inevitabile, le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul medico e sulla struttura sanitaria.     

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, all’esito della CTU svolta in giudizio, è emerso che il paziente sia morto a causa di un carcinoma embrionale del testicolo destro e che la condotta posta in essere dai medici della struttura sanitaria convenuta è stata negligente.
Secondo i CTU, infatti, i medici non hanno compiuto un esame completo del paziente al momento in cui l’hanno visitato, come invece era suggerito dalle buone pratiche cliniche.
Tuttavia, gli stessi CTU hanno escluso che la morte del paziente sia derivata dalla predetta condotta negligente dei sanitari.
Secondo gli ausiliari del giudice, infatti, anche se i medici avessero tenuta una condotta diligente, rispettosa delle buone pratiche cliniche, non avrebbero in alcun modo potuto evitare la morte del paziente, né comunque influire in senso positivo sul decorso della malattia, neanche in termini di aumento delle chance di sopravvivenza. In altri termini, anche se i medici avessero compiuto una visita scrupolosa del paziente ed avessero rilevato la presenza del tumore al testicolo destro, non avrebbero potuto comunque evitare la morte del paziente. Infatti, la neoplasia da cui è derivata la morte di quest’ultimo, al momento della visita presso il Pronto Soccorso, era ormai in fase avanzata e associato a plurime metastasi polmonari, che hanno determinato il decesso in maniera pressoché fulminante.
In considerazione di ciò, è stata esclusa la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta colposa dei sanitari e l’evento mortale subito dal paziente.
Conseguentemente, il giudice ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dagli attori.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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