Trasferimento di immobili – Prova – Rilevanza di dichiarazioni scritte confessorie delle parti – Inesistenza – Atto scritto di trasferimento – Prova esclusiva. (artt.1350,1351,1418,2725 C.c.)

sentenza 11/01/07
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In tema di prova del trasferimento di immobili, anche qualora si ritenesse di poter attribuire a dichiarazioni scritte delle parti un contenuto in parte confessorio, le stesse non potrebbero ritenersi prevalenti sulle risultanze obiettive degli atti scritti di trasferimento degli immobili in esame (cfr. Cass. n. 2/97; Cass. n. 8937/94).  
 
Servitù – Di passaggio- Acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia- Requisito dell’apparenza – Necessità – Elementi rilevatori dell’esistenza di opere obiettivamente ed inequivocabilmente destinate all’esercizio della servitù – Esistenza di opere preordinate all’utilità del fondo servente – Insufficienza – Necessità della presenza di altre opere visibili e permanenti, insistenti anche sul fondo dominante.
(art. 1061 e segg C.c.)
 
Il requisito dell’apparenza della servitù discontinua, come quella di passaggio, richiesto al fine della sua costituzione per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere di natura permanente obiettivamente destinate al suo esercizio tali da rivelare in maniera non equivoca l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante, dovendo le dette opere, naturali od artificiali che siano, rendere manifesto trattarsi non di un’attività posta in essere in via precaria, o per tolleranza del proprietario del fondo servente, comunque senza l’animus utendi iure servitutis, bensì d’un onere preciso, a carattere stabile, corrispondente in via di fatto al contenuto d’una determinata servitù (cfr, tra le tante, Cass. n. 2994/04; Cass. n. 6207/98; Cass. 18.10.91 n. 1120, Cass. 23.11.87 n.8640, Cass. 27.5.81 n. 3479, Cass. 7.7.78 n. 3408, Cass. 15.6.76 n.2226).
 Trattandosi di servitù di passaggio, poi, non è sufficiente, al fine di cui sopra, la sola esistenza dell’opera, che può essere stata realizzata anche soltanto per l’utilità del proprietario del fondo sul quale insiste, ma è necessario che tale opera risulti specificamente destinata, senza incertezze od ambiguità, all’esercizio della servitù e ciò in particolare deve evincersi o dalla struttura del tracciato del sentiero, o da opere esistenti sull’uno come sull’altro dei due fondi, che consentano di verificare la strumentalità del sentiero stesso rispetto alle esigenze del fondo da considerare dominante.
Più specificamente, quando le opere insistenti sul fondo reputato servente, quali la struttura ed il tracciato del sentiero, risultino di per sè preordinate all’utilità del fondo stesso, l’apparenza della servitù in favore del fondo assunto dominante non può manifestarsi se non attraverso altre opere visibili e permanenti, diverse dal sentiero, insistenti sul fondo servente o sullo stesso fondo dominante e tali da rivelare la destinazione del sentiero anche al servizio di quest’ultimo (cfr, tra le tante, Cass. n. 2994/04; Cass. n. 6207/98; Cass. 18.10.91 n. 1120, Cass. 23.11.87 n.8640, Cass. 27.5.81 n. 3479, Cass. 7.7.78 n. 3408, Cass. 15.6.76 n.2226).
                                                                                                            
 
 
                                                                                                             
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE CIVILE
        in persona del giudice unico, dott. ***********, ha emesso la seguente
SENTENZA
        nella causa civile in primo grado iscritta al n. 454 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2000, posta in deliberazione all’udienza del 26.10.2005 e vertente
TRA
        A. GAETANO, elett.te dom.to in Palermo, via N. n. 15, presso lo studio dell’Avv. *****, che lo rappresenta e difende come da procura a margine dell’atto di citazione                                            
                                                                                                                       ATTORE
 E
       C. ASSUNTA E ***********, elett. te dom.ti in Marsala, piazza B. n. 8, presso lo studio dell’avv.to M.S., che li rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTI                                                   
        OGGETTO: regolamento confini
CONCLUSIONI
All’udienza in data 26.10.2005 i procuratori delle parti così concludevano:
– parte attrice: “come da foglio allegato al verbale di causa”, in particolare: “a) ritenere e dichiarare che il sig. ********** è l’unico proprietario della stradella d’accesso e del piano ricadenti sulla particella 517 e che i sigg. ********** e ***********, proprietari dell’immobile i cui ingressi sono prospicienti su detto piano, hanno solamente il diritto di passaggio limitatamente al tratto di stradella che si diparte dalla strada comunale sino ad arrivare all’immobile di loro proprietà ed il diritto di attingere acqua dal pozzo esistente nel piano antistante la loro casa; b) ritenere e dichiarare che il terreno compreso tra le case del sig. A., indicato in catasto con la particella 559 del foglio 8 sviluppo A del Comune di Marsala, è pertinenza comune soltanto alle case del sig. A., come risulta dalla situazione dei luoghi e dai titoli di proprietà; c) disporre la rimozione del cancelletto in metallo installato arbitrariamente dai sigg. C. e G. nell’anno 1987 sul terreno di proprietà del sig. A., indicato con la particella 559; d) disporre che i sigg. C. e G. procedano alla revisione dell’armatura ossidata dei cordoli di appoggio dei solai da loro realizzati ed al ripristino dell’intonaco esterno deteriorato in corrispondenza del terrazzo interno alla casa del sig. A.; e) disporre, ai sensi dell’art. 905 c.c., l’eliminazione della veduta arbitrariamente esercitata dai sigg. C. e G. dal terrazzo della loro casa sulla copertura dell’immobile insistente sulle particelle 280 e 284 di proprietà dell’attore, nonché la chiusura della finestra da essi aperta sul muro prospiciente il terreno indicato con la particella 559 di proprietà dell’attore con ripristino della preesistente luce di tolleranza nelle originarie dimensioni di cm 50×50; f) condannare i sigg. C. e G. alle spese di causa”;
