Deontologia forense: prescrizione azione disciplinare ex art. 56 l. N. 247/2012

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Prescrizione dell’azione disciplinare ex art. 56 l. N. 247/2012 – il revirement del consiglio nazionale forense in tema di operatività dell’effetto interruttivo permanente nella fase giurisdizionale.
Volume per l’approfondimento: Compendio di Deontologia e ordinamento forense

Indice

1. L’art. 56 l. N. 247/2012


La nuova legge professionale forense, innovando la previgente disciplina, ha stabilito, all’art. 56, che l’azione disciplinare si prescrive in sei anni dal fatto e che in nessun caso il predetto termine può essere aumentato oltre un quarto in presenza degli atti interruttivi, specificamente indicati al n. 3, dai quali decorre un nuovo termine di prescrizione quinquennale.
La disciplina così innovata è più favorevole rispetto a quella previgente, la quale, infatti, non solo non prevedeva un termine massimo di prescrizione dell’azione disciplinare ma riconosceva efficacia interruttiva a qualsiasi atto propulsivo del procedimento disciplinare. Tale disciplina continua ad applicarsi agli illeciti commessi in data anteriore al 3.2.2013, non potendosi ritenere ad essa applicabile il favor rei stante la sua natura non deontologica.

2. Le fasi del procedimento disciplinare – l’effetto interruttivo permanente nella fase giurisdizionale


Il procedimento disciplinare innanzi il CDD si connota come procedimento amministrativo di natura giustiziale anche se non giurisdizionale (cfr. Corte di Cassazione (pres. Raimondi, rel. Conti), SS.UU, sentenza n. 9547 del 12 aprile 2021) di tal che durante il suo svolgimento il termine di prescrizione dell’azione disciplinare continua a decorrere.
Al contrario, come da orientamenti della giurisprudenza domestica  e di legittimità consolidatisi sotto la previgente disciplina ma estesi anche all’attuale, nella fase giurisdizionale opera <<il principio dell’effetto interruttivo permanente, di cui al combinato disposto degli artt. 2943 – 2945 comma 2 c.c., effetto che si protrae durante tutto il corso del giudizio e nella eventuale fase successiva dell’impugnazione innanzi alle Sezioni Unite e nel giudizio di rinvio fino al passaggio in giudicato della sentenza (cfr. per tutte Consiglio Nazionale Forense sent. n. 197 del 05.11.2021; Cass. SS.UU sent. n. 7761 del 09.04.2020).
In particolare, nella sentenza n. 197 del 5.11.2021, il Consiglio Nazionale Forense testualmente afferma che << … tale interpretazione non appare contraddetta neppure dalla previsione di cui all’art. 56 della legge 247/2012 nella parte in  cui prevede espressamente che il termine di prescrizione è interrotto dalla notifica della sentenza con cui si conclude il giudizio innanzi al Consiglio Nazionale Forense, ma anzi ne conferma la validità, stante la differenza ontologica tra l’effetto interruttivo della sentenza e l’effetto sospensivo che si verifica per tutta la durata del giudizio>>.

3. Il revirement del consiglio nazionale forense


Con la recentissima sentenza n. 275 del 31.12.2022, il Consiglio Nazionale Forense, modificando il proprio precedente orientamento, ha escluso che il dato letterale della norma di cui al comma 3 dell’art. 56 L.P. consenta di ritenere che nel corso della fase giurisdizionale si verifichi l’effetto interruttivo prescrizionale permanente, ritenendo che il richiamo alle disposizioni di cui agli artt. 2943 – 2945 comma 2 c.c. importi una tendenziale irragionevole imprescrittibilità dell’azione disciplinare non prevista dalla norma ed in contrasto con una sua lettura costituzionalmente orientata.
In particolare, sul punto, il Consiglio Nazionale Forense così si esprime <<L’art. 56 L.247/2012 – regolando specificamente la prescrizione degli illeciti disciplinari – non giustifica infatti una interpretazione diversa da quella letteralmente desumibile dalla norma stessa (in claris non fit interpretatio). La formulazione dell’articolo…. “in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto” non lascia ad avviso di questo Collegio spazi ad “interpretazioni innovative o modificative del testo”, rimesse unicamente alla volontà del Legislatore. Né il richiamo agli artt. 2945 2 comma – 2943 c.c. giustifica, ad avviso di questo Collegio, quell’effetto interruttivo permanente del corso prescrizionale, che si tradurrebbe in una irragionevole e non prevista dalla legge, imprescrittibilità dell’illecito stesso contrastante con un principio cardine di civiltà giuridica, secondo una lettura della norma costituzionalmente orientata.>>

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