-parte convenuta: “come da comparsa di risposta ed ulteriori scritti difensivi e dichiara di non accettare il contraddittorio sulle domande nuove eventualmente proposte col foglio oggi depositato”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato in data 25.2.2000, A. Gaetano – premesso che ********** e *********** erano proprietari di un immobile sito in Marsala C.da B.Vecchi, indicato in catasto con le particelle 278, 279 e 296 del foglio 8, con diritto di passaggio su un tratto di stradella antistante (particella 517) che dalla strada comunale giunge agli ingressi di detto immobile, nonché del diritto di attingere acqua dal pozzo collocato sulla stessa particella; di essere proprietario di un immobile al confine con il “retroprospetto” dell’immobile dei convenuti (particelle 280 e 284) e di un terreno (particella 559) annesso a tale immobile e a quello, sempre di sua proprietà, indicato con le particelle 283 e 560; che tale terreno consentiva l’accesso esclusivo a tali immobili e a quelli situati più ad est, indicati con le particelle 516, 517, 277 e 563; che tra il 1980 ed il 1988 i coniugi G. effettuavano la ristrutturazione e sopraelevazione della loro casa, aprendo una finestra nel muro laterale della loro abitazione prospiciente il terreno di sua proprietà e aprendo una porta d’ingresso sul terrazzo di copertura della zona a piano terra, successivamente sopraelevato, dalla quale esercitavano arbitrariamente la veduta sulla sua proprietà; che, da tali date, i convenuti avevano iniziato a transitare saltuariamente sulla striscia di terreno tra le sue case, avevano costruito un ballatoio di ingresso sul piano antistante la loro casa, sul quale potevano esercitare solo il diritto di passaggio, e un pozzetto per la messa a terra dell’impianto elettrico; che nel 1986 era stato costretto a chiudere il passaggio attraverso il terreno in questione con un cancelletto in legno, sostituito dopo poco dai convenuti con un altro in metallo lasciato sempre aperto; che le opere di restauro avevano compromesso la stabilità dei muri comuni, a causa dell’altezza e del sovraccarico dei solai in cemento armato ed avevano provocato l’ossidazione dei ferri di armatura dei cordoli di appoggio dei solai, gonfiando l’intonaco esterno del muro comune, con pericolo di distacchi – tanto premesso, conveniva in giudizio dinanzi all’adito Tribunale C. Assunta e ***********, chiedendo l’adozione dei provvedimenti oggetto delle conclusioni indicate in epigrafe, con in più la condanna dei convenuti alla riduzione al minimo indispensabile del ballatoio di ingresso alla casa dei convenuti, al consolidamento dei vecchi muri comuni sopraelevati e allo spostamento del pozzetto di messa a terra dell’impianto elettrico; con vittoria delle spese di lite.
Si costituivano in giudizio i convenuti C. Assunta e ***********, i quali   deducevano: che nell’atto di vendita alla C. delle particelle 296, 278 e 279, stipulato in data 10.5.1974, era compresa la comproprietà della stradella di accesso, del piano colonico che vi è antistante e del pozzo di acqua viva in detto piano esistente (part. 517), con garanzia da parte del venditore, impossibilitato a reperire il titolo relativo, del solo diritto di passaggio sulla stradella e sul piano e di attingere acqua dal pozzo; che tale titolo era l’atto di donazione rogato il 20.10.1919 con il quale tali diritti accessori erano stati ceduti al padre del dante causa della convenuta dal nonno ***********; che anche nel titolo di provenienza delle particelle 280, 284 e 516, acquistate dall’attore nel 1975, tali diritti erano stati ceduti al dante causa dello stesso, in comproprietà con il dante causa della convenuta; che pertanto essendo il piano comune, non sussisteva nemmeno la servitù di veduta su fondo altrui lamentata dall’attore; che il ballatoio era stato costruito sulla proprietà esclusiva della C.; che il pozzetto elettrico era collocato su proprietà condominiale, senza disturbo del transito; che anche il piano ubicato sulla particella 599, tra i fabbricati dell’A., era in comproprietà tra le parti, come si evinceva dall’indicazione contenuta nel titolo di provenienza della particella 283, venduta al dante causa dell’attore ed arbitrariamente modificata nell’atto di vendita del cespite all’attore; che comunque i convenuti vantavano una servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, per raggiungere dalla loro casa il piano R. ed il mare; che il muro comune era stato a suo tempo consolidato mentre il cordolo del solaio di copertura del piano terra era stato realizzato da oltre un ventennio, senza opposizione dell’attore, né ricorrevano i presupposti di cui all’art. 884 c.c..
Concludevano, pertanto, per la dichiarazione di carenza di legittimazione passiva del convenuto ***********, per il rigetto delle domande attrici; per il riconoscimento del diritto di comproprietà della stradella e del piano, distinti con la particella 517 e del pozzo ivi esistente, nonché della stradella che fiancheggia la proprietà dell’attore, con obbligo di quest’ultimo di non turbarne il legittimo godimento; per il riconoscimento del diritto di comproprietà del piano R. e della stradella interposta tra le fabbriche A. (part. 599), con condanna dell’attore, in via riconvenzionale, a tenerli sgomberi da cose mobili, veicoli e tettoie; in subordine, per il riconoscimento del diritto di passaggio su tale stradella; con vittoria delle spese di lite.
In corso di causa venivano acquisiti i documenti prodotti, assunte le prove testimoniali ed espletata una CTU, con richiamo del consulente per rispondere ai rilievi critici delle parti.
 Quindi la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 26.10.2005 ed in tale udienza trattenuta in decisione, con l’assegnazione dei termini per il deposito degli scritti conclusionali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le domande spiegate dalle parti sono solo in parte fondate e possono essere accolte nei limiti di seguito indicati.
Deve rigettarsi, in via preliminare, l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del convenuto G., in riferimento a tutte le domande spiegate da parte attrice, con esclusione di quella indicata al n. 1 delle conclusioni di cui in epigrafe, in cui la sola questione controversa è quella legata alla comproprietà della particella 517 tra l’A. ed i proprietari delle particelle 278, 279 e 286, tra i quali non rientra il G. (cfr. rogito del 10.5.1974, notaio P., all. fasc. conv., in cui lo stesso risulta soltanto in qualità di coniuge dell’acquirente e non vi è traccia agli atti di convenzioni post-nuziali stipulate in data precedente al 15.1.1978 tali da far ricadere il bene nella comunione legale).
Quanto al merito, occorre esaminare separatamente le domande formulate dalle parti.
1)     Proprietà e diritto di passaggio sulla particella 517.
 Dagli accertamenti effettuati dal CTU ing. Ma. (cfr., in particolare, i chiarimenti formulati a seguito delle osservazioni critiche di parte attrice) è emersa la comproprietà tra le parti del piano comune e della carreggiata di accesso al fondo C. dalla strada comune, identificati con la particella 517 (colorata in rosso su fondo bianco nella planimetria allegata alla relazione). Ciò alla luce dei titoli di provenienza degli immobili di parte attrice e di parte convenuta e delle misurazioni dell’estensione di tali proprietà.
Quanto ai titoli di parte attrice, nell’atto notaio G. del 12.11.1975 (v. produzione fascicolo A.), con cui la stessa ha acquistato da potere delle sorelle M. il terreno indicato con la particella 516 ed i fabbricati identificati con le particelle 280 e 284, si legge che il primo fondo confina “a sud-est colla carrozzata comune di accesso, a sud-ovest col piano colonico comune” e che agli immobili venduti spetta “diritto di comproprietà del piano comune e della carreggiata di accesso distinti colla particella 517”.
Nell’atto Notaio L. del 29.3.1994 (fasc. A.) con cui l’attore ha acquistato da ********** le particelle 277 e 563, viene riportato che gli immobili confinano con il piano comune e che vi compete “la comproprietà del limitrofo piano comune che si identifica in catasto nella particella 517”. Nell’atto Notaio V. del 27.3.1944 (fasc. A.) con cui ***********, vendeva alle sorelle M., danti causa dell’attore, le particelle 280, 284 e 516 si legge che “sono inerenti …il diritto di comproprietà del piano comune con gli eredi di ********* (dante causa di C.) e con ************”.
Quanto ai titoli di provenienza della convenuta, la stessa, con l’atto Notaio P. del 10.5.1974 (fasc. C.-G.), acquistava la proprietà delle particelle 296, 278 e 279 da M. Giuseppe, il quale, pur dichiarando di aver sempre usufruito, al pari del suo genitore, in qualità di comproprietario, della stradella, del piano e del pozzo, non avendo rinvenuto il titolo relativo, ha assunto l’obbligo di garantire l’acquirente del solo diritto di passaggio anche con carri attraverso la stradella ed il piano e di attingere l’acqua dal pozzo. Per colmare tale lacuna, come ha correttamente osservato il CTU, si deve fare riferimento ai trasferimenti pregressi. Al dante causa di ***********, *********, a cui il primo era succeduto, l’immobile era pervenuto per donazione dal padre ***********, con atto Notaio P. del 20.10.1919 (fasc. conv.), che aveva ad oggetto “uno spezzone di terreno in questa contrada B.Vecchi”, costituito dall’attuale proprietà della convenuta e che comprendeva “la comproprietà del pozzo, della pila, del piano e degli accessori ad esso inerenti”, costituendo pertanto il titolo di trasferimento della comproprietà del piano e della stradella di accesso non rinvenuto da M. Giuseppe.
Non vale a smentire il contenuto testuale degli atti di trasferimento fin qui esaminati la considerazione dell’attore relativa all’estensione degli immobili di sua proprietà limitrofi alla particella 517, asseritamente inferiore nella realtà a quella risultante dagli atti. Il CTU ha infatti riscontrato attraverso il rilievo planimetrico che la superficie delle particelle 277, 563 e 516, fra le quali è interposta la stradella di accesso in esame (e che pertanto devono essere prese in considerazione al fine che qui interessa), è pressoché coincidente con quella risultante dai rispettivi titoli di provenienza, mentre dagli atti di acquisto delle particelle 280, 284, parte della 559 e 516, precedenti a quello a cui fa riferimento l’attore (rogito Notaio V. del 1950, all. fasc. A.), si ricava una superficie inferiore a quella che risulta da quest’ultimo (288 mq).
Né appare conducente, in merito, il rilievo attoreo che le risultanze catastali attesterebbero l’intestazione della particella 517 all’A., a seguito della voltura eseguita dai funzionari dell’ufficio territoriale sulla base dei titoli di provenienza delle particelle 516 (12.11.1975), 277 e 563 (29.3.1994), in quanto da un parte, come sopra esaminato, tali titoli alludono alla comproprietà del piano comune e della stradella e non alla proprietà esclusiva dell’A. e dall’altra, come correttamente osservato dal CTU, i dati catastali non assumono valenza probatoria prevalente sui titoli di provenienza dei cespiti, quando da questi ultimi si ricavano indicazioni chiare (cfr. Cass. n. 3101/05; Cass. n. 8814/03; Cass. n. 8793/00).
2) Proprietà e diritto di passaggio sulla particella 559.
Dall’esame dei titoli di provenienza degli immobili e dagli accertamenti peritali è emerso che la striscia di terreno compresa tra la particella 283 e le particelle 284 e 280 (attualmente nella titolarità delle figlie dell’A.), fino al cancelletto d’ingresso posto al confine con la particella 517, è di proprietà esclusiva dell’attore.
Con il citato atto del 12.11.1975, quest’ultimo ha acquistato dalle sorelle M. le particelle 280 e 284, confinanti “a nord est con le fabbriche di ***********…a sud est con P. Francesco, a sud ovest col piano comune, a nord ovest con lo stesso acquirente” quale avente causa di **********. Come osservato correttamente dal CTU, l’indicazione del confine nord-ovest con proprietà dello stesso attore, lascia intendere che la striscia di terreno de quo faccia parte della proprietà costituita dalla particelle 280 e 284 oggetto dell’atto di vendita.
Alla stessa conclusione si arriva dall’esame dei precedenti titoli di provenienza dell’area, dai quali è possibile ricavare anche l’attuale estensione e l’odierno confine.
In base agli accertamenti del consulente è emerso che la striscia di terreno faceva parte, al momento dell’istituzione del Catasto, della maggiore superficie della particella 286, censita come corte comune a varie unità immobiliari. Nel corso del tempo la maggior parte della estensione della predetta particella è stata accorpata alla proprietà delle varie unità immobiliari limitrofe, come risulta dai titoli di provenienza dei singoli fondi, che prevalgono, per i motivi sopra specificati, sui dati catastali (tant’è che il CTU ha accertato che lo smembramento dell’originaria particella 286 non ha interessato solo la particella 559, ma anche molte altre facenti parte dell’originaria corte comune, tra le quali la 601, appartenente ai convenuti).
Con atto Notaio P. del 2.12.1933, l’attuale particella 284, con “una zona di terra di centiare cinquantadue e miliare trentadue” veniva donata da *********** al figlio *******. Tale superficie di mq 52, coincide, all’esito degli accertamenti sui luoghi effettuati dal consulente, con parte della maggiore estensione della particella 559, in particolare fino all’attuale posizione del cancelletto sito a cavallo tra le due porzioni della particella 559 delimitate nella planimetria allegata alla CTU, rispettivamente con il bordo blu su fondo bianco e con il bordo rosso su fondo blu.
La medesima striscia di terra viene inclusa nel citato atto di vendita delle attuali particelle 516, 280 e 284 (********* del 27.3.1944) da ********** al fratello ******** e, in data 2.11.1950, nell’atto di vendita (*********) con cui quest’ultimo dona alle figlie (danti causa dell’attore) le particelle 280 e 284 con area di terra circostante (la striscia in esame e la particella 516), con la sola differenza che in tale ultimo atto non si fa riferimento a due distinti spezzoni di terreno come nei due atti precedenti, ma ad un unico spezzone di maggiore superficie (are due e centiare ottantotto). Nel citato atto di trasferimento delle particelle di cui sopra all’attore (Notaio G. del 1975), si torna a fare riferimento a due immobili distinti, permettendo di recuperare (secondo le indicazioni del CTU, il quale esclude che il vano in più del fabbricato riportato nell’atto Notaio V., di piccole dimensioni, possa aver inglobato tale superficie di terreno) l’estensione di 52 mq, che costituisce l’effettiva superficie della striscia di terra passata nella titolarità dell’A. (sino al limite sopra individuato).
L’acquisto della esclusiva titolarità da parte dell’attore dello spezzone di terra tra le fabbriche delle particelle 280 e 284 e della particella 283 trova riscontro anche nella indicazione dei confini di quest’ultima particella, contenuta nell’atto Notaio P. del 28.10.1975 (fasc. attore) – con cui l’A. ha acquistato l’immobile ivi situato da ********** – dove si fa riferimento al confine di tale particella con il piano comune “su due lati”, diversamente da quanto risulta nell’atto di vendita dello stesso immobile al dante causa (atto Notaio G. del 15.5.1967, in cui i confini con il piano comune erano “su tre lati”), tornando pertanto ad includere la striscia di terra in oggetto, come nei precedenti titoli (e conformemente a quanto risulta nell’atto di acquisto da parte dell’A. delle particelle 280 e 284, in data 12.11.1975), nell’area pertinenziale a tali ultime particelle, di proprietà dell’attore (cfr. planimetria allegata alla CTU).
In particolare, nell’atto da ultimo menzionato si legge che il fabbricato colonico oggetto della compravendita (particelle 280 e 284) confina “a nord-ovest con lo stesso acquirente (particelle 283 e 560 dell’A.)” e che “gli immobili suddetti vanno venduti e trasferiti ….con inerenze e pertinenze”, lasciando intendere che non vi sono aree intercluse tra le due proprietà dell’A. rimaste estranee alla compravendita, ma che anche la striscia di terra tra le particelle 280 e 284 da una parte e la 283 dall’altra, rientra tra le pertinenze del fabbricato colonico acquistato dall’attore.
A conferma di tale conclusione vi è poi la circostanza, posta in evidenza dal CTU, che nei titoli di proprietà della C. e dei loro danti causa non si fa riferimento ad un diritto di proprietà comune sulla predetta striscia di terreno. Del resto, le argomentazioni a sostegno di tale dedotta comproprietà, contenute nei rilievi critici alla CTU e nella comparsa conclusionale dei convenuti – laddove si fa prima riferimento agli atti del 1892 e del 1919 quali titoli pregressi dai quali si evincerebbe la comproprietà della strade d’accesso e del piano comune identificati con la particella 517 (quella che non ha potuto garantire, in assenza del rinvenimento dei titoli, il loro dante causa), poi quali titoli che, pacificamente, legittimerebbero il riconoscimento della comproprietà del cd. piano R. (sito allo sbocco della stradella interclusa tra le fabbriche A. ed in parte sulla stessa stradella) e della striscia di terra per accedervi, identificati con la stessa attuale particella 559 – appaiono contraddittorie, proprio in ragione dell’incompatibilità delle due soluzioni prospettate dai convenuti.
Invero, che la comproprietà a cui si riferiscono tali atti risalenti sia in realtà quella della particella 517, si evince dalla circostanza che i beni ivi indicati, compresi nella comproprietà, sono tutti vicini fra loro e antistanti il fabbricato C. (il pozzo, la pila, il piano e gli accessori ad esso inerenti), mentre il piano R. è sito a distanza, nella parte opposta del foglio di mappa, separato dalla proprietà della convenuta dalla stradella che passa tra i fabbricati dell’attore. Nell’atto del 1974 di trasferimento delle attuali particelle 278, 279 e 286 (già oggetto degli atti del 1892 e del 1919) alla convenuta, inoltre, si fa espresso riferimento al confine con il piano comune e con la stradella comune “d’accesso” (quindi a quella sul versante nord-est che conduce alla strada comune).
L’apparante discrasia costituita dalla differenza di superficie degli immobili oggetto dell’atto del 1919 (mq 340) rispetto a quella dell’atto del 1974 (mq 237) si giustifica con la circostanza dedotta dai convenuti e riscontrabile dalle donazioni del 1933 (cfr. fasc. attore) che il dante causa della C. contribuì all’incremento del piano comune – poi modificato, presuntivamente per destinazione di ***********, al pari della maggior parte della estensione dell’originaria particella 286 – conferendo la porzione di terreno ampia mq 103, originariamente facente parte del compendio che fu successivamente trasmesso in proprietà alla convenuta; ma tale circostanza non esclude che, quantomeno sin dall’epoca di stipula dell’atto del 1919, fosse già esistente un piano comune (diverso dal piano R.) facente parte dell’attuale particella 517, anche se di dimensioni inferiori rispetto a quello incrementato in seguito.
Né si può ritenere pacifico, come dedotto dai convenuti, che gli atti del 1892 e del 1919 si riferissero alla comproprietà del piano R., alla luce della corrispondenza intercorsa nel 1980 e della memoria di parte attrice del 2001, in quanto, come si evince dal contenuto di tali documenti e dalla comparsa conclusionale dell’A., quest’ultimo si riferiva ad un originario parcheggio inglobato nella via Torre S. che non necessariamente coincide con l’attuale piano R., identificato con la particella 558, né con la parte terminale della stradella di cui alla particella 559. Del resto, anche qualora si ritenesse di poter attribuire a tali dichiarazioni un contenuto in parte confessorio, le stesse non potrebbero ritenersi prevalenti sulle risultanze obiettive degli atti scritti di trasferimento degli immobili in esame (cfr. Cass. n. 2/97; Cass. n. 8937/94). 
Nei chiarimenti forniti a seguito delle osservazioni critiche dell’attore, il CTU precisa, da ultimo, che l’estensione di mq 52 circa della carreggiata in esame, che consente di limitare la sua estensione sino al cancelletto posto all’ingresso della particella 517, non è smentita dall’asserita maggiore estensione derivante da un’ipotetica pertinenza della particella 283, non essendoci, all’infuori della particella 560, altra porzione di terreno accessoria al fabbricato sito nella particella 283 (come si ricava dalle dichiarazioni dello stesso attore nell’atto di donazione della nuda proprietà alle figlie, ********* del 31.7.1990).
Accertata sulla scorta dei titoli di provenienza la titolarità esclusiva in capo all’A., per la superficie di mq 52 circa, della particella 559, resta da verificare se i convenuti, da soli o attraverso l’accessione del possesso del loro dante causa, abbiano acquistato la servitù di passaggio attraverso la striscia di terreno ivi esistente per maturazione dell’usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Ai sensi dell’art. 1061 c.c., “le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione o per destinazione del padre di famiglia. Non apparenti sono le servitù quando non si hanno opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio”.
Per costante giurisprudenza, il requisito dell’apparenza della servitù discontinua, come quella di passaggio, richiesto al fine della sua costituzione per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come “presenza di segni visibili di opere di natura permanente obiettivamente destinate al suo esercizio tali da rivelare in maniera non equivoca l’esistenza del peso gravante sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante, dovendo le dette opere, naturali od artificiali che siano, rendere manifesto trattarsi non di un’attività posta in essere in via precaria, o per tolleranza del proprietario del fondo servente, comunque senza l’animus utendi iure servitutis, bensì d’un onere preciso, a carattere stabile, corrispondente in via di fatto al contenuto d’una determinata servitù” (tra le tante, Cass. n. 2994/04; Cass. n. 6207/98; Cass. 18.10.91 n. 1120, Cass. 23.11.87 n.8640, Cass. 27.5.81 n. 3479, Cass. 7.7.78 n. 3408, Cass. 15.6.76 n.2226).
Trattandosi di servitù di passaggio, poi, non è sufficiente, al fine di cui sopra, la sola esistenza dell’opera, che può essere stata realizzata anche soltanto per l’utilità del proprietario del fondo sul quale insiste, ma è necessario che tale opera risulti specificamente destinata, senza incertezze od ambiguità, all’esercizio della servitù e ciò in particolare deve evincersi o dalla struttura del tracciato del sentiero, o da opere esistenti sull’uno come sull’altro dei due fondi, che consentano di verificare la strumentalità del sentiero stesso rispetto alle esigenze del fondo da considerare dominante (Cass. n. 2994/04; Cass. n. 6207/98; Cass. 21.5.87 n. 4623,Cass. 30.6.82 n. 3931, Cass. 21.5.79 n. 2935).
Più specificamente, quando le opere insistenti sul fondo reputato servente, quali la struttura ed il tracciato del sentiero, risultino di per sè preordinate all’utilità del fondo stesso, l’apparenza della servitù in favore del fondo assunto dominante non può manifestarsi se non attraverso altre opere visibili e permanenti, diverse dal sentiero, insistenti sul fondo servente o sullo stesso fondo dominante e tali da rivelare la destinazione del sentiero anche al servizio di quest’ultimo (Cass. n. 2994/04; Cass. n. 6207/98; Cass. 18.10.91 n. 11020, Cass. 26.2.86 n.1204, Cass. 15.6.76 n. 2226).
Nel caso di specie, non c’è dubbio che il sentiero de quo insista sul fondo dell’A. assunto servente (essendo peraltro preordinato all’uso diretto dell’attore, sia per accedere al fondo R. dove parcheggiava la propria autovettura, sia per avervi apposto, da diversi anni, un pergolato con tettoia: cfr. dichiarazioni testi Z., **************) e, quindi, sia da ritenere, per la sua stessa collocazione, al servizio di questo, dovendosi pertanto escludere che la sua formazione possa in qualche modo apparire strumentale e predisposta all’utilità del confinante fondo C..
Dalle testimonianze raccolte, inoltre, è emerso che il passaggio su tale tracciato non veniva esercitato dai convenuti per un’utilità stabile e funzionale al miglior godimento del proprio fondo, (nessuno dei testi escussi ha visto i convenuti utilizzare direttamente il piano comune R.) – che sarebbe stata incompatibile, come tale, con l’esercizio del passaggio per mera tolleranza – ma per fare delle passeggiate, per andare a trovare degli amici e conoscenti e per recarsi al mare nel periodo estivo (cfr. dichiarazioni testi O., M.Vito , P. e M.), attraverso un percorso che era solo di poco più breve rispetto a quello che si snodava per la stradella di accesso prospiciente la proprietà C. (cfr. dichiarazioni Z., **************).
Affinchè si possa ritenere costituita su tale corridoio di terra la servitù vantata dai convenuti (e dal loro dante causa prima di loro) occorrerebbe, per quanto fin qui osservato, accertare la presenza di altre opere visibili – quali, appunto, un passaggio di collegamento tra i due fondi o un cancello – requisito che non può essere mutuato dall’espletata prova per testi, occorrendo semmai risalire alla struttura dei luoghi di causa.
Ciò premesso, non può ritenersi tale la striscia di terra costituita dalla prosecuzione della particella 517 (individuata nella planimetria allegata alla CTU con contorno rosso su fondo bianco), in quanto per la sua posizione (antistante al fabbricato C. e collegata con il piano comune e con l’accesso allo stesso sul versante nord) e per l’accertata natura di porzione in comproprietà tra l’A. e la C., non è idonea a svolgere in maniera inequivoca la funzione obiettiva di collegamento per il transito dalla proprietà C. alla particella 559, tant’è che può anche essere utilizzata dall’A. per percorrere il tragitto in senso opposto, vero nord, dalla particella 559 sino al piano comune (particella 517) e da qui alla stradella di accesso che porta alla strada comune.
Al contrario, astrattamente idonea a costituire un’opera visibile collocata lungo il percorso di passaggio tra la proprietà C. e la particella 559, nonché a manifestare l’animus utendi iure servitutis, sarebbe stata la sostituzione da parte dei convenuti del cancelletto d’ingresso munito di serratura, collocato dall’A., con altro senza serratura, al confine tra le due porzioni della particella 559 (una evidenziata nella planimetria del CTU con contorno rosso, l’altra con contorno blu).
In concreto, tuttavia, tale sostituzione risale a data successiva al 1986 (la circostanza, dedotta dall’attore, non è oggetto di contestazione ed è confermata dai testi Z. e **********), non essendo pertanto ancora decorso, al momento della proposizione del presente giudizio, il termine ventennale necessario per il perfezionamento dell’usucapione della servitù di passaggio (e difettando i requisiti della originarietà e della stabilità necessari per la fattispecie della destinazione del padre di famiglia).
Deve essere pertanto respinta, in assenza del requisito di cui all’art. 1061 c.c., la domanda riconvenzionale dei convenuti di acquisizione del diritto di passaggio attraverso la particella 559 per usucapione della relativa servitù o per destinazione del padre di famiglia.
3) Collocazione del cancelletto metallico al confine tra la particella 517 e 559.
Come conseguenza dell’accertamento effettuato in merito all’estensione della stradella interclusa tra i fabbricati A. (283, 560, 280 e 284), il CTU ritiene che tale cancelletto insista sul confine tra la porzione della particella 559 di proprietà esclusiva dell’attore (campita in blu nella planimetria allegata) e la restante porzione (delimitata in rosso con fondo bianco) che risulta far parte del piano comune (particella 517). Conclude quindi per l’infondatezza della richiesta di rimozione del cancelletto avanzata da parte attrice, giudicando poi, in sede di chiarimenti, indifferente la rimozione, la sostituzione o la chiusura dello stesso.
Si osserva che l’attuale cancelletto, posto dai convenuti al confine tra il piano in comproprietà con l’attore e la stradella di esclusiva proprietà di quest’ultimo, è idoneo a delimitare tale confine e la sua collocazione rientra tra le facoltà dei comunisti di utilizzare il bene comune senza alterarne la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di farne ugualmente uso secondo il loro diritto, ai sensi dell’art. 1102 c.c..
Va, pertanto, rigettata la domanda di rimozione del cancelletto avanzata dall’attore, dovendo semmai ritenersi rientrante tra le facoltà di quest’ultimo, al fine di tutelare la proprietà esclusiva del corridoio di terreno sito tra le sue fabbriche – senza violare in tal modo il sopra richiamato obbligo dei comunisti di utilizzare il bene comune senza alterarne la destinazione – provvedere, eventualmente, alla chiusura dello stesso e al ripristino dello stato originario.
4) Ripristino dell’intonaco esterno di ricoprimento, in corrispondenza del terrazzo interno della casa A. e revisione dell’armatura ossidata del cordolo di imposta del solaio della casa di proprietà della convenuta, che si appoggia sul muro comune.
Il CTU ha riscontrato la necessità dell’esecuzione dei relativi lavori, in quanto: “si osserva un rigonfiamento della malta di ricoprimento, certamente conseguente al fenomeno di ossidazione intervenuto nell’armatura metallica del cordolo in c.a. anzidetto”.
Tali lavori, che dovranno essere eseguiti a cura e spese della convenuta, insistendo il vizio su parti strutturali della sua abitazione ed essendo di pregiudizio a quella dell’attore, consistono: “nella rimozione della malta di ricoprimento e dello strato di calcestruzzo ammalorato e distaccato, nella successiva spazzolatura dell’armatura metallica per l’eliminazione dello strato di ossido di ferro formatosi, nel trattamento delle superfici metalliche con prodotti specifici volti a bloccare il fenomeno dell’ossidazione ed infine nel ricoprimento dell’armatura metallica con malta di cemento specifica, tipo Emaco, per una perfetta aderenza allo strato di calcestruzzo ed armatura metallica sottostanti, nonché nella ricostituzione dell’intonaco esterno” (cfr. pag. 22 della relazione).
5) Eliminazione della veduta esercitata dai sigg. C. e G. dal terrazzo della loro casa e chiusura della finestra aperta sul muro prospiciente la particella 559.
Per quanto riguarda l’eliminazione della finestrella ed il ripristino della luce di tolleranza preesistente, l’accertamento della comproprietà della particella 517 e della porzione della particella 559 posta sul prolungamento della 517 (evidenziata nella planimetria del CTU in rosso con fondo bianco), sulle quali si affaccia la finestra, comporta, come convenuto dallo stesso attore, la non accoglibilità della relativa domanda, attesa anche la circostanza che non vi è prova agli atti (né il CTU ha accertato in maniera specifica) che tale finestrella sia stata trasformata dai convenuti da semplice luce a vera e propria veduta, secondo le caratteristiche di cui all’art. 900 c.c. (cfr, al riguardo, dichiarazioni teste Z.).
In merito alla veduta esercitata dal terrazzo del primo piano, a pag. 23 della CTU si evidenzia: “esistono due terrazzi di copertura, di cui il primo è delimitato da muri che impediscono la veduta sull’immobile limitrofo dell’attore. Attraverso un varco praticato in uno di questi muri, che delimitano il primo terrazzo, si accede in un secondo terrazzo, sempre di proprietà della signora C.; lungo un lato di questo terrazzo è possibile affacciarsi sulla copertura dell’immobile di proprietà dell’attore, per cui si verrebbe a creare una servitù di veduta”. L’adiacenza del muro ove sorge il terrazzo di proprietà della convenuta al fondo A. (particella 280) e l’edificazione della sopraelevazione in data recente rispetto allo stato dei luoghi – tra il 1987 ed il 1988, secondo le deduzioni dell’attore, comunque non prima dei lavori di restauro effettuati dai convenuti tra il 1978 ed il 1980 (cfr. dichiarazioni testi di parte convenuta) – consentono di ritenere accertata la violazione delle distanze legali di cui al citato art. 905 c.c. e impongono l’eliminazione della servitù di veduta sul fondo di esclusiva proprietà dell’attore, che dovrà essere effettuata dalla convenuta attraverso la chiusura del varco di accesso al terrazzo.
Tra le due soluzioni prospettate dal CTU (chiusura, appunto, del varco aperto nel muro del primo terrazzo o innalzamento, fino a mt 2, della parete del terrazzo a confine con l’immobile A.), infatti, solo la prima risulta praticabile, atteso che la seconda “sarebbe non accettabile dal punto di vista estetico ed architettonico, soprattutto in considerazione delle pregevoli caratteristiche dell’agglomerato di B. Vecchi e della conseguente difficoltà, se non proprio impossibilità, di ottenere la relativa autorizzazione da parte dei competenti uffici”.
Quanto alle domande attoreee relative alla riduzione al minimo indispensabile del ballatoio di ingresso alla casa dei convenuti, alla condanna degli stessi al consolidamento dei vecchi muri comuni sopraelevati e allo spostamento del pozzetto di messa a terra dell’impianto elettrico, le stesse devono ritenersi abbandonate, in quanto, a seguito delle risultanze della CTU e dei chiarimenti forniti dal consulente, non sono state riproposte in sede di precisazione delle conclusioni (cfr. Cass. n. 14783/04; Cass. n. 12416/04).
Si ravvisano giusti motivi, in considerazione della parziale soccombenza reciproca delle parti, nei limiti indicati in motivazione, per compensare tra le stesse le spese di lite.
Per gli stessi motivi, le spese della CTU vanno definitivamente poste a carico solidale delle parti ed in ragione della metà, per ciascuna, nei rapporti interni
P.Q.M.
definitivamente pronunciando nella causa come sopra promossa, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, anche istruttorie, così provvede:
 1) dichiara la sussistenza della legittimazione passiva di ***********;
 2) accerta la comproprietà tra le parti del piano comune e della carreggiata di accesso alla proprietà C. dalla strada comune, identificati con la particella 517, come delimitata dal CTU nella planimetria allegata all’elaborato peritale;
3) accerta la proprietà esclusiva in capo ad A. Gaetano della fascia di terreno identificata con la particella 559, fino al cancelletto in metallo posto al confine tra i due tratti della particella 559 (delimitato, rispettivamente con linea blu e con linea rossa nella planimetria allegata alla CTU);
4) rigetta la domanda riconvenzionale dei convenuti di accertamento dell’acquisto da parte degli stessi, per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, della servitù di passaggio sulla predetta particella 559, dal cancelletto al piano comune identificato con la particella 558;
5) rigetta la domanda attorea di rimozione del cancelletto di cui al punto 3);
    6) in accoglimento della domanda di parte attrice, ordina a C. Assunta di eseguire a sue cure e spese il ripristino dell’intonaco esterno di ricoprimento della sua abitazione, in corrispondenza del terrazzo interno della casa A., nonché la revisione dell’armatura ossidata del cordolo di imposta del solaio, secondo le modalità indicate in motivazione e a pag. 22 della CTU;
     7) rigetta la domanda di parte attrice relativa alla chiusura della finestra aperta sul muro dell’abitazione della C. prospiciente la particella 559;
     8) ordina alla C. l’eliminazione a sue spese e cure della servitù di veduta illegittimamente esercitata sul fondo dell’A., attraverso la chiusura del varco di accesso al secondo terrazzo della propria abitazione, dal quale si effettua l’affaccio sulla proprietà dell’attore;
 9) compensa integralmente tra le parti le spese di lite; pone definitivamente le spese della CTU a carico solidale delle parti ed in ragione della metà, per ciascuna, nei rapporti interni.
 Così deciso in Marsala, il 14.3.2006.
                                                                                          Il Giudice
                                                                                  ***** ***********

sentenza

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